Consiglio di Stato Sez. VI n. 1378 del 28 febbraio 2022
Urbanistica.Rispetto della destinazione urbanistica del fondo
Nel caso in cui il progetto di un’opera edilizia non denunci in modo inequivocabile che essa sarà utilizzata per una destinazione prevista dallo strumento urbanistico, costituisce onere del richiedente il titolo edilizio quello di esplicitare e dimostrare l’uso (conforme allo strumento urbanistico) che intende farne
Pubblicato il 28/02/2022
N. 01378/2022REG.PROV.COLL.
N. 09148/2019 REG.RIC.
N. 09512/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9148 del 2019, proposto da
Agilla Immobiliare S.n.c. di Danilo Filieri, Mirco Bertrami e Michele Belfico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Cardi, Francesco Augusto De Matteis, Marco Baldassarri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marcello Cardi in Roma, viale Bruno Buozzi n. 51;
contro
Vincent Rameschi, in proprio e quale titolare della ditta individuale “Rameschi Auto” rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Pedetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Maria Giovanelli in Roma, viale della Piramide Cestia 1/B;
Comune di Passignano sul Trasimeno in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
Ubi Leasing S.p.A., in qualità di cessionaria del ramo d’azienda leasing della cedente Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio, non costituita in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 9512 del 2019, proposto da
Comune di Passignano sul Trasimeno, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lietta Calzoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luigi Medugno in Roma, via Panama 58;
contro
Vincent Rameschi, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Pedetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Maria Giovanelli in Roma, viale della Piramide Cestia 1/B;
nei confronti
Ubi Leasing S.p.A. in qualità di cessonaria del ramo d’azienda leasing della cedente Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio, non costituita in giudizio;
Agilla Immobiliare S.n.c. di Danilo Filieri, Mirco Bertrami e Michele Belfico, non costituita in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 9148 del 2019:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (sezione Prima) n. 00418/2019, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 9512 del 2019:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per l'Umbria (sezione Prima) n. 00418/2019, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. Vincent Rameschi, in proprio e quale titolare della ditta individuale “Rameschi Auto”;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 96, comma 1, c.p.a.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2022 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la sentenza oggetto degli appelli in epigrafe indicati il TAR dell’Umbria ha ritenuto illegittimo, e per l’effetto ha annullato, il permesso di costruire in sanatoria n. 21/2017, del 7 luglio 2017, rilasciato dal Comune di Passignano sul Trasimeno alla Agilla Immobiliare s.n.c. (in prosieguo solo “Agilla Immobiliare”), relativo alla costruzione di un capannone ad uso autofficina, realizzato su proprietà della Etruria Leasing (oggi Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio), e condotto in locazione finanziaria da Agilla Immobiliare.
2. Il predetto capannone era stato a suo tempo realizzato, da Agilla Immobiliare, in virtù del permesso di costruire n. 92/2009, rilasciato dal Comune di Passignano sul Trasimeno. Tale permesso, a seguito di impugnazione da parte di un terzo, è stato annullato dal TAR per l’Umbria con sentenza n. 90 del 2011, la quale ha ritenuto incompatibile la destinazione urbanistica del fondo interessato (incluso in zona F, subzona FM, “attrezzature per i servizi della mobilità del tipo stazioni ferroviarie e scalo merci, autostazioni, autoparchi, ricoveri e officine di mezzi pubblici, aree di servizio stradali …”) con il fabbricato assentito, espressamente e inequivocabilmente destinato ad un uso privato (“capannone artigianale destinato ad autofficina”).
3. A seguito di tale vicenda, nelle more del giudizio d’appello proposto nei confronti della citata sentenza del TAR per l’Umbria, il Comune di Passignano sul Trasimeno ha approvato una variante allo strumento urbanistico generale, cartografica e normativa, in forza della quale il fondo edificato da Agilla Immobiliare è stato incluso nella subzona FM1O, avente la seguente destinazione urbanistica “Attrezzature per i servizi della mobilità del tipo stazioni ferroviarie e scali merci, autostazioni, autoparchi, ricoveri e officine di mezzi pubblici, impianti di distribuzione di energia elettrica per veicoli a trazione elettrica, servizi agli autoveicoli, officine e carrozzerie per la riparazione di mezzi privati e/o pubblici, centro revisioni mezzi pubblici e/o privati, esposizione e vendita di veicoli, aree di servizio stradali (…)”: tale variante urbanistica è stata impugnata sia dal sig. Vincent Rameschi, proprietario di un fondo confinante, sul quale il medesimo esercitava – ed esercita ancora oggi – un’attività di autofficina, elettrauto, gommista e rivendita di veicoli nuovi ed usati, che da un terzo, estraneo all’odierno giudizio, ed è stata annullata con sentenza del TAR per l’Umbria n. 23/2016, che è stata tempestivamente appellata.
4. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4380/2016, riuniti i due giudizi d’appello, ha confermato ambedue le pronunce del TAR per l’Umbria, con l’effetto di far passare in giudicato la statuizione relativa alla illegittimità del P.d.C. n. 92/2009.
5. Il Comune di Passignano sul Trasimeno, con delibere di Consiglio Comunale nn. 16 del 10 marzo 2017 e 48 del 27 giugno 2017, rimaste inoppugnate, ha poi approvato il nuovo strumento urbanistico generale, a mezzo del quale le aree produttive, artigianali e industriali sono state, tutte, tipizzate in una unica zona, denominata “IPSEN” (Insediamenti Produttivi Servizi Esistenti e Nuovi), nell’ambito della quale sono consentite, indifferentemente, attività industriali, artigianali e servizi. Il fondo sul quale Agilla Immobiliare ha edificato il capannone rientra, appunto, nella suddetta area “IPSEN”.
6. Di seguito a ciò il Comune ha rilasciato ad Agilla Immobiliare il P.d.C. in sanatoria, ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, n. 21 del 7 luglio 2017.
7. All’indomani della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4380/2016 il sig. Rameschi ha intrapreso, innanzi al TAR per l’Umbria, giudizio di ottemperanza, nulla avendo fatto il Comune per sanzionare l’abuso edilizio, nonostante il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento del P.d.C. n. 92/2009. Nel corso del medesimo giudizio il sig. Rameschi ha presentato anche motivi aggiunti, per impugnare il sopravvenuto P.d.C. n. 21/2017, rilasciato ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.
8. Con sentenza n. 189/2018 il TAR dell’Umbria, definendo parzialmente il giudizio, ha respinto la domanda ex art. 112 c.p.a. di cui al ricorso introduttivo, disponendo la conversione del rito relativamente alla domanda di annullamento del permesso di costruire n. 21/2017, impugnato con i motivi aggiunti, che sono stati accolti con la sentenza del cui appello si tratta. Detto pronunciamento è stato confermato con sentenza di questo Consiglio di Stato n. 6335/2018.
9. Quindi, con sentenza n. 418/2019, del cui appello si tratta, il TAR ha definito il giudizio. Dopo aver respinto alcune eccezioni preliminari di rito di inammissibilità della domanda di annullamento del P.d.C. n. 21/2017, sollevate da Agilla Immobiliare e dal Comune in relazione al presunto difetto di legittimazione del sig. Rameschi per difetto del requisito della vicinitas, nonché in relazione alla mancata impugnazione delle delibere consiliari nn. 16 e 48 del 2017, il TAR ha ritenuto fondata la domanda sul rilievo che il permesso di costruire impugnato è stato dichiaratamente rilasciato ai sensi dell’art. 36 del D.P.R.R. n. 380/2001 nonostante nel caso di specie non sia ravvisabile la conformità dell’immobile alla normativa urbanistica vigente al momento della realizzazione del fabbricato, circostanza questa già acclarata con sentenza definitiva. Il TAR ha pertanto ritenuto irrilevante la sopravvenuta approvazione del nuovo strumento urbanistico, approvato con la delibera di Consiglio Comunale n. 48/2017, in relazione al quale l’intervento sarebbe compatibile, avendo la giurisprudenza già da tempo superato l’istituto di matrice pretoria della c.d. sanatoria giurisprudenziale, in ossequio alla quale la sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/2001 potrebbe comunque essere rilasciata nel momento in cui si constati che l’intervento è conforme alla normativa vigente al momento della presentazione della istanza di sanatoria: un permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001, rilasciato in difetto del requisito della c.d. doppia conformità, è dunque, secondo il primo giudice, sempre illegittimo.
9.1. Il difetto del citato requisito si apprezza, secondo il TAR, anche per la ragione che la stessa Agilla Immobiliare ha prospettato, nella istanza di sanatoria, di dover effettuare ulteriori opere senza le quali l’intervento non è conforme neppure alla vigente normativa urbanistica; il permesso di costruire in sanatoria oggetto di impugnazione si compendia, pertanto, in una sanatoria “condizionata”, che la giurisprudenza ha già riconosciuto essere inammissibile.
9.2. Infine il TAR ha rilevato che a seguito dell’annullamento del permesso di costruire n. 92/2009, in base al quale l’immobile è stato edificato, il Comune avrebbe dovuto, e dovrà, attivare un procedimento ex art. 38 del D.P.R. n. 380/2001.
10. Avverso tale pronunciamento hanno proposto appello sia Agilla Immobiliare, con ricorso n. R.G. 9148/2019, che il Comune di Passignano sul Trasimeno, con ricorso n. R.G. 9512/209.
10.1. Con un primo ordine di censure Agilla Immobiliare ha contestato la statuizione del TAR secondo cui alcune eccezioni di inammissibilità della domanda di annullamento sono già state risolte nella sentenza n. 189/2018.
10.2. Ha quindi rilevato che con l’istanza di sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001, aveva chiesto di essere autorizzata ad imprimere al capannone la destinazione “ricovero e officina di mezzi pubblici, scalo merci ed autoparco”, assolutamente conforme alle norme urbanistiche vigenti prima della approvazione del nuovo strumento urbanistico generale; solo dopo l’entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico, e della disciplina relativa alle aree IPSEN, essa ha chiesto il mutamento di destinazione d’uso, onde poter utilizzare la struttura come officina privata, ed a tal fine essa ha presentato, il 19 luglio 2017, una SCIA, sulla quale il Comune nulla ha eccepito.
10.3. Quindi, assumendo che “l’originario p.d.c. n. 92/2009 fu annullato….. solo ed esclusivamente perché, all’epoca, l’area di sedime era classificata “FM” (sottozona “FM1”) e la destinazione impressa al fabbricato (officina per mezzi meccanici) fu ritenuta non compresa tra quelle consentite in dette zone dall’allora vigente art. 40 delle N.T.A.”, e sottolineando inoltre che non esisterebbe giudicato o norma che precluda la regolarizzazione della struttura, Agilla Immobiliare ha sostenuto l’erroneità delle statuizioni del TAR secondo cui nella specie avrebbe potuto essere rilasciato solo un titolo ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, mentre farebbero difetto le condizioni per il rilascio di una sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.
10.3.1. Secondo Agilla Immobiliare la tutela dell’affidamento sottesa all’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, a favore di colui che abbia dato corso ad un intervento edilizio sulla base di un titolo poi annullato in via giurisdizionale, sarebbe in sostanza frustrata ove non si consentisse l’accesso alla più conveniente sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001, laddove sussistano comunque le condizioni per ottenere una regolarizzazione ai sensi dell’art. 38 cit.. Dunque, contrariamente a quanto statuito dal primo giudice, l’annullamento del titolo edilizio in sede giurisdizionale non sarebbe preclusivo al rilascio di una sanatoria “di conformità”, tanto più nel caso in cui – come il presente – l’annullamento del titolo edilizio sia avvenuto per motivi “formali”, e non già per la ragione che il manufatto in concreto realizzato non potesse essere realizzato con le caratteristiche strutturali e dimensionali che in concreto ricorrono.
10.3.2. Sotto diverso profilo l’appellante deduce che, comunque, nella specie ricorreva il requisito della “doppia conformità”: infatti a tali fini la verifica da compiere sarebbe limitata all’accertamento dell’edificabilità dell’area e della conformità strutturale del manufatto rispetto agli indici e parametri costruttivi vigenti sia al momento della realizzazione del manufatto abusivo che al momento in cui viene presentata l’istanza in sanatoria; il concreto utilizzo del fabbricato sarebbe irrilevante, ai fini di che trattasi, nella misura in cui una diversa utilizzazione non richieda la realizzazione di opere ulteriori. Insomma, secondo Agilla Immobiliare, “una volta accertata la conformità strutturale del fabbricato ……….è la destinazione indicata nella domanda …………a determinare, da un lato, l’uso che di quel fabbricato sarà consentito fare a seguito del rilascio della sanatoria e, dall’altro, a definire l’oggetto della verifica che l’Amministrazione è tenuta a compiere con riguardo alla disciplina (vigente ed adottata) in tema di destinazioni d’uso (sui principi, seppure con riferimento al condono, cfr.: Cons. Stato, Sez. V, 1.10.2001 n. 5190).”. Quindi il P.d.C. in sanatoria n. 21/2017 sarebbe assolutamente legittimo perché il capannone, nella consistenza in cui è stato realizzato, poteva essere assentito anche in base alla normativa urbanistica vigente all’epoca della realizzazione.
10.4. Agilla Immobiliare ha impugnato anche le statuizioni con cui il TAR ha accolto il secondo motivo del ricorso originario, rilevando la natura sostanzialmente “condizionata” della sanatoria di cui al P.d.C. n. 21/2017. Tale statuizione sarebbe in contraddizione con la ritenuta non sanabilità, ex art. 36, del titolo annullato in via giurisdizionale. In ogni caso la preclusione ritenuta dal primo giudice non opererebbe, nella specie, poiché le opere che si rendono necessarie consistono in modestissimi interventi di semplice finitura dell’area circostante e delle opere già realizzate, non già nella realizzazione o nella integrazione degli standards urbanistici.
11. Il Comune di Passignano sul Trasimeno, da parte sua, ha appellato la sentenza.
11.1. Ha contestato, in primo luogo, le statuizioni con cui il TAR ha respinto l’eccezione di improcedibilità/inammissibilità del ricorso per non aver, il sig. Rameschi, impugnato la variante allo strumento urbanistico generale di cui alle delibere di Consiglio Comunale nn. 16 e 48 del 2017: il Comune sostiene che la sentenza non avrebbe minimamente motivato in ordine alla sussistenza, in capo all’appellato, di un interesse attuale e concreto all’annullamento del titolo edilizio impugnato, argomentando che, omettendo di contestare le citate delibere di Consiglio Comunale, il sig. Rameschi avrebbe dimostrato, per fatti concludenti, di non aver più interesse al bene della vita azionato: ciò per la ragione che nel vigore della nuova disciplina urbanistica Agilla Immobiliare potrebbe comunque ricostruire il capannone oggetto della sanatoria impugnata, destinandolo ad uso privato, situazione che evidentemente il sig. Rameschi ha implicitamente accettato.
11.2. Il Comune ha poi contestato i capi della sentenza con cui il primo giudice ha affermato la non conformità del titolo edilizio impugnato rispetto alla disciplina urbanistica vigente al momento della realizzazione del capannone, la conseguente inapplicabilità dell’art. 36 D.P.R. n. 380/2001 e la non sovrapponibilità della disciplina di cui agli artt. 36 e 38 del D.P.R. n. 380/2001. Secondo il Comune sarebbe illogico ritenere preclusa la sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 una volta “assodato che il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2016 (recepito dall’art. 154 L. R. 1/2015) è equiparato alla sanatoria di cui all’art. 38 del medesimo T.U. Edilizia (sul punto, Cons. Stato, Sez. VI, 28/7/2017, n. 3795; Id., 27/4/2015, n. 2123)” e che sussiste la “doppia conformità”; quest’ultima, inoltre, non potrebbe essere negata nel caso di specie, tenuto conto del fatto che l’edificio, tanto al momento della realizzazione che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, era oggettivamente utilizzabile quale “ricovero e officina di mezzi pubblici, scalo merci ed autoparco”, e pertanto era compatibile con la normativa urbanistica, oltre che con tutti gli standards.
11.3. Con un terzo motivo d’appello il Comune ha contestato le statuizioni con cui il primo giudice, accogliendo il secondo motivo posto a fondamento dei motivi aggiunti presentati dal sig. Rameschi il 5 dicembre 2017, ha ritenuto che l’istanza di sanatoria presentata da Agilla Immobiliare fosse sostanzialmente “condizionata” a prescrizioni: la statuizione in questione sarebbe illegittima, da una parte perché non terrebbe conto della possibilità, riconosciuta dalla giurisprudenza, di rilasciare titoli edilizi in sanatoria condizionati a prescrizioni minime “o, comunque, tali da agevolare una sanatoria altrimenti non rilasciabile”, d’altro canto perché le opere che ancora debbono essere realizzate (bitumatura degli accessi al lotto e degli spazi adibiti a parcheggi; piantumazione di alcuni alberi d’alto fusto; nell’adeguamento del sistema di smaltimento delle acque e di quello di riscaldamento) in realtà non sono necessarie per la “conformità”, non trattandosi di opere afferenti le dotazioni territoriali e funzionali; viceversa, contrariamente a quanto sembra aver ritenuto il TAR, il rilascio della sanatoria non comportava la realizzazione di parcheggi nuovi, ulteriori rispetto a quelli già esistenti.
12. Il sig. Vincent Rameschi si è costituito in entrambi i giudizi, insistendo per la reiezione dei gravami.
13. Previo scambio di memorie i due appelli sono stati chiamati alla pubblica udienza del 13 gennaio 2022, in occasione della quale sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
14. Preliminarmente va disposta, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a., la riunione dei ricorsi in appello in epigrafe indicati, che hanno ad oggetto la medesima sentenza.
15. Vanno quindi affrontati prima di tutto, i motivi d’appello aventi ad oggetto le statuizioni con cui il TAR ha respinto le eccezioni preliminari di rito, relative alla domanda di annullamento, sollevate dalle appellanti, dal TAR ritenute già esaminate e respinte con la sentenza parziale n. 189/2018.
15.1. Nel primo grado di giudizio Agilla Immobiliare ha eccepito l’inammissibilità di tale domanda sul rilievo che l’annullamento del P.d.C. n. 92/2009 era stato pronunciato su iniziativa di un terzo, e non già del sig. Rameschi, ragione per cui lo stesso TAR ha ritenuto – con la sentenza parziale n. 189/2018 – inammissibile, per difetto di legittimazione, la domanda in ottemperanza formulata dal sig. Rameschi in primo grado. Per la stessa ragione – secondo l’appellante società – avrebbe dovuto essere ritenuta inammissibile anche la domanda di annullamento del P.d.C. in sanatoria, n. 21/2017, che è stato adottato in conseguenza dell’annullamento giurisdizionale del P.d.C. 92/2009. Sotto ulteriore profilo Agilla Immobiliare ha sostenuto l’inammissibilità della domanda di annullamento per difetto di interesse, in relazione ad un accordo intervenuto tra il padre dell’odierno appellato e la società e di cui farebbero prova i documenti prodotti dalla società, in primo grado, ai nn. 51 e 52.
15.1.1. Tali eccezioni, riproposte con l’atto d’appello, sono state respinte dal TAR con la seguente motivazione: “Vanno dichiarate inammissibili le eccezioni di difetto di legittimazione ed interesse, così come di carenza di procura “ad litem”, poiché in contrasto con il giudicato derivante dalla sentenza n. 189/2018 confermata in appello, secondo cui, al fine della verifica dei presupposti processuali per la conversione del rito, il Rameschi è legittimato (secondo il criterio della “vicinitas”) ed ha interesse all’annullamento sia del provvedimento n. 5/2017 sia del permesso in sanatoria 21/2017 e secondo cui, ancora, vi è “sussistenza di valida procura giusto il disposto di cui all’art. 24 c.p.a.”.
15.2. Il Comune di Passignano s.T., invece, ha eccepito in primo grado il difetto di legittimazione del sig. Rameschi alla impugnazione del P.d.C. in sanatoria rilasciato ad Agilla Immobiliare, tenuto conto della mancata impugnazione del nuovo strumento urbanistico generale, di cui alle delibere di Consiglio Comnale nn. 16 e 48 del 2017: tale eccezione è stata respinta dal primo giudice sul rilievo che “Con la domanda di annullamento qui in esame parte ricorrente mira esclusivamente ad annullare il permesso in sanatoria n. 21/2017 lamentandone la carenza del presupposto tipico della “doppia conformità”, non avendo interesse a gravare la nuova disciplina urbanistica e la prevista compatibilità con la destinazione d’uso ad officina ivi impressa, la quale rileverà semmai in sede di nuove domande di titolo abilitativo o, al più, di applicazione dello speciale regime di cui all’art.38 TU edilizia.”.
15.3. Il collegio osserva che effettivamente la sentenza parziale del TAR n. 189/2018 si è limitata ad affermare la ricevibilità della domanda di annullamento, nulla avendo statuito, invece, in ordine alle eccezioni di ammissibilità della domanda medesima sollevate da Agilla Immobiliare, che pertanto debbono essere scrutinate.
15.3.1. Tali eccezioni sono infondate. Anzitutto si deve rilevare che i documenti prodotti in primo grado dalla società appellante, sub nn. 51 e 52, non documentano la conclusione di un accordo transattivo “tombale” e, specialmente, non contengono la rinuncia incondizionata del sig. Guido Rameschi, padre e dante causa del sig. Vincent Rameschi, ad agire in giudizio per far valere l’illegittimità del P.d.C. n. 92/2009 o di eventuali diversi titoli edilizi riguardanti immobili da realizzarsi sulla proprietà di Agilla Immobiliare; pertanto non è possibile sostenere che il sig. Vincent Rameschi, in qualità di successore a titolo universale del padre Guido Rameschi, sia vincolato da un accordo preclusivo del diritto di agire in giudizio per impugnare il P.d.C. 92/2009, e tanto meno il P.d.C. in sanatoria n. 21/2017.
15.3.2. Quest’ultimo, inoltre, seppure temporalmente successivo all’annullamento del P.d.C. 92/2009, non può ritenersi emanato in mera ottemperanza alle pronunce di annullamento del suddetto P.d.C., le quali si sono limitate a pronunciare l’annullamento dell’indicato titolo edilizio, senza impartire alcuna prescrizione. Il P.d.C. in sanatoria n. 21/2017, quindi, è stato emanato nell’esercizio di poteri di amministrazione attiva autonomi, rispetto a quelli necessari per assicurare l’ottemperanza alle decisioni di annullamento, essendo, come tale, suscettibile di impugnazione anche da parte del sig. Vincent Rameschi, che non aveva partecipato al giudizio di annullamento del P.d.C. n. 92/2009. Di conseguenza il motivo d’appello in esame deve essere respinto, essendo infondate ambedue le eccezioni di inammissibilità riproposte in appello da Agilla Immobiliare.
15.4. E’ anche infondata l’eccezione di inammissibilità della domanda di annullamento formulata dal Comune. Sul punto si deve rilevare che dalla invalidazione del P.d.C. in sanatoria rilasciato ad Agilla Immobiliare conseguirà, per quest’ultima, l’obbligo di demolire il capannone, ovvero l’obbligo di pagare una sanzione, ex art. 38 del D.P.R. n. 380/2001; in entrambi i casi sussiste un interesse del sig. Rameschi, non solo e non tanto in quanto vicino, ma soprattutto in quanto titolare di un capannone nel quale egli da tempo esercita una attività imprenditoriale (autofficina) analoga a quella esercitata da Agilla Immobiliare.
15.4.1. Si consideri, infatti, che: (i) è del tutto ipotetico che dopo la demolizione Agilla Immobiliare sia in grado, dal punto di vista finanziario, di ricostruire il capannone, in conformità alla nuova disciplina urbanistica; (ii) anche una sanzione ex art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 indebolirebbe, finanziariamente, Agilla Immobiliare, che svolge l’attività in concorrenza con il sig. Rameschi.
15.4.2. Per le indicate ragioni il motivo d’appello in esame va senz’altro respinto, dovendosi riconoscere, in capo al sig. Vincent Rameschi, un apprezzabile interesse all’annullamento del titolo edilizio impugnato.
16. A questo punto è opportuno, per una questione di priorità logica, esaminare prima di tutto il motivo d’appello, proposto da ambedue le parti appellanti, con le quali si contesta il capo della sentenza impugnata in cui si afferma che nella specie fa difetto il requisito della c.d. “doppia conformità”, essendo già stato acclarato in sede giurisdizionale, con sentenza passata in giudicato, l’illegittimità del permesso di costruire sulla base del quale è stato costruito il capannone.
16.1. Ambedue le parti appellanti dequotano completamente la rilevanza di tale circostanza, asserendo che l’annullamento del titolo edilizio originario si fonderebbe su meri vizi formali, evidenziando che il fabbricato, con la struttura attuale, risulta comunque conforme anche alle norme vigenti all’epoca della realizzazione, rispettando tutti i relativi parametri edilizi.
16.2. Va rammentato che il TAR per l’Umbria con la sentenza n. 90/2011 ha annullato il P.d.C. 92/2009, rilasciato ad Agilla Immobiliare, sulla base delle seguenti considerazioni:
“Infatti, rilevano qui le disposizioni dell'art. 40 delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del Piano Regolatore, concernenti le zone F, sotto-zona FM, nella quale ultima pacificamente ricade l'area interessata dalla contestata edificazione. Detto articolo specifica, nel primo comma, che "Le zone F del territorio comunale, così come definite nel precedente articolo 11, sono destinate ad attrezzature e impianti di interesse generale sia pubblici che privati e sono suddivise nelle sotto zone sotto riportate con le specifiche destinazioni di area". In particolare, nella sotto zona FM (che qui interessa) sono consentite." attrezzature per i servizi della mobilità del tipo stazioni ferroviarie e scalo merci, autostazioni, auto parchi, ricoveri e officine di mezzi pubblici, a aree di servizio stradali ecc.".
4- Da quanto precede risulta evidente al comune buon senso che nelle zone F. tutte le edificazioni debbono essere destinate ad uso di interesse generale. Non rileva in contrario, diversamente da quanto sembrano argomentare le parti resistenti, il fatto che le edificazioni possano essere realizzate da enti pubblici oppure da privati. Difatti, questi ultimi ben possono direttamente gestire ovvero concedere in locazione od in gestione gli edifici, ma questi, senza equivoco, debbono essere fin dall'inizio esclusivamente destinati a finalità pubbliche.
5- Va quindi esclusa la possibilità di realizzare strutture destinate ad attività produttive di tipo privato qual’è quella di cui si discute, giacché si tratta di un grande capannone artigianale realizzato per ospitarvi un’autofficina. Non risulta invero che questa si connoti quale una pertinenza di strutture di pubblica utilità, quali quelle esclusivamente consentite proprio nella sotto zona FM all’esame, e cioè: stazioni ferroviarie e scali merci, autostazioni, autoparchi, ricoveri e officine di mezzi pubblici, aree di servizio stradali. E’ dunque non equivoco l’asservimento della zona ad attività di interesse pubblico nel campo dei trasporti. Non v’è dunque spazio per una forzatura della norma fino a ricomprendere nella cennata declaratoria un’attività, come quella in discorso, certo di carattere produttivo, ma non finalizzata per sua natura al pubblico servizio. Del resto, diversamente, qualsiasi attività umana destinata alla produzione o allo scambio di beni e servizi dovrebbe reputarsi di pubblica utilità giacché rivolta alla generalità dei cittadini (quali potenziali clienti) e suscettibile di incidere positivamente sul prodotto nazionale lordo con generalizzato beneficio. Una simile conclusione contrasta però con l’ordinaria logica e, segnatamente, priverebbe di senso le zonizzazioni industriali, artigianali e commerciali dei Piani Regolatori. Altro non occorre aggiungere poiché la destinazione di zona non si presta ad equivoci così come quella, confliggente con la prima, dell'opera assentita, per sua natura realizzabile, lo si osserva per mera completezza, in presenza di destinazioni artigianali, industriali o simili.”.
16.3 Secondo quanto si legge nell’inciso sopra riportato il TAR ha ritenuto illegittimo il permesso di costruire n. 92/2009 ritenendo che la normativa in allora vigente consentisse solo la realizzazione di opere finalizzate a soddisfare, per la loro stessa natura e struttura, esigenze pubblicistiche, che ha ritenuto non perseguibili con il capannone realizzato da Agilla Immobiliare (“si tratta di un grande capannone artigianale realizzato per ospitarvi un’autofficina. Non risulta invero che questa si connoti quale una pertinenza di strutture di pubblica utilità, quali quelle esclusivamente consentite proprio nella sotto zona FM all’esame, e cioè: stazioni ferroviarie e scali merci, autostazioni, autoparchi, ricoveri e officine di mezzi pubblici, aree di servizio stradali…..Non v’è dunque spazio per una forzatura della norma fino a ricomprendere nella cennata declaratoria un’attività, come quella in discorso, certo di carattere produttivo, ma non finalizzata per sua natura al pubblico servizio..”). Tale statuizione è ormai coperta da giudicato, e ciò implica che nella presente sede non può essere rimessa in discussione né l’interpretazione del pertinente articolo delle N.T.A. (art. 40 dello strumento urbanistico allora vigente), né la natura del capannone, come oggettivamente preordinata al solo esercizio di attività imprenditoriale di tipo privato.
16.4. Le parti appellanti, mediante la censura in esame, mettono in discussione tale ultima affermazione, sostenendo che in realtà il capannone, così come realizzato, avrebbe potuto essere utilizzato indifferentemente come autofficina di mezzi pubblici o privati, ma tale assunto non può essere preso in considerazione nella presente sede, a ciò ostando, come già precisato, l’autorità di cosa giudicata scesa sulla sentenza del TAR per l’Umbria n. 90/2011.
16.5. Tale statuizione, per giunta, non pare neppure affetta dalle dedotte erroneità, se si considera che la norma di riferimento in allora vigente (art. 40 delle N.T.A.) elencava direttamente la tipologia di strutture compatibili con la destinazione di zona, e tra esse l’unica alla quale poteva, astrattamente, essere ricondotto il capannone realizzato da Agilla Immobiliare era costituita dai “ricoveri e officine di mezzi pubblici”: sennonché nella specie le parti appellanti non hanno in alcun modo dimostrato che il capannone, per dimensioni e struttura, potesse realmente ospitare al suo interno una pluralità di “mezzi pubblici”, cioè mezzi normalmente caratterizzati dalle notevoli dimensioni, bisognosi di riparazione o manutenzione.
16.6. In disparte le considerazioni che precedono occorre anche considerare, in generale, che il rispetto della destinazione urbanistica impressa ad un fondo deve essere verificabile, e verificato, dall’Amministrazione allorché questa viene richiesta del rilascio di un titolo edilizio; pertanto, ove il progetto dell’opera edilizia non denunci in modo inequivocabile che essa sarà utilizzata per una destinazione prevista dallo strumento urbanistico, costituisce onere del richiedente il titolo edilizio quello di esplicitare e dimostrare l’uso – conforme allo strumento urbanistico- che intende farne: così, ad esempio, con riferimento ad un parcheggio da realizzarsi su suolo privato, utilizzabile però solo per fini pubblici, il richiedente il titolo edilizio deve quantomeno allegare la pendenza di procedimenti, negoziali o amministrativi, finalizzati a vincolare ad utilizzo pubblico il futuro parcheggio.
16.7. Nel caso di specie, anche a voler ritenere, in via di mera ipotesi, che il capannone in concreto realizzato fosse idoneo al ricovero e alla manutenzione di mezzi pubblici, rimane il fatto, pacifico, che Agilla Immobiliare ha chiesto ed ottenuto il P.d.C. n. 92/2009 affermando di volerlo destinare ad autofficina per uso privato, e su questo presupposto ha omesso di attivarsi per garantire, già al momento in cui veniva realizzato, che l’immobile fosse concretamente utilizzato in conformità allo strumento urbanistico (ad esempio, a seguito della stipula, con il concessionario del trasporto pubblico, di un contratto d’appalto per la manutenzione dei mezzi pubblici). Per tale ragione si deve concludere che al momento in cui veniva realizzato il capannone non era conforme alla destinazione urbanistica all’epoca vigente.
16.8. Alla luce delle considerazioni che precedono è evidente l’infondatezza del motivo d’appello in esame, atteso che il capannone realizzato da Agilla Immobiliare non può ritenersi assistito dalla c.d. “doppia conformità”, necessaria al rilascio di un permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.
17. Le statuizioni che precedono giustificano, da sole, la declaratoria di illegittimità del permesso di costruire in sanatoria n. 21/2017, rilasciato ad Agilla Immobiliare, a prescindere dalle considerazioni relative al rilievo delle opere ancora da ultimare: ciò anche per la ragione che le parti appellanti non hanno impugnato l’affermazione del primo giudice secondo cui la sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001 richiede la “doppia conformità”, dovendo ritenersi completamente superato l’orientamento che riteneva sufficiente, a tal fine, la sola conformità dell’opera alla disciplina vigente al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
18. Possono pertanto essere assorbiti gli ulteriori motivi di impugnazione formulati dalle parti appellanti, tutti tesi dimostrare la possibilità di rilasciare, in presenza della “doppia conformità”, un permesso ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001, anche a seguito di annullamento giurisdizionale del precedente titolo edilizio.
19. Vanno conclusivamente respinti sia l’appello proposto da Agilla Immobiliare che l’appello del Comune di Passignano sul Trasimeno, conseguendo da ciò la conferma della impugnata sentenza.
20. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione, li respinge e per l’effetto conferma la sentenza del TAR per l’Umbria n. 418/2019.
Condanna le parti appellanti al pagamento, in favore del sig. Vincent Rameschi, delle spese relative ai due giudizi riuniti, che si liquidano in €.2.500,00 , oltre accessori di legge, a carico di ciascuna delle parti appellanti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente
Hadrian Simonetti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore