Consiglio di Stato Sez. IV n. 5475 del 24 novembre 2017
Urbanistica.Titoli edilizi rilasciati salvi i diritti dei terzi

Nessun rilievo può assumere la circostanza che titoli edilizi siano rilasciati salvi i diritti dei terzi, che quindi possano agire a propria tutela in sede civile o in sede amministrativa. Infatti, tale “clausola” di salvezza non può ritenersi esonerativa da responsabilità aquiliana dell’Amministrazione secondo i principi generali, quanto la stessa, con comportamenti commissivi o omissivi (e nella specie prima commissivi, mediante il rilascio del titolo edilizio, e quindi omissivi, attraverso l’omessa attivazione dei poteri di autotutela repressiva) ha concorso a cagionare la lesione del diritto dominicale (segnalazione Ing. M. FEDERICI)


Pubblicato il 24/11/2017

N. 05475/2017REG.PROV.COLL.

N. 08287/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8287 del 2009, proposto da:
Elisa Borbonese e Massimo Cerisola, rappresentati e difesi dall’avv. Rosavio Bellasio, e elettivamente domiciliati in Roma, alla via Nicotera n. 29, presso l’avv. Gaspare Salerno, per mandato in calce all’appello;

contro

Comune di Finale Ligure, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Massimiliano Rocca e Diego Vaiano, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, al Lungotevere Marzio n. 3, per mandato a margine della memoria di costituzione nel giudizio di appello;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sezione 1^, n. 1995 del 31 luglio 2009, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 558/2007, proposto per il risarcimento del danno conseguente al rilascio di autorizzazione edilizia riconosciuta illegittima, alla successiva inerzia nell’adozione dei provvedimenti repressivi sino al successivo rilascio del condono edilizio


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Finale Ligure;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 luglio 2017 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Salerno, per delega dell’avv. Bellasio, per gli appellanti Elisa Borbonese e Massimo Cerisola e l’avv. Pozzi, per delega dell’avv. Vaiano, per il Comune di Finale Ligure appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) Elisa Borbonese e Massimo Cerisola sono proprietari di fabbricato ubicato in località Varigotti di Finale Ligure, frontistante e posto in posizione più elevata rispetto al fabbricato appartenente a Emma Cerisola.

Quest’ultima aveva richiesto autorizzazione edilizia per realizzare sul lastrico solare del proprio edificio una tettoia in legno con copertura a canniccio, negata con provvedimento impugnato dall’interessata con ricorso respinto con sentenza del T.A.R. per la Liguria n. 295 del 20 ottobre 1995.

Avverso tale sentenza Emma Cerisola proponeva appello n.r. 9876/1996, in ordine al quale, con sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 5635 del 30 agosto 2004, è stata dichiarata cessata la materia del contendere in relazione al successivo rilascio dell’autorizzazione di cui al provvedimento 7 novembre 1997, n. 8804.

Tale ultimo provvedimento è stato impugnato da Giovanni Cerisola, dante causa quale coniuge e genitore, rispettivamente, di Elisa Borbonese e Massimo Cerisola, e annullato con sentenza del T.A.R. per la Liguria n. 660 del 12 giugno 2002, il cui appello, proposto dalla controinteressata Emma Cerisola, è stato dichiarato improcedibile con sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 3465 del 22 giugno 2007, su concorde dichiarazione anche degli appellati Elisa Borbonese e Massimo Cerisola, subentrati al defunto de cuius, per sopravvenuta carenza di interesse in relazione all’intervenuto rilascio di concessione edilizia in sanatoria ex d.l. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003.

2.) Con ricorso in primo grado n.r. 558/2007 Elisa Borbonese e Massimo Cerisola hanno quindi proposto domanda risarcitoria nei confronti del Comune di Finale Ligure in relazione al danno conseguente alla diminuzione di valore del proprio immobile per compromissione della veduta panoramica sul lido e sul mare, conseguente alla realizzazione della tettoia, quantificato come da allegata perizia di parte in € 49.000,00.

Nel giudizio si è costituito il Comune di Finale Ligure che ha dedotto, a sua volta, l’infondatezza del ricorso.

Con sentenza n. 1995 del 31 luglio 2009 il T.A.R. per la Liguria ha rigettato la domanda risarcitoria, in base ai seguenti testuali rilievi:

- “In primo luogo il Collegio rileva, e ciò sarebbe di per sé già determinante che il danno - l’affermata diminuzione patrimoniale - non può ritenersi provato almeno nella sua definitiva permanenza, né nel momento di proposizione del ricorso, né nel momento attuale: infatti risulta dagli atti acquisiti in corso di causa che gli stessi ricorrenti hanno proposto azione civile nei confronti di Emma Cerisola davanti al Tribunale di Savona, sezione distaccata di Albenga (r.g. 1388/03)” e ancorché “nulla risulta circa l’esito di tale controversia, (ma) il tempo trascorso dalla sua instaurazione e un giudizio prognostico esteriore sui contenuti del giudizio, visto che lo stesso è stato avviato nei confronti dell’autore di un intervento ormai pacificamente abusivo, può oggettivamente indurre ad una avvenuta o imminente soddisfazione delle pretese dei ricorrenti almeno in primo grado”;

- “Quanto al comportamento della P.A., esso deve essere valutato globalmente.

Se il rilascio dell’autorizzazione è effettivamente avvenuto incautamente - si trattava sì di un intervento di impatto edilizio modestissimo, ma il tutto doveva essere condizionato dalla sentenza emessa dal TAR nel 1995 - si deve considerare che la sentenza di questo Tribunale con cui l’autorizzazione predetta è stata annullata è stata emessa il 12 giugno 2002, senza passare in giudicato per l’appello proposto in Consiglio di Stato dalla controinteressata Emma Cerisola. E nel successivo gennaio 2003 il Comune, in presenza delle diffide degli attuali ricorrenti e pur in presenza del predetto appello, ha emesso ordinanza di demolizione dei confronti dell’opera in parola.

In pendenza di ordinanza di demolizione, la Procura della Repubblica di Savona ha sequestrato l’intera documentazione relativa alla pratica edilizia, privando così la P.A. di qualsiasi possibilità di azione ulteriore, ivi compresi il rinnovo dell’ordinanza di demolizione oppure le attività connesse alla sua esecuzione.

Il comportamento del Comune successivamente alla sentenza del TAR n. 660/02 di annullamento dell’autorizzazione edilizia rilasciata non può ritenersi colposamente inerte, soprattutto alla luce sia del comportamento medio attuale delle pubbliche amministrazioni, sia dei fatti successivamente accaduti - il sequestro penale - che hanno impedito il pieno dispiegarsi delle potestà amministrative tipiche del caso.

Non vanno poi sottaciuti altri due elementi: in primo luogo quanto realizzato da Emma Cerisola è andato oltre l'autorizzazione edilizia rilasciata nel 1997 e dunque non tutte le opere realizzate scaturiscono dall’iniziativa favorevole del Comune. In secondo luogo ben potevano i ricorrenti impugnare il provvedimento di condono edilizio, provvedimento riguardante intervento in zona paesistica ed esperire la via della reintegrazione specifica del danno invece del risarcimento per equivalente.

Perciò, valutato l’intero dispiegarsi della vicenda e vista la mancanza attuale di un danno definitivo avvenuto nella sfera dei ricorrenti, il ricorso deve essere respinto”.

3.) Con appello notificato il 28 settembre 2009 e depositato il 20 ottobre 2009, Elisa Borbonese e Massimo Cerisola hanno impugnato la predetta sentenza deducendone, senza rubricazione di motivi, l’erroneità ed ingiustizia in base ai rilievi di seguito sintetizzati:

- la responsabilità colpevole del Comune, qualificabile soggettivamente in termini di colpa se non addirittura di dolo, risale al rilascio dell’autorizzazione edilizia in un primo tempo denegata con precedente provvedimento riconosciuto legittimo dalla sentenza n. 295/1995;

- peraltro nessuna rilevanza può assumere l’instaurazione di giudizio civile nei confronti della parte privata per altro titolo di responsabilità, e che è stato comunque definito con sentenza del Tribunale di Savona Sezione distaccata di Albenga in composizione monocratica n. 374 del 17 dicembre 2008 che ha rigettato la domanda ivi proposta;

- l’ordinanza di demolizione emanata dal Comune dopo istanze e diffide degli interessati non esclude né diminuisce la responsabilità in ordine al rilascio dell’autorizzazione edilizia illegittima, né può assumere rilievo il sequestro penale della pratica edilizia:

- del pari nessun rilievo giuridico può annettersi a valutazioni circa comportamenti “medi” eventualmente anche maggiormente colpevoli di altre amministrazioni;

- l’opera realizzata è stata eseguita in modo conforme all’autorizzazione edilizia poi annullata in sede giurisdizionale e non si comprende da quali elementi il giudice amministrativo ligure abbia tratto un diverso convincimento;

- è inconferente il rilievo della omessa impugnativa della concessione in sanatoria, che non avrebbe avuto ragionevoli prospettive di accoglimento poiché il condono ex d.l. n. 269/2003 è ammesso anche per le opere realizzate in aree sottoposte a vincolo paesistico;

- la misura del danno è stata determinata da professionista privato in modo analitico, salva la possibilità, disattesa dal primo giudice, di c.t.u. eventualmente esperibile anche in grado d’appello.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Finale Ligure, con memoria depositata il 16 giugno 2017, ha dedotto a sua volta l’infondatezza dell’appello in base ai rilievi di seguito sintetizzati:

- non sono state allegate specifiche censure nei confronti della sentenza gravata e l’appello risulta generico;

- gli interessati non hanno impugnato la concessione in sanatoria, onde il danno discende da loro comportamento inerte;

- in realtà non sussiste il danno lamentato perché l’intervento non incide su valori paesistici e ai sensi del d.P.R. n. 31/2017 non è assoggettato a autorizzazione paesaggistica, ha modesta rilevanza e rientra nelle opere qualificabili come di ordinaria manutenzione, ai sensi della l.r. b. 16/2008;

- la concessione in sanatoria non pregiudica i diritti dei terzi.

Con memoria difensiva depositata il 19 giugno 2017 gli appellanti, a loro volta, hanno insistito, anche in relazione a produzioni fotografiche contestualmente versate in giudizio, sulla fondatezza della domanda risarcitoria.

Dopo il deposito di memorie di replica in data 28 giugno 2017, all’udienza pubblica del 20 luglio 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

4.) L’appello in epigrafe è fondato, onde in riforma della sentenza gravata deve essere accolta la domanda di risarcimento del danno nella misura di seguito precisata.

4.1) In effetti il giudizio civile, e il relativo giudicato, attiene ad azione a tutela dei diritti dominicali, promossa ex art. 873 cod. civ., con cui si richiedeva la rimozione o in subordine l’arretramento della tettoia in relazione all’invocata violazione della disciplina delle distanze; domanda che è stata rigettata, unitamente alla cumulativa domanda risarcitoria, perché il Tribunale prima e quindi la Corte di Appello hanno escluso che la tettoia costituisse “costruzione” atta a creare una intercapedine, in quanto aperta sui quattro lati.

La domanda risarcitoria proposta nei confronti dell’Amministrazione comunale riguarda invece l’esclusione o comunque la grave limitazione della veduta in relazione alla erezione della tettoia, quindi petitum e causa petendi diversa e non coperta dal giudicato civile.

4.2) Tanto premesso, occorre valutare se, oltre all’azione diretta nei confronti del proprietario del fondo sottoposto (nella specie non promossa poiché, come innanzi osservato, il giudizio civile è stato instaurato ai sensi dell’art. 873 cod. civ.), sia ammissibile una domanda risarcitoria nei confronti dell’Amministrazione che abbia rilasciato il titolo autorizzatorio, poi annullato, che ha consentito la realizzazione della tettoia, e quindi l’esclusione o la limitazione della servitù di veduta-, e che, dopo l’annullamento, e in pendenza di appello avverso sentenza non sospesa, abbia ritardato, o non abbia assunto tempestivamente i provvedimenti repressivi, poi definitivamente esclusi dal rilascio di una concessione in sanatoria.

Sotto tale ultimo aspetto, non è rilevante che sia successivamente intervenuto un sequestro penale che comunque non avrebbe impedito l’adozione dei medesimi, se del caso previa istanza di rilascio di copia del fascicolo edilizio in sequestro.

4.3) Del pari nessun rilievo può assumere la circostanza che i titoli edilizi sono rilasciati salvi i diritti dei terzi, che quindi possano agire a propria tutela in sede civile o in sede amministrativa.

Infatti, tale “clausola” di salvezza non può ritenersi esonerativa da responsabilità aquiliana dell’Amministrazione secondo i principi generali, quanto la stessa, con comportamenti commissivi o omissivi (e nella specie prima commissivi, mediante il rilascio del titolo edilizio, e quindi omissivi, attraverso l’omessa attivazione dei poteri di autotutela repressiva) ha concorso a cagionare la lesione del diritto dominicale.

4.4) Non può poi sostenersi che il fatto colposo del danneggiato, concorrente alla produzione dell’evento lesivo (e quindi semmai alla riduzione del risarcimento e non già all’esclusione della responsabilità), possa individuarsi nell’omessa impugnativa della successiva concessione in sanatoria, ricollegata alla realizzazione del manufatto in base a titolo illegittimo e alla mancata adozione di misure repressive dopo l’annullamento giurisdizionale, ossia a fatti riferibili precipuamente all’Amministrazione.

4.5) Semmai il fatto colposo del danneggiato deve ravvisarsi nel non aver azionato in sede civile la specifica responsabilità del privato in relazione al diverso titolo costituito dall’esclusione o limitazione della servitù di veduta.

4.6) Alla stregua dei rilievi che precedono, la domanda risarcitoria risulta fondata, e nondimeno, ai fini della liquidazione del danno occorre disporre verificazione in ordine alla diminuzione di valore dell’immobile conseguente alla esclusione e/o limitazione della servitù di veduta.

Alla verificazione provvederà -previo avviso alle parti almeno 15 giorni prima dell’inizio delle relative operazioni, e con facoltà delle medesime parti di assistere alle suddette operazioni anche con l’intervento di propri consulenti tecnici di fiducia, e considerando le osservazioni di questi ultimi nella relazione finale- il Signor Direttore dell’Ufficio Provinciale del Territorio di Savona dell’Agenzia delle Entrate, con facoltà di delegare altro dirigente munito di specifica competenza, e di avvalersi ai fini dei rilievi e rilevazioni occorrenti di personale tecnico munito di idonei mezzi.

Il verificatore -che avrà facoltà di accedere a tutti gli atti del giudizio e di estrarne copia, di richiedere alle parti ogni documentazione ritenuta utile nonché di tentare il componimento bonario della lite- provvederà al deposito della relazione finale, con i relativi allegati, nella Segreteria della Sezione entro il termine di giorni centoventi dalla comunicazione della presente ordinanza istruttoria.

Al verificatore sarà corrisposta, a titolo di acconto, la somma di € 3.000,00 (tremila/00), posta a carico del Comune di Finale Ligure, salva liquidazione finale comprensiva delle spese documentate.

La trattazione ulteriore dell’appello all’esito della verificazione all’udienza pubblica del 26 giugno 2018.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), pronunciando con sentenza non definitiva sull'appello n.r. 8287 del 2009, come in epigrafe proposto, così provvede:

1) in riforma della sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sezione 1^, n. 1995 del 31 luglio 2009, accoglie la domanda di risarcimento del danno proposta con il ricorso in primo grado;

2) dispone, ai fini della liquidazione del danno, l’incombente istruttorio di cui in motivazione, da svolgersi nei modi e termini ivi indicati;

3) riserva all’esito della verificazione ogni altra decisione, ivi compresa la liquidazione delle spese del doppio grado di giudizio;

4) rinvia la trattazione ulteriore dell’appello all’udienza pubblica del 26 giugno 2018.

La presente sentenza sarà eseguita dall’Autorità amministrativa e dal Verificatore nominato, e comunicata al medesimo e alle parti a cura della Segreteria.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Troiano, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore

Daniela Di Carlo, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Leonardo Spagnoletti        Paolo Troiano