TAR Sicilia (PA) Sez. II n.1468 del 14 giugno 2016
Urbanistica.Comunicazione dell’accertamento formale d’inottemperanza dell’ordine di demolizione

L'omessa notificazione dell'ordine di demolizione ad alcuno dei comproprietari impedisce la successiva acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusivamente realizzate, con illegittimità di ogni atto che possa fondarsi su tale erroneo presupposto

 

N. 01468/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01812/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1812 del 2014, proposto da VINCI Maria Stella, rappresentata e difesa dagli avv.ti Michele Guitta e Claudio Tani, con domicilio eletto in Palermo, Via Notarbartolo 5, presso lo studio dell’Avv. Nicolo' Cassata;

contro

- il Comune di Custonaci, non costituito in giudizio.

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- dell’accertamento formale d’inottemperanza all’obbligo di demolizione del 27 settembre 2013, prot. n. 13121;

- degli atti connessi, presupposti e conseguenziali, in particolare dell’ordinanza di demolizione n.84/94 del 28 agosto 1994 e del diniego di sanatoria n. 40/92 del 10 marzo 1992;

 

VISTO il ricorso con i relativi allegati;

VISTA l’ordinanza collegiale istruttoria n. 1754 del 7 luglio 2014 e la successiva n.3435 del 22 dicembre 2014, non eseguite dal Comune di Custonaci onerato;

VISTA l’ordinanza collegiale n.479 del 25 marzo 2015, di accoglimento della domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati, limitatamente al verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione;

VISTE le memorie difensive;

VISTI tutti gli atti della causa;

RELATORE il Primo Referendario Anna Pignataro;

UDITO, alla pubblica udienza del 7 aprile 2016, il difensore di parte ricorrente, presente così come da verbale d’udienza;

 

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe, la sig.ra Maria Stella Vinci in qualità di comproprietaria - con gli altri cinque germani, Carlo, Giuseppe, Rosa Pia Benvenuta e Vincenza Stella - dell’immobile abusivamente edificato in C.da Scurati-Sanguino, località Cornino, in catasto al foglio 60, part. 63, ha impugnato il diniego di sanatoria, l’ordine di demolizione e la comunicazione dell’accertamento formale d’inottemperanza, di cui afferma di essere venuta a conoscenza in occasione della notifica ai suoi fratelli della comunicazione dell’accertamento formale d’inottemperanza all’obbligo di demolizione, quale titolo per l’immissione in possesso da parte del Comune di Custonaci.

Afferma che poiché non le sarebbe mai stato notificato alcuno degli atti predetti, il ricorso avverso questi ultimi proposto al fine del loro l’annullamento, previa sospensione cautelare, sarebbe tempestivo e, quindi, ricevibile; ne deduce l’illegittimità sotto svariati profili di violazione di legge ed eccesso di potere, di seguito sintetizzati.

Avverso il diniego di sanatoria n. 40/92 del 10 marzo 1992:

a. l’atto, adottato con la motivazione che trattandosi di immobile ultimato nel 1983 entro i 150 metri dalla battigia soggiacerebbe al vincolo d’inedificabilità assoluto posto dall’art. 15, lett. a) della legge regionale n.78 del 1976, sarebbe illegittimo perchè il predetto vincolo assoluto, fino al 1991, avrebbe esplicato efficacia esclusivamente nei confronti degli Enti locali quali unici destinatari della predetta disciplina vincolistica e giammai nei confronti dei privati;

b. il Comune non avrebbe compiuto alcun accertamento circa la reale distanza dell’immobile dalla linea della battigia, dandone congruo riscontro nella motivazione del diniego impugnato;

c. Antonio Vinci e Antonina Castiglione – deceduti rispettivamente il 4 aprile 1984 e il 20 febbraio 1999, genitori della ricorrente, a loro succeduta - acquistarono in comunione il terreno, sul quale insistono le opere abusive, nel 1960 proprio da potere del Comune, facendo affidamento, in buona fede, sulla natura di lotto edificabile dell’area (il piano di lottizzazione “località Cornino”, in atti, era stato approvato nel 1958); lo stesso programma di fabbricazione del 1980 aggiornato nel 1981, prevedrebbe l’edificabilità delle zone confinanti e non avrebbe recepito il disposto dell’art. 15 cit.: il legittimo affidamento si sarebbe protratto per oltre 30 anni e, quindi, consolidato anche in capo all’odierna ricorrente.

Avverso la demolizione del 24 agosto 1994:

d. sarebbe errata la norma sanzionatoria di riferimento. L’immobile abusivo sarebbe stato completato nel 1983 e quindi prima dell’entrata in vigore della legge 47 del 1985 che prevede l’acquisizione al patrimonio del comune nell’ipotesi di inottemperanza all’ordine di demolizione.

Sotto la vigenza dell’art.32 della l. n. 1150/1942 come modificata dalla legge 765 del 1967, applicabile al caso di specie, invece, l’unica sanzione prevista era quella demolitoria.

e. non sarebbe sufficiente la mera violazione della norma urbanistica a sostenere la sanzione demolitoria e perciò il Comune avrebbe dovuto evidenziare l’interesse pubblico concreto prevalente su quello privato al mantenimento dell’opera abusiva.

Avverso la comunicazione dell’accertamento formale d’inottemperanza all’obbligo di demolizione:

f. l’omessa notifica dell’avviso unitamente a quella del presupposto ordine di demolizione, impedirebbe l’acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale.

g. il fatto che il Comune ha impiegato quasi 20 anni per concludere il procedimento sanzionatorio dimostrerebbe la sopravvenuta carenza dell’interesse pubblico.

Con memoria depositata il 30 giugno 2014, parte ricorrente ha prospettato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 comma 3 della L.R.S. n. 15/1991 per asserito contrasto con gli artt. 3, 25, 42 (II e III comma) e 97 della Costituzione, anche in relazione agli art. 17 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della Libertà Fondamentali a protezione della proprietà, chiedendo la sospensione del giudizio in corso e la rimessione degli atti del giudizio alla Corte Costituzionale.

Il Comune di Custonaci non si è costituito in giudizio, né ha eseguito l’ordine istruttorio di esibizione della eventuale documentazione attestante gli effettivi destinatari della comunicazione del 27 settembre 2013, prot. n. 13121, di accertamento formale d’inottemperanza all’obbligo di demolizione.

Parte ricorrente ha ulteriormente sviluppato le proprie tesi difensive con memorie depositate il 24 marzo 2015 e il 5 marzo 2016 in vista dell’udienza pubblica di trattazione nel merito.

Con ordinanza collegiale n. 479 del 25 marzo 2015 è stata accolta la domanda di sospensione cautelare limitatamente all’acquisizione gratuita dell’immobile di che trattasi.

All’udienza pubblica del 7 aprile 2016, la causa è stata posta in decisione.

2. Ritiene il Collegio che in mancanza della prova contraria dell’avvenuta notifica della comunicazione di acquisizione gratuita del bene nei confronti della ricorrente, il ricorso risulta tempestivamente proposto e, dunque, ricevibile.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide riguardo al caso in esame, è necessaria la notifica a tutti i soggetti comproprietari che, omettendo di dare corso all’ordinanza di demolizione, hanno reso dovuta la successiva acquisizione del bene al patrimonio del Comune.

Infatti, se è pur vero che la mancata notificazione al comproprietario non inficia di per sé la legittimità della disposta misura repressiva-ripristinatoria (demolizione) semmai incidendo sulla relativa conoscenza (sicché ai fini della legittimità dell'iter procedimentale posto in essere dall'Amministrazione per il ripristino dei valori giuridici offesi dalla realizzazione dell'opera abusiva è sufficiente la notifica dell'ordinanza di demolizione così come degli atti consequenziali a uno solo dei comproprietari e, in ogni caso, al responsabile dell'illecito, dovendo questi adoperarsi in ragione della funzione ripristinatoria e non sanzionatoria dell'atto, per eliminare l'illecito onde sottrarsi, salvo comprovare l'indisponibilità effettiva del bene, al pregiudizio della perdita della propria quota ideale di comproprietà), ciò non può comportare conseguenze irreversibili per il comproprietario pretermesso (Tar Campania, Napoli, Sez. II, 8 giugno 2011, 2992).

Costui, pertanto, può autonomamente gravarsi nei confronti del provvedimento sanzionatorio, facendo valere le proprie ragioni entro il termine decorrente dalla piena conoscenza della ingiunzione e mantiene appieno tutelata la propria posizione, giacché l'acquisizione gratuita dell'immobile di sua contitolarità per abusi edilizi non potrebbe verificarsi ove non gli fosse stata notificata la previa ingiunzione di demolizione. Ne consegue che l'omessa notificazione dell'ordine di demolizione ad alcuno dei comproprietari impedisce la successiva acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusivamente realizzate, con illegittimità di ogni atto che possa fondarsi su tale erroneo presupposto (così Tar Campania, cit.; nello stesso senso, Tar Palermo, sez. III, 24 giugno 2013, n. 1366).

Nel caso concreto, il Comune di Custonaci, pur potendo notificare l’ordine di demolizione a un solo comproprietario, aveva comunque l’onere di verificare in capo a chi fosse la proprietà effettiva, non potendo porre conseguenze giuridiche estreme, quali la perdita della proprietà, in capo a soggetti che formalmente non erano stati destinatari degli atti sanzionatori presupposti.

Sotto questo profilo, peraltro squisitamente formale, la comunicazione dell’accertamento formale d’inottemperanza all’obbligo di demolizione, impugnata col presente ricorso e che è diretta conseguenza degli atti prodromici sempre qui impugnati, non poteva spiegare effetto alcuno nei confronti della signora Maria Stella Vinci.

Anche rispetto ai citati provvedimenti presupposti (diniego di sanatoria edilizia e ingiunzione di demolizione) che la ricorrente afferma di aver conosciuto solo in occasione della notifica dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, per quanto detto sopra, il ricorso può ritenersi tempestivo e, dunque, ricevibile.

3. Nel merito, tuttavia, il ricorso è infondato.

3.1. In ordine all’impugnazione del diniego di sanatoria si osserva quanto segue.

La prima censura è infondata alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale ormai consolidatasi in materia, anche di questo Tribunale, che il Collegio condivide riguardo al caso in esame, secondo cui: “Il divieto di edificazione nella fascia di rispetto di 150 metri dalla battigia sancito dall'art. 15 l. reg. Sicilia 12 giugno 1976 n. 78, ha come destinatari, in base alle successive l. reg. Sicilia 30 aprile 1991 n. 15 (art. 2) e 31 maggio 1994 n. 17 (art. 6), non soltanto le amministrazioni comunali in sede di formazione degli strumenti urbanistici, ma anche i privati che intendano procedere a lavori di costruzione entro tale fascia” (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 2 novembre 2010, n. 14015; 20 luglio 2009, n. 1328; III, 4 gennaio 2008, n. 1; I, 9 ottobre 2008, n.1251; III, 18 aprile 2007, n. 1130; III, 4 ottobre 2006, n. 2019; I, 11 novembre 2002, n. 3817; I, 10 dicembre 2001, n. 1854; C.G.A., Sez. Giurisdizionale, 19 marzo 2002, n. 158; 31 gennaio 1995, n. 10).

La giurisprudenza amministrativa, altrettanto pacifica, ha affermato la natura interpretativa autentica e la conseguente efficacia retroattiva da attribuirsi al precetto di cui all’art. 2 della l.r. 15/1991 cit. (cfr. da ultimo anche C.G.A. 695/06).

Quanto al secondo profilo di censura, va ribadito, anche riguardo al caso di specie, l’orientamento consolidato, anche di questo Tribunale, alla stregua del quale già in sede d’istruttoria del procedimento di rilascio della sanatoria è il richiedente che ha l'onere di fornire un principio di prova in ordine alla data di edificazione e alla localizzazione del manufatto (cfr. Cons. Stato, V, 5 febbraio 2007, n. 452; 24 ottobre 1996, n. 1275) mentre resta a carico dell'Amministrazione comunale di controllare l'attendibilità dei dati forniti e di contrapporre eventualmente le risultanze di proprie verifiche, da effettuarsi, caso per caso, con le modalità e gli strumenti affidati alla scelta discrezionale della stessa Amministrazione.

In altre parole, il responsabile dell’abuso è gravato dall'onere di provare, attraverso elementi certi l'effettiva ubicazione del manufatto non potendo limitarsi a contestare i dati in possesso dell'Amministrazione senza fornire alcun elemento di prova a corredo della propria tesi, in quanto l'Amministrazione - in assenza di elementi di prova contrari - non può che respingere la domanda di sanatoria.

Nel caso di specie, la ricorrente non ha allegato alcuna documentazione (ad es. perizie tecniche, planimetrie, fotografie) da valere almeno quale principio di prova, volto a dimostrare che l’immobile non si trovasse entro la fascia dei 150 dalla battigia.

Anche la terza censura è infondata.

Innanzitutto, va ribadito che l’art. 2, comma 3, della l.r. 15/91, dopo avere precisato che le disposizioni di cui all' articolo 15, primo comma, lettere a, d, ed e della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78 devono intendersi direttamente e immediatamente efficaci anche nei confronti dei privati ha aggiunto che “Esse prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi” e che sul punto la giurisprudenza amministrativa successiva, e ormai pacifica, ha affermato la natura interpretativa e la conseguente efficacia retroattiva da attribuirsi al precetto (cfr. da ultimo anche C.G.A. 695/06 già cit.).

In secondo luogo, va rilevato che l’art. 23 della legge regionale 10/08/1985, n. 37, postula che “restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell'art. 15, lett. a, della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell'entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976”.

Orbene, in materia di ripartizione dell’onere della prova, rispetto al profilo specifico della data di realizzazione delle opere da sanare, la giurisprudenza, che il Collegio condivide anche con riguardo al caso concreto, ha chiaramente affermato che detto onere grava sul richiedente la sanatoria.

Nell’atto impugnato è affermato che l’immobile risulta edificato nel 1983 e nessuna prova ha fornito la ricorrente per smentire tale fatto: è evidente, quindi, che non possono giovarle, a tal fine, la circostanza che nel 1958 il Comune ebbe ad approvare un piano di lottizzazione che è poi stato richiamato nell’atto di compravendita del 1960, poiché, comunque, alla data di imposizione della nuova disciplina vincolistica nessuna opera edilizia era stata ancora compiuta.

Così come il piano di fabbricazione vigente nel 1980 – comunque non versato in atti- in nessun modo potrebbe prevalere sulla disposizione dell’art. 2, comma 3 della l.r. 15/91, sopra riportata, con effetto derogatorio rispetto al vincolo d’inedificabilità assoluta.

Quanto all’invocato “legittimo affidamento” ovvero all’asserito “venir meno dell’interesse” pubblico del Comune alla ablazione dell’immobile abusivo in ragione della inerzia nella conclusione del procedimento sanzionatorio, il Collegio aderisce, anche rispetto al caso di specie, all’indirizzo giurisprudenziale maggioritario secondo cui il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica può essere esercitato in ogni tempo e i relativi provvedimenti non necessitano di alcuna specifica motivazione in ordine all'interesse pubblico a disporre il ripristino della situazione antecedente alla violazione, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso allo scopo di ripristinare l'assetto urbanistico - edilizio violato, anche nel caso in cui l'abuso sia commesso in data risalente, non sussistendo alcun affidamento legittimo del contravventore a vedere conservata una situazione di fatto contra jus che il tempo non può consolidare, né legittimare l'interessato a dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011 , n. 2781; V, 11 gennaio 2011, n. 79; IV, 31 agosto 2010, n. 3955; IV, 1° ottobre 2007, n. 5049 e n. 5050; V, 7 settembre 2009, n. 5229; IV, 10 dicembre 2007, n. 6344; VI, 19 ottobre 1995, n. 1162; V, 12 marzo 1996).

3.2. I motivi articolati avverso l’ordine di demolizione sono parimenti infondati.

Contrariamente a quanto dedotto, il Comune intimato, con il provvedimento impugnato, ha correttamente fatto applicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente al momento in cui le opere abusive sono state realizzate, così come imposto dall’art. 23 della L.r. 10 agosto 1985, n. 37, laddove ha sostituito, limitatamente alla Regione Sicilia, gli articoli 32 e 33 della l. n. 47 del 1985; nel caso di specie, trattandosi di opere edificate nel 1983, tale sanzione era quella prevista dall’art. 49 della l.r. n. 71 del 1978 - legge espressamente richiamata nell’ordinanza sindacale di demolizione - secondo cui “Le opere eseguite in totale difformità o in assenza della concessione devono essere demolite, a cura e spese del proprietario, entro il termine fissato dal sindaco con ordinanza.

In mancanza, le predette opere sono gratuitamente acquisite, con l'area su cui insistono, al patrimonio indisponibile del comune, che le utilizza a fini pubblici, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica”.

Destituita di fondamento e la successiva deduzione circa l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico alla demolizione, poiché secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, condiviso dal Collegio anche riguardo al caso di specie, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, l’ordine di demolizione è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione (tra le tante, TAR Sicilia, Palermo, II, 12 febbraio 2016, n. 430; C. Stato, V, 8 giugno 1994, n. 614; IV, 16 aprile 2010, n. 2160; V, 11 gennaio 2011, n. 79; V, 27 aprile 2011, n. 2497; VI, 11 maggio 2011, n. 2781; IV, 20 luglio 2011, n. 4403; VI, 4 marzo 2013, n. 1268).

4. Manifestamente infondata è, poi, la questione di legittimità costituzionale del citato art. 15 L.r. n. 78/1976 per violazione degli artt. 3, 25, 42 e 97 della Costituzione, avendo già questo Tribunale, in fattispecie analoghe alla presente (v. sentenze sez. III, n. 6584 del 12 maggio 2010, n. 1189 del 6 dicembre 2012 e n. 567 del 19 febbraio 2007) ritenuto, con argomentazione che il Collegio condivide, che la normativa in esame non sia in alcun modo affetta da vizio di incostituzionalità in quanto dettata dalla necessità di tutelare il superiore interesse pubblico all’eliminazione degli abusi edilizi, in particolare per quanto attiene alle ipotesi di inedificabilità assoluta (cfr., altresì, C.G.A. 21 settembre 2010, n. 1220).

5. Per quanto sopra, il diniego di sanatoria e l’ordinanza di demolizione impugnati sono immuni dai vizi denunciati e il ricorso, in parte qua, va rigettato; va invece accolto quanto alla comunicazione dell’accertamento formale d’inottemperanza all’obbligo di demolizione, limitatamente alla quota di cui è proprietaria l’odierna ricorrente, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

6. L’accoglimento parziale giustifica l’irripetibilità delle spese processuali nei confronti del Comune di Custonaci non costituito in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo accoglie in parte, nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, annulla in parte qua la comunicazione di accertamento formale d’inottemperanza all’obbligo di demolizione del 27 settembre 2013, prot. n. 13121, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione; lo rigetta per il resto.

Spese irripetibili.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Cosimo Di Paola, Presidente

Anna Pignataro, Primo Referendario, Estensore

Sebastiano Zafarana, Referendario

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/06/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)