TAR Veneto n. 533 del Sez. II 19 marzo 2024
Beni ambientali.Riduzione di superficie boscata in assenza di autorizzazione

La disciplina di settore limita la possibilità di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai casi previsti dall’art. 167, commi 4 e 5, richiamato dall’art. 146, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio. I casi contemplati da dette disposizioni sono tassativi, e si riferiscono tutti a lavori inerenti fabbricati (interventi minori su edifici), sicché non si può far luogo all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria nel caso di interventi di alterazione di territori coperti da foreste e da boschi. Poiché gli artt. 167 e 181 del D. Lgs n. 42/2004 non consentono il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per interventi di riduzione di superficie boscata (disboscamento) ne deriva che l’ordinanza di ripristino ex art. 167, comma 2, costituisce atto dovuto e vincolato, dovendo l’area protetta essere ricostruita nella sua essenza forestale. La sanzione ripristinatoria è, infatti, prevista come la regola per gli interventi realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica e la possibilità di sanatoria paesistica postuma è ammessa solo nei casi tassativi previsti dall’articolo 167, comma 4, del d.lgs. 42/2004. L'intenzione legislativa è chiara nel senso di precludere qualsiasi forma di legittimazione del "fatto compiuto", in quanto l'esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell'intervento.


Pubblicato il 19/03/2024

N. 00533/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01376/2015 REG.RIC.

N. 01377/2015 REG.RIC.

N. 01388/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1376 del 2015, proposto da
Societa' Azienda Agricola dei Nicalo' S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Domenichelli, Franco Zambelli, Franco Zumerle, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Tito Munari, Francesco Zanlucchi, Ezio Zanon, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Maurizio Fanini, non costituito in giudizio;


sul ricorso numero di registro generale 1377 del 2015, proposto da
Societa' Azienda Agricola dei Nicalo' S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Domenichelli, Franco Zambelli, Franco Zumerle, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Tito Munari, Francesco Zanlucchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


sul ricorso numero di registro generale 1388 del 2015, proposto da
Maurizio Fanini, rappresentato e difeso dagli avvocati Eliana Bertagnolli, Paola Valentini, Marco Faraoni, Mattia Lancerotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

contro

Regione Veneto Settore Forestale Regionale di Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Tito Munari, Francesco Zanlucchi, Ezio Zanon, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Tregnago, Comune di Mezzane di Sotto, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Riccardo Tedeschi, non costituito in giudizio;
Società Azienda Agricola dei Nicalò S.S., rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Domenichelli, Franco Zumerle, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 1376 del 2015:

dell'ordinanza n. 4 del 25.5.15 di rimessione in pristino dello stato dei luoghi per lavori di sistemazione agronomica di area boscata ex art. 167, comma 2, del D.lgs 42/04 e s.m.i.; nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto;

quanto al ricorso n. 1377 del 2015:

per l'annullamento

dell'ordinanza n. 3 del 25.5.15 di rimessione in pristino dello stato dei luoghi per lavori di sistemazione agronomica di area boscata ex art. 167, comma 2, del D.lgs 42/04 e s.m.i.; nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto;

quanto al ricorso n. 1388 del 2015:

per l'annullamento

del provvedimento n. 4 del 25.5.2015, n. prot. 224783 del 28.5.2015, emesso dal settore Forestale Regionale di Verona, che ha ingiunto al sig. Maurizio Fanini e al sig. Riccardo Tedeschi la rimessa in pristino dello stato dei luoghi, ex art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, di un'area pari a 65.000mq., catastalmente censita al Fg. 2 del Comune di Mezzane di Sotto, mapp. vari e al Fg. 31 del Comune di Tregnago, mapp. vari;.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Società Azienda Agricola dei Nicalò S.S , di Maurizio Fanini e della Regione Veneto Settore Forestale Regionale di Verona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il dott. Marco Rinaldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con separati ricorsi, gli odierni istanti hanno impugnato le ordinanze di rimessione in pristino dello stato dei luoghi nn. 3 e 4 del 25 maggio 2015, con le quali la Regione Veneto ha sanzionato, ex art. 167, comma 2, del D.lgs 42/04 e s.m.i., la "riduzione di superficie boscata in assenza di qualsiasi autorizzazione" perpetrata dai ricorrenti nel corso degli anni 2000-2012 e riguardante una vasta area nei Comuni di Mezzane di Sotto e Tregnago, di proprietà dell'Azienda Agricola dei Nicalò (avente causa), che le ha acquistate nell'aprile del 2006 dal Sig. Maurizio Fanini (dante causa), e attualmente destinata a vigneto.

A sostegno delle impugnative proposte, le parti ricorrenti hanno dedotto plurime censure di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere, contestando in particolare la violazione dell’art. 167 del D.lgs 42/04, la natura boscata delle aree di proprietà, la mancata esatta individuazione delle aree interessate dalle ordinanze di ripristino e il difetto d’istruttoria.

Si è costituita in giudizio la Regione Veneto chiedendo il rigetto delle avverse impugnative.

All’udienza in epigrafe indicata le cause sono state trattenute in decisione.

Il Collegio, visto l’art. 70 c.p.a., dispone preliminarmente la riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, attesa la sussistenza di ragioni di connessione oggettiva.

Sempre in via preliminare il Tar deve dichiarare la tardività della memoria ex art. 73 c.p.a. prodotta dalla Regione Veneto, in quanto depositata dopo le ore 12 dell’ultimo giorno utile, ovvero il 16 ottobre 2023, in violazione del combinato disposto degli artt. 73, comma primo, c.p.a. e 4, comma quarto, disp. att. c.p.a. (secondo Cons. St. n. 7977/2022 “Da tali disposizioni si evince infatti che il deposito con il processo amministrativo telematico (PAT) è possibile fino alle ore 24.00, ma se effettuato l’ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dal comma 1 dell’art. 73 c.p.a., ove avvenga oltre le ore 12 (id est, l’orario previsto per i depositi prima dell’entrata in vigore del PAT), si considera - ai fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche - effettuato il giorno successivo, ed è quindi tardivo. Il termine ultimo di deposito alle ore 12, quindi, permane, anche all’indomani dell’entrata in vigore del PAT, come termine di garanzia del contraddittorio tra le parti e della corretta organizzazione del lavoro del collegio giudicante.”).

Il termine fissato dalle menzionate disposizioni del codice di rito ha carattere perentorio in quanto espressione di un precetto di ordine pubblico sostanziale, a tutela del principio del contraddittorio e dell’ordinato lavoro del giudice (Cons. Stato, sez. V, 9 gennaio 2019 n. 194; Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2022, n. 10632; Tar Veneto n. n. 307/2023).

Della memoria ex art. 73 c.p.a. depositata tardivamente dalla Regione, pertanto, il Collegio non potrà tenere conto ai fini della decisione, mentre potrà utilizzare la (copiosa) documentazione depositata dalla P.A. in data 5 ottobre 2023, nel rispetto del termine di quaranta giorni liberi prima dell’udienza previsto dal citato art. 73 c.p.a.

Venendo ad esaminare il merito delle cause riunite, occorre preliminarmente chiarire che oggetto di gravame sono i provvedimenti regionali con i quali è stata contestata alle parti ricorrenti la riduzione, senza alcuna autorizzazione (e in particolare in assenza dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del D.lgs 42/04), di una superficie boscata pari a circa 10, 5 ha.

Trattasi segnatamente delle seguenti ordinanze adottate dalla Regione ex art. 167 del D.lgs 42/04:

1) ordinanza n 4 del 25/05/2015 di remissione in pristino dello stato dei luoghi con cui si ordina il ripristino di un’area boscata di circa 6,5 in relazione ad abusi perpetrati dal 2000 al 2006.

Destinatari dell’ordinanza (soggetti obbligati al ripristino della superficie boscata abusivamente eliminata) sono:

- il signor Fanini Maurizio, in qualità di responsabile dei lavori eseguiti e proprietario dell’area al momento dell’esecuzione dei lavori e sino all’aprile 2006;

- il signor Tedeschi Riccardo, in qualità di legale rappresentante dell’azienda agricola dei Nicalò s.s. e attuale proprietario dell’area interessata dal disboscamento abusivo.

Gli abusi contestati, come detto, sono relativi al periodo 2000-2006 e hanno per oggetto la riduzione, senza alcuna autorizzazione, di un’ampia superficie boscata, individuata negli elaborati grafici allegati al provvedimento impugnato come differenza tra il confine del bosco all’anno 2000 (tratto in verde) ed il confine del bosco al momento dell’acquisto (tratto in giallo);

2) ordinanza n. 3 del 25/05/2015 di remissione in pristino dello stato dei luoghi con cui si ordina al signor Tedeschi Riccardo il ripristino di un’area boscata di circa 4 ha in relazione agli abusi perpetrati dall’aprile 2006 all’anno 2012.

Destinatario dell’ordinanza (soggetto obbligato al ripristino della superficie boscata abusivamente eliminata) è il signor Tedeschi Riccardo, in qualità di legale rappresentante dell’azienda agricola dei Nicalò s.s. e di responsabile dei lavori nonché attuale proprietario dell’area.

Gli abusi contestati sono relativi al periodo 2006-2012 e hanno per oggetto la riduzione, senza alcuna autorizzazione, di un’ampia superficie boscata, individuata negli elaborati grafici allegati al provvedimento impugnato come differenza tra il margine del bosco al momento dell’acquisto (tratto in verde) e il margine del bosco all’anno 2012 (tratto in giallo).

Ciò premesso, i ricorsi all’esame vanno rigettati per le ragioni di seguito sinteticamente esposte.

Non sussiste il vizio di incompetenza della Regione dedotto dal signor Fanini in quanto l’articolo 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio riferisce l’adozione delle sanzioni ripristinatorie, come pure dell’accertamento di compatibilità paesaggistica ai fini del rilascio dell’autorizzazione in sanatoria, all’ “autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica”,

In via ordinaria, la competenza per il procedimento autorizzatorio, ai sensi dell’art. 146, spetta alla Regione, previo parere della Soprintendenza statale (comma 5), anche se può delegarne l’esercizio, in presenza di determinati presupposti organizzativi e funzionali, agli enti locali (comma 6), conservando comunque il potere di intervenire in via sostitutiva, in caso di inerzia dell’ente delegato (comma 10).

Può dunque ritenersi che ordinariamente - e salvi gli effetti della disciplina regionale sulla delega delle competenze amministrative e della sua applicazione nei confronti del Comune - sia la Regione l’amministrazione competente alla gestione dell’autorizzazione paesaggistica, sia nella valutazione di un’istanza di autorizzazione previamente richiesta, sia nella valutazione della sorte di una trasformazione illecita, a fini sanzionatori oppure di sanatoria. o, quanto meno, che anche la Regione, qualora il Comune delegato rimanga inerte, rientri nell’ambito delle amministrazioni “preposte alla tutela” competenti ad adottare le necessarie sanzioni (cfr. Consiglio di Stato, sentenza 18 gennaio 2018, n. 312, che conferma Tar Veneto, sentenza n. 1101/2016).

L’Amministrazione Forestale regionale deve, pertanto, ritenersi competente ad emanare i provvedimenti in questa sede impugnati non foss’altro perché, anche ad aderire alla tesi del ricorrente secondo cui la Regione avrebbe delegato l’esercizio del potere agli Enti Locali, non risulta che, nella specie, i Comuni interessati abbiano esercitato i poteri sanzionatori di cui al cit. art. 167, sicchè l’organo titolare del potere (nella specie la Regione) può comunque provvedere in materia.

Per le suesposte ragioni la censura d’incompetenza della Regione dedotta dal Fanini va respinta.

Ciò posto, corre l’obbligo di precisare che l’eliminazione delle superfici a bosco contestate è stata effettuata nell’arco di oltre un decennio, a partire dagli anni 2000 fino all’anno 2012 (vedi verbale di sopralluogo ed accertamento del 12/07/2013: doc. 16 P.A.) e ha, pertanto, legittimamente coinvolto sia l’avente causa (signor Tedeschi Riccardo, attuale proprietario dell’area) che il dante causa (signor Fanini Maurizio, proprietario dell’area sino ad aprile 2006) dei terreni oggetto di disboscamento.

Le ordinanze impugnate sono immuni dai vizi dedotti anche laddove rivolte nei confronti del signor Taedeschi, nella sua veste di legale rappresentante della Societa' Azienda Agricola dei Nicalo' S.S., in quanto:

- per i lavori abusivi eseguiti nel periodo 2006-2012 il signor Tedeschi è il soggetto trasgressore, ai sensi dell’art. 167, n quanto committente dei lavori stessi;

- per gli abusi commessi dal Fanini tra il 2000 e il 2006 il signor Tedeschi è coinvolto in qualità di attuale proprietario dell’area.

Secondo condivisibile giurisprudenza, l’obbligo di cui all’art. 167 del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, per la sua natura ripristinatoria, incombe anche sull’attuale proprietario che non sia l’autore materiale della trasgressione (cd. proprietario incolpevole) e dunque anche sul signor Tedeschi. Ciò in quanto la ratio delle disposizioni repressive dell’illecito paesaggistico, come quelle repressive dell’illecito edilizio, è quella di addossare l’onere della reintegrazione del complesso dei valori paesaggistici indebitamente distrutti a colui che dall'opera abusiva trae un effettivo ed attuale godimento, indipendentemente da quale sia il titolo sul quale si fonda la sua situazione soggettiva (cfr. Tar Sicilia, Palermo, Sez. I, 23 luglio 2014, n. 1942; Cons. Giust. Amm. Reg. Sicilia, 29 luglio 2013, n. 677); pertanto, in ragione della funzione ripristinatoria, anziché afflittiva, della sanzione e del carattere permanente dell'illecito paesaggistico, gli obblighi conseguenti gravano anche sugli eredi ed aventi causa (cfr. Tar Sicilia, Catania, Sez. II, 12 settembre 2014, n. 2408; Cons. Giust. Amm. Reg. Sicilia, 26 agosto 2013, n. 718; Tar Veneto n. 573/2016 e n. 1227/2022 ove si precisa che “L’obbligo imposto al trasgressore ai sensi del comma 1 dell’art. 167 …ha una finalità non sanzionatoria ma meramente ripristinatoria e ha un carattere strettamente reale ed oggettivo perché non assume rilevanza alcuna l’elemento soggettivo del dolo o della colpa ma solo l’oggettiva difformità del bene rispetto alle previsioni del Titolo I della parte III e perché inevitabilmente il ripristino viene di fatto ad incidere su colui il quale concretamente detiene l’immobile o ne è proprietario e possessore in quanto ne ha la materiale e giuridica disponibilità. In questo senso, come nel caso di specie, se la violazione è posta in essere da un determinato soggetto, ma la proprietà al momento dell’adozione dell’ordine di ripristino viene ad essere trasferita ad un altro soggetto entrambi dovranno essere destinatari del provvedimento in quanto il primo ha dato causa alla difformità e ne ha tratto profitto vendendola al secondo e quest’ultimo è l’unico ad avere la necessaria disponibilità materiale e giuridica del bene per la rimozione della difformità. Il primo poi dovrà sempre e comunque sopportare le spese effettuate per la rimessione in pristino, il secondo dovrà eventualmente sopportare le spese qualora abbia tratto effettivo vantaggio dalla difformità e in tal caso le spese dovranno essere poste a capo di entrambi”).

Il vizio formale con cui la Societa' Azienda Agricola dei Nicalo' S.S. deduce l’illegittimità dei provvedimenti impugnati perché notificati al signor Tedeschi Riccardo presso la sua residenza, anziché all’ azienda Agricola dei Nicalò, presso la sede della società, è privo di efficacia invalidante in quanto:

- le ordinanze impugnate sono state notificate al signor Tedeschi Riccardo non in proprio, bensì in qualità di legale rappresentante dell’azienda agricola dei Nicalò s.s.;

- le ordinanze impugnate sono state precedute da tre comunicazioni di avvio del procedimento (dd 23/04/2013, 18/07/2013 e 16/09/2013: doc. 15,17, 20 P.A.);

- le due ultime comunicazioni di avvio del procedimento (dd 18/07/2013 e 16/09/2013), che hanno preceduto l’ordinanza di ripristino, sono intestate all’Azienda agricola odierna ricorrente;

- il ricorrente non specifica in ricorso quale (e dove) fosse la sede della società semplice presso la quale la P.A. avrebbe dovuto effettuare la notifica;

- la parte ricorrente è, in ogni caso, venuta a conoscenza del provvedimento impugnato e degli atti prodromici, come dimostra il fatto che la stessa ha presentato i ricorsi all’esame e, ancor prima, ha esercitato il diritto di accesso agli atti nonché richiesto alla P.A. di avviare un confronto con i competenti uffici regionali al fine di verificare la possibilità di una soluzione condivisa (doc. 30 P.A.), oltre a una proroga di 90 gg per adempiere (docc. 31 e 31 bis P.A.).

Anche a ritenere, in tesi, che il vizio formale sopra richiamato abbia impedito o limitato la partecipazione procedimentale, deve osservarsi che la giurisprudenza amministrativa interpreta le norme in materia di partecipazione procedimentale, non in senso formalistico, bensì avendo riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza ha causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la P.A. Ne deriva che la violazione delle garanzie partecipative non determina l'automatica illegittimità del provvedimento finale qualora possa trovare applicazione l'art. 21-octies, comma 2, della stessa legge 7 agosto 1990, n. 241 e ss. mm. ed ii., che prevede la dequotazione dei vizi formali dell'atto e mira a garantire una maggiore efficienza all'azione amministrativa, evitando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività amministrative, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all'attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato.

Nel caso di specie, i provvedimenti impugnati non potevano avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato, essendo la sanatoria paesaggistica preclusa per le ragioni che si vanno ad esporre.

La disciplina di settore limita la possibilità di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai casi previsti dall’art. 167, commi 4 e 5, richiamato dall’art. 146, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio. I casi contemplati da dette disposizioni sono tassativi, e si riferiscono tutti a lavori inerenti fabbricati (interventi minori su edifici), sicché non si può far luogo all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria nel caso di interventi di alterazione di territori coperti da foreste e da boschi (cfr. Cons. nn. 1851/2013, 1312/2018, 8817/2019).

Poiché gli artt. 167 e 181 del D. Lgs n. 42/2004 non consentono il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per interventi di riduzione di superficie boscata (disboscamento) ne deriva che l’ordinanza di ripristino ex art. 167, comma 2, costituisce atto dovuto e vincolato, dovendo l’area protetta essere ricostruita nella sua essenza forestale.

La sanzione ripristinatoria è, infatti, prevista come la regola per gli interventi realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica e la possibilità di sanatoria paesistica postuma è ammessa solo nei casi tassativi previsti dall’articolo 167, comma 4, del d.lgs. 42/2004.

L'intenzione legislativa è chiara nel senso di precludere qualsiasi forma di legittimazione del "fatto compiuto", in quanto l'esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell'intervento.

Ne discende che, in assenza di autorizzazione paesaggistica a supporto degli interventi realizzati (eliminazione di superficie boscata), l’Amministrazione Forestale non poteva far altro che procedere all’emanazione di un provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi, attesa la natura vincolata e doverosa dell’atto in questione e l’assenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare.

I ricorrenti contestano, in varie guisa, che l’area di proprietà fosse una zona normativamente definibile come “bosco”, tale da richiedere l’autorizzazione paesaggistica per l’intervento svolto e l’impianto del vigneto.

Tali assunti sono infondati.

Il bosco costituisce specifico oggetto di tutela paesaggistica ai sensi della lettera g) del primo comma del d. lgs. n° 42 del 2004.

L’articolo 15 della legge della Regione Veneto 13/09/1978, n. 52 (Legge forestale regionale), vigente al momento della commissione di gran parte degli abusi (perpetrati tra il 2000 e il 2012), disponeva che:

“1. (…) si considerano a bosco tutti quei terreni che sono coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo.

(…) 3. I terreni privi temporaneamente della vegetazione forestale, per cause naturali o per intervento dell'uomo, conservano la classificazione a bosco.”

“8. Non si considerano a bosco i terreni in cui il grado di copertura arborea non supera il trenta per cento della relativa superficie e in cui non vi è in atto rinnovazione forestale e le macchie boscate, realizzate in base al Reg. CE n. 1257/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti, ed in base ai relativi regolamenti precedenti.

8-bis. I boschi, come definiti al presente articolo, devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri.

8-ter. Sono assimilate a bosco le radure e tutte le altre superfici d'estensione inferiore a 2.000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco. (…)”.

La surriferita disciplina di settore utilizza solo “criteri quantitativi” per l’individuazione del bosco, mentre sotto il profilo qualitativo è sufficiente che vi sia “vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva”; anche i terreni privi temporaneamente della vegetazione forestale, per cause naturali o per intervento dell'uomo, conservano la classificazione a bosco (cfr. Tar Veneto n. 862/2023). La normativa forestale non ha previsto alcuna componente “qualitativa” che caratterizzi le formazioni forestali e non ha tipizzato le formazioni forestali idonee ad integrare una superficie boscata, ma ha indicato qualunque vegetazione arborea anche associata a quella arbustiva, in qualsiasi stadio di sviluppo, purché avente determinate caratteristiche dimensionali (di copertura, superficie e larghezza minima).

Dette caratteristiche sono state positivamente riscontrate da parte dell’Amministrazione Forestale sulla base di una pluralità di elementi (C.T.R., foto aeree, Carta Forestale del Veneto, registi di cantiere, etc: vedi meglio infra)

L’area pertanto è soggetta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. g) del d.lgs. 42/2004, il quale prevede che sono di interesse paesaggistico e sono sottoposti tutelati “i territori coperti da foreste e da boschi”.

Le conclusioni sopra esposte non mutano anche a ritenere applicabile la normativa sopravvenuta (art. 2 D.lgs. n. 227/2001; art. 31 L.R. Veneto n. 3/2013), vigente al momento dell’avvio del procedimento e dell’adozione dei provvedimenti impugnati, atteso che la stessa è più restrittiva rispetto alla precedente, prevedendo una percentuale di copertura arborea minore (20% anziché 30%). La nuova disciplina, nella sostanza, conferma pressoché integralmente i preesistenti parametri tecnici di individuazione del bosco (soltanto l’aliquota di copertura arborea passa dal precedente 30% al 20%), sicchè le aree contestate sono da considerarsi boscate anche (e a fortiori) alla stregua della normativa vigente al momento dell’adozione delle ordinanze impugnate.

I limiti dimensionali da assumere a riferimento per poter qualificare un terreno come bosco consistono: i) in un grado di copertura arborea superiore al 30% (o al 20% in base alla normativa vigente al momento dell’avvio del procedimento e dell’adozione delle ordinanze impugnate) della superficie del terreno; ii) in una estensione non inferiore a 2.000 mq; iii) ed in una larghezza media non inferiore a 20 metri.

Le indagini svolte dalla P.A. per la verifica della presenza di bosco all’interno delle aree contestate hanno dimostrato che tutte le aree di proprietà dei ricorrenti avevano al momento dell’esecuzione dei vari interventi copertura arborea piena o quasi piena, corrispondente ad una percentuale prossima al 100% e comunque molto al di sopra di quella prevista dalla normativa vigente al momento dell’adozione del provvedimento (20%), ma anche a quella prevista dalla normativa vigente al momento dell’esecuzione dei fatti contesati (30%).

La tesi sostenuta dai ricorrenti, secondo i quali le ordinanze impugnate sarebbero viziate da difetto d’istruttoria - per non avere la P.A. fornito la prova, in forma di verifica preliminare, della sussistenza del bosco prima dell’esecuzione dei lavori – non merita condivisione.

E’ bensì vero che l’accertamento preliminare (circa l’esistenza di un bosco) è previsto dalla normativa di settore in via ordinaria; tuttavia, nel particolare caso di specie, non era possibile attendervi, non per carenza istruttoria da parte dell’Amministrazione Forestale, ma a causa della condotta illecita perpetrata dai proprietari dell’area in questione, i quali hanno realizzato tutti gli interventi non solo in assenza di autorizzazione alla riduzione di superficie boscata, ma anche di qualsiasi richiesta di movimento terra in area sottoposta a vincolo idrogeologico.

Le indagini svolte dall’amministrazione forestale sono state eseguite con l’unica metodologia possibile (accertamenti a tavolino) in considerazione del fatto che il bosco, al momento dei sopralluoghi, era già stato completamente eliminato.

Risulta, invero, dagli atti che, al momento del sopralluogo effettuato dal personale tecnico qualificato della struttura forestale regionale, i lavori di sistemazione agronomica per il successivo impianto dei vigneti su una più ampia area all’interno della quale si inseriscono quelle per cui è causa, erano stati completamente eseguiti da parte dei due proprietari e non vi era più traccia della vegetazione preesistente.

Quindi, sebbene in caso di contestazione della natura boscata di un’area, la normativa vigente in materia a livello regionale (D.G.R. 4808/97) preveda l’esecuzione di una serie di misurazioni e/o stime sul campo (accertamenti sul campo e non a tavolino), deve rimarcarsi che la stessa normativa presuppone che il bosco sia ancora presente e che la verifica sia condotta su richiesta dell’interessato che pretende la dimostrazione della sua inesistenza.

La tesi dei ricorrenti portata alle sue estreme e paradossali conseguenze renderebbe del tutto impossibile l’accertamento ex post dell’avvenuto disboscamento e dunque il proseguimento delle condotte illecite. La tipologia di misurazione prevista in via ordinaria costituisce una condizione dalla quale in questo caso è inevitabile prescindere pur non potendosi decampare da elementi probatori o indiziari di contenuto alternativo e parimenti in grado di fornire una rappresentazione attendibile del preesistente stato dei luoghi. D’altra parte della parziale incompletezza e approssimazione del quadro istruttorio è scarsamente plausibile che si dolga proprio chi, procedendo in autonomia al taglio, senza interpellare le autorità competenti e senza richiedere un apposito e preventivo accertamento in loco, se ne è reso direttamente responsabile (Cons. St. n. 8817/2019).

L’impossibilità di effettuare rilievi diretti sulla vegetazione preesistente non ha, tuttavia, impedito all’Amministrazione Forestale regionale di eseguire un’adeguata istruttoria.

Risulta, invero, dalla copiosa documentazione versata in atti, che la P.A. ha accertato la natura boscata delle aree di cui trattasi basandosi su una pluralità di elementi gravi, precisi e concordanti (2729 cod. civ.) e in particolare:

a) sulla fotointerpretazione dei rilievi fotografici (ortofoto allegate al verbale di sopralluogo del 12 luglio 2013: sulla valenza probatoria delle ortofoto si richiamano Tar Veneto nn. 709/2017 e 142/2017);

b) su tutta la documentazione a disposizione dell’Amministrazione stessa, costituita da:

- visure catastali,

-Carta dei Tipi Forestali, Carta tecnica regionale – CTR;

-libri di cantiere dai quali si evincono le aree oggetto di interventi di miglioramento boschivo eseguiti dall’allora amministrazione forestale con fondi e maestranze proprie;

- istruttorie e sopralluoghi finalizzati al rilascio di vari nulla osta forestali per la sistemazione agronomica per impianto vigneto;

- risultanze delle indagini effettuate dal personale del Comando stazione dell’allora Corpo forestale dello Stato di Tregnago svoltesi nell’anno 2007 per gli interventi contestati al sig. Fanini Maurizio e realizzati prima dell’anno 2006;

-elaborati progettuali allegati alle richieste di NOF presentate dal Sig. Tedeschi in data 03/10/2006.

Limitandoci alla disamina degli elementi indiziari più rilevanti, osserva il Collegio che lo studio delle ortofoto a disposizione della Regione Veneto ha consentito al SFR di accertare la graduale, ma completa eliminazione dei boschi presenti sulle aree contestate, eseguita dall’anno 2000 e fino all’anno 2012, da parte dei due proprietari delle aree stesse, in cui tutte queste aree appaiono prive di vegetazione.

Anche dall’esame delle risultanze catastali è emerso che gran parte delle aree di proprietà dei ricorrenti erano, al momento della compravendita del 2006, classificate come boscate (vedasi l’atto di compravendita, doc. 1 e l’ortofoto anno 2000, doc.1 bis, nella quale sono state riportate le aree contestate con contorno in rosso e le parti di esse catastalmente censite come bosco a quella data, evidenziate in verde; solo poche porzioni di tali aree erano escluse, a quella data, dalla classificazione a bosco).

Il fatto che, catastalmente, questi terreni fossero classificati a “bosco” induce a ritenere che storicamente tali terreni fossero tali, sicchè non è verosimile che detti terreni fossero prati o prati-pascoli al momento dell’acquisto da parte del Tedeschi e in epoca anteriore.

Ulteriori elementi a favore della natura boscata delle aree per cui è causa sono desumibili dalla Carta Tecnica Regionale e dalla “Perimetrazione delle aree boscate, ai sensi dell’art. 14 della L.R. F. 52/78”.

Dalla lettura della CTR del 1983 (doc. 35 e relativa legenda doc. 35 bis) si evince, infatti, che la quasi totalità delle aree di cui trattasi, già nel 1983, era boscata e destinata a varie forme di governo di bosco (in parte come bosco ceduo generico, in parte come bosco ceduo di quercia, in parte come rimboschimento di pini). Solo una piccola porzione dell’intera superficie, corrispondente all’incirca al mappale 42, fg. 2 del Comune di Mezzane, risulta utilizzata nell’anno 1983 come oliveto.

La “Perimetrazione delle aree boscate, ai sensi dell’art. 14 della L.R. F. 52/78” è un documento redatto sulla base di uno studio condotto dall’università di Padova sulla “Biodiversità e Indicatori nei tipi forestali del Veneto e sulla “Carta dei Tipi forestali” entrambi redatti nell’anno 2000 attraverso uno studio attento e capillare di fotointerpretazione, ma anche a seguito di un consistente numero di rilievi e di indagini puntuali.

Dalla consultazione di tale documento (vedasi estratto in doc. 36 in cui sono evidenziate le aree definite boscate da tale strumento e le aree oggetto delle due ordinanze), risulta che tutte le aree in contestazione sono state rilevate come “aree boscate”, sicchè esse possedevano dal 2000 le caratteristiche di “bosco” ai sensi della normativa vigente in materia.

La natura boscata delle are in oggetto è ulteriormente avvalorata dagli “interventi di miglioramento boschivo” realizzati, a partire dagli anni ‘80, dal personale tecnico dell’amministrazione forestale sulla base di specifici progetti (es. Progetto n. 6/87; Progetto n. 3/92; Progetto n. 6/95; Progetto n. 3/98: vedasi doc. 38 con evidenziate in blu su ortofoto del 2000 tutte le superfici boscate in cui tali lavori sono stati realizzati sulla scorta dei relativi progetti): la realizzazione di tali interventi di miglioramento boschivo costituisce ulteriore riprova che tali aree fossero boscate.

Con riferimento all’individuazione delle aree boscate oggetto di ripristino, i provvedimenti impugnati. non sono generici né indeterminati.

Tali aree sono state sufficientemente evidenziate sia a livello di ortofoto nei vari avvisi di avvio procedimento, sia a livello di mappa catastale in allegato alle due ordinanze, specificando ed attribuendo nel dettaglio gli abusi a ciascuna delle due aziende proprietarie.

L’individuazione e la rappresentazione grafica, a livello di mappa catastale, di una porzione di territorio (anche se non accompagnata dall’ indicazione dei singoli mappali interessati dagli abusi)

deve ritenersi, nel caso di specie, sufficiente ad identificare le aree oggetto di abuso e a consentirne il ripristino, tenuto altresì conto che l’Amministrazione Forestale, sia negli avvisi di avvio del procedimento che nelle ordinanze impugnate, ha lasciato “spazio di manovra” per l’esecuzione del ripristino da parte dei proprietari, rappresentando in maniera indicativa le aree contestate e precisando la loro estensione approssimativa (“circa 6,5 ha” e “circa 4 ha) e fermo restando che eventuali difficoltà operative legate ad aspetti di mero dettaglio potranno essere rappresentati dagli interessati alla P.A. in fase esecutiva.

Non sussistono, infine, gli errori di calcolo prospettati dai ricorrenti - ad avviso dei quali la P.A. non avrebbe considerato la presenza in loco della viabilità, la quale determinerebbe un’interruzione del bosco - in quanto le strade non costituiscono soluzione di continuità all’interno del bosco che attraversano e, dunque, vengono considerate come aree boscate ai sensi della normativa vigente in materia (DGR 4808/97).

Per tutto quanto sin qui esposto, i ricorsi all’esame devono essere respinti poiché infondati.

La problematicità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa riunione dei medesimi, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Grazia Flaim, Presidente

Marco Rinaldi, Consigliere, Estensore

Andrea Rizzo, Referendario