Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2721, del 21 maggio 2013
Urbanistica.L’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale, non vale a surrogare il titolo abilitativo edilizio

E’ legittima la demolizione d’ufficio di un chiosco abusivo per la vendita di alimenti e bevande, fornito di autorizzazioni alla vendita. La pluralità dei titoli amministrativi ottenuti dagli odierni e dai precedenti soggetti gestori del chiosco (autorizzazione alla occupazione di suolo pubblico, autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale, autorizzazione rilasciata a sanatoria di alcune irregolarità igienico-sanitarie) non vale a surrogare il titolo abilitativo edilizio. Risulta irrilevante la circostanza che l’originario gestore del chiosco fosse iscritto ante 1967 tra gli esercenti il commercio ambulante nel Comune di Venezia. L’allegazione non prova, neppure in via mediata ed indiretta, che l’assetto e le dimensioni del manufatto fossero illo tempore conformi a quelle attuali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02721/2013REG.PROV.COLL.

N. 01442/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1442 del 2012, proposto da Pretty Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Dube Rotelli e Enrico Vedova, con domicilio eletto presso Enrico Vedova in Roma, via Bergamo, 43;

contro

Il Comune di Venezia, in persona del sindaco e legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulio Gidoni, Maurizio Ballarin e Nicolo' Paoletti, con domicilio eletto presso lo studio legale di quest’ultimo in Roma, via Barnaba Tortolini 34;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 1362/2011, resa tra le parti, concernente demolizione di un chiosco per la vendita di alimenti e bevande



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2012 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Sanino, per delega dell'avvocato Vedova, e l'avvocato Paoletti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.- E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto 13 agosto 2011, n. 1362, che ha respinto il ricorso n. 1612 del 2009 ed i motivi aggiunti proposti dalla società Pretty Service srl rispettivamente avverso la diffida del Comune di Venezia del 29 aprile 2009 a demolire il chiosco in legno per la vendita di alimenti e bevande sito in Campo San Polo, nonché il successivo provvedimento comunale del 9 marzo 2010, che ha disposto la demolizione d’ufficio del medesimo chiosco.

Lamenta l’appellante società la erroneità della gravata sentenza che non avrebbe in particolare tenuto conto del carattere risalente (ad epoca anteriore al 1965) della struttura, nonché delle numerose autorizzazioni amministrative rilasciate nel tempo in favore della deducente e dei suoi danti causa in relazione al predetto chiosco, che ne avrebbero legittimato la permanenza.

Essa conclude per l’annullamento dei provvedimenti ripristinatori in primo grado impugnati, in riforma integrale della impugnata sentenza.

Si è costituito in giudizio il Comune di Venezia per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 18 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

2.- L’appello è infondato e va respinto.

L’appellante torna a prospettare in questo grado le censure, già disattese dal giudice di prime cure, che si rilevano non condivisibili sul piano giuridico per le seguenti brevi considerazioni.

La pluralità dei titoli amministrativi ottenuti dalla appellante e dai precedenti soggetti gestori del chiosco destinato alla vendita di cibi e bevande (autorizzazione alla occupazione di suolo pubblico, autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale, autorizzazione rilasciata a sanatoria di alcune irregolarità igienico-sanitarie) non vale a surrogare l’unico titolo abilitativo (quello edilizio), il cui rilascio avrebbe potuto consentire all’appellante, nel concorso delle altre condizioni, di contrastare efficacemente la pretesa della amministrazione comunale alla rimozione delle opere edilizie abusive realizzate in un’area così qualificata del centro storico comunale.

Le dedotte circostante dimostrano caso mai che l’amministrazione avrebbe potuto o dovuto agire già da tempo per ristabilire l’ordine giuridico violato, senza tuttavia che tale ritardo possa comportare conseguenze di sorta (e tampoco estintive) sull’illecito edilizio, che è di natura permanente e legittima pertanto senza limiti di tempo l’intervento sanzionatorio dell’autorità.

L’appellante non può di certo dolersi del decorso del tempo successivo alla commissione dell’illecito, in quanto ne ha tratto addirittura un indebito vantaggio.

Del pari risulta irrilevante la circostanza che l’originario gestore del chiosco fosse iscritto ante 1967 tra gli esercenti il commercio ambulante nel Comune di Venezia. L’allegazione non prova, neppure in via mediata ed indiretta, che l’assetto e le dimensioni del manufatto fossero illo temporeconformi a quelle attualmente nella disponibilità dell’appellante, ma anzi avvalora la tesi del Comune di Venezia secondo cui l’originaria struttura, di più modeste dimensioni rispetto a quella attuale, avesse natura precaria e che la sua trasformazione in un chiosco saldamente infisso al terreno di proprietà comunale sia avvenuta sine titulo e giustifichi pertanto la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, disposta, ai sensi dell’art. 35 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a mezzo dei provvedimenti in primo grado impugnati.

Ad ulteriore conferma del quadro fattuale che denota la sussistenza dei presupposti legittimanti l’esercizio del potere sanzionatorio comunale, vale richiamare il diniego di concessione in sanatoria adottato dal Comune di Venezia nel 1982 sulla istanza prodotta da un precedente titolare del chiosco (tal sig. Miani) e della persistenza attuale delle ragioni ostative alla realizzazione di un chiosco del tipo di quello in titolarità della società appellante, proprio a motivo della incompatibilità delle opere realizzate con quanto consentito dall’art. 19 delle norme tecniche di attuazione della variante al PRG comunale per la città antica (che ammette solo opere amovibili realizzate con materiali della tradizione locale).

Pienamente condivisibili, infine, risultano le considerazioni del giudice di primo grado, oggetto di specifica censura in questo giudizio, riguardo al carattere vincolato del provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi, della carenza di un affidamento da tutelare nonostante il tempo trascorso, tenuto conto del carattere abusivo del manufatto e della natura permanente dell’illecito edilizio e della adeguata istruttoria e motivazione dei provvedimenti adottati dalla amministrazione comunale a salvaguardia dell’ordinato assetto urbanistico-edilizio della città lagunare.

In definitiva, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza.

Sussistono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di lite di questo grado, anche alla luce del prospettato accordo tra le parti, che si assume in corso di perfezionamento, per una diversa dislocazione del chiosco.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 1442/12), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del presente grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

Roberta Vigotti, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)