dai CEAG

Cass. Sez. III sent. 1359 del 27 settembre 2005 (ud. 22 giugno 2005)
Pres. Zumbo Est. Petti Ric. Germondani
Acque – Acque meteoriche e di dilavamento – Applicabilità della normativa sui rifiuti – Condizioni

Il D.Lv. 152-99 indica come scarichi le immissioni dirette tramite condotta quelle, cioè, dirette e continuative immesse tramite un sistema stabile di deflusso. Per le acque meteoriche e di dilavamento si applica la particolare disciplina contenuta nell’articolo 39 con la conseguenza che, pur non configurandosi il reato di cui all’articolo 59 in mancanza di un sistema stabile di deflusso di tale tipologia di acque, non può escludersi che le stesse, venendo in contatto con materie inquinanti, possano dare luogo a veri e propri rifiuti liquidi per i quali è applicabile il D.Lv. 22-1997

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 28 novembre del 2003 il Tribunale di Macerata condannava Germondani Fabio alla pena di € 1032,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali, quale responsabile del reato di cui all'art. 59 co 1° D.L.vo n. 152 del 1999 per avere svolto attività di demolizione, recupero dei materiali e rottamazione dei veicoli a motore, con produzione di acque reflue e di dilavamento dei rottami ferrosi depositati, in assenza di autorizzazione allo scarico. Fatto accertato il 29 maggio del 2001. Secondo la ricostruzione della vicenda contenuta nella sentenza impugnata, nell'area di pertinenza della ditta gestita dall'imputato si trovavano diverse autovetture e parti di esse accatastate senza alcuna protezione e senza preventivo lavaggio o grassaggio nonostante presentassero evidenti tracce di ruggine e di commistione con oli minerali e liquidi necessari per il funzionamento dei motori. In tale situazione i reflui delle acque piovane commisti con le sostanze di cui sopra si incanalavano verso la sponda del fiume Chienti adiacente al piazzale sul quale erano depositate le autovetture e parti di esse.

Ricorre per cassazione l'imputato sulla base di due motivi. In particolare lamenta:

1) la violazione dell'articolo 59 del decreto legislativo n. 152 del 1999 in quanto la norma dianzi citata si riferisce esclusivamente alle acque che l'attività imprenditoriale fa confluire all'interno dell'industria per poi scaricarle al termine del processo produttivo e punisce lo scarico di tali acque senza autorizzazione, indipendentemente dall'accertamento di una situazione d'inquinamento; nella fattispecie invece il giudice di prime cure aveva inteso punire un presunto inquinamento del fiume Chienti;

2) assenza di prove circa l'avvenuta contaminazione delle acque meteoriche posto che solo poche autovetture erano mancanti di cofani e quindi con i motori esposti alle intemperie.

 

Diritto

II ricorso è fondato e va pertanto accolto. L'articolo 59 del D.L.vo n. 152 del 1999 punisce chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione ovvero continua ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione è scaduta. L'articolo 2 del decreto legislativo dianzi citato nel testo modificato dal decreto legislativo n 258 del 2000 considera acque reflue industriali qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o da installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento. Sono quindi acque reflue industriali quelle prodotte dall'attività industriale all'interno dello stabilimento e poi immesse nelle condotte, escluse quelle meteoriche per le quali è dettata una disciplina particolare con l'articolo 39 del decreto legislativo n. 152 del 1999. Quest'ultima norma distingue le acque di prima pioggia e quelle di lavaggio delle aree esteme e quelle di dilavamento. Queste ultime, come risulta dal terzo comma, sono le acque che cadano su superfici impermeabili le quali sono le sole che possono essere dilavate. Per quello che interessa la fattispecie è sufficiente sottolineare che le acque meteoriche di dilavamento sono diverse da quelle reflue industriali e non possono quindi considerarsi scarico di acque reflue industriali con i relativi obblighi e divieti.

La loro immissione nell'ambiente è soggetta alle prescrizioni previste dalle regioni (art. 39 primo comma). Il legislatore con il secondo comma dell'articolo 39 ha chiarito che non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dal decreto legislativo n. 152 del 1999 le acque meteoriche non disciplinate dalle regioni ai sensi dell'articolo 39 primo comma ossia le acque meteoriche di dilavamento non provenienti da reti fognarie separate.

Fondamentale ai fini dell'applicabilità della sanzione di cui al primo comma dell'articolo 59 è la nozione di scarico idrico. Essa è data dall'articolo 2 comma 1 lett. bb) come modificato dal decreto legislativo n. 258 del 2000. In base a tale norma si intende per scarico "qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione"; la successiva lettera cc) aggiunge che sono acque di scarico tutte quelle provenienti da uno scarico. Da tale nozione discende che il concetto di scarico in base alla normativa citata è limitato alle "immissioni dirette tramite condotta" ossia a quegli scarichi diretti e continuativi immessi tramite un sistema stabile di deflusso (cfr. Cass. n. 35730 del 2001). Le immissioni indirette ed occasionali ora non configurano più uno scarico in senso tecnico. Pertanto, per la mancanza di un sistema stabile di deflusso delle acque meteoriche, a prescindere pure dall'accertamento, che non risulta espletato, della non occasionante dell'immissione, il fatto ascritto al prevenuto non configura gli estremi del reato contestato. La sentenza impugnata deve quindi essere annullata senza rinvio perché il fatto contestato non sussiste.

Escludere però le immissioni effettuate senza un sistema stabile di deflusso dal concetto di scarico non significa che qualsiasi immissione diversa da quella effettuata per mezzo di uno scarico, come definito dall'articolo 2 del decreto legislativo, dianzi citato debba considerarsi lecita. Le acque meteoriche o quelle di lavaggio venendo in contatto con materie inquinante possono dare luogo a veri e propri rifiuti liquidi per i quali trova applicazione il decreto legislativo n. 22 del 1997 che costituisce la legge quadro, sia per quanto concerne i rifiuti solidi che quelli liquidi. Invero sono esclusi dall'applicabilità della legge "Ronchi" solo le acque di scarico dirette. Per gli scarichi indiretti e per ogni altro rifiuto liquido resta applicabile il decreto "Ronchi". L'articolo 14 di tale decreto vieta l'abbandono di rifiuti sul suolo o nel sottosuolo nonché l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere allo stato solido o liquido nelle acque superficiali e sotterrane. Il fatto è punibile a norma degli artt. 50 o 51 comma secondo a seconda che trattasi di privato o di titolare d'impresa. Ovviamente per l'applicabilità dell'articolo 14 dianzi citato occorre fornire la prova che trattasi di rifiuto solido o liquido. Nella fattispecie sarebbe stato applicabile l'articolo 14 se si fosse provato che le acque meteoriche, in contatto con parti dei motori adagiati sul suolo senza alcuna precauzione, avessero effettivamente dato origine a rifiuti liquidi. Nella fattispecie dalla sentenza impugnata non risulta adeguatamente acclarata la produzione del rifiuto liquido perché, per la configurabilità dello scarico dì acque reflue industriati senza autorizzazione non era necessario provare la natura inquinante dell'immissio