Cass. Sez. III n. 44401 del 16 dicembre 2010 (Ud. 21 ott. 2010)
Pres. Ferrua Est. Sarno Ric. Capogrosso
Rifiuti. Trasporto rifiuti propri non pericolosi

La decisione tratta della esclusione delle scorie di acciaieria dal novero dei sottoprodotti e dell’applicabilità alla “frazione sterile” della procedura semplificata

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. GIULIANA FERRUA                             - Presidente
Dott. ALFREDO TERESI                              - Consigliere

Dott. AMEDEO FRANCO                             - Consigliere
Dott. SILVIO AMORESANO                         - Consigliere
Dott. GIULIO SARNO                                   - Rel. Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) CAPOGROSSO LUIGI N. IL ad/xx/xxxx
2) VALENTINO GIOVANNI N. IL xx/xx/xxxx
- avverso la sentenza n. 20/2007 CORTE APPELLO di TARANTO, del 21/05/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/10/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fodaroni maria Giuseppina- che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

- Udito, per la parte civile, I'Avv. //

- Uditi difensore Avv. Albanese Egidio


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Capogrosso Luigi e Valentino Giovanni propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava quella del tribunale di quest'ultima città che in data 6.6.2006 aveva condannato gli imputati per i reati di cui agli articoli 110 del codice penale 51 del decreto legislativo n.22/97 perché, in concorso tra loro, il primo quale direttore dello stabilimento di Taranto dell'ILVA e gli altri come responsabili dell'area denominata "Paiole GRF", depositavano rifiuti non pericolosi - residui di scorie di acciaieria - nell'area predetta senza la prescritta autorizzazione ed agli articoli 110 del codice penale 25 d.p.r. 203/98 perché in concorso tra loro nelle predette qualità effettuavano emissioni in atmosfera nell'area indicata senza aver richiesto le prescritte autorizzazioni.


Deducono congiuntamente i ricorrenti in questa sede a mezzo del comune difensore:
1) violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla nozione di sottoprodotto con riferimento alle scorie di acciaieria. Si rileva al riguardo che i giudici di merito non avrebbero erroneamente tenuto conto che alla luce delle modifiche introdotte dal d.Lgs. n.4/08 si è certamente in presenza di un sottoprodotto in quanto per dette scorie l'impiego è certo ed avviene in un processo di produzione preventivamente individuato ed integrato per cui non necessitano trattamenti preventivi o a trasformazioni coliformi, essendo sufficienti trattamenti prettamente meccanici;
2) quanto all'ulteriore reato di cui all'art. 25 d.p.r. n.203/98 si rileva che il giudice di merito non ha esaminato la documentazione in atti dalla quale si evince in modo incontrovertibile l'avvenuta presentazione di una richiesta di autorizzazione specifica con riferimento al punto di emissione corrispondente alla discarica Paiole.


Motivi della decisione.


Si deve in via preliminare rilevare che entrambi i reati risultano accertati in Taranto il 10.9.2001 e che, pertanto, sono prescritti alla data odierna.
Non ricorre alcuna delle condizioni indicate nell'art. 129 cpp, né si può ritenere il ricorso in esame manifestamente infondato in relazione ad entrambi i motivi dedotti. In relazione al primo profilo - insussistenza delle condizioni di cui all'articolo 129 cpp -va rilevato che il tribunale ritiene in effetti le scorie di acciaieria estranee alla nozione legislativa di sottoprodotto, escludendo quest'ultima la necessità di trasformazioni preliminari, laddove invece nella specie necessita per ricavare la frazione ferrosa un procedimento che prevede l'impiego di appositi macchinari e attrezzature e che consiste in un preliminare raffreddamento per ridurre le scorie dallo stato liquido allo stato solido, nonché nella successiva separazione della frazione ferrosa dalla frazione inerte attraverso l'utilizzo di magneti. Ed aggiunge anche che la normativa vigente non distingue tra trasformazioni preliminari e procedimenti trattamenti prettamente meccanici come suggerito dal difensore.
Vi è dunque adeguata spiegazione per l'esclusione delle predette scorie dalla nozione di sottoprodotto.


In ogni caso, a ben vedere, rispetto alla contestazione, la stessa corte d'appello ritiene in realtà assorbente un altro aspetto.
Rileva infatti che l'imputazione parla di deposito di residui di scorie di acciaieria, cioè della frazione sterile che viene messa a riserva ed avviata al recupero con una procedura illegittima.
Sul punto ribadisce in particolare quanto già affermato dal tribunale e, cioè, che non e applicabile la procedura semplificata prevista dagli articoli 31 e 33 del dLvo 22/97 all'attività di recupero della frazione sterile essendo risultato accertato che i cumuli di rifiuti in questione non erano abbancati su basamenti pavimentati o impermeabilizzati e che non erano protetti dall'azione del vento con conseguente violazione dell'articolo 6 lettere c) e d) del DM 5.2.1998 che detta le condizioni per l'applicazione della procedura semplificata in questione. E si aggiunge anche che in data 14 marzo 2001 la provincia di Taranto aveva vietato con effetto immediato la prosecuzione dell'attività di recupero in base agli esiti di un'ispezione condotta dal NOE da cui era emerso che la messa a riserva delle scorie avveniva su suolo non provvisto di basamento pavimentato.
Ora su quest'ultimo aspetto — si ribadisce decisivo per la corte di merito- il ricorso in realtà non si sofferma.


Sul secondo motivo la censura del ricorrente attiene alla omessa valutazione di un documento specifico ed in particolare della raccomandata del 27.3.91 in cui tra l'altro di afferma che durante la fase di solidificazione delle scorie non sono previste pratiche operative che consentano di limitare le emissioni diffuse.


La questione dedotta postula evidentemente la necessità di ulteriori accertamenti inibiti dalla circostanza dell'avvenuta prescrizione del reato.


Quantomeno in relazione a quest'ultimo aspetto il ricorso non può essere pertanto ritenuto manifestamente infondato e quindi inammissibile.


Di qui la necessità di procedere all'annullamento della decisione impugnata senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione.


PQM


La corte suprema di cassazione
annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere reati estinti per prescrizione.

 

Così deciso, il giorno 21.10.2010


DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 16 Dic. 2010