Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1776, del 27 marzo 2013
Urbanistica.Legittimità diniego sanatoria per un impianto di frantumazione di inerti provvisorio

E’ legittimo il diniego di concessione in sanatoria della messa in opera di un impianto di frantumazione di inerti, già oggetto di autorizzazione provvisoria, poi non rinnovata, di carattere assolutamente accessorio ad opere funzionali alla attività svolta. Non può formare oggetto di condono edilizio (ai sensi dell’art. 31 della l. n. 47/1985) una costruzione meramente precaria, ossia l’opera destinata ad essere rimossa non appena soddisfatto lo scopo per cui è stata realizzata, anche se costruzione industriale. Del resto l'eventuale applicazione del condono edilizio a tale fattispecie avrebbe l'effetto di rendere durevole un'installazione di natura meramente provvisoria, così da snaturare la funzione dell'art. 31 della l. n. 47/1985. Non si può definire abusiva e non è, quindi, condonabile, l'opera edilizia realizzata in base ad un'autorizzazione "in precario", a nulla rilevandone neppure l'eventuale illegittimità. Quindi, ai sensi dell'art. 31 l. 28 febbraio 1985 n. 47, non può formare oggetto di condono edilizio una costruzione meramente precaria, ossia l'opera edilizia destinata ad essere rimossa non appena soddisfatto lo scopo per cui essa è stata realizzata. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01776/2013REG.PROV.COLL.

N. 03403/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3403 del 2001, proposto da: 
Meraviglia S.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Sanino, Antonio Muffatti e Mario Bassani, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale Parioli, n. 180;

contro

Comune di Berbenno di Valtellina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Pillitteri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Alessandra Sandulli, in Roma, corso Vittorio Emanuele, n. 349;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sezione II, n. 07718/2000, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento del Comune di Berbenno di Valtellina del 23.9.1996, prot. n. 5800, di diniego di concessione in sanatoria;

nonché per il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado e degli atti presupposti, consequenziali e connessi;



Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Berbenno di Valtellina ;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2012 il Cons. Antonio Amicuzzi e udito per la parte appellante l’avvocato Sanino;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:



FATTO

La Meraviglia s.r.l., società esercente in Comune di Berbenno di Valtellina attività di frantumazione di materiali inerti, ora il liquidazione, con il ricorso in appello in esame ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento di detto Comune del 23.9.1996, prot. n. 5800, di mancato accoglimento di domanda di concessione in sanatoria presentata in data 28.2.1995 in relazione ad interventi (consistente nella posa in opera di un impianto di frantumazione di inerti) di carattere assuntamente accessorio ad opere funzionali alla attività svolta (costituite da un capannone industriale, da un impianto di betonaggio e da altre costruzioni di carattere accessorio risalenti agli anni “70”, già oggetto di provvedimento di sanatoria del 5.11.1990, prot. n.1383/86).

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Eccesso di potere per erronea prospettazione di fatto e carenza di istruttoria, violazione di legge (l. 28 gennaio 1977 n.10 in relazione alla l. 28 febbraio1985 n.47), eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento.

Il provvedimento impugnato è stato adottato sulla base di una prospettazione della situazione di fatto errata, essendo stata dichiarata non procedibile la domanda di sanatoria perché riguardante un impianto provvisorio, pur risultando dagli elaborati ad essa allegati che doveva intendersi come riferita oltre che a detto impianto, anche da opere di carattere non provvisorio complementari allo stesso, che erroneamente il Giudice di primo grado ha ritenuto non presenti nella documentazione originariamente presentata.

2.- Violazione di legge (art. 1 l. 28 gennaio 1977 n.10 in relazione agli artt. 31, 32 e 33 l. 28 febbraio1985 n.47 sotto ulteriore profilo).

Anche nella ipotesi che la domanda di condono avesse potuto ritenersi riferita al solo impianto di frantumazione degli inerti, il negativo provvedimento comunale impugnato avrebbe dovuto essere comunque essere riconosciuto illegittimo dal T.A.R., atteso che ogni attività comportante la modifica dello stato materiale dei luoghi e della conformazione del suolo è soggetta a concessione edilizia e nel caso che occupa l’opera oggetto di condono era costituita da un manufatto comunque idoneo a modificare lo stato dei luoghi.

3.- Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento.

La sentenza impugnata non si è pronunciata sulla censura di sviamento di potere adombrato in relazione alla possibilità che la reiezione della domanda di condono per inapplicabilità della l. n. 47/1985 fosse surrettiziamente diretta ad impedire la prosecuzione dell’attività di frantumazione di inerti svolta dalla ricorrente.

4.- Violazione di legge (l. 29 giugno 1939 n.1497; l. 8 agosto 1985 n.431; d.P.R. 24 luglio 1977 n.616, art.82).

Con la impugnata sentenza è stato dichiarato assorbito il secondo profilo di censura, di errore sul presupposto, essendo stato ritenuto il profilo irrilevante attesa la validità delle pregresse conclusioni; tuttavia la infondatezza degli argomenti posti a base di esse impone la riproposizione del motivo formulato in primo grado, con evidenziazione della circostanza che la zona su cui sorge il manufatto oggetto di condono era classificabile come soggetta a vincolo di edificabilità relativa.

5.- Eccesso di potere sotto il profilo del contrasto con precedenti provvedimenti amministrativi.

Comunque il provvedimento impugnato era viziato da contrasto con precedenti provvedimenti.

6.- Eccesso di potere sotto il profilo del contrasto con precedenti provvedimenti giurisdizionali.

Il provvedimento impugnato è viziato anche da contraddittorietà con precedenti pronunce giurisdizionali, come la sentenza n. 5271/1991 della IV Sezione della Corte di appello di Milano, nella quale è asserito che le opere sono state realizzate in zona non contemplata dall’art. 33 della l. n. 47/1985.

7.- Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà.

Il provvedimento impugnato è viziato da intrinseca contraddittorietà.

Con atto depositato il 17.7.2003 si è costituito in giudizio il Comune di Berbenno di Valtellina, che ha eccepito la irricevibilità, la inammissibilità e ha dedotto la infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza del 20.11.2012 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza dell’avvocato della parte appellante, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla società Meraviglia s.r.l., società esercente in Comune di Berbenno di Valtellina attività di frantumazione di materiali inerti, di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento del Comune del 23.9.1996, prot. n. 5800, di mancato accoglimento di domanda di concessione in sanatoria presentata in data 28.2.1995 in relazione ad interventi (consistenti nella messa in opera di un impianto di frantumazione di inerti, già oggetto di autorizzazione provvisoria, poi non rinnovata) di carattere, assuntamente, accessorio ad opere funzionali alla attività svolta.

2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che il provvedimento impugnato è stato adottato sulla base di una prospettazione della situazione di fatto errata, essendo stata dichiarata non procedibile la domanda di sanatoria in quanto riguardante un impianto di frantumazione, pur risultando dagli elaborati allegati ad essa domanda che questa doveva intendersi come riferita oltre che a detto impianto, anche ad opere complementari allo stesso (rampa di accesso, gruppo elettrogeno, vasche di sedimentazione, stoccaggio inerti e recinzioni di sicurezza) di natura non temporanea.

Sarebbe incondivisibile la tesi sostenuta dal Giudice di primo grado che dette opere ulteriori sarebbero un addendum non presente nella documentazione originariamente presentata (essendo specificate le vasche solo nella documentazione presentata a seguito di chiarimenti istruttori) e che è stato quindi correttamente limitato dall’Amministrazione l’esame della domanda di concessione in sanatoria all’impianto di frantumazione.

Invero la migliore specificazione delle opere esistenti e soggette a condono effettuata in riscontro al legittimo esercizio di poteri istruttori del Comune non potrebbe risolversi in una ragione di danno per la richiedente senza che ciò comporti una “deminutio” del potere istruttorio comunale.

2.1.- Osserva la Sezione che l’impugnato diniego reca la seguente motivazione “La domanda di condono non è procedibile. E’ chiesta sanatoria per un’opera che riguarda un “impianto di frantumazione in assenza di proroga”. Tale opera non si può ritenere un manufatto o una costruzione che rientra nell’ambito disegnato dalla Legge sul condono edilizio n.47/1985. Inoltre la domanda non è ammissibile poiché “l’oggetto del condono” ricade in zona sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta ai sensi dell’art.1 lett.c quinquies della Legge 431 del 8.8.1985”.

Il T.A.R. ha al riguardo puntualmente osservato che dalla documentazione in atti risultava che l’istanza di condono edilizio depositata in data 28.2.1995, prot. n.1506, dalla soc. Meraviglia aveva ad oggetto solo opere di “Installazione temporanea di impianto di frantumazione in assenza di proroga”, che solo nella tavola n.2 allegata alla nota del 16.11.1995 (depositata, su richiesta di integrazione documentale effettuata dal Comune) erano indicate anche cinque vasche di sedimentazione e la rampa d’accesso in calcestruzzo e che solo in essa tavola è fatto espresso riferimento (al n.3 della legenda) ad un “impianto di frantumazione oggetto del condono edilizio”, tenendo distinti gli altri tipi di interventi (vasche di sedimentazione e rampa d’accesso).

Rileva la Sezione che dalla documentazione in atti si evince che correttamente ha evidenziato il primo Giudice come dette opere non fossero indicate nella documentazione allegata alla domanda originaria né nell’istanza del 14.3.1988, prot. n.1333 (relativa al rilascio di “autorizzazione temporanea, limitata alle esigenze cantieri, per l’installazione di impianto di frantumazione del tipo “Mobile UNICOMPACTA 9 Baioni” e relative opere complementari” - cabina per gruppo elettrogeno, stoccaggio di inerti e recinzione provvisoria del cantiere), né nella richiesta in data 30.9.1991, di proroga di tale autorizzazione n.28/88 per tre anni al mantenimento dell’impianto.

Sulla base di tali presupposti il T.A.R. ha quindi concluso che, se pure in linea di principio la sanatoria non può essere negata per le opere realizzate entro il termine di legge (impianto di frantumazione inerti), in considerazione che altri abusi (vasche di sedimentazione e rampa d’accesso) siano stati eseguiti successivamente alla predetta data, la sanabilità va valutata esclusivamente con riferimento all’opera descritta nella domanda e con riferimento al momento della presentazione di essa domanda, sicché correttamente l’Amministrazione comunale si era pronunciata in ordine al solo impianto di frantumazione inerti, per il quale il condono era stato esplicitamente richiesto.

La Sezione non può che rilevare che, contrariamente a quanto asserito nell’atto di appello, la prospettazione di fatto effettuata dal primo Giudice non era affatto errata e condivisibilmente esso ha affermato che erano suscettibili di esame in sede di valutazione della istanza di sanatoria edilizia solo le opere originariamente indicate nella relativa domanda.

Giova, invero, preliminarmente evidenziare al riguardo la specialità della normativa sul condono edilizio, attesa la sua natura derogatoria ed eccezionale, che ne impone una lettura di stretta interpretazione (cfr., Cons. St., Ad. Plen., 22 luglio 1999, n. 20).

La norma di cui all’art. 35 della l. n. 47/1985, richiamata dall’art. 39 della l. n. 724/1994, stabilisce che alla domanda deve essere allegata una descrizione delle opere per le quali si chiede la concessione o l'autorizzazione in sanatoria, sicché le determinazioni dell’Amministrazione al riguardo non possono che limitarsi ad esse, senza che, dovendo la disposizione essere interpretata in maniera restrittiva, possa in alcun modo ritenersi che il Comune potesse ampliare l’oggetto della domanda alle opere non espressamente indicate nella istanza, ma in documentazione prodotta in epoca successiva alla presentazione della domanda.

Fermo restando che l’Amministrazione è titolare del potere di chiedere documentazione integrativa di quella allegata alla domanda di condono allo scopo di meglio individuare le opere oggetto della stessa, la ipotetica possibilità di contemplare in essa domanda anche opere evidenziate in documentazione prodotta, come nel caso di specie, successivamente, verrebbe a ledere il principio cardine di ogni legge di sanatoria edilizia, cioè che questa è ferreamente limitata alle opere realizzate ed ultimate entro il termine perentorio indicato, anteriore alla presentazione della domanda.

La censura in esame non è quindi positivamente valutabile.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stato asserito che, anche nella ipotesi che la domanda di condono avesse potuto ritenersi riferita al solo impianto di frantumazione degli inerti, il negativo provvedimento comunale impugnato avrebbe dovuto essere comunque essere riconosciuto illegittimo dal T.A.R., atteso che ogni attività comportante la modifica dello stato materiale dei luoghi e della conformazione del suolo è soggetta a concessione edilizia e nel caso che occupa l’opera oggetto di condono era costituita da un manufatto in struttura metallica che, se pur non stabilmente infisso al suolo, era comunque idoneo a modificare lo stato dei luoghi e quindi autonomamente valutabile ai fini della normativa urbanistica ed edilizia.

Il T.A.R. ha invece negato la sanabilità delle opere nel loro complesso perché qualificate dalla stessa società ricorrente ricorrente quali unità tecnologiche mobili e installazioni temporanee, con impossibilità di applicazione dell’art. 31 della l. n. 47/1985 che consente il condono edilizio solo di opere di carattere non provvisorio.

Tale tesi sarebbe però incondivisibile sia perché non può rimettersi all’instante la qualificazione degli interventi eseguiti, che è invece di competenza dell’Amministrazione, sia perché con il ricorso introduttivo del giudizio era stato affermato che gli interventi di cui trattasi, al di là del carattere amovibile loro proprio, erano da considerare stabili interventi di trasformazione del territorio per i quali era consentito il rilascio della concessione edilizia in sanatoria.

3.1.- La Sezione non può apprezzare in senso favorevole la censura.

Va premesso che gli abusi edilizi condonabili vengono individuati di volta in volta dalla legge istitutiva, che può allargare oppure restringere le ipotesi a sua insindacabile discrezione, - ovviamente nel rispetto dei principi costituzionali - sulla base delle mutevoli esigenze fiscali, che normalmente costituiscono la ragione della scelta del legislatore.

L'esame nell'ammissibilità della domanda di condono edilizio, nonché l'individuazione della sanzione da infliggere per l'abuso edilizio commesso, costituiscono valutazioni di natura tecnico-discrezionale di competenza esclusiva dell'autorità amministrativa (Consiglio Stato, sez. V, 27 aprile 1990, n. 397) che attengono anche alla qualificazione degli interventi posti in essere.

In ordine ai requisiti che deve avere un'opera edilizia per essere considerata precaria, possono essere ipotizzati in astratto due criteri discretivi: 1) criterio strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo; 2) il criterio funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea.

La giurisprudenza è concorde nel senso che per individuare la natura precaria di un'opera si debba seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un'opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie.

Rientrano quindi nella nozione giuridica di costruzione, per la quale occorre la concessione edilizia e che possono essere oggetto di domanda di condono in caso di realizzazione delle stesse in sua assenza, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, come impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato.

Tanto premesso deve ritenersi che la natura "precaria" di un manufatto, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.

Nel caso di specie le opere di cui trattasi erano individuate nell’istanza di condono edilizio depositata in data 28.2.1995, prot. n.1506, dalla soc. Meraviglia, come “Installazione temporanea di impianto di frantumazione in assenza di proroga”; la stessa società, in data 16.11.1995, in sede di integrazione documentale richiesta dall’Amministrazione, ha precisato che tale impianto di frantumazione era una “unità tecnologica mobile, non … soggetta ad accatastamento”.

Correttamente quindi il T.A.R. ha ritenuto che non potesse formare oggetto di condono edilizio (ai sensi dell’art. 31 della l. n. 47/1985) una costruzione meramente precaria, ossia l’opera destinata ad essere rimossa non appena soddisfatto lo scopo per cui è stata realizzata, anche se costruzione industriale.

Del resto l'eventuale applicazione del condono edilizio a tale fattispecie avrebbe l'effetto di rendere durevole un'installazione di natura meramente provvisoria, così da snaturare la funzione dell'art. 31 della l. n. 47/1985 (cfr., Cons. St., sez. V, 03 ottobre 1995, n. 1372)

Le norme del condono edilizio, di cui al citato articolo, nel definire le opere sanabili, si riferiscono alla realizzazione di fabbricati in assenza di un qualunque provvedimento astrattamente abilitativo all'edificazione, e non già a vicende in cui quest'ultima è stata effettuata in forza di un atto autorizzativo formalmente rilasciato dal Comune, ancorché reputato non appropriato alla tipologia delle opere realizzate. Pertanto, non si può definire abusiva (e non è, quindi, condonabile) l'opera edilizia realizzata in base ad un'autorizzazione "in precario", a nulla rilevandone neppure l'eventuale illegittimità (cfr., Cons. St., sez. V, 3 ottobre 1995, n. 1372).

Quindi, ai sensi dell'art. 31 l. 28 febbraio 1985 n. 47, non può formare oggetto di condono edilizio una costruzione meramente precaria, ossia l'opera edilizia destinata ad essere rimossa non appena soddisfatto lo scopo per cui essa è stata realizzata (cfr., Cons. St. sez. V 4 febbraio 1998, n. 131).

Né appare fuori di logica o manifestamente ingiusto che un'opera precaria non possa essere condonata, dal momento che l'interessato in qualsiasi momento può chiedere alla Amministrazione comunale, ove sussista la compatibilità con le norme urbanistiche vigenti, il rilascio di un titolo edilizio definitivo.

4.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che la sentenza impugnata non si è pronunciata sulla censura di sviamento di potere adombrato in relazione alla possibilità che la reiezione della domanda di condono per inapplicabilità della l. n. 47/1985 fosse surrettiziamente diretta ad impedire la prosecuzione dell’attività di frantumazione di inerti svolta dalla ricorrente (come deducibile dalla mancata proroga da parte del Comune pur in presenza di un parere positivo reso dalla Regione Lombardia in data 14.7.1992).

4.1.- Osserva la Sezione che il vizio di eccesso di potere per sviamento consiste nell'effettiva e comprovata divergenza fra l'atto e la sua funzione tipica, ovvero nell’esercizio del potere per finalità diverse da quelle enunciate dal legislatore con la norma attributiva dello stesso (in particolare, allorquando l'atto posto in essere sia stato determinato da un interesse diverso da quello pubblico); tuttavia, la censura di eccesso di potere per sviamento deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dar conto delle divergenze dell'atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non essendo a tal fine sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell'illegittima finalità perseguita in concreto dall'organo amministrativo.

Né il vizio in questione è ravvisabile allorquando l'atto asseritamene viziato risulta comunque adottato nel rispetto delle norme che ne disciplinano la forma e il contenuto e risulta in piena aderenza al fine pubblico al quale è istituzionalmente preordinato.

Nel caso che occupa, stante la mancata produzione di idonee prove e la rilevata condivisibilità della motivazione posta dall’Amministrazione a fondamento dell’atto impugnato, deve escludersi la sussistenza del dedotto vizio, considerato anche che non è assolutamente idonea a costituire valido indizio del dedotto sviamento dalla causa tipica la dedotta pregressa emanazione di un parere positivo reso dalla Regione Lombardia in data 14.7.1992, peraltro inconferente perché relativo ad un’istanza di proroga triennale dell’autorizzazione provvisoria all’esercizio dell’impianto in questione, essendo solo il Comune titolare del potere di concessione della sanatoria edilizia.

5.- Con il quarto motivo di gravame è stato dedotto che con la impugnata sentenza è stato dichiarato assorbito il secondo profilo di censura, di errore sul presupposto consistente nella ritenuta assoggettabilità dell’area ad inedificabilità assoluta, ritenendo il profilo irrilevante attesa la validità delle pregresse conclusioni.

Tuttavia, essendo stata dedotta la infondatezza degli argomenti posti a base di esse conclusioni, è stato conseguenzialmente riproposto il motivo formulato in primo grado, evidenziando che l’art. 1 quinquies della l. n. 431/1985 vieta, fino alla adozione da parte delle Regioni dei piani paesistici e urbanistici territoriali, modificazioni del territorio e opere edilizie solo con riferimento ad aree individuate ex art. 2 del d.m. 21 settembre 1984, e non quindi ad aree situate nella zona su cui sorge il manufatto oggetto di condono, che sarebbe classificabile invece, ex art. 82 della l. n. 431/1985, come soggetta meramente a vincolo di edificabilità relativa (come comprovato dal pregresso ottenimento di autorizzazione n. 28/1988 per l’installazione temporanea dell’impianto di frantumazione inerti).

5.1.- Osserva la Sezione che il T.A.R. ha dichiarato detta circostanza irrilevante, in quanto il provvedimento continuerebbe validamente a fondarsi su un autonomo motivo di diniego, costituito dall’impossibilità per l’impianto in questione di accedere - per sua natura e per la precarietà del titolo in base al quale è stato realizzato - alla normativa sul condono edilizio, atteso che l’atto fondato su più motivi è da considerarsi legittimo quando, come nella specie, ne esista almeno uno idoneo a sostenere l’atto stesso.

La conferma della reiezione dei motivi di ricorso volti a dimostrare la incondivisibilità del primo dei due autonomi motivi posti dal Comune a fondamento della reiezione della domanda di sanatoria di cui trattasi, consistente nella rilevata inapplicabilità dell’art. 31 della l. n. 47/1985 alla fattispecie, comporta la inutilità della disamina della fondatezza del motivo in esame, essendo il primo motivo in grado di sorreggere il provvedimento impugnato autonomamente dalla ulteriore motivazione posta a base dello stesso, consistente nella inammissibilità della richiesta per essere soggette le aree su cui le opere sono situate ad inedificabilità assoluta.

6.- Con il quinto motivo di appello è stato dedotto che comunque il provvedimento impugnato sarebbe stato viziato da contrasto con precedenti provvedimenti, come il rilascio, relativamente ad interventi realizzati sui medesimi mappali interessati dalla domanda di sanatoria, di formale autorizzazione, sia pure precaria.

6.1.- La censura è, ad avviso della Sezione, incondivisibile, a prescindere da ogni altra argomentazione, atteso che la contraddittorietà tra gli atti del procedimento si può rinvenire solo allorquando sussista, tra più atti successivi di un medesimo procedimento, un contrasto inconciliabile tale da far dubitare su quale sia l'effettiva volontà dell'Amministrazione; non sussiste invece tra atti di distinti ed autonomi procedimenti, come nel caso che occupa.

7.- Con il sesto motivo di gravame è stato dedotto che l’atto impugnato sarebbe viziato anche da contraddittorietà con precedenti provvedimenti giurisdizionali, come la sentenza n. 5271/1991 della IV Sezione della Corte di appello di Milano, in cui è asserito che le opere sono state realizzati in zona non contemplata dall’art. 33 della l. n. 47/1985.

7.1.- Il Collegio ritiene anche tale censura irrilevante ai fini della decisione atteso che la circostanza della edificabilità assoluta o meno del sito in cui sono situate le opere in questione è inconferente, perché, come in precedenza evidenziato, il provvedimento impugnato era basato, oltre che sulla asserita indedificabilità assoluta di detto sito su l’altro autonomo motivo, in precedenza esaminato dalla Sezione e ritenuto legittimo e condivisibile.

8.- Con il settimo motivo di appello è stato asserito che il provvedimento impugnato sarebbe viziato da intrinseca contraddittorietà perché se, come ivi affermato, le opere oggetto della domanda di sanatoria non possono considerarsi costruzioni rientranti nell’ambito della legge sul condono, il manufatto, non comportando trasformazione urbanistica del territorio, non era subordinato ad alcuna concessione e non erano quindi pertinenti i rilievi contenuti nello stesso provvedimento circa la inedificabilità assoluta delle aree interessate. Se invece il manufatto comportava trasformazione urbanistica del territorio sarebbe allora illegittimo il provvedimento nella parte in cui dichiarava la domanda non procedibile perché riferita ad opera non rientrante nell’ambito della l. n. 47/1985.

8.1.- La Sezione ritiene il motivo in esame privo di giuridica apprezzabilità, stante la circostanza che la motivazione circa la inedificabilità assoluta dell’area in questione è stata evidentemente apposta allo scopo di rafforzare la motivazione del provvedimento nell’ipotesi subordinata che la prima motivazione circa la inapplicabilità della normativa sul condono alla fattispecie fosse stata errata, sicché non è in grado di rendere l’atto viziato da contraddittorietà.

9.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

10.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)