Le incoerenze tra le disposizioni del superbonus 110% e la disciplina edilizia
di Massimo GRISANTI
Gli aggiornamenti alle disposizioni dell’art. 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n° 34 arrecati dal decreto legge 31 maggio 2021, n° 77, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n° 108, non si conciliano con le norme del testo unico dell’edilizia e ciò sarà verosimilmente foriero di contenziosi.
Mi riferisco in particolare all’intera riscrittura del comma 13 ter col quale il legislatore ha previsto che gli interventi contemplati dall’art. 119 sono realizzabili a mezzo di comunicazione asseverata di inizio lavori.
Già l’utilizzo del verbo realizzare non al modo indicativo e al tempo presente sta ad indicare che attraverso la norma il legislatore non prescrive la CILA, bensì, prevedendo il suo uso, crea un iter speciale per l’esecuzione degli interventi: vedasi al riguardo la pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. III, n° 5562/2017; Sez. IV, n° 5584/2012; Sez. IV, n° 702/2012; Sez. IV, n° 5500/2011; Sez. IV, n° 1239/2011; Sez. V, n° 489/2006: “… Invero, secondo gli elementari canoni ermeneutici del diritto italiano, l’uso prescrittivo da parte del legislatore di un verbo al modo indicativo ed al tempo presente sottintende pacificamente, in assenza di differenti elementi di rilievo euristico … la doverosità dell’azione presa in considerazione dalla fattispecie astratta …”). Pertanto, ben può il libero professionista incaricato invitare l’interessato a richiedere ed ottenere il permesso di costruire per non incorrere nel rischio che l’assicurazione si rifiuti di pagare gli eventuali danni arrecati.
Poi, assolutamente inconciliabile con la pacifica giurisprudenza amministrativa e con la ratio legis che portò il Governo ad emanare il decreto legislativo 25 novembre 2016, n° 222 è la disposizione del quarto periodo del comma 13 ter che prevede l’applicazione della decadenza dai benefici fiscali ex art. 49 d.P.R. 380/2001 nel caso in cui gli interventi vengono eseguiti in assenza o in difformità dalla CILA.
Infatti, dal momento che le norme dell’art. 49 TUE trovano applicazione ai soli casi di opere eseguite in assenza di titolo abilitativo o in contrasto con esso, qual è il filo logico che le collega agli interventi sottoposti a CILA visto che questa – vedi in ultimo TAR Toscana, n° 1121/2021 e TAR Campania, Napoli, n° 5446/2021, che richiamano il parere n° 1784 del 04.08.2016 reso al Presidente del Consiglio dei Ministri dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato – non è un titolo abilitativo?
Le uniche spiegazioni plausibili di una tale volontà legislativa sono quelle, da un lato, del ricercato obiettivo di deresponsabilizzare i dirigenti delle pubbliche amministrazioni – evitando loro di effettuare i controlli, sistematici e doverosi in caso di SCIA, così inibendo la prosecuzione dei lavori anche di manutenzione, come insegna la Corte costituzionale con la sentenza n° 529/1995, qualora lo stato esistente non è legittimo – atteso che una volta stabilito per legge che gli interventi dell’art. 119 costituiscono manutenzione straordinaria l’inizio dei lavori era immediato anche con la SCIA ex art. 22 d.P.R. 380/2001, cosicché non è certo l’obiettivo di accelerare la loro esecuzione quello ricercato dal legislatore. E dall’altro lato del ricercato obiettivo di far ripartire l’economia cercando di evitare di cadere in contraddizione, essendo inammissibile che lo Stato elargisca prebende per interventi su immobili che il Comune sarebbe tenuto a sanzionare qualora si accorgesse che difetti la regolarità urbanistico-edilizia e settoriale.
Certamente per effetto della novella legislativa la responsabilità dell’intervento rimane tutta in testa al libero professionista, il quale dovrà comunque accertare la legittimità dell’immobile, ancorché non attestarla espressamente, atteso che è pacifico che gli ulteriori interventi su di un immobile abusivo ne ripetono le caratteristiche di illiceità.
Infatti, laddove al secondo periodo del comma 13 ter il legislatore prescrive che nella CILA sono attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto dell’intervento l’elemento di paragone – per l’appunto ai fini della valida attestazione – è l’edificio realmente esistente giacché come insegna il Consiglio di Stato nella sentenza n° 1413/2014, con espressione di principi valevole anche per interventi sottoposti a CILA perché egualmente asseverati, “… La regolarità, sotto il profilo urbanistico-edilizio, dell’immobile interessato da nuovi interventi soggetti a d.i.a., in altre parole, deve considerarsi presupposto di veridicità e attendibilità della relazione del progettista abilitato, chiamato ad asseverare “la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati”, nonché l’assenza di “contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti”, oltre al “rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”: appare evidente infatti che le varie tipologie di interventi edilizi, diversi da quelli di nuova edificazione ed incidenti su immobili già realizzati, debbano avere come indefettibile presupposto il carattere non illegittimo di detti immobili … In conclusione, queste nuove forme (basate sulla dichiarazione dell’interessato) di legittimazione all’intervento edilizio si fondano su esigenze di rapidità ed efficacia dell’azione amministrativa. Ma non vi può corrispondere anche un’attenuazione dei controlli e delle misure sanzionatorie, che debbono essere anzi rafforzati grazie al coinvolgimento della responsabilità del professionista incaricato, che non può non fondare la propria valutazione di legittimità degli interventi “da effettuare” anche con riferimento alla verificata regolarità, sotto il profilo urbanistico-edilizio, dell’immobile interessato dai lavori …”.
Concludendo, non appare validamente sostenibile che attraverso le nuove disposizioni del comma 13 ter dell’art. 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n° 34 il legislatore abbia coniato uno speciale titolo abilitativo edilizio perché difetta, per essere tale, il controllo sistematico ed obbligatorio della pubblica amministrazione.
È oltremodo facile antivedere l’insorgenza di contenziosi in ragione di procedimenti di vigilanza che, obtorto collo, gli uffici tecnici comunali dovranno comunque aprire e concludere con provvedimenti sanzionatori per effetto di denunce ex art. 27 d.P.R. 380/2001 basate sul difetto di legittimità dell’immobile oggetto d’intervento, anche provenienti da soggetti appartenenti all’edificio condominiale oggetto di lavori stante il notorio tasso di litigiosità che alberga nei condomini.
Si è dell’avviso che il professionista che assevererà l’intervento dovrà ben verificare le clausole del contratto di assicurazione che andrà a stipulare al fine di non rischiare di incorrere nell’applicazione delle disposizioni dell’art. 1892 c.c.