Sui casi curiosi d’interpretazione delle leggi statali (nota critica al testo del ricorso n° 47/2013 alla Corte costituzionale)

di MASSIMO GRISANTI

 

Nel numero 17 della Gazzetta Ufficiale, serie Corte costituzionale, è stato pubblicato il testo del Ricorso per legittimità costituzionale n° 47 del 20 marzo 2013 promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso l’art. 2 della L.R. Puglia 5 febbraio 2013.

 

L’impugnate disposizioni della L.R. Puglia riguardano l’edificazione nelle zone sismiche.

 

Nel ricorso, a firma dell’Avvocato dello Stato Dott. Tortora, più volte lo Stato prima accetta e poi afferma che le zone sismiche “1 e 2” sono di alta sismicità, mentre le zone sismiche “3 e 4” sono di bassa sismicità.

 

Invero, significativi sono i seguenti passi:

  • “La Delib. G.R. 15-9-2009 n. 1626 ha previsto che nelle zone sismiche 1 e 2 debbano trovare applicazione le procedure di cui all’art. 94 del D.P.R. n. 380/2001 e ss.mm. e ii. (trattandosi di zone ad alto rischio sismico), con conseguente necessità di ottenere, prima di iniziare la costruzione, un’autorizzazione preventiva, mentre nelle zone 3 e 4 si applicano quelle previste dall’art. 93 dello stesso D.P.R. n. 380/2001, con la conseguenza che è sufficiente ottenere l’attestazione di avvenuto deposito del progetto.”;

  • “Pertanto nelle zone sismiche classificate a bassa sismicità (zone 3 e 4), vige il regime di cui all’art. 93 del citato D.P.R. che prevede che, chiunque intenda procedere ad attività edilizia è tenuto a darne preavviso scritto, prima dell’inizio dei lavori, al competente Ufficio Comunale, …”.

 

Aderendo alla tesi che le zone “3 e 4” sono di bassa sismicità, lo Stato ha – nei fatti – operato una sorta di interpretazione autentica delle proprie leggi al di fuori del Parlamento.

 

Invero, IN ALCUNA PARTE delle leggi e regolamenti statali si trova scritto quali – delle zone sismiche 1, 2, 3 e 4 - sono di alta, media o bassa sismicità.

 

Pertanto, aderire alla tesi regionale – già contenuta della D.G.R. n. 1626/2009, senza impugnarla innanzi alla Consulta in un conflitto di attribuzioni – unitamente a confermare la possibilità di iniziare i lavori nelle zone di bassa sismicità senza l’autorizzazione preventiva, comporta, da parte dello Stato:

  1. rimangiarsi la posizione assunta innanzi alla Corte Costituzionale nella celeberrima sentenza n° 182/2006 (e condivisa dalla Consulta), allorquando a sostegno delle proprie tesi negatorie di poter iniziare i lavori in zona sismica con il semplice deposito progetto non esitò ad utilizzare – nel giudizio – le disposizioni del D.L. 14 marzo 2005, n° 35 (modificative degli articoli 19 e 20 della legge n. 241/1990) quali NORME INTERPOSTE;

  2. confermare la vigenza integrale dell’art. 94 del D.P.R. n° 380/2001, che – stando al giudicato della Corte Costituzionale (n° 182/2006) – è stato parzialmente abrogato implicitamente proprio per effetto del D.L. n° 35/2005.

 

La distinzione tra alta, media e bassa sismicità (quando le zone sismiche erano solamente di tre tipi) era funzionale tanto all’applicazione delle norme tecniche del D.M. 16/1/1996, quanto alla determinazione del regime autorizzatorio.

 

Poiché le nuove norme tecniche del D.M. 14/1/2008 non sono state elaborate in relazione al tipo di sismicità della zona, ecco che la distinzione tra alta, media e bassa non ha più ragion d’essere se si accede – come allo scrivente è palese che debba essere così – ad una lettura della sentenza n° 182/2006 della Consulta che implicitamente statuisce anche l’abrogazione parziale dell’art. 94 del D.P.R. n° 380/2001.

In tal caso lo Stato, consensualmente alle Regioni, sta operando:

  • una violazione del giudicato della Corte Costituzionale ammettendo che sia sempre vigente l’originaria disposizione dell’art. 94 del D.P.R. n° 380/2001 che prevede, in zona di bassa sismicità, di poter iniziare i lavori senza la preventiva autorizzazione;

  • un’implicita abrogazione dell’art. 29, comma 2-ter, della legge n° 241/1990 e ss.mm.ii. (o, peggio ancora, un avallo alla sua violazione), visto che le disposizioni ivi contenute affermano che le disposizioni contenute negli artt. 19 e 20 (che non consentono di operare con strumenti di semplificazione procedimentale nei casi di pubblica incolumità) attengono ai livelli essenziali delle prestazioni e pertanto non riducibili dalle Regioni (nel senso che quest’ultime non possono introdurre disposizioni che consentono di operare con il mero deposito-progetto ex art. 93 del D.P.R. n° 380/2001, già qualificato come DIA, oggi SCIA, dalla Corte Costituzionale nella sentenza n° 182/2006).

 

E’ quindi auspicabile che l’Avvocatura dello Stato non solo modifichi il proprio ricorso, ma che intervenga presso il Presidente del Consiglio dei Ministri affinché sollevi il conflitto di attribuzioni contro la Regione Puglia in merito al contenuto della Deliberazione della Giunta regionale Puglia n. 1626/2009, pienamente conosciuto, salvo il vero, in occasione dello studio degli atti del presente ricorso avverso la L.R.P. n° 6/2013.

 

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Scritto il 26/04/2013