LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE DEL TAR TOSCANA (commento a TAR Toscana, sez. III, sentenza n. 596 del 12/4/2013)

di Massimo GRISANTI

 

[ NOTA: la sentenza è in calce al commento]

 

Il titolo racchiude tutto lo spirito critico verso la sentenza in commento emessa, forse, da un Collegio [Pres. Nicolosi, Giani (est.) e Lomazzi] che reputo quantomeno distratto.

Il Consiglio di Stato, Sezione 6^, con ordinanza n. 2654 dell’11 luglio 2012 che ha riformato la pronuncia cautelare della III^ sezione TAR Toscana, aveva ritenuto meritevole di approfondimento “la questione dell’interpretazione del combinato disposto degli artt. 140, comma 1, e 132, comma 5, l.r. n. 1/2005”.

Il punto della sentenza del TAR Toscana, oggetto di riflessione critica, è il seguente:

“25 – Il Collegio, prima di passare all’esame del testo delle norme regionali richiamate, e all’individuazione della loro corretta esegesi, ritiene necessario un preliminare confronto della disciplina regionale toscana dell’accertamento di conformità con la disciplina statale, stante anche il riferimento alla normativa nazionale effettuato dalla difesa dell’Amministrazione resistente.

Ai sensi dell’art. 36, comma 1, del DPR n. 380 del 2001 l’istanza di accertamento di conformità può essere presentata, con riferimento all’ipotesi di opere eseguite in assenza di permesso di costruire in totale difformità o con variazioni essenziali, entro il termine di novanta giorni dall’ingiunzione con la quale il dirigente comunale, previo accertamento dell’abuso, ordina la demolizione. La norma statale prevede quindi una disciplina che coincide con la prima delle ipotesi previste dall’art. 140, comma 1, della legge regionale Toscana n. 1 del 2005 (“fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 132, comma 3”, che si sostanzia proprio nei novanta giorni dall’ordinanza di demolizione); al contrario nella norma statale non trova riscontro un’ulteriore evenienza, come invece stabilisce la legge regionale (che aggiunge anche l’ipotesi di istanza presentata entro la scadenza “dei termini stabiliti nell’ordinanza del comune di cui all’articolo 132, comma 5”, cioè entro i termini fissati dall’ordinanza comunale di demolizione d’ufficio).

Ritiene il Collegio che la constata diversa disciplina, tra legge statale e legge regionale, del procedimento amministrativo volto a conseguire il titolo edilizio in sanatoria, nella specie sostanziantesi nella diversa regolamentazione dei termini di presentazione dell’istanza, non ponga problemi sul piano del riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione. La materia <edilizia> è da ricomprendere, com’è noto, nella legislazione concorrente Stato-Regioni e in particolare nell’ambito del <governo del territorio>; ciò implica che spetta allo Stato la fissazione, con propri atti legislativi, dei “principi fondamentali”, nei quali rientra senz’altro la individuazione delle tipologie di titoli abilitativi (Corte cost. 1° ottobre 2003, n. 303), mentre appartiene alla competenza legislativa regionale la disciplina delle modalità procedimentali attraverso le quali può ottenersi il rilascio dei titoli previsti (considerazioni in tal senso si traggono da Corte cost. n. 196 del 2004, che riconosce un “ruolo rilevante” al “legislatore regionale” “sul versante amministrativo”, occupandosi di condono edilizio). Alla luce dei rilievi che precedono ritiene il Collegio che la legge regionale Toscana abbia legittimamente esercitato la competenza legislativa ad essa spettante nella materia concorrente <governo del territorio> nel disciplinare secondo un modulo procedimentale diverso da quello statale le modalità di accesso all’accertamento di conformità.”.

Nel caso di specie, il legislatore regionale non ha sic et simpliciter disciplinato diversamente il procedimento di accertamento di conformità, ma ha esteso sine titulo i termini per accedere all’istituto di sanatoria (senza che lo Stato abbia consentito ciò alle Regioni. Vedi in termini riguardo al condono edilizio: Corte Costituzionale, sentenza n. 54/2009).

Così facendo la Regione ha inciso sui principi fondamentali dell’istituto, non modificabili dalle Regioni in quanto posti a garanzia del principio di eguaglianza (art. 97 Cost.) di tutti i Cittadini della Repubblica, anche ai fini sanzionatori penali ed amministrativi. Invero non bisogna scordare che lo spirare del termine per poter presentare istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n° 380/2001 preclude il conseguimento degli eventuali benefici penali ed amministrativi.

E’ veramente strano che i Giudici Amministrativi non abbiano colto questa palese incostituzionalità della legge regionale! Si consideri, peraltro, che l’art. 76 della l.r.t. n. 1/2005 recita espressamente che “la disciplina dell'attività edilizia contenuta nella presente legge non incide sull'applicazione delle vigenti disposizioni relative alla competenza legislativa dello Stato in particolare nelle materie penali e tributarie.”. E tutti ben sanno che lo Stato, nelle materie di competenza legislativa concorrente, è titolare esclusivo riguardo ai principi fondamentali.

Peraltro di recente la Corte Costituzionale, con la sentenza n° 309/2011 (stranamente dimenticata dal Collegio) ha così sentenziato: “Questa Corte ha già ricondotto nell’ambito della normativa di principio in materia di governo del territorio le disposizioni legislative riguardanti i titoli abilitativi per gli interventi edilizi (sentenza n. 303 del 2003, punto 11.2 del Considerato in diritto): a fortiori sono principi fondamentali della materia le disposizioni che definiscono le categorie di interventi, perché è in conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali. L’intero corpus normativo statale in ambito edilizio è costruito sulla definizione degli interventi, con particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di ristrutturazione urbanistica, di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, da un lato, e le ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera e degli altri interventi (restauro e risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria), dall’altro.”.

Di stranezza in stranezza, potrebbe apparire che i Giudici del TAR Toscana si atteggino a tutori della Regione in danno dello Stato.

 

 

 

Scritto il 24 aprile 2013

 

 

N. 00596/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00419/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 419 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Cipeco s.a.s. di Ciervo Paolo & C, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Quinto, Pietro Quinto, Massimo Nistri, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo Nistri in Firenze, via Scialoia, 53;

contro

Comune di Poggio a Caiano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Cecchi, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Masaccio 172;

per l'annullamento

(con ricorso introduttivo):

- dell'ordinanza n. 68 del 29.10.2009, notificata il 6.11.2009, con la quale il Responsabile dei Servizi Tecnici del Comune di Poggio a Caiano (Prato) ha ingiunto la riduzione in pristino mediante demolizione delle opere ivi indicate;

- degli atti connessi, compreso il verbale prot. n. 11467 del 13.08.2009 redatto dal Servizio di Polizia Municipale a seguito di sopralluogo e l'individuazione dell'area di sedime eventualmente da acquisire effettuata il 28.10.2009 (allo stato non conosciuti);

(con i motivi aggiunti depositati il 5 agosto 2011):

- della determinazione del Responsabile dei Servizi Tecnici n. 53 del 25.05.2011, notificata lo 08.06.2011;

- nonché di tutti quanti i relativi atti presupposti, connessi e/o consequenziali, ivi compresi, ove occorra, i verbali di sopralluogo nella stessa richiamati e la planimetria allegata.

(con i motivi aggiunti depositato il 26.3.2012):

- della determinazione del Responsabile dei Servizi Tecnici del Comune di Poggio a Caiano prot. n. 17056/506 del 10.01.2012, notificata il 23.01.2012, di rigetto dell'istanza di attestazione di conformità in sanatoria;

- nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, ivi compresa, ove occorra, la comunicazione di preavviso di diniego del 16.11.2011.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Poggio a Caiano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori A. Quinto e A. Cecchi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1 – La società Cipeco s.a.s. è proprietaria di un appezzamento di terreno di oltre 6.000 mq di superficie sito in Comune di Poggio a Caiano, dalla stessa acquistato nel 2005. Il Comune di Poggio a Caiano inviava alla suddetta società, con nota prot. n. 15107 del 7 novembre 2006, una prima comunicazione di avvio di procedimento sanzionatorio per l’avvenuta realizzazione nell’area di sua proprietà di opere edilizie senza permesso di costruire; ad essa faceva seguito, con nota prot. n. 12571 del 15 settembre 2009, una seconda comunicazione di avvio di procedimento sanzionatorio per violazioni urbanistico-edilizie, che richiamava il verbale della Polizia municipale del 13 agosto 2009. La società destinataria della comunicazione presentava, in data 24 ottobre 2009, osservazioni partecipative ex art. 10 della legge n. 241 del 1990. Seguiva l’emanazione dell’ordinanza n. 68 del 29 ottobre 2009 che ingiungeva la demolizione delle opere realizzate senza titolo, la rimessa in pristino dell’area e la rimozione di un container collocato sulla stessa.

2 – La Cipeco s.a.s. impugnava l’ordinanza del Comune di Poggio a Caiano n. 68 del 2009 con ricorso al TAR per la Puglia, Sezione di Lecce, formulando nei confronti dell’atto gravato le seguenti censure:

– “Violazione e falsa applicazione art. 10 L. n. 241/90; violazione del principio del contraddittorio procedimentale; difetto di istruttoria e carenza di motivazione”: la società ricorrente evidenzia di aver presentato in data 24 ottobre 2009 memoria procedimentale che non è stata presa in considerazione dall’Amministrazione;

– “Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria nell’esercizio del potere di vigilanza sull’uso del territorio comunale; difetto di motivazione; violazione e falsa applicazione artt. 31 e 37 DPR 380/2001; violazione e falsa applicazione artt. 79, 129, 132, 135 e 136 L. reg. Toscana n. 1 del 2005”. La società ricorrente contesta puntualmente che gli immobili di cui viene chiesta la demolizione siano abusivi: a) richiama la licenza edilizia n. 782 del 20 ottobre 1970 (per quanto concerne il manufatto in muratura, legno e materiale plastico con destinazione accessoria/civile abitazione); b) rileva che la sistemazione del piazzale con asfaltatura e calcestruzzo si riferisce in realtà al vecchio campo da tennis realizzato in forza della licenza edilizia n. 782 con sostituzione della terra battuta con calcestruzzo e che si tratta comunque di opera soggetta a d.i.a. e non a permesso di costruire, con l’effetto che sarebbe al più applicabile il regime dell’art. 37 ma non dell’art. 31 DPR 380; c) evidenzia che la recinzione del terreno contestata non tiene conto che la stessa è stata realizzata in forza di d.i.a. del 29 settembre 2003; d) evidenzia quindi che il container citato nell’ordinanza è un cassone amovibile per il deposito degli attrezzi che non necessitava di titolo e semmai di d.i.a., con esclusione del regime demolitorio; e) infine rileva che il pollaio di cui è chiesta la demolizione è formato da tavolette di legno fissate tra loro con bullette, avente carattere pertinenziale;

– “Eccesso di potere per difetto di motivazione”, necessaria stante il lasso di tempo intercorso tra realizzazione delle opere e ordine di rimozione.

3 - Con ordinanza n. 32 del 29 gennaio 2010 la Sezione Terza del TAR Puglia – Lecce ordinava al Comune di Poggia a Caiano di depositare la licenza edilizia n. 782 del 1970, la d.i.a. del 29 settembre 2003 e il verbale della Polizia municipale prot. n. 11467 del 13 agosto 2009; il Comune di Poggio a Caiano ottemperava con il deposito del 19 febbraio 2010, producendo la documentazione richiesta e precisando, nella nota di accompagnamento, che la c.d. licenza edilizia n. 782 è in realtà una mera istanza, cui non è seguito il rilascio del titolo e che comunque aveva ad oggetto solo la realizzazione di un campo da tennis ma non di fabbricati e che la d.i.a. del 29 settembre 2003 era stata dichiarata inattuabile con atto prot. n. 2023 del 13 febbraio 2004.

4 - In data 24 febbraio 2010 il Comune di Poggio a Caiano si è costituito in giudizio dinanzi al TAR di Lecce ed ha altresì proposto regolamento di competenza, censurando la competenza del Tribunale amministrativo salentino a favore del TAR Toscana. Stante l’adesione di parte ricorrente al giudice indicato come competente, con ordinanza del TAR di Lecce n. 4 del 12 marzo 2010 il ricorso è stato rimesso per competenza al TAR Toscana.

5 - Con atto depositato in data 29 aprile 2010 la Cipeco s.a.s. si è costituita dinanzi al TAR Toscana per la prosecuzione del giudizio; con controricorso depositato in data 4 maggio 2010 si è costituito in giudizio dinanzi a questo Tribunale anche il Comune di Poggio a Caiano.

6 - Con memoria depositata in data 11 maggio 2010 il Comune di Poggio a Caiano ha eccepito la tardività della costituzione in giudizio di parte ricorrente: l’Amministrazione evidenzia come, a seguito dell’ordinanza n. 4 del 12 marzo 2010, la Segreteria del TAR di Lecce abbia emesso avviso alle parti di trasmissione del fascicolo al TAR Toscana, avviso che risulta sottoscritto per presa visione da parte ricorrente in data 17 marzo 2010 (cfr. doc. 8 depositato in data 11 maggio 2010); il deposito dell’atto di costituzione è però avvenuto solo il 29 aprile 2010, quindi oltre il termine di venti giorni di cui all’art. 31 della legge n. 1034 del 1971.

7 - Alla camera di consiglio del giorno 13 maggio 2010 parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare contenuta nel ricorso introduttivo.

8 - Con determinazione n. 53 del 25 maggio 2011 il Comune di Poggio a Caiano, richiamata la propria precedente ordinanza n. 68 del 2009 e il verbale di sopralluogo del 24 maggio 2010 (da cui risulta che a quella data i manufatti oggetto dell’ordinanza n. 68/2009 non erano stati demoliti), ha accertato l’acquisizione gratuita e di diritto al patrimonio comunale dell’area interessata e delle opere sulla stessa poste, disponendo la trascrizione del provvedimento stesso alla Conservatoria dei registri immobiliari.

9 - Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 5 agosto 2011 la società Cipeco s.a.s. ha impugnato la richiamata determinazione n. 53 del 2011. In tale atto parte ricorrente, oltre a replicare all’eccezione di tardività della riassunzione del giudizio principale dinanzi al TAR Toscana (sul rilievo che il termine di cui all’art. 31, comma 4, della legge n. 1034 del 1971 non è perentorio e che l’avviso del 12 marzo 2010 del TAR Lecce è stato fatto all’avv. Pietro Quinto ma non al codifensore avv. Antonio Quinto), articola nei confronti della determinazione gravata le seguenti censure:

- “Illegittimità derivata”: la società ricorrente ripropone nei confronti dell’atto qui gravato, qualificato come <atto consequenziale>, le censure già articolate nel ricorso introduttivo: con riferimento alla pratica edilizia n. 782 del 1970 parte ricorrente evidenzia che, anche se l’atto conclusivo del procedimento non è stato emesso, il titolo edilizio si è formato per <provvedimento implicito>, stante il parere favorevole della Commissione edilizia comunale di cui al verbale n. 38 del 20 giugno 1970 e il comportamento concludete del Comune sul punto; quanto alla d.i.a. del 29 settembre 2003 parte ricorrente evidenzia che il diniego comunale espresso del 13 febbraio 2004 è irrilevante in quanto intervenuto oltre il termine perentorio di cui all’art. 23 del DPR n. 380 del 2001;

- “Violazione e falsa applicazione artt. 31, commi 3 e 4, DPR n. 380/2001 e 132, commi 3 e 4, l.r. Toscana n. 1 del 2005; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria e di motivazione”: parte ricorrente contesta la quantificazione dell’area sulla quale è disposta l’acquisizione d’ufficio al patrimonio comunale per un totale di mq 1.195,50 essendo mancata una adeguata istruttoria volta a individuare la superficie utile delle opere abusive e l’indicazione delle prescrizioni urbanistiche per la quantificazione delle aree pertinenziali; si contesta la acquisizione anche con riferimento all’area di sedime della recinzione, trattandosi di illecito edilizio non soggetto a concessione.

Parte ricorrente evidenzia infine di aver presentato domanda di accertamento di conformità ex art.140 del DPR 380 del 2001 in data 29 luglio 2011 e afferma il proprio interesse a vedere dichiarata la improcedibilità delle proprie impugnazioni giurisdizionali.

10 - Nella memoria in data 1° settembre 2011 l’Amministrazione replica al rilievo della sopravvenuta improcedibilità evidenziando che la domanda di accertamento in sanatoria è stata presentata oltre il termine di cui all’art.140 cit. (cioè oltre i 90 giorni dall’ordinanza n. 68 del 2009 notificata il 6 novembre 2009) e quando la società ricorrente non era più proprietaria dei terreni e fabbricati. L’Amministrazione ribadisce altresì l’eccezione di tardività della riassunzione, evidenziando che il termine di venti giorni è perentorio, che il mandato conferito a più difensori è disgiunto e che comunque la costituzione della ricorrente è tardiva anche rispetto all’avviso del TAR Toscana del 19 marzo 2010. Il Comune eccepisce altresì la tardività della contestazione della quantificazione dell’area, in quanto già contenuta nell’ordinanza n. 68 del 2009 e non contestata nel ricorso introduttivo, mentre sul punto la determinazione n. 53 del 2011 è meramente consequenziale e accertativa.

11 - Con ordinanza n. 943 dell’8 settembre 2011 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione formulata in sede di motivi aggiunti; tale pronuncia è stata confermata dal Consiglio di Stato, Sezione 4^, con ordinanza n. 5000 del 15 novembre 2011.

12 - Con determinazione prot. n. 17056/506 del 10 gennaio 2012 il Comune di Poggio a Caiano ha respinto l’istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata dalla società Cipeco s.a.s.

13 - Con secondo atto di motivi aggiunti depositato in data 26 marzo 2012 la società Cipeco s.a.s. ha impugnato la suddetta determinazione prot. n. 17056/506 del 10 gennaio 2012, formulando nei suoi confronti la seguente unica articolata censura: “Violazione e falsa applicazione artt. 132 e 140 l.r. Toscana n. 1 del 2005. Violazione e falsa applicazione art. 36 TU Edilizia. Violazione artt. 3 e 10 l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere. Sviamento. Difetto di motivazione. Difetto di istruttoria. Violazione dei principi in materia di governo del territorio”, contestando la violazione del contraddittorio procedimentale, contestando il difetto di legittimazione della ricorrente all’istanza e la tardività della stessa, contestando altresì il contrasto delle opere realizzate con la pianificazione urbanistica e le norme di protezione indicate nell’atto; parte ricorrente ritiene che la tempestività della domanda di sanatoria risulti anche dalla comunicazione di avvio del procedimento del 15 settembre 2009 nella quale il Comune ha indicato come dies ad quem per la presentazione della domanda di accertamento in conformità la “notifica dell’ingiunzione di demolizione d’ufficio”, mai emessa.

14 - Con decreto presidenziale n. 223 del 27 marzo 2012 veniva respinta la richiesta di misure cautelari provvisorie avanzata da parte ricorrente.

15 - L’Amministrazione si è costituita in giudizio anche in riferimento ai secondi motivi aggiunti.

16 - Con ordinanza n. 277 del 19 aprile 2012 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione presentata in relazione ai secondi motivi aggiunti. Ma il Consiglio di Stato, Sezione 6^, con ordinanza n. 2654 dell’11 luglio 2012 ha riformato la pronuncia cautelare di questa Sezione, ritenendo meritevole di approfondimento “la questione dell’interpretazione del combinato disposto degli artt. 140, comma 1, e 132, comma 5, l.r. n. 1/2005”.

17 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 26 marzo 2013, relatore il cons. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

18 – Il Collegio è chiamato, in primo luogo, a scrutinare l’eccezione di tardività formulata dall’Amministrazione comunale con riferimento all’atto con cui la società Cipeco s.a.s. ha riassunto il giudizio, inizialmente radicato dinanzi al TAR della Puglia, Sezione di Lecce, presso il TAR Toscana.

L’eccezione è fondata, nei termini di seguito esplicitati.

Come già evidenziato, con ordinanza n. 4 dell’11 marzo 2010, il TAR di Lecce ha dichiarato, con riferimento al ricorso della Cipeco s.a.s., la propria incompetenza a favore del TAR Toscana; come risulta dal deposito documentale dell’Amministrazione dell’11 maggio 2010, il TAR di Lecce in data 12 marzo 2010 ha dato avviso agli avvocati Pietro Quinto e Luigi Quinto dell’ordinanza citata; l’avviso del 12 marzo 2010 risulta sottoscritto, per presa conoscenza, in data 17 marzo 2010, dall’avv. Pietro Quinto; la costituzione in giudizio dinanzi a questo Tribunale, in riassunzione del giudizio originariamente radicato presso il TAR di Lecce, è avvenuta con atto depositato in data 29 aprile 2010. A fronte di questa sequenza fattuale l’Amministrazione ha eccepito la tardività della costituzione in riassunzione, stante il superamento del termine di venti giorni di cui all’art. 31 della legge n. 1034 del 1971, applicabile ratione temporis.

L’eccezione è fondata, poiché l’art. 31, comma 4, della legge n. 1034 del 1971 stabiliva, con riferimento all’avvenuta proposizione di regolamento di competenza, che “se tutte le parti sono d’accordo sulla remissione del ricorso al altro tribunale amministrativo regionale, il presidente cura, su loro istanza, la trasmissione d’ufficio degli atti del ricorso a tale tribunale regionale e ne dà notizia alle parti, che debbono costituirsi davanti allo stesso entro venti giorni dalla comunicazione”. Nel caso di specie abbiamo evidenziato che l’avviso è stato ricevuto in data 17 marzo 2010, mentre la costituzione in giudizio è avvenuta solo il 29 aprile 2010, quindi oltre il termine stabilito dalla legge. La società ricorrente resiste a questa ricostruzione evidenziando due profili argomentativi: il termine di cui all’art. 31 della legge n. 1034 del 1971 non sarebbe perentorio e comunque l’avviso è stato effettuato dal TAR di Lecce all’avv. Pietro Quinto ma non al codifensore Antonio Quinto. I rilievi non appaiono convincenti. Rileva il Collegio, in conformità alla lettura offerta dalla dottrina e dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 7587), che il termine di venti giorni per la riassunzione di cui all’art. 31, comma 4, legge n. 1034 cit. è da ritenersi perentorio, com’è reso palese dall’uso del verbo <dovere> da parte del legislatore ( le parti “debbono costituirsi davanti allo stesso entro venti giorni dalla comunicazione”). Quanto al mancato avviso all’avv. Antonio Quinto, codifensore della società con l’avv. Pietro Quinto, il Collegio osserva, da un lato, che in mancanza di diversa indicazione il mandato conferito a più difensori è da ritenersi disgiunto, con l’effetto che la comunicazione effettuata ad uno solo dei più difensori risulta idonea a raggiungere lo scopo, dall’altro lato, che l’avv. Pietro Quinto risulta dall’atto introduttivo del giudizio dinanzi al TAR Puglia – Lecce domiciliatario della parte ricorrente medesima, con l’effetto che la comunicazione effettuata a tale difensore risulta sicuramente corretta.

Dalle argomentazioni svolte risulta che il ricorso introduttivo del giudizio è stato riassunto tardivamente dinanzi al TAR Toscana, il che implica che lo stesso è divenuto improcedibile per violazione del termine perentorio di cui all’art. 31, comma 4, legge n. 1034 del 1971.

19 – Con il primo atto di motivi aggiunti, depositato in data 5 agosto 2011, parte ricorrente ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 53 del 2011, a mezzo della quale il Comune di Poggio a Caiano, richiamata l’ordinanza n. 68 del 2009 e il verbale di sopralluogo del 24 maggio 2010 (che ha accertato la mancata ottemperanza all’ordinanza n. 68 cit.), ha accertato l’acquisizione gratuita e di diritto al patrimonio comunale dell’area interessata alle opere abusive, disponendo la trascrizione del provvedimento stesso alla Conservatoria dei Registri Immobiliari. Parte ricorrente muove una prima censura di illegittimità derivata, conseguente cioè alla illegittimità dell’ordinanza n. 68 del 2009 gravata con il ricorso introduttivo, e una seconda censura inerente la quantificazione dell’area di cui è disposta la acquisizione d’ufficio per un totale di mq 1.195,50 ritenendola frutto di non adeguata istruttoria.

L’Amministrazione comunale resiste ai motivi aggiunti, eccependo altresì la loro inammissibilità, stante il rilievo che la quantificazione dell’area era già contenuta nell’ordinanza n. 68 del 2009, e non è stata contestata con il ricorso principale, essendo l’atto gravato con i motivi aggiunti meramente consequenziale e accertativo.

Il Collegio è chiamato ad esaminare preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del gravame formulata dall’Amministrazione resistente.

L’eccezione è fondata, nei termini di seguito esplicitati.

Il ricorso per motivi aggiunti in parte ripropone, in via consequenziale, le doglianze già articolate nei confronti dell’ordinanza n. 68 del 2009, gravata con il ricorso introduttivo del giudizio; poiché il ricorso introduttivo è risultato improcedibile, per tardiva trasposizione dinanzi al TAR Toscana, con conseguente definitività dell’ordinanza n. 68 del 2009, non sussiste l’interesse di parte ricorrete a dolersi in via derivata della determinazione n. 53 del 2011. Ma i motivi aggiunti depositati in data 5 agosto 2011 formulano anche una contestazione diretta nei confronti della determinazione d’acquisizione d’ufficio n. 53 del 2011, evidenziando che la determinazione dell’area da acquisire non è stata frutto di adeguata istruttoria. Ma l’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità anche di questa contestazione, giacché l’area da acquisire era già stata individuata, sia nella superficie che nella sua esatta conformazione, nell’ordinanza di demolizione n. 68 del 2009, con il risultato che la società ricorrente avrebbe dovuto contestare l’individuazione dell’area da acquisire già nel ricorso introduttivo. Rileva il Collegio che l’eccezione di inammissibilità formulata dall’Amministrazione coglie nel segno. Infatti l’ordinanza n. 68 del 2009, non solo richiama l’individuazione dell’area di sedime da acquisire in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione effettuata dall’ufficio tecnico comunale in data 28 ottobre 2009, ma più specificamente: a) chiarisce che in caso di inottemperanza “verrà acquisita gratuitamente al patrimonio [comunale] l’area di sedime e quella necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, così come delimitata in rosso nella planimetria allegata, della dimensione indicativa di mq. 1195,50, costituente parte delle particelle di cui al Catasto Terreni del Comune di Poggio a Caiano, foglio n. 7, particella n. 1010 e 12”; b) evidenzia che la planimetria allegata “costituisce parte integrante della presente ordinanza”; c) precisa che “l’area perimetrata non supera 10 volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”. La successiva determinazione n. 53 del 25 maggio 2011, gravata con i motivi aggiunti, accerta poi l’acquisizione di diritto al patrimonio comunale dell’area interessata, per inottemperanza all’ordine di demolizione, e lo fa con richiamo alla planimetria “già allegata all’ordinanza n. 68 del 29.10.2009”. Ne discende che, in punto di esatta individuazione dell’area oggetto dell’acquisizione, la determinazione n. 53 del 2011 è meramente attuativa ed esecutiva dell’ordinanza n. 68 del 2009, con il risultato che risultano inammissibili, per essere mossi solo nei confronti dell’atto applicativo, i rilievi alla quantificazione dell’area già effettuata con la precedente, e ormai definitiva, ordinanza n. 68 del 2009.

Alla luce delle considerazioni che precedono i primi motivi aggiunti, depositati in data 5 agosto 2011, risultano inammissibili per difetto d’interesse.

20 – Con il secondo atto di motivi aggiunti, depositato in data 26 marzo 2012, la società ricorrente ha poi gravato la determinazione dirigenziale prot. n. 17056/506 del 10 gennaio 2012, con la quale il Comune di Poggio a Ciano ha respinto l’istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata dalla Cipeco s.a.s., contestando i motivi posti dall’Amministrazione a base del rigetto medesimo e in primo luogo la tardività dell’istanza medesima; parte ricorrente evidenzia come, alla luce della normativa regionale, l’istanza di accertamento di conformità dalla stessa presentata fosse tempestiva, il che da un lato comporta la improcedibilità dei ricorsi avverso l’ordinanza di demolizione e l’acquisizione dell’area al patrimonio pubblico (cioè del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti) d’altro la illegittimità del diniego impugnato con i secondi motivi aggiunti, stante appunto la tempestività dell’istanza di accertamento di conformità e la infondatezza delle ulteriori motivazioni individuate dall’Amministrazione a fondamento del rigetto dell’istanza stessa.

21 – Il Collegio è chiamato quindi ad affrontare il tema della tempestività della domanda di accertamento in conformità presentata dalla società ricorrente in data 29 luglio 2011, effettuando il necessario approfondimento della normativa regionale in materia, come anche richiesto dal Consiglio di Stato, sez. 6^, nell’ordinanza del 19 aprile 2012, n. 2654 (che ha ritenuto meritevole di approfondimento “la questione dell’interpretazione del combinato disposto degli artt. 140, comma 1, e 132, comma 5, l.r. n. 1/2005”).

22 – E’ necessario, preliminarmente, ripercorre la successione degli accadimenti. Il Comune di Poggio a Caiano con ordinanza n. 68 del 29 ottobre 2009 ha ingiunto la demolizione dei manufatti realizzati sul terreno di proprietà della ricorrente perché abusivi, dando il termine di 90 giorni per procedere alla demolizione; la società ricorrente non ha provveduto alla demolizione, com’è pacifico e come risulta dai sopralluoghi effettuati dall’Amministrazione in data 24 maggio 2010 e in data 25 gennaio 2011; con determinazione n. 53 del 25 maggio 2011 l’Amministrazione ha quindi proceduto alla acquisizione degli immobili in questione al patrimonio comunale; in data 29 luglio 2011 la Cipeco s.a.s. ha presentato al Comune di Poggio a Caiano istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 140 della legge regionale Toscana n. 1 del 2005; con la determinazione del 10 gennaio 2012, gravata con i secondi motivi aggiunti, l’Amministrazione comunale ha respinto l’istanza di accertamento in conformità evidenziando (oltre alla mancanza di requisiti di merito) il difetto di legittimazione all’istanza della ricorrente, non essendo la stessa più proprietaria dell’area a seguito della notifica della determinazione di acquisizione della stessa al patrimonio comunale, e la tardività dell’istanza medesima, potendo la stessa essere presentata entro 90 giorni dalla ingiunzione di demolizione, termine ampiamente scaduto alla data di presentazione dell’istanza medesima.

23 – Nel secondo atto di motivi aggiunti parte ricorrente contesta i rilievi motivazionali articolati dall’Amministrazione nel provvedimento di rigetto dell’istanza gravato. In particolare la società ricorrente evidenzia che l’art. 140, comma primo, della legge regionale Toscana n. 1 del 2005 prevede in realtà, accanto al dies ad quem di presentazione dell’istanza di accertamento di conformità rappresentato dalla scadenza del termine di cui all’art. 132, comma 3, della medesima legge (novanta giorni dall’ordinanza di demolizione), che è quello richiamato dall’Amministrazione, anche un ulteriore dies ad quem costituito dalla scadenza “dei termini stabiliti nell’ordinanza del comune di cui all’articolo 132, comma 5”, cioè dalla scadenza dei termini indicati nell’ordinanza di demolizione d’ufficio emanata dall’Amministrazione dopo l’avvenuta acquisizione dei beni al patrimonio pubblico, ordinanza che nella specie non risulta mai emanata. La tesi di parte ricorrente è dunque che sussiste la legittimazione a presentare la domanda di accertamento in sanatoria anche dopo l’acquisizione dei beni al patrimonio pubblico, nel rispetto di termini che l’Amministrazione deve indicare alla parte interessata nell’ordinanza di demolizione d’ufficio di cui al comma 5 dell’art. 132 cit. La società ricorrente evidenzia, a sostegno della propria tesi, che la stessa Amministrazione, nella comunicazione di avvio del procedimento di demolizione del 15 settembre 2009, aveva fatto riferimento alla possibilità di presentazione dell’istanza di accertamento di conformità fino alla “data di notifica dell’ingiunzione di demolizione d’ufficio”.

24 – Il Comune di Poggio a Caiano resiste alla prospettazione di parte ricorrente evidenziando, nella memoria del 22 febbraio 2013, che l’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005 contiene un “rinvio errato” all’art. 132, comma 5, della stessa legge, anche perché “la normativa nazionale (art. 36 del DPR n. 380/2001) non contiene alcun riferimento al provvedimenti comunali successivi all’acquisizione”; conclude quindi nel senso che la “erroneità (o incomprensibilità) della previsione regionale” debba essere superata con una “interpretazione sistematica” dell’art. 140, comma 1, cit., da individuarsi nella lettura secondo cui l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva e della relativa area di pertinenza “costituisce il limite massimo entro cui è possibile presentare una domanda di accertamento di conformità”.

25 – Il Collegio, prima di passare all’esame del testo delle norme regionali richiamate, e all’individuazione della loro corretta esegesi, ritiene necessario un preliminare confronto della disciplina regionale toscana dell’accertamento di conformità con la disciplina statale, stante anche il riferimento alla normativa nazionale effettuato dalla difesa dell’Amministrazione resistente.

Ai sensi dell’art. 36, comma 1, del DPR n. 380 del 2001 l’istanza di accertamento di conformità può essere presentata, con riferimento all’ipotesi di opere eseguite in assenza di permesso di costruire in totale difformità o con variazioni essenziali, entro il termine di novanta giorni dall’ingiunzione con la quale il dirigente comunale, previo accertamento dell’abuso, ordina la demolizione. La norma statale prevede quindi una disciplina che coincide con la prima delle ipotesi previste dall’art. 140, comma 1, della legge regionale Toscana n. 1 del 2005 (“fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 132, comma 3”, che si sostanzia proprio nei novanta giorni dall’ordinanza di demolizione); al contrario nella norma statale non trova riscontro un’ulteriore evenienza, come invece stabilisce la legge regionale (che aggiunge anche l’ipotesi di istanza presentata entro la scadenza “dei termini stabiliti nell’ordinanza del comune di cui all’articolo 132, comma 5”, cioè entro i termini fissati dall’ordinanza comunale di demolizione d’ufficio).

Ritiene il Collegio che la constata diversa disciplina, tra legge statale e legge regionale, del procedimento amministrativo volto a conseguire il titolo edilizio in sanatoria, nella specie sostanziantesi nella diversa regolamentazione dei termini di presentazione dell’istanza, non ponga problemi sul piano del riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione. La materia <edilizia> è da ricomprendere, com’è noto, nella legislazione concorrente Stato-Regioni e in particolare nell’ambito del <governo del territorio>; ciò implica che spetta allo Stato la fissazione, con propri atti legislativi, dei “principi fondamentali”, nei quali rientra senz’altro la individuazione delle tipologie di titoli abilitativi (Corte cost. 1° ottobre 2003, n. 303), mentre appartiene alla competenza legislativa regionale la disciplina delle modalità procedimentali attraverso le quali può ottenersi il rilascio dei titoli previsti (considerazioni in tal senso si traggono da Corte cost. n. 196 del 2004, che riconosce un “ruolo rilevante” al “legislatore regionale” “sul versante amministrativo”, occupandosi di condono edilizio). Alla luce dei rilievi che precedono ritiene il Collegio che la legge regionale Toscana abbia legittimamente esercitato la competenza legislativa ad essa spettante nella materia concorrente <governo del territorio> nel disciplinare secondo un modulo procedimentale diverso da quello statale le modalità di accesso all’accertamento di conformità.

26 – Venendo al merito della questione, deve adesso essere esplicitato, interpretando la norma di cui all’art. 140, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2005, quale sia il termine finale entro cui può essere presentata istanza di accertamento di conformità secondo la legislazione regionale toscana.

Il primo assunto interpretativo che il Collegio ritiene di dover trarre dall’esegesi di cui all’art. 140, comma 1, cit. è che, diversamente da quanto previsto dalla normativa statale, nella legislazione regionale toscana, in ipotesi di “opere e interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire o in totale difformità o con varianti essenziali”, sono previsti due diversi termini finali per la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, essendo possibile in primo luogo presentare tale istanza “fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 132, comma 3” ed essendo quindi ancora possibile presentare tale istanza fino alla scadenza “dei termini stabiliti nell’ordinanza del comune di cui all’articolo 132, comma 5”. Si tratta di capire il senso di questa duplice previsione e tentare di ricondurre la citata disciplina a sistema; tuttavia quel che è certo è che la norma di legge prevede tale duplice opzione, non apparendo possibile elidere la espressa previsione normativa parlando (con riferimento alla seconda previsione, quella che rimanda all’art. 132, comma 5) di “rinvio errato”, il che significherebbe abdicare al ruolo di interprete e applicatore della legge proprio del giudice e sfuggire alla sua soggezione.

A ben vedere, poi, il duplice termine espressamente previsto dall’art. 140, comma 1, cit. appare tutt’altro che incomprensibile e illogico, potendo ben coordinarsi con la scansione del procedimento di demolizione disciplinato dall’art. 132 della legge regionale n. 1 del 2005.

L’art. 132 cit. presenta, infatti, un procedimento articolato in due sequenze procedimentali fra loro funzionalmente autonome, delle quali la seconda appare soggetta a una sorta di condizione risolutiva data dal verificarsi della prima sequenza: nel senso che la sequenza data dall’art. 132, comma 5, potrà avere luogo solo nel caso in cui non venga presentata dall’avente titolo una rituale istanza di accertamento di conformità nei termini previsti dall’art. 140 comma 1. Il decorso del termine senza che sia stata esercitata la facoltà di chiedere tale accertamento, reca in sé un duplice effetto che comprova il carattere decadenziale del termine assegnato: l’acquisizione gratuita ex lege al patrimonio disponibile del Comune delle opere abusive con l’area di sedime e il conferimento allo stesso Comune di una potestà di scelta in ordine al destino degli immobili acquisiti: o il mantenimento, perchè ritenuti in base ad una valutazione discrezionale del consiglio comunale di preminente interesse pubblico e sempre che l'opera abusiva non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali; o la demolizione a spese del responsabile dell’abuso. Solo dopo l’adozione dell’ordine di demolizione di cui al comma 5 dell’art. 132 la richiamata disposizione legislativa regionale sembra rimettere nei termini il responsabile stesso per la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità nel termine – anch’esso perentorio (ciò lo si desume a contrario dal termine di cui all’art. 139, comma 1) fissati dall’ordine di demolizione.

Della scansione degli adempimenti di competenza dell’Amministrazione comunale nell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 132, il cui carattere vincolato nell’epilogo della finale rimessa in pristino in assenza di una delibera consiliare conservativa non pare potersi dubitare, non ritiene il Collegio di doversi occupare non essendo allo stato rilevante ai fini della decisione da assumere in ordine al secondo atto di motivi aggiunti. Ciò per la ragione che appare preclusivo a tale approfondimento ermeneutico il fatto che, collocandosi nel caso di che trattasi l’istanza di accertamento di conformità presentata in data 29 luglio 2011 dalla società Cipeco s.a.s. nella prima sequenza della procedura sopra descritta (non risultando dagli atti depositati che il Comune di Poggio a Caiano abbia emanato l’ordinanza di acquisizione d’ufficio di cui all’art. 132, comma 5, cit. e conseguentemente dato impulso ai termini di cui all’art. 140, comma 1, cit.), essa (istanza) è senz’altro tardiva, come rilevato dall’Amministrazione nel provvedimento del 10 gennaio 2012 di rigetto dell’istanza stessa, essendo stata presentata ben oltre il termine – si ribadisce perentorio - di novanta giorni dall’ordinanza di demolizione del 29 ottobre 2009.

Ciò è sufficiente a sorreggere il provvedimento di rigetto medesimo, con conseguente infondatezza dei secondi motivi aggiunti.

27 – Stante la complessità e novità delle questioni affrontate, il Collegio stima equo disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

- dichiara improcedibile il ricorso introduttivo;

- dichiara inammissibili i motivi aggiunti depositati in data 5 agosto 2011;

- respinge i motivi aggiunti depostati in data 26 marzo 2012.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente

Riccardo Giani, Consigliere, Estensore

Silvio Lomazzi, Consigliere





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)