Contributo per il rilascio del permesso di costruire: tempus regit actum ed autotutela amministrativa nella relativa quantificazione.

di Tommaso MILLEFIORI

 

(Nota a margine della sentenza del C.d.S., Sez. IV, 12 giugno 2014, n. 3009)

 

 

1. - Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato ha confermato la decisione di primo grado con la quale il TAR Puglia Sezione di Lecce, nel solco di risalenti conformi acquisizioni in materia, aveva affermato che, in applicazione del principio generale "tempus regit actum", la quantificazione del contributo per il rilascio del permesso di costruire ex art. 16 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 deve essere effettuata secondo la normativa vigente alla data di emanazione del titolo edilizio, restando quindi insensibile a variazioni successive recate da determinazioni tariffarie di natura regolamentare.

Trattasi di statuizioni ormai pacifiche e consolidate nel panorama giurisprudenziale in relazione alla disciplina positiva di riferimento, a partire da quella istitutiva del contributo in questione (cfr. artt. 1, 3, 5, 6 e 11 della legge 28 gennaio 1977 n. 10) quale ora compendiata nel cit. art. 16 del d.P.R. n. 380/01.

Al riguardo è noto infatti che la legge n. 10/77:

-all’art. 1 stabiliva che “ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione delle opere è subordinata a concessione da parte del sindaco, ai sensi della presente legge”, soggiungendo, all’art. 3, che “la concessione comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”;

-all’art. 5 disponeva che “l'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria … è stabilita, ai fini del precedente articolo 3, con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce …”;

- all’art. 6 (nel testo sostituito dall’art. 7, co. 2, l. 24 dicembre 1993 n. 537) prevedeva che “il costo di costruzione di cui all'articolo 3 della presente legge per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell'art. 4 della L. 5 agosto 1978, n. 457” (comma 1), soggiungendo che “con gli stessi provvedimenti di cui al primo comma, le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l'edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione in misura non superiore al 50 per cento” (comma 2) e disponendo, altresì, che “nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali di cui al primo comma, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell'intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)” (comma 3); “il contributo afferente alla concessione comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione” (comma 4);

-al successivo art. 11 prevedeva poi che “la quota di contributo di cui al precedente articolo 5 è corrisposta al comune all'atto del rilascio della concessione. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune” (comma 1) e che “la quota di contributo di cui al precedente articolo 6 è determinata all'atto del rilascio della concessione ed è corrisposta in corso d'opera con le modalità e le garanzie stabilite dal comune e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione delle opere”.

In piena ed assoluta continuità (per la nota natura compilativa della nuova fonte) il vigente art. 16 del d.P.R. n. 380/01 ha riprodotto la suddetta disciplina in tutte le sue articolazioni, disponendo (rectius: ribadendo), per quanto qui interessa, che:

- “salvo quanto disposto dall'articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo” (comma 1);

- “la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune” (comma 2);

- “la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all'atto del rilascio, è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione” (comma 3);

- “l'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce…” (comma 4);

- “ogni cinque anni i comuni provvedono ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, in conformità alle relative disposizioni regionali, in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale” (comma 6);

- “il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell'articolo 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Con lo stesso provvedimento le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l'edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione in misura non superiore al 50 per cento. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell'intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Il contributo afferente al permesso di costruire comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione” (comma 9).

Alla stregua della suddetta disciplina positiva è quindi ius receptum in giurisprudenza che il contributo in questione (in relazione ad entrambe le sue componenti: oneri di urbanizzazione e costo di costruzione) deve essere stabilito facendo applicazione della normativa vigente alla data del rilascio del titolo edilizio, quale momento d’insorgenza dell’obbligazione contributiva (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1993 n. 1071; id. 13 luglio 1994 n. 752; id. 21 ottobre 1998 n. 1512; Sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5197), con speculare irretroattività (ex art. 11 disp. prel. al cod. civ.) degli atti comunali a carattere regolamentare recanti disposizioni tariffarie sopravvenute, ontologicamente destinate a valere solo per il futuro e non anche per gli interventi già assentiti (Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio 1996 n. 850; Sez. VI, 9 settembre 2008 n. 4301).

Donde la (scontata) illegittimità di eventuali deliberazioni comunali dispositive di “adeguamenti/aggiornamenti/revisioni periodiche” del contributo in questione in relazione a titoli edilizi già rilasciati.



2. - Diversa è però l’ipotesi della “revisione/rettifica” ex post del contributo dovuto per erronea determinazione della sua iniziale quantificazione.

Nella fattispecie decisa con la sentenza in esame, il Giudice di primo grado aveva infatti curato di precisare altresì che nel caso:

- la determinazione degli oneri al momento del rilascio del permesso di costruire era stata - a quanto risultava dagli atti di causa - correttamente determinata sulla base delle tabelle ratione temporis vigenti;

- la successiva richiesta di integrazione del contributo sarebbe risultata illegittima anche nell’ipotesi di una sua considerazione come conseguenza del potere di autotutela in quanto in concreto esercitata patentemente in violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, con ciò stesso implicitamente ammettendo l’astratta emendabilità del contributo di costruzione anche dopo il rilascio del permesso di costruire.

Anche sul punto sovviene quindi una piena adesione del Giudice di primo grado alla posizione giurisprudenziale dominante in ordine alla non definitività della determinazione del quantum dell’obbligazione contributiva a carico del privato, implicante la possibilità per l’amministrazione comunale che abbia erroneamente liquidato l’ammontare del contributo di richiedere successivamente, in via di autotutela, eventuali conguagli1.

Al riguardo, è infatti di risalente acquisizione il principio per cui il procedimento per il rilascio del titolo edilizio ed il procedimento di imposizione delle correlate obbligazioni contributive hanno natura distinta ed autonoma; di conseguenza, il potere del Comune di determinare l’ammontare del contributo dovuto non solo può esplicarsi successivamente al momento del rilascio del titolo edilizio, ma, anche nell’ipotesi in cui tale determinazione sia già avvenuta, può sempre essere esercitato per la revisione (in aumento) dell’ammontare del contributo dovuto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 1996 n. 426).

Più precisamente è stato da tempo (e nel tempo) affermato che “il comune, anche dopo il rilascio della concessione edilizia, ben può effettuare la rideterminazione dell’ammontare del contributo dovuto dal concessionario, in quanto tale potere [di revisione] è espressione del generale principio di autotutela e non è subordinato all’insorgenza o, comunque, alla conoscenza di fatti o elementi nuovi, che la p.a. non era stata in condizione di valutare, potendo essere legittimamente esercitato ogni qual volta la p.a. stessa si renda conto di essere incorsa in errore, per qualsiasi ragione, nella liquidazione o nel calcolo del contributo concessorio” (Cons. Stato, Sez. V, 06 maggio 1997 n. 458; id. 27 maggio 2014 n. 2717).

Tanto peraltro nell’assoluto rispetto della disciplina tariffaria vigente all’epoca del rilascio del titolo edilizio (cfr. TAR Sicilia Catania, Sez. I, 2 ottobre 2003 n. 1502) ed anche a prescindere da un’espressa riserva di riconteggio, sussistendo il credito indipendentemente dall’atto contabile che lo quantifica (cfr. TAR Veneto, Sez. II, 16 giugno 2011 n. 1042; TAR Puglia Lecce, Sez. III, 27 febbraio 2009 n. 372), in quanto, a sua volta di natura meramente ricognitiva di un credito preesistente, la cui determinazione ha contenuto vincolato sulla base di parametri generali predeterminati (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 giugno 2003 n. 3332; Sez. IV, 6 giugno 2008 n. 2686).

A completamento della ricostruzione di tale potere di revisione comunale è stato inoltre precisato che “poiché l’eventuale errore nella determinazione dei costi di costruzione e degli oneri di urbanizzazione configura un indebito oggettivo da parte dell’intestatario della concessione, la sola preclusione alla azionabilità del credito effettivamente dovuto è la prescrizione del diritto alla percezione degli oneri nel loro integrale ammontare” (cfr. TAR Veneto, Sez. II, 1 febbraio 2011 n. 181 e 189; id. 17 gennaio 2014 n. 50).

Risulta quindi confermato il diritto del Comune di pretendere, entro l’ordinario termine di prescrizione decennale, eventuali pagamenti integrativi rispetto al quantum “ab origine” effettivamente dovuto dal richiedente il titolo edilizio (al pari peraltro dello speculare diritto di quest’ultimo di richiedere, entro lo stesso termine, la restituzione di quanto eventualmente pagato in eccedenza); diritto del Comune che, in caso di pregressa erronea liquidazione, si risolve in un dovere per il dirigente/responsabile del competente ufficio comunale in funzione dell’integrale soddisfazione del credito erariale.

A tale ultimo riguardo è stato infatti esattamente osservato dallo stesso TAR Puglia Sezione di Lecce che il principio generale desumibile dall’art. 16 del T.U. n. 380/01 - ossia che la misura del contributo di costruzione va determinata al momento del rilascio del titolo edilizio - è suscettibile di eccezioni, e precisamente laddove il Comune competente dovesse errare nella relativa quantificazione: “Tale errore può derivare o da meri errori di calcolo o dall’omessa applicazione della normativa vigente ratione temporis. In queste ipotesi, in effetti, viene in evidenza il generale potere di autotutela della P.A., il quale impone agli enti pubblici di emendare dai vizi di legittimità i propri provvedimenti, quando ciò risponda ad un interesse pubblico (e fatta salva la sussistenza degli altri presupposti di cui all’art. 21-nonies della L. n. 241/1990). Nel caso di specie, essendo il contributo dovuto per il rilascio del permesso di costruire destinato a confluire nel bilancio del Comune ed essendo le relative somme utilizzabili per il perseguimento di fini istituzionali dell’ente, ne consegue che l’esatta determinazione del contributo stesso è un dovere del Comune” (TAR Puglia Lecce, Sez. III, 27 febbraio 2009 n. 372, confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 18/10/2010 n. 7565).



3. - Esclusa quindi l’applicabilità reatroattiva di “adeguamenti/aggiornamenti/revisioni periodiche” del contributo in questione (con conseguente illegittimità delle eventuali contrarie deliberazioni/determinazioni comunali), resta invece acclarata la doverosità di esercizio (assistita dall’immanente responsabilità contabile) dell’attività di autotutela in relazione agli “errori di calcolo” od “omessa applicazione della normativa vigente ratione temporis” da parte dei dirigenti/responsabili dei competenti uffici comunali.

In proposito è emblematica la vicenda relativa alla quantificazione del costo di costruzione in esito al passaggio dalla sua pregressa determinazione ministeriale (da ultimo con D.M. LL.PP. 20 giugno 1990, fissato in L. 250.000/mq per tutto il territorio nazionale) alla sua successiva ed attuale determinazione regionale.

Nella Regione Puglia è in concreto accaduto che, malgrado l’elevazione di tale costo di costruzione a € 594,00/mq con delibera di G.R. n. 449 del 4 aprile 2006, quale poi confermato con l’art. 2, co. 1, della L.R. 1 febbraio 2007 n. 1 ed ulteriormente elevato con le successive deliberazioni giuntali 26 novembre 2008 n. 2268, 3 novembre 2009 n. 2081 e 23 marzo 2010 n. 766, diversi Comuni hanno continuato a prescindere da tali determinazioni regionali (auto-operative), continuando ad applicare il precedente (inferiore) parametro di fonte ministeriale, più o meno aggiornato; con ciò stesso integrando evidentemente altrettante fattispecie di “errore di calcolo” per “omessa applicazione della normativa vigente ratione temporis” senz’altro emendabili con l’esercizio del potere/dovere di autotutela innanzi richiamato.

Ed infatti, chiamato ad occuparsi anche di tale specifica questione, lo stesso TAR Puglia Sezione di Lecce aveva già in precedenza reiteratamente affermato che il potere di determinazione del costo di costruzione affidato dall’art. 16, comma 9, del T.U. n. 380/01 alle Regioni2 nella Regione Puglia è stato compiutamente esercitato con la predetta deliberazione di G.R. n. 449/20063 direttamente applicabile fin dal momento della sua emanazione (cfr. sentenze nn. 372-373/2009, confermate da Cons. Stato, Sez. IV, con sentenze 18/10/2010 n. 7565 e n. 7564).

D’altro canto, l’obiezione in ordine alla presunta inapplicabilità del costo di costruzione determinato in sede regionale per mancato recepimento in apposito atto comunale era già stata, a sua volta, esattamente confutata dal TAR con la considerazione che ai sensi del medesimo art. 16 del d.P.R. n. 380/01 “ai Comuni spetta unicamente il compito di adeguare annualmente ed autonomamente il costo di costruzione, nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, in ragione dell’intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT)” (cfr. TAR Puglia Lecce, Sez. III, n. 2566/2008), non altro.

Né ancora assume rilievo, per il medesimo TAR, il mancato esercizio della prerogativa attribuita ai Comuni dall’art. 2, comma 2, della L.R. n. 1/20074 poiché tale normativa è chiara nell’attribuire ai Comuni una mera facoltà e non un obbligo (cfr. sent. ult. cit.).

Per l’effetto, dal mancato esercizio di detta facoltà da parte dei singoli Comuni discende la diretta e piena applicabilità del costo base stabilito dalla Regione ai fini della quantificazione del costo di costruzione correlato al rilascio dei permessi di costruire, con conseguente emendabilità - nell’ordinario termine di prescrizione decennale ex art. 2946 cod. civ. - delle eventuali difformi originarie determinazioni (cfr. TAR Puglia Lecce, Sez. III, 22 aprile 2010 n. 947).

Tanto a diretto beneficio della finanza comunale5 e ad oggettivo discarico della connessa responsabilità contabile dei funzionari preposti pro tempore6.



Avv. Tommaso MILLEFIORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 Posizione peraltro non unanime, dovendosi in questa sede dare atto dell’esistenza di altra posizione rimasta minoritaria sul carattere - invece - di definitività e sostanziale irretrattabilità dell’atto di liquidazione dell’obbligazione contributiva correlata al rilascio del permesso di costruire, con conseguente esclusione di qualsiasi possibilità di emendamento successivo da parte del Comune, neppure nell’esercizio del classico potere di autotutela in presenza di originari errori di calcolo rispetto alla disciplina tariffaria vigente ratione temporis (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia sez. giur. 2 marzo 2007 n. 64; id. 27 maggio 2008 n. 462; TAR Campania Salerno, Sez. II, 21 maggio 2009 n. 2464; id. 02 marzo 2010 n. 1553. Per la confutazione delle relative argomentazioni di base, cfr. TAR Veneto, Sez. II, 16 giugno 2011 n. 1042).

2 A differenza della determinazione degli oneri di urbanizzazione, affidata invece dallo stesso art. 16, comma 4, alla competenza congiunta e concorrente regionale e comunale.

3 Alla quale hanno fatto seguito i successivi aggiornamenti con le ulteriori deliberazioni giuntali innanzi richiamate.

4 Ai sensi del quale “I comuni hanno facoltà di applicare al costo base per l’edilizia agevolata, come determinato al comma 1, i ‘Criteri per il calcolo del contributo relativo al costo di costruzione’ di cui all’allegato A della presente legge, motivando adeguatamente le eventuali riduzioni o incrementi sia in relazione alle situazioni di bilancio comunale sia in relazione ai costi di costruzione effettivamente praticati in loco”.

5 Cfr. art. 2, comma, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 in ordine all’utilizzo dei proventi in questione.

6 Cfr. Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per l’Emilia-Romagna 31 maggio 2011 n. 265, nel cui dispositivo di condanna al risarcimento del funzionario responsabile in favore del Comune di appartenenza risultava expressis verbis dato atto della possibilità di “tenere conto in sede di esecuzione … di quanto eventualmente altrimenti recuperato dal predetto Comune, in via di autotutela ed a titolo di conguaglio, nei confronti dei beneficiari dei provvedimenti autorizzatori edilizi…”.