Il processo lottizzatorio, la prescrizione del reato e il recupero degli effetti mediante le varianti agli strumenti urbanistici.
(nota a Consiglio di Stato, n. 616 depositata il 10/2/2014)

di Massimo GRISANTI

La sentenza annotata (Pres. Numerico, Est. Sabatino, un Giudice che si segnala tra i migliori in assoluto in materia di governo del territorio), è di quelle che ti fanno riconciliare con la Giustizia Amministrativa, troppo spesso evidentemente tesa a difendere “a prescindere” le posizioni delle amministrazioni pubbliche o dei rilevanti operatori economici.

 

Statuisce il Giudice:

“… il quadro complessivo emergente dalla giurisprudenza è quello di una marcata attenzione alla funzione stessa degli standard urbanistici, intesi come indicatori minimi della qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di aree destinate alla fruizione collettiva) e come tali destinati a connettersi direttamente con le aspettative dei fruitori dell’area interessata. Il che comporta, come già notato dalle decisioni che precedono, come il criterio essenziale di valorizzazione e di decisione sulla congruità dello standard applicato sia quello della funzionalizzazione dello stesso al rispetto delle esigenze della popolazione stanziata sul territorio, che dovrà quindi essere posta in condizione di godere, concretamente e non virtualmente, del quantum di standard urbanistici garantiti dalla disciplina urbanistica.

La Sezione non può peraltro esimersi dal notare come la cogenza di questa stretta correlazione spaziale tra intervento edilizio e localizzazione dello standard, correlazione che connota il tema della qualità edilizia, assuma una valenza ancora più marcata nei casi in cui operino strumenti urbanistici informati al principio della perequazione. Infatti, la soluzione perequativa, che tende ad attenuare gli impatti discriminatori della pianificazione a zone, sia in funzione di un meno oneroso acquisto in favore della mano pubblica dei suoli da destinare a finalità collettive, sia per conseguire un’effettiva equità distributiva della rendita fondiaria, si fonda su una serie di strumenti operativi che, letti senza un congruo ancoraggio con le necessità concrete cui si riferiscono, favoriscono astrazioni concettuali pericolose. L’utilizzo di formule retoricamente allettanti (aree di decollo, aree di atterraggio, pertinenze indirette, trasferimenti di diritti volumetrici et similia) non deve fare dimenticare che lo scopo della disciplina urbanistica non è la massimizzazione dell’aggressione del territorio, ma la fruizione, privata o collettiva, delle aree in modo pur sempre coerente con le aspettative di vita della popolazione che ivi risiede.”.

 

La sentenza è da incorniciare – specie di questi tempi, caratterizzati da spinte politiche (docet!) espressione di interessati mondi affaristici, spesso fino ad oggi legate convenientemente ad ambienti pseudo-religiosi – in quanto tenta di rimettere al centro dell’utilizzazione del territorio (l’elemento cardine dello Stato) la costituzionalizzata funzione sociale della proprietà privata.

 

Ebbene, la sentenza mi offre lo spunto per fare il punto sulla lottizzazione dei suoli, affinché la sottrazione dei servizi sociali – ovverosia gli standards urbanistici, quali beni comuni, vero collante che può evitare la disgregazione dello Stato civile – venga adeguatamente osteggiata anche dal Giudice penale.

 

La lottizzazione dei suoli è sempre stata regolata dall’art. 28 della legge 1150/1942.

 

Mentre in origine la lottizzazione dei terreni ricompresi nel piano regolatore generale poteva avvenire anche prima dell’approvazione del piano particolareggiato purché il Comune ne rilasciasse apposita autorizzazione, all’indomani delle modifiche apportate dall’art. 8 della legge 765/1967 è diventata possibile unicamente se la regione rilascia il proprio nulla-osta e si esprima la soprintendenza bb.aa.

L’art. 28 prosegue nel prescrivere la sottoscrizione di una convenzione urbanistica, la quale deve contemplare, quale elemento indefettibile, tutta una serie di obblighi relativi alla cessione delle aree e alla realizzazione delle opere pubbliche.

 

Dall’attenta lettura della norma di principio si evince che la lottizzazione delle aree abbisogna della specifica autorizzazione solamente se avvenga in assenza del piano particolareggiato, al quale evidentemente è rimessa in via ordinaria la funzione lottizzatoria (ivi compresa la regolazione dell’attuazione attraverso l’adesione dei proprietari di terreni ricompresi nei comparti edificatori).

 

Da ciò ne consegue che la lottizzazione di iniziativa privata è un processo pianificatorio-esecutivo – di cui il piano urbanistico di dettaglio (c.d. piano di lottizzazione) ne è solamente un atto – che si perfeziona, dopo la stipula della convenzione, solamente con il rilascio dell’autorizzazione da parte della Giunta comunale (a cui il D. Lgs. 267/2000 demanda l’attuazione degli atti consiliari).

 

Peraltro, considerato che il legislatore statale ha espressamente consentito, mediante la redazione ed approvazione di specifiche varianti urbanistiche (art. 29 L. 47/1985), il recupero degli effetti dei soli insediamenti esistenti al 1° ottobre 1983, ne deriva che al di fuori del caso tassativamente contemplato dal legislatore non può aversi alcun valido strumento urbanistico a sanatoria che impedisca la confisca della lottizzazione abusiva.

 

Lo scrivente è quindi dell’avviso che al di fuori dei processi di lottizzazione abusiva recuperati ex art. 29 L. 47/85 non può esistere alcuna decorrenza del termine di prescrizione del reato se non a partire dal momento dell’acquisizione dei beni alla mano pubblica.

 

Del resto, riguardo alla prescrizione dei reati la Corte Costituzionale ha statuito nella sentenza n. 520/1987:

“… la natura permanente o istantanea del reato non può dipendere da esplicita ed apodittica qualificazione del legislatore, ma dalla sua naturale essenza, trattandosi di un carattere che inerisce alla qualità della condotta così come si presenta nella realtà. Il legislatore descrive la condotta che intende elevare ad oggetto della qualificazione, ma non la crea, perché essa ha una sua naturale struttura di cui il legislatore prende atto.

Se la lesione dell'interesse protetto è collegata ad una condotta perdurante nel tempo nella sua stessa tipicità, il reato ha carattere permanente; ma non perché tale lo voglia il legislatore, ma semplicemente perché - ad esempio l'aspetto tipico della condotta di sequestro di persona è necessariamente perdurante nel tempo per sua essenziale natura, e la consumazione non può cessare se non quando, per fatto del terzo o dello stesso reo, viene ad esaurirsi la situazione antigiuridica.

Ne consegue che, al contrario, se il legislatore azzardasse una definizione di permanenza o di istantaneità in contrasto con la natura e l'essenza del reato, proprio allora semmai potrebbe, in ipotesi, profilarsi una questione di legittimità costituzionale, nei confronti, però, di ben altri parametri.

In tale situazione, la definizione del carattere permanente o istantaneo del reato è affidata all'interpretazione dei giudici ordinari, e nulla impedisce che il Pretore ha già ritenuto in altre occasioni incontrando il consenso della Corte Suprema, sia libero di insistere nella sua interpretazione, nonostante il dissenso di recente verificatosi in alcune Sezioni del Supremo Collegio.”.

 

Pertanto, tenuto conto che la lottizzazione è un processo di più atti e comportamenti, finalizzato a far conseguire alla popolazione residente i servizi sociali, come può dirsi cessata la condotta antigiuridica fino a quando – per un insediamento – non vengono reperiti gli standards urbanistici e realizzate le relative opere pubbliche?

 

In ragione delle situazioni che ci attenderanno (figlie dei tempi di conflitto sociale che vivremo), ove assisteremo all’accaparramento delle risorse comuni, rivolgo l’invito ai Giudici penali a ben considerare la questione, a ricostruire nelle proprie sentenze la funzione del processo lottizzatorio ed a stabilire inequivoci principi di diritto relativi alla decorrenza dei termini di prescrizione del reato di lottizzazione abusiva e all’obbligatorietà della confisca.