Il termine massimo per ottenere il permesso a sanatoria
(Commento critico a TAR Toscana, sentenza n. 583 del 27/03/2014)

di Massimo GRISANTI

Con la sentenza in commento, riportata in appendice, il TAR Toscana (Pres. Nicolosi, Messina, Est. Gisondi) ha stabilito che la presentazione dell’istanza di permesso in sanatoria può essere fatta sino al momento dell’irrogazione della sanzione amministrativa della demolizione d’ufficio.

 

La decisione non è assolutamente condivisibile per due semplici motivi.

 

Riportiamo, innanzi tutto, cosa stabilisce l’art. 36 T.U.E., primo comma:

“1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.”.

 

E’ lapalissiano (perché espressamente scritto) che il termine massimo fissato dal legislatore è quello entro il quale l’interessato può conseguire il titolo a sanatoria e non quello per la presentazione dell’istanza; il riferimento al momento della presentazione della domanda è stato previsto dal legislatore unicamente per il requisito essenziale della cd. doppia conformità.

 

In secondo luogo, la sanzione acquisitiva del bene al patrimonio comunale è anch’essa una sanzione amministrativa che fa venire meno il sub-strato naturale (opere abusive) oggetto di domanda e che, se intervenuta prima della pronuncia del Comune sull’istanza fa venire meno i requisiti di legittimazione dell’istante.

 

L’istante è stato individuato dal legislatore non solo nel proprietario, ma anche nel responsabile dell’abuso perché può succedere che il primo sia all’oscuro dell’illecito e contro di esso non può essere disposta la sanzione acquisitiva (cfr. Corte Costituzionale, n. 345/1991).

 

Di talché della locuzione “… e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative” ne deve essere data un’interpretazione in linea con i principi stabiliti dalla Consulta.

 

In conclusione, ritengo che con la sentenza n. 583/2014 il TAR Toscana abbia innovato la legge per “via pretoria”, disattendendo finanche gli insegnamenti della Corte Costituzionale, mettendo, così, nel nulla gli effetti dell’automatica sanzione acquisitiva de iure.

 

________________________________________________________________________________

 

Scritto il 12 aprile 2014

 

APPENDICE

 

 

N. 00583/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01805/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 1805 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Società Figline Agriturismo S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Duccio Maria Traina e Marco Falsini, con domicilio eletto presso il primo in Firenze, via Lamarmora 14;

 

contro

 

Comune di Figline Valdarno in Persona del Sindaco Pro Tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Viciconte nel cui studio in Firenze, via Senese n. 12 è elettivamente domiciliato;

 

per l'annullamento

 

dell'ordinanza 21 settembre 2012, prot. n. 14616, cat. 10, cl. 12, fasc. 4, recante rigetto della domanda di permesso di costruire in sanatoria prot. 3346 del 28 febbraio 2012 (pratica n. 5/2012) e della richiesta di proroga dell'ordinanza n. 54/2011 prot. 4050 del 12 marzo 2012 e di ogni atto connesso e lesivo;

 

visti i motivi aggiunti depositati presso questo Tribunale il 03.04.2013 proposti per l'annullamento, previa sospensiva, dell'efficacia:

del provvedimento n. 2 del 24.01.2013, a firma del Responsabile del Settore Assetto del Territorio e Tutela dell'Ambiente, arch. Tavallay Bahman, notificato alla ricorrente lo 01.02.2013, recante "Verbale di accertamento ai sensi dell'art. 31, comma 3, D.P.R. 06/06/2001 n. 380 e art. 132 comma 3, L.R.T. 03.01.20015, n. 3 con individuazione degli immobili abusivi e dell'area di sedime da acquisire al patrimonio del Comune" e dei relativi allegati, in particolare:

i) del provvedimento prot. n. 14642 del 21.09.2012 recante "Verbale di accertamento ai sensi dell'art. 341, comma 3 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e art. 132, comma 3, L.R.T. 03.01.2005, n. 3 con individuazione degli immobili abusivi e dell'area di sedime da acquisire al patrimonio del Comune";

ii) il provvedimento prot. n. 3914/2011 del 27.02.2012 della Polizia Municipale di Figline Valdarno - Incisa Valdarno - Rignano sull'Arno recante "Verifica ottemperanza ordinanza n. 54 del 22.09.2011"; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorchè incognito alla ricorrente.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Figline Valdarno in Persona del Sindaco Pro Tempore;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

 

La Società Figline Agriturismo S.p.A., proprietaria del villaggio turistico “Norcenni Girasole Club” sito nel comune di Figline Valdarno, in data 23.3.2011 presentava una domanda di accertamento di conformità ex art. 140 comma 1 l. reg. 1/2005 per alcuni interventi abusivamente realizzati all’interno di tale villaggio turistico, consistenti in n. 46 piazzole dotate di sovrastanti moduli “case mobili” aventi destinazione turistico/ricettiva e delle relative opere di urbanizzazione primaria, spazi di sosta e di parcheggio, illuminazione, rete idrica, fognature, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas.

L’Amministrazione rigettava tale domanda con provvedimento prot. 16936 A 20.9.2011 per contrasto con l’art. 27, e. 3, delle NTA del RU, che classificava l’area de qua a pericolosità geomorfologica di tipo 4 (pericolosità molto elevata).

Veniva conseguentemente emanata l’ordinanza di demolizione n. 54 del 22.9.2011, nella quale si assegnava termine di 90 giorni per rimuovere le “opere abusive” sotto comminatoria di acquisizione al patrimonio comunale delle stesse.

A seguito dell’adozione da parte del Consiglio comunale, in data 31.1.2012, della variante al R.U. per l’abbassamento della pericolosità geomorfologica dell’area de qua la ricorrente presentava al Comune una nuova istanza di accertamento di conformità.

In data 2.4.2012 la ricorrente chiedeva, inoltre, una proroga dei termini per provvedere al ripristino atteso che per dare esecuzione all’ordinanza sarebbe stato necessario rimuovere le case mobili con l’ausilio di macchinari di notevoli dimensioni il cui accesso al cantiere sarebbe stato possibile solo al termine delle opere di sistemazione a messa in sicurezza dell’argine e delle sponde del torrente Ponte Rosso imposte dalla Provincia di Firenze.

Con il provvedimento impugnato il Comune di Figline Valdarno ha, tuttavia, respinto sia la nuova istanza di accertamento di conformità che quella di proroga.

Con successivo provvedimento del 24 gennaio 2013 il predetto comune ha altresì redatto il verbale di accertamento della inottemperanza alla ordinanza di demolizione in data 22 settembre 2011 con individuazione degli immobili abusivi e dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale

I predetti atti sono stati impugnati dalla Figline Agriturismo con ricorsoprincipale e con successivo ricorso per motivi aggiunti.

La ricorrente, non avendo completato le operazioni di ripristino entro il termine di 90 giorni previsto nella prima ordinanza di demolizione del 22 settembre 2011, contesta che il decorso di tale termine abbia prodotto un automatico effetto acquisitivo al patrimonio comunale dell’area di sedime ove poggiavano le strutture abusivamente realizzate e di quella costituente pertinenza urbanistica.

Tale tesi viene fondata su una serie di concorrenti affermazioni.

In primo luogo la Società Figline Agriturismo sostiene che a seguito del rigetto della istanza di accertamento di conformità in data 31 gennaio 2012 l’Amministrazione avrebbe dovuto adottare una nuova ordinanza di demolizione con la conseguente previsione di un ulteriore termine di 90 giorni per la rimozione delle opere abusive.

Il Comune ha, invece, ritenuto di non dover emettere un nuovo ordine di demolizione sulla base dell’errato presupposto secondo cui l’istanza di sanatoria presentata il 31/1/2012 sarebbe inammissibile in quanto meramente riproduttiva della precedente istanza presentata in data 22 marzo 2011.

In realtà la predetta istanza si fondava su motivi diversi rispetto alla precedente consistenti nel mutato e più favorevole assetto urbanisticodell’area non più inclusa dal R.U. adottato fra quelle ad alta pericolosità idrogeologica.

Il Comune avrebbe, inoltre, ravvisato un motivo di inammissibilità della istanza di accertamento di conformità del 31/1/2012 nel fatto che essa sarebbe intervenuta dopo il novantesimo giorno dalla notifica della ordinanza di demolizione del 22/09/2011 quando – sempre a dire dell’Ente - l’effetto acquisitivo delle aree di sedime delle opere abusive si sarebbe oramai irreversibilmente realizzato.

Anche tale assunto sarebbe, tuttavia, errato atteso che ai sensi l’art. 36 del D.P.R. 380 del 2001 ammetterebbe la presentazione della istanza di sanatoria fino alla “irrogazione delle sanzioni amministrative” e, cioè, fino a quando non si proceda alla emissione e notifica del verbale di accertamento della inottemperanza; inoltre, nel caso di specie, l’inottemperanza alla ordinanza del 22/09/2011 non avrebbe potuto produrre alcun effetto acquisitivo automatico delle aree interessate dall’abuso, mancando nel predetto provvedimento ogni indicazione relativa alle superfici da acquisire.

La ricorrente si duole, poi, della apoditticità della motivazione con cui Comune ha rigettato la sua istanza di proroga la quale si baserebbe esclusivamente sulla considerazione della assoluta non interferenza dei lavori di messa in pristino con quelli di sistemazione delle sponde del torrente, considerazione che contrasterebbe contro l’evidenza dei fatti dal momento che la gru necessaria per rimuovere le “case mobili” avrebbe dovuto attraversare con il suo braccio la adiacente area di cantiere.

Afferma ancora la ricorrente che gli ostacoli metereologici alla esecuzionedei lavori di ripristino sarebbero stati evidenziati dagli stessi bollettini prodotti dal Comune dai quali emergerebbe che durante i tre mesi successivi alla adozione della ordinanza vi sarebbero state condizioni di maltempo per ben quaranta giorni.

La Società Figline Agriturismo asserisce ancora di aver dato sostanziale esecuzione all’ordine di demolizione rimuovendo tutti gli allacciamenti di rete che collegavano le strutture ricettive mobili ai servizi di acquedotto e fognatura rendendole in tal modo semplici manufatti inservibili, appoggiati al suolo a titolo precario in attesa della loro asportazione in altro luogo.

La ricorrente lamenta poi di non essere stata posta in grado di interloquire con l’amministrazione con riguardo alla individuazione dell’area urbanisticamente pertinenziale a quella di sedime che sarebbe stata effettuata dal Comune solamente nel provvedimento finale di accertamento della inottemperanza.

Le censure della Società Figline Agriturismo si appuntano, infine, anche sulle dimensioni dell’area che il Comune avrebbe dichiarato di voler acquisire le quali eccederebbero la quantità di superficie necessaria per la realizzazione delle costruzioni abusive in base agli indici edilizi del r.u. e comprenderebbero anche i terreni necessari per l’accesso ai fondi acquisiti sui quali, invece, avrebbe potuto essere costituita una semplice servitù di passo.

Si è costituito il Comune di Figline Valdarno per resistere al ricorso.

All'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014, relatore il dott. Raffaello Gisondi, uditi per le parti i difensori E. Belli delegata da D.M. Traina e B. Borgiotti delegata da G. Viciconte, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

 

Il Comune ha eccepito “l’improcedibilità” del gravame in quanto rivolto ad impugnare un atto basato su motivazioni identiche a quelle già poste alla base del rigetto della prima istanza di sanatoria.

L’eccezione non ha pregio.

La giurisprudenza riconosce natura meramente confermativa agli atti che richiamano, ricordandone il contenuto, precedenti provvedimenti senza che l'Amministrazione abbia proceduto ad alcuna nuova istruttoria e senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto in precedenza già considerati (Consiglio di Stato sez. IV, 17 settembre 2013 n. 4602).

Nel caso di specie la Società ricorrente ha fondato la sua nuova istanza di sanatoria su un fatto sopravvenuto rispetto al rigetto di quella precedente, ossia l’adozione di una variante al r.u. che ha modificato il regime urbanistico dell’area sulla quale è stato realizzato l’abuso consentendo la tipologia di interventi che in precedenza erano stati ritenuti non assentibili.

L’Amministrazione ha preso in considerazione tale nuova prospettazione ma non l’ha ritenuta idonea a supportare l’accoglimento della istanza in mancanza del requisito della “doppia conformità” prevista dall’art. 36 del D.P.R. 380 del 2001.

Essendovi stato, quindi, un esame della domanda e una pronuncia sui fatti nuovi da essa prospettati deve escludersi che il provvedimento impugnato abbia natura meramente confermativa.

Sotto diverso profilo il Comune asserisce che l’impugnato atto di diniego non avrebbe esaminato il merito della nuova istanza di sanatoria ma si sarebbe limitato ad evidenziarne l’”inammissibilità”.

Questa deriverebbe innanzitutto dalla mancanza di “serietà” della domanda di accertamento di conformità in quanto fondata su un fatto (la sopravvenuta modifica del regolamento urbanistico) che già “in astratto” non sarebbe stato idoneo a giustificarne l’accoglimento essendo sanabili solo gli abusi per i quali sussiste il requisito della la doppia conformità.

Una seconda ragione di inammissibilità della istanza di sanatoria del 31/1/2012 risiederebbe nella sua tardività, in quanto essa sarebbe stata presentata successivamente alla acquisizione dell’area sulla quale è stato realizzato l’abuso al patrimonio comunale avvenuta per effetto del protrarsi della inottemperanza all’ordine di demolizione del 22/09/2011 oltre il 90° giorno dalla sua notificazione.

Le predette prospettazioni difensive non sono condivise dal Collegio.

La nuova istanza di sanatoria presentata dalla Società Figline Agriturismo non avrebbe potuto, infatti, essere considerata inammissibile.

Vero è che l’art. 36 del D.P.R. subordina l’accoglimento della istanza di sanatoria al requisito della doppia conformità, tuttavia una parte (seppur minoritaria) della giurisprudenza ritiene che il sopravvenuto mutamento del regime urbanistico dell’area possa dar luogo alla cd. “sanatoria giurisprudenziale” i cui presupposti risiedono nell'esigenza di non imporre la demolizione di un'opera abusiva che, in quanto conforme alla disciplina urbanistica in atto, dovrebbe essere successivamente autorizzata su semplice presentazione di istanza di rilascio in tal modo evitando uno spreco di attività inutili, sia per l'Amministrazione, che per il privato autore dell'abuso (Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6498; Tar Lombardia - Brescia 18 settembre 2002, n.1178).

Non è corretto, pertanto affermare che la seconda istanza di sanatoria presentata dalla Società ricorrente fosse fondata su presupposti stravaganti o, comunque, non seri. Si trattava, invece, di una istanza pienamente ammissibile sui cui il Comune aveva il dovere di pronunciarsi (così come poi ha fatto) anche solo per ribadire – nel merito - il suo ossequio all’orientamento prevalente che ritiene sanabili solo le opere abusive connotate dalla “doppia conformità”.

Nemmeno merita condivisione l’assunto per cui la domanda di sanatoria del 31/01/2012 sarebbe stata presentata fuori termine.

L’art. 140 comma 1 della l.r.t. 1/2005 consente la presentazione della istanza di accertamento di conformità anche oltre il perfezionarsi della vicenda acquisitiva per effetto della inutile scadenza del termine di 90 giorni fissato nell’ordine di demolizione di cui all’art. 132 comma 3, prevedendo che la predetta domanda possa essere inoltrata fino a quando non siano decorsi i termini per la demolizione d’ufficio dell’opera acquisita fissati nell’ordinanza di cui all’art. 132, comma 5.

Questa Sezione con la sentenza n. 596 del 2013 aveva ritenuto che, ai fini della presentazione della domanda di sanatoria, fra il termine previsto nell’ordine di demolizione di cui all’art. 132 comma 3 e quello previsto nell’ordinanza di demolizione d’ufficio di cui al comma 5 del medesimo articolo vi fosse soluzione di continuità, nel senso che dopo la scadenza del primo al privato la predetta facoltà restasse preclusa, salvo che l’Ente avesse, poi, deciso di non ritenere l’opera abusivamente realizzata destinandola alla demolizione (questa volta d’ufficio).

Tale lettura non è stata, tuttavia, condivisa dalla VI Sezione del Consiglio di Stato che con la sentenza n. 5317 del 2013 ha, invece, affermato che fra la scadenza del termine di 90 giorni fissato nell’ordine di demolizione di cui all’art 132 comma 3 e quello previsto nell’ordinanza di demolizione d’ufficio di cui al quinto comma della medesima norma non vi sia soluzione di continuità, con la conseguenza che l’istanza potrebbe essere presentata anche prima della concreta adozione del provvedimento di cui all’art. 132, comma 5, L.R. n. 1/2005.

Il Collegio ritiene di far proprio l’indirizzo del giudice d’appello.

La tesi meno restrittiva appare, infatti, più aderente a quanto in sede nazionale dispone l’art. 36 del D.P.R. 380 del 2001 il quale, al pari della omologa norma regionale, non sembra attribuire natura ultimativa alla scadenza del termine di cui agli articoli 31, comma 3, consentendo che la domanda di sanatoria possa essere presentata anche successivamente “fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative” consistenti nei provvedimenti consequenziali al suo inutile decorso (T.A.R. Torino Piemonte sez. I, 13 settembre 2007 n. 2927).

Peraltro, la presentazione della istanza anche dopo la scadenza del termine di cui all’art. 31 comma 3 del DPR 380 del 2001 deve essere a fortiori consentita allorché, come è avvenuto nel caso di specie, l’effetto acquisitivo delle opere abusive e delle relative aree pertinenziali non si sia prodotto a causa della mancata indicazione dell’ordine di demolizione delle aree che ne avrebbero dovuto formare oggetto.

Invero, il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale può essere considerato come atto meramente ricognitivo di un effetto maturato ex lege solo nel caso in cui l'esatta individuazione dell'area di sedime risulti preventivamente effettuata da parte del Comune in sede di ordinanza di demolizione.

In caso contrario il predetto effetto non può prodursi mancando l’elemento essenziale dell’oggetto della acquisizione la cui individuazione viene rinviata all'ordinanza di acquisizione al patrimonio comunale che viene in tal modo ad assumere natura costitutiva (T.A.R. Bari Puglia sez. III 16 settembre 2013 n. 1325).

Nelle ipotesi sopra menzionate non vi è ragione di inibire nelle more della ordinanza di acquisizione la presentazione della istanza di accertamento di conformità, posto che gli effetti consequenziali alla mancata ottemperanza della ordinanza di demolizione non si sono ancora prodotti né a livello giuridico né a livello pratico con l’immissione nel possesso.

Non essendovi ragioni per dichiarare inammissibile la nuova istanza di sanatoria presentata dalla Società ricorrente in data 31/01/2012 si deve ritenere che il diniego ad essa opposto dal Comune di Figline Valdarno si sia fondato su ragioni attinenti al merito della stessa.

Ne consegue che, in ossequio ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, al provvedimento negativo avrebbe dovuto far seguito un nuovo ordine di demolizione essendo il precedente divenuto inefficace (Consiglio di Stato sez. IV, 21 ottobre 2013 n. 5090).

L’Amministrazione non avrebbe, quindi potuto, dichiarare acquisita l’area di sedime delle opere abusive al patrimonio comunale per effetto della scadenza del termine previsto in un’ordinanza di demolizione che, oramai, aveva perduto efficacia.

Il ricorso deve essere, perciò, accolto, restando assorbiti tutti gli altri motivi di ricorso.

L’assorbimento si giustifica in quanto, qualora le opere abusive siano state effettivamente rimosse, come affermato nell’atto di motivi aggiunti a pag. 14 (e non contestato dalla Amministrazione resistente) resterebbe radicalmente preclusa al Comune la rinnovazione dell’atto di acquisizione al patrimonio comunale delle aree interessate dall’abuso edilizio.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite data la complessità delle questioni controverse.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il diniego di sanatoria impugnato con ricorso principale nella parte in cui ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata in data 31/1/2012 e annulla il provvedimento impugnato con ricorso per motivi aggiunti.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente

Rosalia Messina, Consigliere

Raffaello Gisondi, Primo Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)