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T.a.r. Lazio Sez. II-bis sent.5370 del 28 giugno 2005

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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Seconda bis ,  ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

N.   8488 Reg. Gen.

 ANNO   1998

sui ricorsi riuniti nn. 8488/1998 e 349/1999 proposti da  JACONELLI CONTI Maria, rappresentata e difesa dall'Avv. Pasquale di Rienzo ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello  stesso, sito in Roma, alla Via Mordini n. 14;

contro

-  il Comune di Sacrofano, in persona del Sindaco p.t., non costitutitosi in giudizio;

per l’annullamento previa sospensiva

A) quanto al ricorso rg. n. 8488/1998:

- del provvedimento dell’U.T.C. del Comune di Sacrofano prot. n. 3710 del 17.4.1998, con il quale è stata respinta l’istanza di rilascio di una seconda concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale;

B) quanto al ricorso rg. n. 349/1999:

- del provvedimento dell’U.T.C. del Comune di Sacrofano prot. n. 10466 del 5.11.1998, con il quale è stata respinta nuovamente l’istanza di rilascio di una seconda concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ed in particolare la nota prot. n. 3710 del 17.4.1998;

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti di causa;

Designato relatore alla pubblica udienza del 26.5.2005 il Primo Referendario Maria Cristina Quiligotti, ed uditi gli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio;

FATTO

Con il ricorso sub A), notificato in data 22.6.1998 e depositato in data 2.7.1998, la ricorrente ha impugnato il provvedimento dell’U.T.C. del Comune di Sacrofano prot. n. 3710 del 17.4.1998, con il quale è stata respinta l’istanza di rilascio di una seconda concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova, in quanto non assentibile per il contrasto con le norme di salvaguardia previste dall’art. 8 della L.R. n. 29/1997 “ Norme in materia di aree naturali protette”, essendo i lavori iniziati non regolarmente come da sopralluogo dell’U.T.C..

Ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per incompetenza e violazione e falsa applicazione dell’art. 51 della L. n. 142/1990 ( primo motivo), atteso che il provvedimento è stato adottato dal dirigente dell’ufficio tecnico del Comune e non invece dal Sindaco o dall’Assessore comunale a ciò appositamente delegato nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 3, lett. O ( punto 1) della L.R. n. 29/1997, dell’art. 4 della L. n. 10/1977 e dell’art. 1 della L. n. 241/1990 e per eccesso di potere per difetto dei presupposti ( secondo motivo), in quanto, ai sensi dell’art. 8, co. 3, della L.R. n. 29/1997, “ 3. All'interno delle zone A previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), delle aree naturali protette individuate dal piano regionale, sono vietati: … omissis …  q) la realizzazione di nuovi edifici all'interno delle zone territoriali omogenee E) previste dall'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97, in cui sono comunque consentiti: 1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge;”, mentre nel caso di specie, risulterebbe agli atti che i lavori inerenti la costruzione dei due edifici in questione sarebbero regolarmente stati iniziati, in esecuzione della rilasciata concessione edilizia del 26.3.1994, come da comunicazione di inizio dei lavori di cui alla nota prot. n. 6799 del 5.10.1994 ( pur essendo stati successivamente interrotti a causa di gravi motivi di salute della ricorrente); inoltre, il Comune di Sacrofano non avrebbe mai adottato il provvedimento di decadenza dalla concessione edilizia ai sensi dell’art. 4, co. 4, della L. n. 10/1997, per il mancato inizio dei lavori entro l’anno dal rilascio della concessione, con conseguente difetto di idonea motivazione in seno al provvedimento impugnato, atteso che dagli atti emergerebbe, anzi, la contraria circostanza dell’intervenuto inizio dei detti lavori e della loro successiva interruzione.

Infine la ricorrente fa espressamente riserva di proposizione di motivi aggiunti avverso il verbale di sopralluogo citato nel provvedimento impugnato del quale chiede al Collegio di disporne la acquisizione in via istruttoria.

Con memoria del 12.5.2005 la ricorrente ha più approfonditamente ribadito le proprie tesi difensive.

Il Comune, sebbene regolarmente evocato in giudizio, non si è costituito.

Con il ricorso sub B), notificato il 28.12.1998 e depositato l’11.1.1999, la ricorrente ha impugnato il provvedimento dell’U.T.C. del Comune di Sacrofano prot. n. 10466 del 5.11.1998, con il quale, in riscontro alla richiesta di riesame, presentata in data 17.10.1998, del rigetto della prima istanza di medesimo contenuto, è stato ribadito il rigetto dell’istanza di rilascio di una seconda concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova, atteso che dal sopralluogo dell’UTC del Comune di Sacrofano del 27.2.1998 emergeva come, sul terreno oggetto della concessione edilizia, i lavori iniziati consistevano esclusivamente in modesti sbancamenti oramai ricoperti di acqua e vegetazione, opere che, per giurisprudenza consolidata sul punto, non configurano l’inizio dei lavori ai fini di cui all’art. 8 della L.R. n. 29/1997 e che, comunque, risultano irrilevanti, ai fini urbanistici, le motivazioni inerenti allo stato di salute della ricorrente nel periodo ricompreso tra la comunicazione di avvio di lavori in data 20.10.1994 e la data di richiesta della nuova concessione edilizia il 5.3.1998. 

Ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 4 della L. n. 10/1977 e dei principi generali nella materia ( primo motivo), atteso che il Comune ha omesso di adottare il provvedimento di decadenza dalla concessione edilizia ai sensi della citata norma, che, sebbene abbia natura dichiarativa, necessita dell’apposito provvedimento e non ha considerato che la ricorrente, nella vigenza dell’originaria concessione edilizia, aveva presentato in data 15.3.1997, istanza di proroga della stessa, istanza che, tuttavia, è rimasta priva di riscontro da parte del Comune e per violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 3, lett. O ( punto 1) della L.R. n. 29/1997, dell’art. 4 della L. n. 10/1977 e dell’art. 1 della L. n. 241/1990 e per eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria ( secondo motivo), in quanto, ai sensi dell’art. 8, co. 3, della L.R. n. 29/1997, “ 3. All'interno delle zone A previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), delle aree naturali protette individuate dal piano regionale, sono vietati:   omissis   q) la realizzazione di nuovi edifici all'interno delle zone territoriali omogenee E) previste dall'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97, in cui sono comunque consentiti: 1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge;”, mentre nel caso di specie, risulterebbe agli atti che i lavori inerenti la costruzione dei due edifici in questione sarebbero regolarmente stati iniziati, in esecuzione della rilasciata concessione edilizia del 26.3.1994, come da comunicazione di inizio dei lavori di cui alla nota prot. n. 6799 del 5.10.1994 ( pur essendo stati successivamente interrotti a causa di gravi motivi di salute della ricorrente).

Con O.P.I. n. 10/2005 del 10.1.2005 è stato ordinato al Comune il deposito di copia del verbale di sopralluogo del 27.2.1998, della domanda di proroga della concessione edilizia n. 7/1994 di cui alla nota prot. n. 3222 del 15.3.1997 nonché di ogni altro documento utile ai fini delle decisione.

La ricorrente, con memoria del 12.5.2005, ha rilevato l’inesecuzione dell’O.P.I. di cui sopra da parte del Comune, ha chiesto che venissero applicate le disposizioni di cui all’art. 116 c.p.c. ed ha ribadito i profili di censura di cui al ricorso.

Alla pubblica udienza del 26.5.2005, il ricorso è stato preso in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

In via preliminare, attesa la evidente connessione soggettiva ed oggettiva dei ricorsi in esame, se ne dispone la riunione ai fini della trattazione congiunta e della riunione con unica sentenza.

Con il primo motivo di censura di cui al ricorso sub A) ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per incompetenza e violazione e falsa applicazione dell’art. 51 della L. n. 142/1990, atteso che il provvedimento è stato adottato dal dirigente dell’ufficio tecnico del Comune e non invece dal Sindaco o dall’Assessore comunale a ciò appositamente delegato

Detto motivo è infondato, atteso che, per consolidata giurisprudenza sul punto, a norma dell'art. 51, comma 3, della L. 8 giugno 1990 n. 142, nel testo novellato dall'art. 6 l. 15 maggio 1997 n. 127 (vigente all'epoca ed oggi confluito nel d.lg. 18 agosto 2000 n. 267), rientra nella competenza del dirigente o, nei comuni sprovvisti di detta qualifica, dei responsabili degli uffici e dei servizi, e non del sindaco, il rilascio sia di provvedimenti concessori in materia edilizia, ivi comprese le concessioni edilizie in sanatoria, sia di provvedimenti di diniego, trattandosi di atti che ineriscono all'attività di gestione del comune.

Con il secondo motivo di censura di cui al ricorso sub A) e con il primo ed il secondo motivo di censura di cui al ricorso sub B), la ricorrente ha sostenuto che la concessione edilizia originariamente rilasciata non era decaduta per inutile decorso del termine di un anno senza inizio dei lavori sia perché i lavori erano, invece, iniziati sia perché, comunque, la decadenza non era stata dichiarata tempestivamente ed espressamente da parte del Comune; ha ulteriormente dedotto di avere presentato in data 15.3.1997 istanza di proroga della concessione edilizia rilasciatagli, che sarebbe, tuttavia, rimasta priva di riscontro da parte dell’amministrazione comunale.

Si premette che, in caso di reiterazione della domanda di concessione edilizia, quando quella precedentemente rilasciata sia decaduta per mancato inizio dei lavori, non ci si trova in presenza di provvedimenti meramente confermativi o di proroga della concessione già rilasciata ma di una nuova concessione, il cui rilascio è subordinato all'adempimento degli obblighi relativi.

Ne consegue la non rilevanza dell’argomentazione di cui da ultimo della difesa della ricorrente, secondo cui la richiesta di rilascio della seconda concessione edilizia, in realtà nella sostanza, andava interpretata da parte del Comune come istanza di proroga del termine della concessione edilizia già rilasciata, reiterativi della precedente istanza, tempestivamente presentata nelle more di decorrenza del termine annuale di inizio di lavori di costruzione in data 15.3.1997.

Ed infatti una volta ritenuta la sostanziale decadenza della predetta concessione edilizia, correttamente il Comune ha valutato la nuova istanza alla stregua di quanto emergeva dal suo dato testuale, ossia di richiesta di rilascio di una nuova concessione edilizia del medesimo contenuto.

L’art. 4 della L. n. 10/1977 dispone, infatti, testualmente che “ Nell'atto di concessione sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.

Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno; il termine di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere abitabile o agibile, non può essere superiore a tre anni e può essere prorogato, con provvedimento motivato, solo per fatti estranei alla volontà del concessionario, che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la loro esecuzione. Un periodo più lungo per l'ultimazione dei lavori può essere concesso esclusivamente in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive; ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.

Qualora i lavori non siano ultimati nel termine stabilito, il concessionario deve presentare istanza diretta ad ottenere una nuova concessione; in tal caso la nuova concessione concerne la parte non ultimata.”.

La decadenza dalla concessione edilizia per mancato inizio dei lavori nel termine prefissato, a norma dell'art. 4 della L. 28 gennaio 1977 n. 10, è un istituto giuridico fondato sull'elemento oggettivo del decorso del tempo e,  ai sensi dell'art. 4, 4º comma, della L. 28 gennaio 1977 n. 10, i predetti termini indicati nell'atto sono intesi a dare certezza temporale all'attività edificatoria; detto istituto è rivolto, previo accertamento dello stato dell'attività costruttiva alla scadenza del termine suddetto, solo a dare certezza di una situazione già prodottasi al verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge ( T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 29 aprile 2004, n. 7513).

Il termine per l'inizio dell'attività edificatoria non è suscettibile nè di sospensione nè di interruzione e non è, pertanto, prorogabile; se, infatti, scaduto il termine di validità del titolo autorizzatorio, l'attività di trasformazione edilizia non è ancora iniziata, prevale l'esigenza di consentire, nel preminente interesse pubblico, la rivalutazione della perdurante conformità dell'intervento assentito alla vigente normativa urbanistica, esigenza, che, invece, nell'ottica del legislatore, si attenua in presenza di un'attività edilizia già iniziata, benché non terminata per fatti indipendenti dalla volontà del costruttore ( T.A.R. Sardegna, 6 agosto 2003, n. 1001).

Ne consegue, ai fini che interessano, la assoluta irrilevanza dello stato di salute della ricorrente, quale manifestatosi successivamente al presunto inizio dei detti lavori di realizzazione degli edifici e ritenuto causa della predetta interruzione, indipendentemente dalla circostanza che il predetto stato sia  stato previamente portato a conoscenza dell’amministrazione comunale interessata con l’istanza di proroga della concessione e non invece dedotto, esclusivamente, in un momento successivo, in sede di richiesta di riesame del rigetto di rilascio della nuova concessione edilizia.

Ed infatti, alla luce della citata interpretazione oggettiva del suddetto termine di inizio lavori, la proroga dello stesso non sarebbe giuridicamente configurabile per alcun motivo, neppure quello inerente allo stato di salute del titola del titolo edificatorio.

Peraltro la ricorrente, considerata l’inerzia del Comune nel riscontrare la predetta istanza di proroga, presentata nelle more di decorrenza del termine annuale di inizio dei lavori ( che si evidenzia non essere stata depositata nemmeno in copia nel presente giudizio né a cura della ricorrente, direttamente interessata, né a cura del Comune, che è rimasto, nella sostanza, assolutamente  inottemperante all’O.P.I. n. 10/2005), avrebbe dovuto tempestivamente, e nei modi di legge, attivarsi contro la predetta inerzia, ai fini di fare valere, eventualmente, le proprie ragioni al riguardo nei confronti dell’amministrazione comunale. 

Ciò premesso, deve rilevarsi che l'orientamento giurisprudenziale sulla necessità di un espresso provvedimento di decadenza non è costante.

Ed infatti una parte della giurisprudenza ritiene che la decadenza della concessione edilizia per mancato inizio ed ultimazione dei lavori non sia automatica e, pertanto, tale decadenza debba essere necessariamente dichiarata con apposito provvedimento, nei cui riguardi il privato non vanta che una posizione giuridica di interesse legittimo, sicché non è configurabile nella specie un giudizio d'accertamento ( T.A.R. Abruzzo Pescara, 28 giugno 2002, n. 595) e che, pertanto, affinché la concessione edilizia perda, per decadenza , la propria efficacia occorre un atto formale dell'amministrazione che renda operanti gli effetti della decadenza accertata ( Consiglio Stato, sez. V, 26 giugno 2000, n. 3612).

La decadenza avrebbe, pertanto, dovuto formare oggetto di un apposito provvedimento sindacale, che ne avesse accertato i presupposti rendendone operanti gli effetti, come richiesto per tutti i casi di decadenza di concessioni edilizie (Cfr. da ultimo V, 15.6.1998, n. 834), considerato che la perdita di efficacia della concessione è subordinata all'esplicazione di una potestà provvedimentale.

Il Collegio, in tale situazione, in aderenza all’orientamento che appare prevalente nella materia da ultimo, ritiene che debba farsi riferimento invece alla lettera della legge, la quale fa dipendere la decadenza, non da un atto amministrativo, costitutivo o dichiarativo, ma dal semplice fatto dell'inutile decorso del tempo.

Diversamente opinando, infatti, si farebbe dipendere la decadenza non solo da un comportamento dei titolari della concessione ma anche della Pubblica Amministrazione, ai fini dell’accertamento con apposito atto amministrativa dell’intervenuta decadenza della concessione edilizia per l’inutile scadenza del termine di inizio lavori, con probabili disparità di trattamento tra situazioni che nella sostanza si presentano identiche sul punto che interessa.

La decadenza della concessione edilizia per mancata osservanza del termine di inizio dei lavori, pertanto, opera di diritto, con la conseguenza che il provvedimento, ove adottato, ha carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi "ex se" con l'inutile decorso del termine. Segue da ciò che: a) l'eventuale provvedimento di decadenza è sufficientemente motivato con richiamo al termine ultimo previsto per l'inizio dei lavori, senza che sia necessaria una comparazione tra l'interesse del privato e quello pubblico, essendo quest'ultimo "ope legis" prevalente sul primo; b) non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, essendo la decadenza un effetto "ipso iure" del mancato inizio dei lavori e non residuando all'amministrazione alcun margine per valutazioni di ordine discrezionale ( T.A.R. Basilicata, 23 maggio 2003, n. 471).

La decadenza della concessione edilizia si determina, pertanto, anche in assenza di un'espressa dichiarazione da parte dell’amministrazione competente.

Ai fini della verifica dell’effettivo inizio dei suddetti lavori nei termini di legge di cui sopra, in punto di fatto, non può che prendersi dal contenuto essenziale del verbale di sopralluogo dell’U.T.C. del 27.2.1998, che, sebbene non depositato in copia agli atti del giudizio, nonostante apposita O.P.I. al riguardo, tuttavia è stato riportato, nella sua parte motivazionale, nel testo del provvedimento di cui al prot. n. 10466 del 5.11.1998, impugnato con il ricorso sub B),  rileva la consistenza dei lavori effettuati quali “ modesti sbancamenti di terreno oramai ricoperti di acqua e vegetazione”;

Si ricorda, infatti, come tale attestazione debba considerarsi veridica fino a prova contraria, prova che la ricorrente non è riuscita a fornire nel presente giudizio.

Ed infatti anche dall’elencazione dei lavori effettuati, come riportati nella richiesta di riesame, dette opere consistono in “ picchettatura del terreno interessato dalla costruzione, livellamento del medesimo terreno al livello delle fondazioni, creazione degli scavi per il getto dei plinti di fondazione di entrambi gli assentiti edifici, realizzazione della strada di accesso”.

Ne consegue che, nella sostanza, non appare esservi un reale contrasto tra le parti in ordine alla natura dei detti lavori, che, secondo entrambe le rappresentazioni dello stato dei fatti, si sono fermati al livello dello sbancamento dei terreni e della loro preparazione all’edificazione, senza che, tuttavia, la edificazione in senso stretto, come intesa dalla prevalente giurisprudenza sul punto, possa effettivamente considerasi iniziata.

Ed infatti, ai fini della sussistenza, o meno dei presupposti per la decadenza dalla concessione edilizia, l'effettivo inizio dei lavori relativi deve essere valutato non in via generale ed astratta, ma con specifico e puntuale riferimento all'entità ed alle dimensioni dell'intervento edificatorio programmato ed autorizzato, all'evidente scopo di evitare che il termine prescritto possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici e non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione stessa di procedere alla costruzione dell'opera progettata (Consiglio Stato, sez. V, 16 novembre 1998, n. 1615).

L' inizio dei lavori idoneo ad impedire la decadenza della concessione edilizia può ritenersi sussistente quando le opere intraprese siano tali da manifestare una effettiva volontà da parte del concessionario di realizzare il manufatto assentito, non essendo sufficiente il semplice sbancamento del terreno e la predisposizione degli strumenti e materiali da costruzione. ( Consiglio Stato, sez. V, 22 novembre 1993, n. 1165).

Pertanto l' inizio dei lavori non si configura con la sola esecuzione dei lavori di scavo di sbancamento senza che sia manifestamente messa a punto l'organizzazione del cantiere e vi siano altri indizi che dimostrino il reale proposito del titolare della concessione edilizia di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione ed al completamento dell'opera. ( Consiglio Stato, sez. IV, 3 ottobre 2000, n. 5242).

E la declaratoria di decadenza della licenza edilizia per mancato inizio dei lavori entro il termine fissato è illegittima solo ove il titolare della concessione abbia eseguito "lo scavo ed il riempimento in conglomerato cementizio delle fondazioni perimetrali fino alla quota del piano di campagna entro il termine di legge" ( Consiglio Stato, sez. V, 15 ottobre 1992, n. 1006) oppure lo sbancamento interessi un'area di vaste proporzioni ( Consiglio Stato, sez. V, 13 maggio 1996, n. 535).

Né si ritiene che assuma rilevanza , ai fini che interessano della verifica del regolare e tempestivo inizio dei lavori ai sensi dell’art. 4 della L. n. 10/1977, la circostanza che sia stata data comunicazione dell’inizio dei lavori come da nota prot. n. 06799 del 5.10.1994, atteso che la predetta circostanza non è idonea ad attestare l’effettivo inizio degli stessi, in assenza di positivi riscontri materiali al riguardo; ed altrettanto è a dirsi per la nomina del direttore dei lavori di cui alla nota prot. n. 06798 della medesima data.

Non si riscontra, pertanto, la dedotta violazione dell’art. 8, co. 3, della L.R. n. 29/1997, il quale, nel prevedere le misure di salvaguardia, testualmente dispone che “ 3. All'interno delle zone A previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), delle aree naturali protette individuate dal piano regionale, sono vietati: … omissis …  q) la realizzazione di nuovi edifici all'interno delle zone territoriali omogenee E) previste dall'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97, in cui sono comunque consentiti: 1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge;”; atteso che, nel caso di specie, si è ritenuto che non vi fosse stato alcun effettivo inizio dei lavori tale da giustificare la mancata decadenza della concessione edilizia in precedenza rilasciata.

Il “ regolare inizio”, alla data di entrata in vigore della presente legge, degli interventi già autorizzati, infatti, non può essere intesa in senso difforme dall’inizio dei lavori ai fini della decadenza dalla concessione edilizia di cui al richiamato art. 4 della L. n. 10/1977, indipendentemente dalla irrilevante circostanza che effettivamente il Comune abbia provveduto tempestivamente all’adozione di un atto formale ed espresso di decadenza.

 

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda bis, riuniti i ricorsi di cui in epigrafe, li respinge.----------

Spese compensate.-------------------------------------------------

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.