TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 648 del 5 aprile 2016
Ambiente in genere. Funzione e finalità della VAS
La valutazione ambientale strategica ha la finalità di guidare l'amministrazione nell'effettuazione delle scelte discrezionali da compiersi nei procedimenti volti all’approvazione dei piani e dei programmi, in modo da far sì che tali scelte siano sempre orientate a garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente. Per assicurare il raggiungimento di questo scopo, si è previsto che la procedura della VAS sia concomitante a quella che ha per oggetto l’approvazione dei piani e dei programmi sì da favorire sin da subito l'emersione e l'evidenziazione dell'interesse ambientale. La VAS, quindi, avendo ad oggetto atti di ampio respiro, espressione di una pluralità di scelte, non si esprime sulla compatibilità ai valori ambientali di un singolo intervento, ma attiene al complesso delle decisioni che si intendono far confluire nel piano o nel programma affinché sia assicurata la complessiva aderenza di tali atti alle esigenze di protezione dei suddetti valori.
N. 00648/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00244/2014 REG.RIC.
N. 02365/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 244 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
MAURA FINA e CARMELA PIZZINI, rappresentati e difesi dall'avv. Emanuela Ghisi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Milano, Via Vincenzo Monti, n. 41;
contro
COMUNE di BESNATE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Matteo Micheletti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marzia Eoli in Milano, Via Larga, n. 6;
nei confronti di
CONSORZIO INTERCOMUNALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI - Co.In.Ge.R., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Rossana Colombo e Angelo Ravizzoli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Simona Scarsi in Milano, Piazza Grandi, n. 4;
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n. 1;
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PAESAGGISTICI PER LE PROVINCE DI: MILANO, BERGAMO, COMO, LECCO, LODI, MONZA, PAVIA, SONDRIO E VARESE, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente p.t., non costituita;
PROVINCIA di VARESE, in persona del Presidente p.t., non costituita;
CONSORZIO PARCO LOMBARDO DELLA VALLE DEL TICINO, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito;
AZIENDA SANITARIA LOCALE - ASL di Varese, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE - ARPA Lombardia, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
sul ricorso numero di registro generale 2365 del 2013, proposto da:
MAURA FINA e CARMELA PIZZINI, rappresentate e difese dall'avv. Emanuela Ghisi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Milano, Via Vincenzo Monti, n. 41;
contro
COMUNE di BESNATE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Matteo Micheletti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marzia Eoli in Milano, Via Larga, n. 6;
nei confronti di
CONSORZIO INTERCOMUNALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI - Co.In.Ge.R., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Rossana Colombo e Angelo Ravizzoli, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, Piazza Grandi, n. 4;
AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE -ARPA Lombardia - Dipartimento Provinciale di Varese, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n. 1;
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente p.t., non costituita;
PROVINCIA di VARESE, in persona del Presidente p.t., non costituita;
CONSORZIO PARCO LOMBARDO DELLA VALLE DEL TICINO, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito;
AZIENDA SANITARIA LOCALE - A.S.L. Varese, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 2365 del 2013.
della deliberazione di Consiglio comunale 1 dicembre 2012, n. 33 che approva il piano di governo del territorio comunale; dei pareri rilasciati nel procedimento; del documento di controdeduzione; degli atti, tavole, verbali, deliberazioni documenti costituenti il documento di piano, il piano delle regole ed il piano dei servizi del PGT, gli atti afferenti alla valutazione ambientale strategica del PGT inclusi la deliberazione di Giunta comunale 9 novembre 2005, n. 84, la determinazione 15 maggio 2006, n. 489, la d.G.c. 13 settembre 2007, n. 99, le determinazioni 27 dicembre 2006, n. 1217 e n. 1028/2008 e i verbali di conferenza di servizi della VAS, la componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT, il PUGGS, l’avviso comunale 13 luglio 2013, nonché degli atti presupposti, compresa la delibera di Consiglio comunale 21 aprile 2012, n. 4 di adozione del PGT, degli atti, tavole, verbali, deliberazioni e documenti costituenti il DPP, il PDS ed il PDR adottati, nonché il rapporto ambientale pubblicato con la deliberazione di adozione del PGT, della delibera di Consiglio comunale 26 giugno 2012, n. 13 di parziale autotutela della delibera di Consiglio comunale n. 4/2012, dell’avviso di deposito degli atti relativi al PGT, nonché dell’avviso comunale 12 luglio 2013; oltre che di tutti gli atti presupposti, consequenziali e, comunque, connessi.
quanto al ricorso n. 244 del 2014:
per l'annullamento
quanto al ricorso introduttivo
del permesso di costruire 21 ottobre 2013, n. 39, prot. 12139 rilasciato dal Comune a COINGER per l'asserita realizzazione di un CENTRO DI RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI URBANI in VIA DI DIO n. ,foglio 8, mapp. 7298-7299-7300 - 7301-7733-7741 del Comune Censuario di Besnate nonché degli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi e, quindi:
- della nota ARPA 22 dicembre 2011, prot. 172103;
- delle note ASL 1 febbraio 2012, prot. 2012/014ISP0009465 e 15 dicembre 2012, prot. 2011/014ISPO/101195 ;
- dell'autorizzazione alla trasformazione del bosco ex l.r. 31/2008 rilasciata dal Parco il 12 ottobre 2012, prot. 9920 pc/pg;
- dell'autorizzazione paesaggistica provinciale 19 luglio 2012, n. 2826, prot. 64911/9.4/6 e della correlata nota provinciale di trasmissione alla Soprintendenza14 agosto 2012, prot. 72372, relativa alla trasformazione del bosco, nonché dei richiamati pareri della Commissione per il Paesaggio seduta del 13 aprile 2011 - non in possesso dei ricorrenti -, della relazione tecnica allegata all'a.p.p. redatta il 12 aprile 2012, della nota provinciale 2 aprile 2012, prot. 6129. della nota comunale 11 aprile 2012, prot. 4075-4171 ,della nota del Parco 22 marzo 2011, prot. 604/13366/10-3362/11 ID7CP;
- delle note comunali 19 luglio 2012, prot. 8162-8455 e 12 luglio 2012, prot. 8162 ;
- della nota Asl 10 aprile 2012, prot. 2012/014ISP00 30092 ;
- dell'autorizzazione paesaggistica comunale 21 ottobre 2012(2013), n. 66 e degli ivi richiamati pareri della Commissione per il Paesaggio del Comune ex art. 81 l.r. 12/2005 del 21 ottobre 2013, verbali n. 95 e 30 settembre 2011, n. 94;
- del parere del responsabile del procedimento del 14 ottobre 2013 ;
- della nota di trasmissione alla Soprintendenza 24 ottobre 2011, prot. 11292-13190 e del relativo silenzio- assenso della Soprintendenza;
- della nota Asl 28 ottobre 2013, prot. 2013/014ISP0102299; 21 giugno 2013, prot. 2013/014SLI0065453;
- della nota Arpa prot. comunale 15 febbraio 2013, prot. 2321 tutti conosciuti con istanze d'accesso presentate ad ASL e al Comune, evase rispettivamente il 28 ottobre 2013 e l'8 novembre 2013;
nonché per la dichiarazione
di nullità dell'a.u.c. per violazione dell'art. 21-septies, comma 11, della legge n. 241/1990;
quanto ai primi motivi aggiunti
della nota ASL 17 settembre 2014, prot. N. 0079677 di quanto ivi richiamato e quindi della nota comunale 21 agosto 2014, prot. N. 9708 e del verbale di incontro del 18 luglio 2014, delle note ASL 5 febbraio 2014 prot. ISP00011257 e degli ivi richiamati verbali di incontro del 14 novembre 2014e della e-mail 24 gennaio 2014, prot. N. 795/887, della nota ASL 1 settembre 2009, prot. N. 2014/014/SLI/0075053;
della nota comunale 1 luglio 2014 prot. N. 4753/7828; della nota comunale 1 luglio 2014 prot. N. 4748/7821, della e-mail comunale 1 luglio 2014, della nota del Parco 8 maggio 2014 prot. N. 4810/AB/FC/pg, della nota comunale 21 agosto 2014 prot. N. 9708, e relativa comunicazione via pec e allegato, della e-mail del 2 luglio 2014 prot. N 7867, 24 gennaio 2014, 22 gennaio 2014 prot. N. 757, della nota comunale 16 gennaio 2014 prot. N. 532, 16 gennaio 2014, 22 gennaio 2014 e 24 gennaio 2014;
della nota comunale del 20 novembre 2014 prot. N. 13002/13216;
delle note comunali 5 novembre 2014 prot. N. 10559/12597 e 14 novembre 2014 prot. N. 12901;
di ogni atto connesso presupposto o consequenziale;
nonché per la dichiarazione di nullità dell’a.u.c.;
nonché per l’accertamento e la declaratoria della decadenza del p.d.c. per mancato inizio lavori nel termine ex art. 15, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001.
Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Besnate, dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente – ARPA Lombardia, del Consorzio Intercomunale per la Gestione dei Rifiuti - Co.In.Ge.R. e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2016 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso RG n. 2365/2013, le sigg.re Maura Fina e Carmela Pizzini impugnano principalmente la deliberazione di Consiglio comunale del Comune di Besnate n. 33 dell’1 dicembre 2012, con la quale è stato approvato il piano di governo del territorio (PGT).
2. Le ricorrenti lamentano in particolare che il nuovo strumento di pianificazione urbanistica ha allocato in un’area situata nelle vicinanze delle loro abitazioni, caratterizzata da elementi di pregio ambientale e paesaggistico, un impianto per rifiuti.
3. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Besnate, l’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente (ARPA) ed il Consorzio intercomunale per la gestione dei rifiuti (COINGER.), soggetto deputato alla realizzazione ed alla gestione dell’impianto di cui si discute.
4. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, i ricorrenti, il Comune di Besnate e COINGER hanno depositato memorie, insistendo nelle loro conclusioni.
5. Tenutasi la pubblica udienza in data 29 gennaio 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Con successivo ricorso RG n. 245/2014 le stesse sigg.re Maura Fina e Carmela Pizzini impugnano principalmente il permesso di costruire n. 39 del 21 ottobre 2013, con il quale il Comune di Besnate ha assentito, in esecuzione delle previsioni di PGT, la realizzazione del suddetto impianto per rifiuti.
7. Nel corso del giudizio, le ricorrenti sono venute a conoscenza di alcuni atti connessi con il permesso di costruire impugnato.
8. Sono stati quindi notificati due atti contenenti motivi aggiunti, con i quali sono stati gravati i succitati atti e con i quali sono state dedotte nuove censure contro i provvedimenti impugnati con il ricorso principale.
9. Si sono costituiti in questo giudizio, per opporsi all’accoglimento delle domande avverse, il Comune di Besnate, COINGER ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
10. La Sezione, con ordinanze n. 1572 del 21 novembre 2014 e n. 531 del 27 aprile 2015, ha, rispettivamente, fissato l’udienza di trattazione del merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm. e respinto la seconda istanza cautelare presentata dagli interessati.
11. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, i ricorrenti, il Comune di Besnate e COINGER hanno depositato memorie, insistendo nelle loro conclusioni.
12. Anche questa causa è stata chiamata all’udienza del 29 gennaio 2016, in esito alla quale è stata trattenuta dal Collegio in decisione.
13. Si deve preliminarmente disporre, ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm., la riunione dei due giudizi, stante la loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva.
14. Si può quindi passare all’esame del ricorso RG n. 2365/2013, precisando che, essendo il ricorso infondato nel merito, può prescindersi dall’esame delle eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa del Comune di Besnate e dalla difesa di COINGER.
15. Come anticipato, con il ricorso RG n. 2365/2013 viene principalmente impugnata la deliberazione di Consiglio comunale del Comune di Besnate n. 33 dell’1 dicembre 2012 con cui è stato approvato il nuovo PGT. I ricorrenti rilevano, in particolare, che il nuovo strumento di pianificazione urbanistica ha previsto la realizzazione di un impianto per rifiuti in un’area boschiva - caratterizzata quindi da elementi di pregio ambientale e paesaggistico - attigua alle loro abitazioni,.
15. Con il primo motivo, si deduce la carenza di istruttoria, non avendo l’Amministrazione adeguatamente valutato gli impatti ambientali della previsione urbanistica avversata. Le ricorrenti sottolineano, in particolare, l’inadeguatezza del rapporto ambientale, nel quale non si sarebbero messe in luce le ricadute della localizzazione del realizzando impianto sul traffico e sulla qualità dell’aria. Peraltro, sempre secondo i ricorrenti, l’Amministrazione non avrebbe dato applicazione all’art. 5 della direttiva 42/2001/CE ed all’art. 5 della delibera di Giunta regionale 13 marzo 2007, n. VIII/7351, i quali imporrebbero, nell’ambito del procedimento VAS, una valutazione comparata di diverse alternative, nel caso di specie del tutto assente.
16. Strettamente connesso a questa doglianza è il terzo motivo, con il quale le ricorrenti sostengono che la scelta di allocare un impianto per rifiuti nell’area attigua alle loro abitazioni si porrebbe in contrasto con gli obiettivi che lo stesso pianificatore si è attribuito e che sono stati cristallizzati negli atti del PGT, laddove si afferma che fra gli obiettivi del piano vi sono quelli attinenti alla tutela e alla valorizzazione del territorio e dell’ambiente.
17. Altra censura connessa è quella contenuta nel sesto motivo, col quale viene dedotta la violazione delle disposizioni contenute nella delibera di Giunta regionale n. 6581/2008, che detta i criteri di localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti, giacché, contrariamente a quanto previsto in tale delibera, l’impianto di cui è causa sarebbe stato allocato in una zona di pregio ambientale invece che in un’area già compromessa di proprietà comunale, quali le aree collocate a sud del territorio besnatese (questo elemento denoterebbe pure, secondo i ricorrenti, l’irrazionalità della scelta).
18. In proposito il Collegio osserva quanto segue.
19. Come noto la valutazione ambientale strategica di piani e programmi (VAS) ha la funzione di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile. In tal senso dispone l’art. 4, terzo comma, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).
20. Più in particolare può dirsi che la valutazione ambientale strategica ha la finalità di guidare l'amministrazione nell'effettuazione delle scelte discrezionali da compiersi nei procedimenti volti, per l’appunto, all’approvazione dei piani e dei programmi, in modo da far sì che tali scelte siano sempre orientate a garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente. Per assicurare il raggiungimento di questo scopo, si è previsto che la procedura della VAS sia concomitante a quella che ha per oggetto l’approvazione dei piani e dei programmi sì da favorire sin da subito l'emersione e l'evidenziazione dell'interesse ambientale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 975; id. 20 maggio 2014, n. 2569).).
21. La VAS, quindi, avendo ad oggetto atti di ampio respiro, espressione di una pluralità di scelte, non si esprime sulla compatibilità ai valori ambientali di un singolo intervento, ma attiene al complesso delle decisioni che si intendono far confluire nel piano o nel programma affinché sia assicurata la complessiva aderenza di tali atti alle esigenze di protezione dei suddetti valori.
22. La valutazione di singoli progetti, riguardanti specifiche opere, viene invece effettuata nell’ambito della valutazione di impatto ambientale (VIA), con l’obiettivo, per l’appunto, di verificare l'impatto sull'ambiente della singola opera progettata (cfr. Consiglio di Stato sent. n. 975/2015 cit.). Con riferimento ai rapporti fra VAS e VIA è significativo l’art. 6, comma 12, del d.lgs. n. 152 del 2006 il quale stabilisce che <<Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere >>. Questa disposizione conferma, infatti, che la VAS attiene al complesso delle scelte assunte con l’approvazione del piano e non già a quella riguardante una singola opera.
23. Si deve pertanto ritenere che, in sede di VAS, si debba sì aver riguardo alle singole opere previste nel piano o nel programma, ma ciò al fine di effettuare una valutazione complessiva del piano o del programma, senza che sia quindi necessario effettuare per ciascuna opera una valutazione analitica che metta in luce in maniera puntuale ogni specifica implicazione che la medesima possa avere sull’ambiente.
24. Essendo questo il quadro su cui si innestano le questioni che il Collegio è chiamato ad affrontare, appare evidente come le doglianze sollevate dai ricorrenti con la censure in esame non possano essere condivise.
25. Si deve infatti rilevare che le valutazioni nel concreto effettuate nel procedimento VAS soddisfano le esigenze cui l’istituto è preordinato. L’Amministrazione, attraverso il rapporto ambientale, ha infatti valutato gli impatti positivi e negativi che la decisione avversata potrebbe produrre sull’ambiente, ed ha ritenuto che le ricadute positive compensino quelle di segno opposto.
26. In particolare, nella scheda contenuta a pag. 139 del rapporto ambientale, si è evidenziato che l’opera di cui è causa potrebbe, per specifici aspetti, avere un’incidenza negativa sull’ambiente (ad es. per quanto riguarda la qualità dell’aria), ma ha ritenuto che tale impatto sia compensato dalle ricadute positive che la medesima opera produce in altri settori connessi all’ambiente stesso (ad es. per quanto riguarda la gestione dei rifiuti); ed ha comunque ritenuto che le negatività siano mitigate dalle complesso delle misure implementate dal piano.
27. Senza contare che, nella scheda TRP1, sono state indicate le dimensioni massime che l’opera potrà assumere e sono state altresì indicate le misure compensative atte a contenere gli impatti negativi che la stessa opera avrà sull’ambiente, in modo da armonizzarla con il contesto boschivo circostante (in particolare è stata prevista la necessità di dotare l’intervento di una fascia alberata filtro, allo scopo di migliorarne l’integrazione paesaggistica)
28. Si deve quindi ritenere che, considerata la specifica funzione cui è deputata la VAS, l’istruttoria sia stata condotta in maniera adeguata..
29. Per quanto concerne la mancata valutazione di soluzioni alternative si deve osservare che l’art. 5, paragrafo 1, della direttiva 42/2001/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente) specifica che tali soluzioni debbano essere prese in considerazione solo se ragionevoli (in tal senso è anche il quattordicesimo considerando delle premesse della direttiva). La pubblica amministrazione pertanto non è obbligata a valutare in ogni caso soluzioni alternative; ed in particolare tale obbligo non sussiste se non sono rinvenibili alternative ragionevoli.
30. Nel caso concreto, il Comune di Besnate, in sede di controdeduzione alle osservazioni presentate dagli interessati, ha escluso che vi possano essere soluzioni alternative. Sul punto il Collegio non può che richiamare la copiosa giurisprudenza formatasi in ordine al potere di sindacato del giudice amministrativo sulle scelte urbanistiche effettuate dall’amministrazione, rilevando che, nel caso concreto, non sono stati evidenziati quegli evidenti profili di irragionevolezza che soli giustificherebbero l’annullamento dell’atto impugnato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4072; id. 27 luglio 2010, n. 4920).
31. In proposito si deve osservare che la scelta di allocare un impianto per rifiuti in un’area situata in un contesto poco urbanizzato non appare irragionevole, tanto più se si considera che, come detto, l’Amministrazione ha dettato specifiche prescrizioni atte ad assicurare l’armonizzazione dell’opera con l’ambiente boschivo circostante, nel quale peraltro sono pure allocate altre strutture (edifici produttivi e cimitero) che portano ad escluderne l’assoluto pregio ambientale.
32. Quest’ultima considerazione porta poi ad escludere anche che, nel caso concreto, siano state violate le prescrizioni impartite con la delibera di Giunta regionale n. 6581/2008 che detta i criteri per la localizzazione degli impianti per rifiuti, e ciò in quanto non è neppure stato allegato che l’area di cui si discute rientri negli ambiti (centri e nuclei storici, ambiti residenziali consolidati, ambiti residenziali di espansione) per i quali tale delibera esclude possano essere allocate siffatte strutture. Senza contare che, come verrà dimostrato nel prosieguo, l’opera di cui è causa è un mero centro di raccolta rifiuti e che, quindi, la suddetta delibera non è neppure nella fattispecie applicabile.
33. Per tutte queste ragioni, le censure in esame sono infondate.
34. Con il secondo motivo, si evidenzia la discrasia fra il rapporto ambientale ed il documento di piano i quali indicherebbero una diversa superficie per l’area interessata dall’intervento di cui è causa. In particolare, mentre nella scheda TPR 1 contenuta al rapporto ambientale, alla suddetta area viene attribuita una superficie pari a mq. 6.600, nella stessa scheda, contenuta nel DDP, alla medesima area viene attribuita una superficie di mq. 7.880. Tale discrasia, sommata a quella fra rapporto ambientale pubblicato in sede di adozione del PGT (che indicava una superficie pari a mq. 10.726) e rapporto ambientale pubblicato in sede di approvazione del PGT (che, come detto, indica una superficie pari a mq. 6.600), denoterebbe un’istruttoria condotta con superficialità e, comunque, renderebbe palese il fatto che il parere VAS sarebbe stato redatto in assenza di una esatta conoscenza delle dimensioni dell’area interessata dall’intervento.
35. Ritiene il Collegio che anche questa censura sia infondata in quanto le discrasie rilevate dai ricorrenti attengono ad un elemento non decisivo per compiere la valutazione circa i riflessi ambientali dell’opera prevista nel PGT. Esse infatti non riguardano le dimensioni dell’opera ma le dimensioni dell’area nella quale questa sarà inserita.
36. Appare evidente che il dato rilevante è invece costituito proprio dalle dimensioni dell’opera giacché i riflessi sul traffico veicolare e sulla qualità dell’aria (e cioè sugli aspetti cui i ricorrenti ricollegano la lesione dei loro interessi) non possono che essere dipendere dalle dimensioni dell’impianto di raccolta rifiuti di cui è prevista la costruzione.
37. Ciò premesso si deve ancora osservare che in tutti gli atti citati dalla ricorrente le dimensioni massime che l’impianto potrà assumere sono state sempre indicate nella stessa misura: mq. 4.500. Si deve dunque ritenere che il giudizio espresso in sede di VAS sia stato comunque formulato sulla base di una adeguata rappresentazione degli elementi rilevati e che, quindi, non sia riscontrabile, nel caso concreto, un difetto di istruttoria o la contraddittorietà della scelta rispetto agli obiettivi di protezione ambientale fissati nel piano.
38. Va pertanto ribadita l’infondatezza delle censure in esame.
39. Con il quarto motivo, le ricorrenti rilevano che l’impianto di cui è causa, date le rilevanti dimensioni, andrebbe qualificato quale intervento di interesse sovracomunale. Questo elemento non sarebbe stato, a loro dire, per nulla evidenziato negli atti del PGT e della VAS; pertanto i soggetti chiamati ad esprimere parere nel procedimento VAS avrebbero espresso giudizi viziati in quanto basati su una non adeguata rappresentazione della realtà.
40. Con il quinto motivo, si deduce che, proprio in quanto trattasi di impianto di interesse sovracomunale, sarebbero state violate, nel caso di specie, le disposizioni contenute nel piano territoriale di coordinamento provinciale che, per tali categorie di interventi, prevede una preliminare valutazione circa la sussistenza di adeguate infrastrutture stradali e ferroviarie idonee a rendere sostenibile l’attività esercitata per mezzo dell’impianto stesso, nonché la stipula preliminare di accordi di pianificazione fra i diversi comuni inseriti nel bacino interessato da tale attività.
41. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
42. Innanzitutto si deve osservare che nella scheda TPR1 sono state indicate con precisione le dimensioni massime che l’opera in questione potrà assumere e che, da questo dato, era agevolmente ricavabile, così come hanno fatto le ricorrenti, il potenziale ambito territoriale interessato dal servizio svolto per mezzo della stessa. Pertanto, è del tutto indimostrato che gli organi che hanno partecipato alle procedure di approvazione del PGT ed alla VAS non abbiano potuto esprimere un giudizio consapevole.
43. In secondo luogo le ricorrenti si sono limitate ad affermare, ma hanno omesso di dimostrare, che l’opera di cui è causa sia effettivamente idonea a generare significativi flussi di popolazione e sia, quindi, idonea a generare quei rilevanti effetti di carattere sovracomunale che avrebbero effettivamente reso necessaria l’attivazione di misure di coordinamento con gli altri comuni del bacino, così come previsto dagli artt. 9, 32 e 33 delle norme di attuazione del PTCP della Provincia di Varese.
44. Va dunque ribadita l’infondatezza delle due censure.
45. Infine, con il settimo motivo, le ricorrenti sostengono che la scelta avversata sarebbe stata effettuata senza valutare le conseguenze idrogeologiche che l’intervento comporta, essendo quest’ultimo allocato in un’area soggetta a frequenti esondazioni; anche per questo profilo sarebbe dunque evidente l’inadeguatezza dell’istruttoria.
46. Questa censura appare al Collegio del tutto generica avendo la parte allegato una circostanza di fatto del tutto indimostrata e non avendo la stessa indicato per quali specifiche ragioni sia possibile affermare che la decisione qui avversata sia stata presa senza considerare il reale stato dei luoghi e senza considerare la sussistenza di percoli connessi all’assetto idrogeologico dell’area.
47. Non è dunque dimostrata la carenza di istruttoria né l’irrazionalità della scelta compiuta.
48. Va pertanto ribadita l’infondatezza della censura.
49. In conclusione, per tutte le ragioni illustrate, il ricorso R.G. n. 2366/2013 deve essere respinto.
50. Si può ora passate all’esame del ricorso R.G. n. 244/2014, con il quale, come detto, viene principalmente impugnato il permesso di costruire n. 39 del 21 ottobre 2013, con il quale il Comune di Besnate ha assentito, in esecuzione delle previsioni di PGT, la realizzazione dell’impianto di cui è causa.
51. Anche in questo caso, essendo il ricorso infondato nel merito, si può prescindere dall’esame delle eccezioni pregiudiziali sollevate dalle parti resistenti.
52. Con il primo motivo, le ricorrenti sostengono che l’opera oggetto dell’atto impugnato non avrebbe potuto essere assentita con un semplice permesso di costruire, giacché, nel relativo progetto, è prevista la possibilità di allocare in essa rifiuti non contemplati dal d.m. 8 aprile 2008. Sarebbe stata dunque necessaria, secondo gli stessi ricorrenti, l’autorizzazione provinciale, rilasciabile solo a seguito di conferenza di servizi.
53. In proposito si osserva che, ai sensi dell’art. 2, primo comma, del decreto ministeriale 8 aprile 2008 (Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, come previsto dall'articolo 183, comma 1, lettera cc del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche), la realizzazione o l'adeguamento dei centri di raccolta dei rifiuti urbani <<…è eseguito in conformità con la normativa vigente in materia urbanistica ed edilizia e il Comune territorialmente competente ne dà comunicazione alla Regione e alla Provincia>>.
54. Da questa disposizione si ricava che per assentire la realizzazione di un centro di raccolta dei rifiuti urbani è sufficiente il rilascio del provvedimento deputato ad accertarne la compatibilità con la normativa urbanistico-edilizia vigente e, dunque, il rilascio del permesso di costruire (cfr. Corte Cost., sent. 8 aprile 2010, n. 127).
55. A conferma di ciò va richiamato l’art. 208, primo comma, del d.lgs. n. 152 del 2006 il quale prevede il rilascio dell’apposita autorizzazione regionale solo per il caso di realizzazione di impianti di smaltimento e recupero rifiuti che, come sarà chiarito nel prosieguo, sono cosa ben diversa dai meri centri di raccolta.
56. Ciò premesso, si deve ora osservare, anticipando quanto verrà illustrato più avanti, che l’opera di cui è causa è un mero centro di raccolta rifiuti urbani e che, conseguentemente, essa stata correttamente assentita attraverso il rilascio di un permesso di costruire.
57. Le ricorrenti rilevano che, nel caso specifico, l’autorizzazione provinciale sarebbe stata necessaria in quanto, nella relazione tecnica allegata al progetto, è prevista la possibilità di conferire anche rifiuti non contemplati dal citato d.m. 8 aprile 2008.
58. In proposito si deve evidenziare che l’allegato I al d.m. testé citato fornisce l’elenco delle tipologie di rifiuti che possono essere conferiti nei centri di raccolta dei rifiuti urbani.
59. Nella relazione tecnica allegata al progetto si dà atto che l’opera di cui è causa è attrezzata anche per la raccolta di topologie di rifiuti non comprese fra quelle elencate nel citato allegato I. Tuttavia in tale atto si precisa anche che l’attività di raccolta di queste tipologie di rifiuti potrà essere attivata solo a seguito di rilascio dell’apposita autorizzazione provinciale.
60. Si ricava, da questa precisazione, che l’opera assentita con il permesso di costruire impugnato sarà per il momento utilizzata quale mero centro di raccolta dei rifiuti urbani ai sensi del d.m. 8 aprile 2008 e che questa è, dunque, la sua attuale destinazione funzionale. In tal senso è anche il citato permesso di costruire il cui oggetto è proprio ed esclusivamente la realizzazione di un centro per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani.
61. Va pertanto ribadito che l’opera è stata correttamente assentita mediante il rilascio del titolo edilizio. L’autorizzazione provinciale sarà necessaria solo in futuro e solo nel caso in cui si decida effettivamente di mutare la destinazione funzionale dell’opera stessa attivando il conferimento dei rifiuti non contemplati dal ridetto d.m. 8 aprile 2008; con la precisazione che tale autorizzazione potrà ovviamente essere rilasciata solo previa verifica della sussistenza dei requisiti costruttivi e strutturali atti a consentirne il nuovo utilizzo.
62. Per queste ragioni il motivo in esame non può essere accolto.
63. Con il secondo motivo, le ricorrenti sostengono che il progetto riguardante l’opera di cui è causa avrebbe dovuto essere sottoposto a verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale, trattandosi di progetto che avrebbe ad oggetto un impianto per rifiuti. I ricorrenti sostengono poi che, anche ammettendo che l’opera consista in un mero centro di raccolta dei rifiuti, cionondimeno la suddetta verifica avrebbe dovuto comunque compiersi, posto che l’opera insisterebbe su un’area interessata da problematiche ambientali (esondazioni), e che l’all. V al d.lgs. n. 152 del 2006 imporrebbe di dare rilievo, al fine di stabilire se un progetto debba essere sottoposto a verifica di assoggettabilità a VIA, al contesto ambientale in cui l’opera che ne costituisce oggetto è inserita.
64. Con il terzo motivo, si sostiene che la verifica di assoggettabilità a VIA avrebbe dovuto compiersi anche in ragione del fatto che l’opera assentita con il permesso di costruire impugnato è potenzialmente idonea a ricevere rifiuti non contemplati nel d.m. 8 aprile 2008. Le ricorrenti evidenziano che non sarebbe consentito pervenire a soluzione contraria per il solo fatto che attualmente l’impianto non riceve i suddetti rifiuti, e ciò in quanto, a loro dire, il gestore dell’opera avrebbe artificiosamente frazionato le richieste di autorizzazione proprio al fine di eludere l’applicazione delle disposizioni che concernono la VIA.
65. I due motivi possono essere trattati congiuntamente.
66. Stabilisce l’art. 19, primo comma, lett. a), del d.lgs. n. 152 del 2006 che la verifica di assoggettabilità a VIA deve essere svolta <<… limitatamente alle ipotesi di cui all'art. 6, comma 7>>.
67. Dal combinato disposto del testé citato art. 6, comma 7, e dell’art. 20 del d.lgs. n. 152 del 2006, si ricava poi che oggetto della suddetta verifica debbono essere: a) i progetti elencati nell'allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni; b) le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II che possono avere impatti significativi e negativi sull'ambiente; c) i progetti elencati nell'allegato IV.
68. Ciò premesso si deve osservare che i centri di raccolta dei rifiuti urbani non sono contemplati da nessuno degli allegati al d.lgs. n. 152 del 2006. L’allegato IV contempla invero esclusivamente: gli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi lett. r); gli impianti di smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi (lett. s e t); gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti pericolosi; le discariche (ett. u).
69. A questo punto va chiarito che il d.lgs. n. 152 del 2006 pone, come accennato sopra, una netta differenziazione fra impianti di trattamento, recupero e smaltimento rifiuti, da un lato, e centri di raccolta rifiuti dall’altro. I primi sono dei veri e propri impianti di trattamento dei rifiuti che hanno lo scopo di far sì che il rifiuto possa ancora svolgere, al termine del trattamento stesso, una funzione utile ovvero assumere un assetto definitivo che ne escluda la pericolosità ambientale. I centri di raccolta sono invece delle aree presidiate ed allestite nelle quali si effettua un raggruppamento differenziato per frazioni omogenee dei rifiuti urbani, affinché questi possano poi essere trasferiti agli impianti di recupero e trattamento (si vedano in proposito le definizioni contenute nell’art. 183 del citato d.lgs. n. 152 del 2006).
70. Ciò premesso, si deve osservare che le ricorrenti allegano ma non dimostrano che l’opera di cui è causa sia un impianto di trattamento dei rifiuti, non avendo provato la sussistenza di attrezzature che consentano di svolgere la funzione propria di tale tipologia di impianti; mentre, sia il permesso di costruire impugnato che il PGT vigente qualificano l’opera stessa come centro di raccolta.
71. Si deve pertanto ritenere che l’intervento consista proprio in un mero centro di raccolta dei rifiuti e che, quindi, correttamente, il suo progetto non sia stato sottoposto a verifica di assoggettabilità a VIA.
72. A contrario non possono essere invocati l’allegato V al d.lgs. n. 152 del 2006 e le condizioni di sensibilità ambientale del sito in cui l’opera è inserita (cui tale atto fa riferimento), atteso che l’allegato V non ha la funzione di indicare quali siano i progetti che debbono essere sottoposti alla verifica di assoggettabilità, ma quella di indicare i criteri cui si deve attenere l’autorità competente per stabilire se un progetto, per il quale si è già stabilito di procedere a verifica di assoggettabilità, debba o meno essere sottoposto a VIA.
73. Per quanto riguarda infine il riferimento all’artificioso frazionamento dei progetti e delle istanze di autorizzazione alla realizzazione dell’opera, nonché il richiamo alla giurisprudenza comunitaria e nazionale che impongono la presa in considerazione dell’effetto cumulativo di più progetti (cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 10 dicembre 2009, in causa C-208/08), il Collegio non può che rilevare come le tesi prospettate dai ricorrenti si risolvano, al momento attuale, in un processo alle intenzioni, posto che, come ripetuto, attualmente l’opera consiste in un mero centro di raccolta dei rifiuti e che gli eventuali illeciti sviluppi dovranno e potranno essere valutati solo a seguito dell’effettiva presentazione di nuovi progetti e di nuove istanze di autorizzazione.
74. Per tutte queste ragioni i motivi in esame sono infondati.
75. Con il quarto motivo di ricorso, le interessate rilevano che l’atto impugnato sarebbe viziato in quanto la valutazione previsionale di impatto acustico, prodotta da Coinger, avrebbe fatto erroneamente riferimento al piano acustico adottato invece che a quello vigente. Tale errore sarebbe, a dire delle ricorrenti, decisivo atteso che il piano approvato colloca l’area su cui deve sorgere l’opera avversata in classe II, e non in classe III come fa invece il piano adottato; e che nel caso concreto i limiti della classe II sarebbero superati. Inoltre, sempre secondo la ricorrenti, la medesima valutazione preliminare di impatto acustico sarebbe stata effettuata in maniera inappropriata, non essendosi tenuto conto di tutte le variabili rilevanti ai fini di una corretta analisi.
76. In proposito si osserva quanto segue.
77. Stabilisce l’art. 6, primo comma, lett. d), della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico) che, all’atto di rilascio del titolo edilizio, i comuni sono tenuti a controllare che le opere oggetto del titolo stesso rispettino la normativa per la tutela dall'inquinamento acustico. Con tale disposizione si vuole assicurare un controllo tempestivo, effettuato già al momento del rilascio del titolo edilizio, che garantisca che le opere che possono produrre inquinamento acustico siano realizzate in modo da rispettare i limiti di emissione previsti dalle disposizioni contenute nella vigente normativa, ed in particolare contenute nel piano di classificazione acustica del territorio comunale redatto ai sensi della lett. a) dello stesso comma primo dell’art. 6 della legge n. 447 del 1995.
78. Aggiunge però la disposizione in commento che il controllo preventivo, da effettuarsi come detto in sede di rilascio del titolo edilizio, deve compiersi esclusivamente per alcune specifiche categorie di opere, per le quali, evidentemente, è più alto il rischio di produzione di inquinamento acustico: si tratta, in particolare, dei nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative nonché delle postazioni di servizi commerciali polifunzionali. Strettamente connessa a questa disposizione è quella contenuta nel successivo art. 8, quarto comma, della stessa legge n. 447 del 1995, il quale stabilisce che l’obbligo di presentazione, in sede di istanza di rilascio del permesso di costruire, della valutazione previsionale di impatto acustico riguarda esclusivamente coloro che presentino progetti che hanno ad oggetto le suddette opere (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 3 maggio 2012, n. 1252).
79. Pertanto, nel caso in cui il permesso di costruire non riguardi tali categorie di interventi, il comune non deve effettuare, ai fini del rilascio del medesimo, un controllo circa il rispetto della normativa in materia di inquinamento acustico. Ciò ovviamente non significa che le attività che si eseguono all’interno di questi ultimi impianti non debbano rispettare la suddetta normativa, essendo evidente che eventuali infrazioni potranno e dovranno essere comunque accertate nel momento in cui tali attività saranno in corso, ed eventualmente represse secondo le vigenti disposizioni (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 21 giugno 2005, n. 3250).
80. Ciò precisato, si deve ora rilevare che, come più volte ripetuto, l’opera di cui è causa consiste in un mero centro di raccolta rifiuti. Essa pertanto non può essere considerata alla stregua di una infrastruttura adibita ad attività produttiva, ricreativa o sportiva, né ovviamente alla stregua di una postazione di servizi commerciali polifunzionali.
81. Ne consegue che l’Amministrazione intimata, al momento del rilascio del permesso di costruire, non era tenuta a verificare la compatibilità dell’attività in essa esercitata con la normativa riguardante l’inquinamento acustico. E ne consegue ulteriormente che, nel caso concreto, il titolo edilizio doveva comunque essere rilasciato; e ciò anche ammettendo che la relazione previsionale prodotta dall’interessato - come detto non obbligatoria - abbia evidenziato un possibile superamento dei valori limite previsti dal piano di classificazione acustica. Fermo restando che, come precisato, una volta che il centro di raccolta sarà entrato in esercizio, l’Amministrazione potrà (ed anzi dovrà) comunque intervenire per reprimere l’eventuale effettivo superamento di detti valori adottando le misure previste dalla vigente normativa.
82. Per queste ragioni il motivo in esame non può essere accolto.
83. Con il quinto motivo, le ricorrenti deducono il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, non avendo, a loro dire, l’Amministrazione adeguatamente valutato le implicazioni dell’opera avversata sull’assetto idrogeologico dell’area in cui essa è inserita.
84. Anche questo motivo è infondato.
85. Va invero osservato che la censura in esame è estremamente generica in quanto le ricorrenti non chiariscono quali possano essere le conseguenze negative che il centro di raccolta rifiuti avversato potrà produrre sotto il profilo idrogeologico.
86. In particolare, le interessate sostengono che l’area in cui l’opera sarà collocata è interessata da frequenti impaludamenti causa, a loro volta, di una antigienica proliferazione di insetti (si vedano in proposito i documenti nn. 4, 5, 6, 7, 63, 65, 66 e 67 prodotti dai ricorrenti). Le stesse interessate però non dicono e, a maggior ragione, neppure dimostrano, in che modo la medesima opera inciderà, aggravandoli, su tali fenomeni negativi.
87. Deve essere pertanto ribadita l’infondatezza della censura in esame.
88. Con il sesto motivo, le ricorrenti sostengono che il progetto dell’opera avversata non rispetterebbe le prescrizioni, impartite dal Comune con il permesso di costruire impugnato, in materia di scarico delle acque meteoriche.
89. Anche questa censura è del tutto infondata in quanto le prescrizioni impartite dal Comune dovranno essere osservate in fase esecutiva, dovendo il titolare del permesso di costruire attenersi alle stesse pena la non conformità dell’opera al titolo che l’ha assentita.
90. Se il Comune ha inteso dettare prescrizioni è proprio perché si è ritenuto che l’opera debba avere alcune specifiche caratteristiche diverse da quelle indicate nel progetto presentato dall’istante; con la conseguenza che la non conformità di quest’ultimo alle prescrizioni stesse non può essere addotta per sostenere l’illegittimità del permesso di costruire.
91. Va pertanto ribadita l’infondatezza della censura.
92. Con il settimo motivo, si deduce la nullità del parere reso dalla commissione per il paesaggio del Comune di Besnate in quanto, a dire delle ricorrenti, assolutamente immotivato e non fondato su documentazione fotografica atta a rappresentare l’effettiva consistenza e fisionomia dell’opera.
93. Ritiene il Collegio che, con riferimento a questa specifica censura, debba essere accolta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa del Comune di Besnate. Va invero osservato che le doglianze dedotte con il motivo in esame si rivolgono avverso un parere e, dunque, avverso un atto endoprocedimentale. Già questo rilievo è di per sé sufficiente per affermare l’inammissibilità della censura.
94. Va poi osservato che il provvedimento conclusivo del procedimento riguardante gli aspetti paesaggistici, e cioè l’autorizzazione paesaggistica comunale 21 ottobre 2012, n. 66, non si limita a richiamare il parere suindicato, ma esprime valutazioni autonome, affermando la necessità di realizzare interventi di mitigazione che rendano compatibile l’opera avversata al contesto boschivo circostante.
95. Le ricorrenti pertanto avrebbero dovuto indicare le lacune proprie di quest’ultimo provvedimento, evidenziando le ragioni per le quali il contenuto dispositivo dello stesso non sia adeguatamente supportato dalla parte motivazionale.
96. Queste deduzioni sono però del tutto mancate; sicché si deve ribadire l’inammissibilità della doglianza.
97. Con l’ottavo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 53 del piano delle regole in quanto Coinger, in sede di richiesta di rilascio del titolo edilizio, contravvenendo a tale norma, non avrebbe presentato la relazione paesaggistica ivi prevista.
98. Anche questa censura non può essere condivisa in quanto l’art. 53 del piano delle regole non si applica alla fattispecie.
99. Invero, non è contestato che l’area in cui è allocata l’opera di cui è causa è ricompresa fra le “Nuove aree di trasformazione di interesse pubblico” le quali, ai sensi dell’art. 7, quarto comma, delle norme del documento di piano sono disciplinate, non già dal piano delle regole, ma dal piano dei servizi. E’ dunque evidente come la norma invocata dai ricorrenti non sia applicabile.
100. Con il nono motivo, le ricorrenti deducono la violazione degli artt. 8 e 12 della legge regionale n. 12 del 2005, in quanto, in applicazione di tali disposizioni, l’opera di cui è causa avrebbe dovuto essere assentita previa approvazione di un piano attuativo e non già mediante il diretto rilascio di un permesso di costruire.
101. In proposito si osserva quanto segue.
102. Stabilisce l’art. 12, primo comma, della legge della regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 Legge per il governo del territorio) che << L'attuazione degli interventi di trasformazione e sviluppo indicati nel documento di piano avviene attraverso i piani attuativi comunali…>>.
103. Questa norma si riferisce specificamente agli ambiti di trasformazione, di cui all’art. 8, secondo comma, lett. e), della stessa legge regionale n. 12 del 2005, previsti nel documento di piano.
104. Tali ambiti, oltre ad essere normalmente allocati in zone non urbanizzate del territorio comunale, non trovano una disciplina compiuta nell’ambito del PGT, giacché di essi tratta esclusivamente, appunto, il documento di piano il quale ne definisce, solo in linea di massima, gli indici urbanistico-edilizi. E’dunque per questa ragione che l’art. 12, primo comma, della legge regionale n. 12 del 2005 stabilisce che gli interventi da realizzarsi in tali contesti debbano essere preceduti dall’approvazione di un piano attuativo il quale, ai sensi del successivo comma terzo, dello stesso art. 12, fissa in via definitiva, ed in coerenza con le indicazioni contenute nel documento di piano, gli indici urbanistico-edilizi necessari alla attuazione delle previsioni dello stesso.
105. Per gli interventi disciplinati dal piano dei servizi e dal piano delle regole, i quali dettano invece regole puntuali e immediatamente prescrittive, non è sempre imposta la pianificazione attuativa, essendo riservato a tali atti stabilire se tale strumento sia nel concreto necessario.
106. Ciò premesso si deve osservare che, come sopra anticipato, l’opera avversata è allocata in un’area ricompresa fra le “Nuove aree di trasformazione di interesse pubblico” disciplinate dal piano dei servizi il quale non impone l’approvazione di un piano attuativo ai fini della sua realizzazione.
107. Il Comune di Besnate, in applicazione delle disposizioni del proprio PGT, ha dunque correttamente assentito tale opera attraverso il semplice rilascio del permesso di costruire.
108. Se poi le ricorrenti ritengono che il PGT sia per questo specifico profilo illegittimo, in quanto nel concreto si sarebbe dovuta prevedere la pianificazione attuativa, avrebbero dovuto dedurre una specifica doglianza avverso di esso e non limitarsi censurare il permesso di costruire.
109. Per tutte queste ragioni la doglianza in esame è infondata.
110, Con il decimo motivo, le interessate deducono la difformità fra il progetto assentito ed il PGT, in quanto l’opera avrebbe dimensioni maggiori rispetto a quelle previste nello strumento di pianificazione urbanistica.
111. Questo motivo è del tutto infondato giacché l’opera assentita dal permesso di costruire impugnato ha una superficie complessiva pari a mq. 3.915, inferiore al limite massimo di 4.500 mq indicati nella scheda TPR1 contenuta nel PGT. Tutti gli altri dati riportati nel ricorso sono inconferenti in quanto non si riferiscono al profilo dimensionale dell’opera ma delle aree sulla quale essa insiste.
112. Va pertanto ribadita l’infondatezza della doglianza.
113. Con l’undicesimo motivo le ricorrenti evidenziano alcune discrasie fra i dati, riguardanti le dimensioni dell’area sulla quale è allocato l’intervento, riportati nel permesso di costruire, nella autorizzazione alla trasformazione del bosco rilasciata dal Parco del Ticino e nell’autorizzazione paesaggistica provinciale.
114. Anche per questa censura valgono le considerazioni sopra svolte, stante l’irrilevanza, ai fini della valutazione della legittimità del permesso di costruire impugnato, di discrasie che attengono non già alle dimensioni dell’opera ma a quelle delle aree di contesto in cui questa si inserisce. Senza contare che, nel caso concreto, tale discrasie non dipendono da errori di calcolo ma dalla disomogeneità dei criteri utilizzati per individuare le aree di contesto, disomogeneità peraltro giustificata dalla diversa funzione degli atti presi in considerazione dai ricorrenti.
115. Va dunque ribadita l’infondatezza della censura.
116. Con il dodicesimo motivo, viene dedotta l’illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica provinciale in quanto contraddittoria rispetto ad un precedente atto della medesima provincia che, sotto il profilo paesaggistico appunto, aveva valutato negativamente l’opera avversata.
117. La censura è infondata in quanto nell’autorizzazione provinciale, rilasciata in data 19 luglio 2012, si è preso atto che le integrazioni documentali depositate dall’interessato in data 12 aprile 2012 hanno permesso superare i rilievi critici precedentemente sollevati. Si è in particolare rilevato che l’opera è correlata alla realizzazione di interventi di mitigazione e mascheramento dell’impatto, fra cui una siepe di mascheramento di carpino bianco.
118. Si tratta all’evidenza di valutazioni di merito che non possono essere sindacate da questo giudice, e che, comunque, non appalesano evidenti profili di irragionevolezza o irrazionalità.
119. Deve essere per queste ragioni ribadita l’infondatezza della censura.
120. Con il tredicesimo motivo, viene censurato il parere rilasciato dall’ASL in data 15 dicembre 2011. In particolare, secondo le ricorrenti, tale parere sarebbe illegittimo atteso che l’intervento di cui è causa è stato ascritto alla classe I di cui all’art. 216 del r.d. n. 1265 del 1934 e che, per questa ragione, non si sarebbe potuto autorizzare la sua costruzione in un’area caratterizzata dalla massiccia presenza di abitazioni. Inoltre, sempre secondo i ricorrenti, il permesso di costruire impugnato non avrebbe indicato quali misure implementare a garanzia della salute dei soggetti che vivono nelle vicinanze dell’opera, contravvenendo così alle prescrizioni impartite con il suddetto parere dell’ASL.
121. Il motivo è infondato per due ordini di ragioni.
122. Innanzitutto, va rilevato che il centro di raccolta rifiuti qui avversato è collocato in una zona esterna al centro abitato. In questo senso dispone esplicitamente il certificato rilasciato in data 14 novembre 2014 dal Responsabile del competente settore del Comune di Besnate. Né le ricorrenti hanno dimostrato che l’opera è collocata all’interno di una zona massicciamente adibita. Anzi, le stesse ricorrenti non hanno confutato l’allegazione di controparte secondo cui le abitazioni più vicine si trovano comunque ad una distanza di circa cento metri dal centro di raccolta rifiuti.
123. In secondo luogo, va osservato che nella relazione allegata al progetto presentato dal richiedente il permesso di costruire sono state indicate le misure atte a garantire la salute della popolazione. Si deve invero evidenziare che in detta relazione sono stati presi in considerazione tutti gli eventi che potrebbero arrecare nocumento alla salute e, per ciascuno di essi, sono state previste le misure idonee a neutralizzarne gli effetti (tali aspetti sono stati in particolare affrontati nelle parte dedicata al piano di emergenza).
124. Va per queste ragioni ribadita l’infondatezza della censura.
125. Con il quattordicesimo motivo, le ricorrenti sostengono che il permesso di costruire impugnato sarebbe illegittimo in quanto rilasciato senza aver prima acquisito il parere dell’ARPA.
126. Il motivo è infondato in quanto nessuna disposizione prevede che, per il rilascio di permessi di costruire riguardanti centri di raccolta rifiuti, debba essere preventivamente acquisito il parere dell’ARPA. Le disposizioni invocate dalle ricorrenti, contenute nella legge della Regione Lombardia 14 agosto 1999, n. 16 (Istituzione dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente – ARPA) hanno, invero, carattere generico, avendo esse lo scopo di definire le funzioni di tale agenzia, e non dispongono l’obbligo di rilascio di un parere per il caso di istanza di permesso di costruire riguardante un centro di raccolta dei rifiuti.
127. Con il quindicesimo motivo le ricorrenti deducono la violazione dei criteri di localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti urbani e speciali indicati nella deliberazione della Giunta regionale n. 6581 del 1971.
128. La censura è infondata per due ordini di ragioni.
129. Innanzitutto perché i criteri indicati in tale delibera si riferiscono non già ai centri di raccolta dei rifiuti ma agli impianti di gestione dei rifiuti stessi, e si è visto come l’opera oggetto del permesso di costruire impugnato sia un mero centro di raccolta. In secondo luogo perché l’opera di cui è causa non è collocata in una di quelle zone (centri e nuclei storici, ambiti residenziali consolidati, ambiti residenziali di espansione) nelle quali la suddetta delibera vieta l’allocazione degli impianti di gestione dei rifiuti.
130. Si deve dunque ribadire l’infondatezza della censura.
131. Infine, con il ricorso introduttivo, viene dedotto il vizio di invalidità derivata, giacché, secondo i ricorrenti, gli atti impugnati sarebbero inficiati dagli stessi vizi che colpiscono il piano di governo del territorio.
132. Si è visto però che il ricorso che ha ad oggetto quest’ultimo atto è risultato infondato; pertanto anche questa doglianza non può essere accolta.
133. Si può ora passare all’esame dei motivi aggiunti depositati in data 15 gennaio 2015.
134. Con il primo motivo ivi dedotto, le ricorrenti rilevano che i lavori sarebbero stati iniziati tardivamente dopo lo spirare del termine annuale previsto dall’art. 15, secondo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001.
135. Ritiene il Collegio che il motivo sia del tutto inconferente ai fini della declaratoria di illegittimità degli impugnati in quanto il tardivo inizio dei lavori non determina certo l’illegittimità del titolo edilizio, ma solo la decadenza dello stesso e l’abusività degli interventi eseguiti successivamente..
136. Né si può ritenere che il Collegio possa dichiarare l’intervenuta decadenza del titolo impugnato atteso che è preferibile ritenere che questa debba essere dichiarata in prima battuta dall’Amministrazione comunale, la quale è comunque chiamata ad emettere un atto di accertamento di un effetto che consegue ex lege al presupposto legislativamente indicato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7 settembre 2011, n. 5028); e che, ai sensi dell’art. 34, secondo comma, cod. proc. amm., <<in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati>>.
137. La censura è, quindi, infondata ed inammissibile.
138. Analogo discorso va svolto con riferimento alla censura contenuta nel motivo rubricato sub 16), con cui le ricorrenti lamentano la tardiva esecuzione dei lavori di trasformazione del bosco rispetto al termine indicato nell’autorizzazione rilasciata dal Parco Lombardo della valle del Ticino in data 12 ottobre 2012, ai sensi della legge della Regione Lombardia n. 31 del 2008.
139. Anche in questo caso infatti la riferita tardività non può comunque incidere sulla validità degli atti rilasciati.
140. Con il motivo rubricato sub 17), le ricorrenti ribadiscono, alla luce delle note ASL prodotte sub doc. nn. 106, 81 e 82, che l’opera di cui è causa avrebbe dovuto essere sottoposta a VIA o, perlomeno, a verifica di assoggettabilità.
141. In proposito il Collegio non che richiamare quanto illustrato sopra, laddove si ampiamente dimostrato come i progetti riguardanti i centri di raccolta dei rifiuti urbani non devono essere sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA.
142. Con il motivo rubricato sub. 18), le ricorrenti lamentano ancora, alla luce della nota ASL prodotta sub doc. n. 82, che l’opera di cui è causa non potrebbe essere collocata all’interno del centro abitato, trattandosi di opera insalubre di prima classe.
143. Anche con riferimento a questa censura il Collegio deve ribadire che il Comune ha certificato che il centro di raccolta rifiuti oggetto del permesso di costruire impugnato è collocato al di fuori del centro abitato e che, comunque, le ricorrenti non hanno dimostrato che l’opera di cui è causa è allocata in zona massicciamente abitata . Come detto non è stata smentita l’affermazione comunale secondo cui le abitazioni più vicine si trovano a circa cento metri dal centro di raccolta.
144. Del resto l’affermazione delle ricorrenti, secondo cui l’area in cui è inserita l’opera sarebbe caratterizzata dalla massiccia presenza di abitazioni, è contraddittoria rispetto a quanto riferito in altre parti degli scritti difensivi dove si evidenzia come detta area sia invece caratterizzata dalla presenza di un bosco e, perciò, da profili di pregio ambientale.
145. La doglianza non può pertanto essere condivisa.
146. Si può ora passare all’esame dei secondi motivi aggiunti depositati in data 3 febbraio 2015.
147. Con il motivo rubricato sub. 19), le ricorrenti deducono ancora una volta il difetto di istruttoria, evidenziando che la nota comunale rubricata sub doc. 132) confermerebbe che l’area in cui è collocata l’opera avversata sarebbe interessata da problematiche ambientali non adeguatamente valutate in sede di rilascio del permesso di costruire.
148. Ritiene il Collegio che anche questa censura non possa essere condivisa. Infatti per quanto riguarda le problematiche ambientali, si è già più volte ribadito che il progetto relativo all’opera di cui è causa non andava sottoposto a VIA né a verifica i assoggettabilità. Per quanto concerne invece i profili attinenti alla salubrità degli ambienti, si deve osservare che l’ASL, con atto del 15 dicembre 2011, ha espresso parere positivo in ordine alla realizzabilità dell’opera.
149. Le criticità evidenziate successivamente al rilascio del permesso di costruire non denotano, a parere del Collegio, un difetto di istruttoria atteso che, anche ammesso che tali criticità si riferiscano effettivamente all’interevento di cui è causa, i ricorrenti non hanno dimostrato che esse siano tali da far sì che lo stesso intervento possa essere considerato dannoso per la salute umana.
150. Le affermazioni delle ricorrenti sono infatti generiche e del tutto indimostrate; mentre le valutazioni effettuiate da ASL e dal Comune di Besnate sono basate su studi specifici effettuati da tecnici incaricati dal soggetto interessato alla realizzazione dell’intervento, evidentemente vagliate dal personale tecnico appartenente alle due suindicate Amministrazioni.
151. Per queste ragioni anche questa doglianza non può essere condivisa.
152. Infine, con il motivo rubricato sub. 20), le ricorrenti lamentano che COINGER starebbe realizzando un intervento di dimensioni maggiori rispetto a quello assentito.
153. Anche questa doglianza è del tutto inconferente in quanto anche ammettendo che quanto riferito dalle ricorrenti sia veritiero, ciò non determina certo l’illegittimità degli atti che hanno assentito l’opera di cui è causa: il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel titolo rilasciato determina infatti l’abusività delle opere ma non l’illegittimità del titolo stesso.
154. Va dunque affermata l’infondatezza della doglianza.
155. In conclusione, essendo tutte le censure infondate, il Collegio deve respingere sia il ricorso RG n. 2365/2013 che il ricorso RG n. 244/2014.
156. Per quanto riguarda la domanda di condanna per responsabilità aggravata, ai sensi dell’art. 96, cod. proc. civ., formulata da Coinger, ritiene il Collegio che - sebbene il ricorso contenga un numero veramente elevato di motivi, alcuni dei quali inconferenti ed altri che avrebbero meritato una più approfondita esposizione - non siano ravvisabili i requisiti per poter affermare la temerarietà della lite, essendo alcune delle doglianze dedotte basate su questioni effettivamente controverse e, comunque, di non facile soluzione.
157. Queste ultime considerazioni inducono anzi il Collegio a disporre la compensazione, fra le parti costituite, delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, riunisce i due ricorsi come in epigrafe proposti e li respinge entrambi.
Respinge la domanda di condanna dei ricorrenti per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente
Giovanni Zucchini, Consigliere
Stefano Celeste Cozzi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)