TAR Toscana Sez. III n. 156 del 30 gennaio 2018
Urbanistica.Autotutela e VINCA postuma

La disciplina del potere di autotutela dettata dall’art. 21 nonies dlv 241/1990 non è derogata quando il vizio di illegittimità del provvedimento da rimuovere consiste nella violazione del diritto comunitario. Senza contare poi che l’applicazione del principio di proporzionalità (anche esso di matrice comunitaria) impone che la restaurazione della legalità debba avvenire attraverso la misura, che a parità di tutela dell’interesse pubblico, risulti meno pregiudizievole per il privato. Anche per tale ragione, pertanto, l’acquisizione postuma della VINCA (non incompatibile con l’ordinamento comunitario secondo i principi recentemente affermati dalla Corte di giustizia) va preferita all’annullamento (a distanza di anni) dei permessi rilasciati (segnalzione Ing. M. Federici).

Pubblicato il 30/01/2018

N. 00156/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00490/2017 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 490 del 2017, proposto da:
Federcacciatori Sezione Comunale di Calenzano, A.S.D. Shooting Club The New Generation rappresentata e difesi dagli avvocati Valentina Iezzi e Simone Settesoldi, domiciliata ex art. 25 cpa presso la Segreteria del Tar per la Toscana in Firenze, via Ricasoli n.40;

contro

Comune di Calenzano, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Stolzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Masaccio, n. 183;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Leonardo Cantinelli, Lara Roti, Romano Roti, Anna Nadetti, Giovanni Franchi, Silvia Ancillotti, Lorella Marchionne, Annalisa Amerini, Barbara Campolmi, Alessandro Quarantini, Enrico Roselli, Richard De Matos, rappresentati e difesi dall'avvocato Giacomo Cresci, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, viale Milton 27;

per l'annullamento:

a) determinazione n. 10/Edilizia del 10.03.2017 del Responsabile dell'Area Edilizia del Comune di Calenzano, notificata il 14.0.3.2017, di annullamento in via di autotutela dei permessi di costruire n. 82/2010 e n. 42/2012 in quanto rilasciati in assenza di Valutazione di incidenza ambientale;

b) degli atti presupposti, preliminari e/o conseguenti, ancorché incogniti;

e per la condanna

al risarcimento dei danni emergenti e da lucro cessante, subiti e subendi, in conseguenza dell'attività provvedimentale del Comune di Calenzano.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Calenzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2018 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

E’ impugnato dalla Sezione locale della Federcacciatori il provvedimento con cui il comune di Calenzano ha annullato in via di autotutela due permessi di costruire rilasciati o negli anni 2010 e 2012 per il recupero funzionale del poligono di tiro che essa ha in gestione.

I due titoli annullati, in particolare, avevano ad aggetto la realizzazione di terrapieni laterali e frontali alle linee di tiro per la loro messa in sicurezza oltre che la demolizione e ricostruzione di alcune tettoie.

Il comune di Calenzano accortosi, a seguito della presentazione di un esposto da parte di un comitato di cittadini, che il poligono ricade nell’ambito di un sito di interesse comunitario, ha dato inizio ad un procedimento di riesame in quanto rispetto agli interventi autorizzati non sarebbe stata previamente acquisita la valutazione di incidenza ambientale prevista dal D.P.R. 357/1997.

In una prima fase del procedimento il Comune con il supporto della Città metropolitana di Firenze, gestore del sic, aveva prospettato la possibilità di acquisire ex post la valutazione di incidenza a condizione che il soggetto richiedente fosse in grado di ricostruire in modo oggettivo e adeguatamente circostanziato e preciso, la situazione ambientale ex ante, riservandosi di definire il procedimento di autotutela all’esito del suo esame.

Federcacciatori commissionava quindi lo studio di incidenza depositandolo agli atti del procedimento.

Il documento veniva sottoposto alla Regione Toscana (che nelle more aveva acquisito le competenze sul sic) la quale rilasciava un parere favorevole evidenziando come nella specie si possa affermare con ragionevole certezza che non esistono significative interferenze tra i lavori svolti (…) l’attività di tiro al bersaglio e il sistema ambientale.

Nel procedimento interveniva, tuttavia, anche il Ministero dell’ambiente che assumeva, invece, una posizione più rigida ritenendo che l’illegittimità dei permessi rilasciati non fosse sanabile attraverso una postuma presentazione della VINCA, non essendo ciò consentito dalla direttiva 92/43/CEE così come interpretata dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria.

Alla luce di tale presa di posizione il comune di Calenzano si determinava ad annullare in via di autotutela i due permessi edilizi.

Avverso tale decisione è insorta Federcacciatori che ha presentato il ricorso di cui in epigrafe.

Nel giudizio sono intervenuti ad opponendum una serie di soggetti qualificatisi in posizione di vicinitas rispetto al poligono di tiro che sarebbe fonte di rumori molesti.

Gli interventori hanno eccepito la inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad almeno uno di essi in quanto controinteressati e al Ministero dell’Ambiente che, parimenti, rivestirebbe la qualità di controinteressato.

La ricorrente ha a sua volta eccepito l’inammissibilità dell’intervento per difetto di legittimazione attiva e per la sua mancata notifica all’indirizzo pec indicato nella domiciliazione.

DIRITTO

Si può prescindere dall’esame della eccezione di inammissibilità dell’intervento stante il fatto che il ricorso deve ritenersi ammissibile e fondato.

Non ha pregio la deduzione difensiva degli intervenienti volta ad attribuire al Ministero dell’ambiente la qualifica di controinteressato. Rivestono tale posizione coloro che sono titolari sul piano sostanziale di un interesse legittimo speculare a quello fatto valere dal ricorrente. La Pubblica amministrazione allorché intervenga a rappresentare gli interessi di cui è portatrice nell’ambito di procedimenti amministrativi non esercita facoltà riconducibili ad una posizione di interesse legittimo (che presuppone il collegamento con uno specifico bene della vita) ma si avvale invece di prerogative attinenti la funzione pubblica di cui è investita nell’interesse generale della collettività.

Non rivestono la qualità di controinteressati in senso tecnico nemmeno i ricorrenti.

Anche a voler prescindere dalla circostanza (di per sé decisiva) che gli stessi non sono menzionati nel provvedimento, essi hanno agito nell’ambito del procedimento non uti singuli ma riuniti in un comitato di cui sarebbe occorso comprovare un adeguato grado di rappresentatività in termini: a) di collegamento stabile con il territorio di riferimento; b) di un'azione dotata di apprezzabile consistenza, anche tenuto conto del numero e della qualità degli associati; c) di protrazione nel tempo della attività.

Non solo la prova in giudizio di tali elementi non è stata offerta ma emerge da gli atti che in realtà il comitato che ha agito nell’ambito del procedimento di autotutela avesse natura meramente occasionale, essendo preordinato al solo scopo di contrastare l’attività del poligono.

Ne consegue che, trattandosi di organizzazione priva dei requisiti per assurgere a soggetto giuridico, la stessa non era dotata della legittimazione processuale passiva necessaria per poter rivestire la qualità di controinteressata.

Nel merito il ricorso è fondato.

Occorre innanzitutto premettere che la Corte di Giustizia UE con la sentenza 26 luglio 2017, C-196/16 e C-197/16 ha chiarito che l’ordinamento comunitario non osta a che una valutazione di impatto ambientale sia effettuata a titolo di regolarizzazione, dopo la costruzione e la messa in servizio dell’impianto interessato, purché le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non offrano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di disapplicarle e la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione non si limiti alle ripercussioni future di tale impianto sull’ambiente, ma prenda in considerazione altresì l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione.

La sentenza benchè resa in materia di valutazione di impatto ambientale pianamente applicabile anche alla VINCA che è istituto analogo.

Essa avvalora la interpretazione che sia il comune di Calenzano che la Città metropolitana di Firenze avevano dato alla normativa nazionale che disciplina i siti di interesse comunitario e vale, invece, a smentire l’interpretazione rigoristica offerta dal Ministero dell’Ambiente alla quale il predetto Comune si è poi uniformato.

A prescindere da tale notazione, ai fini della decisione in ordine al ricorso è necessario precisare che il provvedimento che ne è oggetto non è in alcun modo preordinato a sanare una situazione ab origine abusiva ma costituisce esercizio del potere di autotutela rispetto ad un precedente provvedimento in forza del quale le opere sono state realizzate.

Allorché l’amministrazione, a conclusione di un procedimento di riesame, decida di non addivenire all’annullamento del provvedimento viziato, essa non opera, infatti, alcun tipo di sanatoria ma semplicemente ritiene che non sussista un interesse pubblico concreto che giustifichi l’annullamento o che sussista un affidamento tutelabile che su di esso prevalga.

Pertanto la questione di diritto che si pone nel caso di specie attiene alla assoggettabilità dei procedimenti di autotutela riguardanti i permessi edilizi rilasciati senza la preventiva acquisizione della valutazione di incidenza ambientale alla generale disciplina dell’art. 21 nonies della L. 241 del 1990, la quale richiede che l’annullamento del provvedimento illegittimo debba essere giustificato da una motivazione che evidenzi la sussistenza di un interesse pubblico concreto.

Onde avvalorare la tesi contraria le parti intimate hanno più volte evocato l’art. 29 comma del D.Lgs 152 del 2006 a mente del quale sono annullabili per violazione di legge le autorizzazioni aventi ad oggetto progetti approvati in assenza di via ove prescritta.

Anche a voler dare per ammessa la estensibilità analogica di tale norma ai permessi inerenti interventi per cui è necessaria la VINCA, essa, a giudizio del Collegio, non rappresenta una disposizione di natura speciale, limitandosi a richiamare il generale istituto dell’annullamento d’ufficio così come configurato dall’art. 21 nonies della L. 241 del 1990 il quale detta un paradigma generale del potere di autotutela che può essere derogato solo in presenza di una espressa disposizione di legge che ne regoli in modo diverso l’esercizio.

La disciplina dettata dall’art. 21 nonies è peraltro elastica e capace di adattarsi ai settori connotati dalla presenza di interessi pubblici sensibili, come quelli ambientali.

Sul punto basti richiamare quanto detto dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 8 del 2017 a proposito dell’annullamento d’ufficio dei permessi edilizi illegittimi che può basarsi anche su un mero richiamo alla situazione di fatto laddove il vulnus concreto all’interesse pubblico emerga ictu oculi in relazione all’interesse immediatamente protetto dalla norma violata.

Ma a prescindere dalle modalità più o meno semplificate di esternazione delle ragioni che ne giustificano l’esercizio, il potere di autotutela deve sempre fondarsi sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e non può quindi portare all’annullamento di atti che siano affetti da violazioni meramente procedimentali laddove risulti che le stesse non hanno arrecato alcun tipo di pregiudizio all’interesse pubblico sotteso alla norma violata.

E ciò è proprio quello che è accaduto nel caso di specie nel quale l’annullamento dei permessi edilizi rilasciati a favore della associazione ricorrente è intervenuto nonostante che la valutazione di incidenza da essa presentata con riferimento allo stato sussistente ex ante rispetto agli interventi eseguiti abbia ottenuto la piena approvazione dell’Ente gestore del sito di interesse comunitario (e cioè la regione Toscana) il quale ha dichiarato che non esistono significative interferenze tra i lavori svolti (…) l’attività di tiro al bersaglio e il sistema ambientale.

L’esercizio doveroso del potere di autotutela nel caso in esame nemmeno può giustificarsi in base alla discendenza comunitaria della norma violata, atteso che la giurisprudenza assolutamente prevalente, dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, ha da tempo chiarito che la disciplina del potere di autotutela dettata dall’art. 21 nonies non è derogata quando il vizio di illegittimità del provvedimento da rimuovere consiste nella violazione del diritto comunitario (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 21/04/2010, n. 553; T.A.R. Catania, sez. IV 03 ottobre 2016 n. 2345; T.A.R. Bologna sez. II 23 dicembre 2014 n. 1295).

Senza contare poi che l’applicazione del principio di proporzionalità (anche esso di matrice comunitaria) impone che la restaurazione della legalità debba avvenire attraverso la misura, che a parità di tutela dell’interesse pubblico, risulti meno pregiudizievole per il privato. Anche per tale ragione, pertanto, l’acquisizione postuma della vinca (non incompatibile con l’ordinamento comunitario secondo i principi recentemente affermati dalla Corte di giustizia) avrebbe dovuto preferirsi all’annullamento (a distanza di anni) dei permessi rilasciati.

Per le suddette ragioni la domanda di annullamento del provvedimento impugnato deve essere accolta.

Va respinta invece la richiesta risarcitoria in quanto il lamentato danno derivante dalla mancata possibilità di usare il poligono non dipende dai provvedimenti impugnati bensì dal provvedimento di sospensione della attività che non è oggetto del presente giudizio.

La novità delle questioni trattate e la rilevanza assunta nella decisione dall’evolversi della giurisprudenza comunitaria giustificano la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino, Presidente

Riccardo Giani, Consigliere

Raffaello Gisondi, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Raffaello Gisondi        Rosaria Trizzino