TAR Campania (NA) Sez. VI n. 4027 del 6 luglio 2023
Urbanistica.impugnazione di provvedimenti abilitativi in materia edilizia
In tema di impugnazione di provvedimenti abilitativi in materia edilizia, per i quali non è richiesta la notificazione individuale ai “vicini”, si deve tener conto dell’art. 20, comma 6, del testo unico sull’edilizia, per il quale “dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all’albo pretorio. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite dal regolamento edilizio”. Nel caso di permesso in sanatoria a titolo di condono ovviamente non vi è stata a suo tempo l’affissione del cartello per le opere, quando non siano stati rilasciati titoli abilitativi, ma secondo quanto disposto dall’art. 20, comma 6, deve esservi anche in tal caso la pubblicazione dell’atto nell’albo pretorio del Comune e con tale pubblicazione comunque si verifica la presunzione
di conoscenza, dal momento che la legge prevede tale formalità, l’unica concreta possibile nel caso di rilascio del titolo in sanatoria.
Pubblicato il 06/07/2023
N. 04027/2023 REG.PROV.COLL.
N. 03953/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3953 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio -OMISSIS-, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Barano D'Ischia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Barbieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Bruno Antonio Molinaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lorenzo Bruno Molinaro in Barano D'Ischia, piazza San Rocco n.26;
per l'annullamento
- del permesso di costruire in sanatoria n. 20/2019 del 23/05/2019, a firma del responsabile del Settore del Comune di Barano d'Ischia, rilasciato a favore del signor -OMISSIS- e riferito alle istanze di condono edilizio prot. com. n. 2567 del 29.4.1986, presentata ai sensi della l. n. 47/85, e prot. com. n. 677 del 25.1.1995, presentata ai sensi della l. n. 724/94, per opere consistenti nella realizzazione di “…immobile adibito a civile abitazione, ed annesse pertinenze eseguito in difformità alla concessione edilizia n. 40/80, sito in Barano d'Ischia alla via Vittorio Emanuele, n.-OMISSIS-…”;
- di ogni altro atto preordinato, prodromico, connesso e conseguenziale, comunque lesivo della posizione giuridica del ricorrente, ivi compresa:
- l'autorizzazione paesaggistica rilasciata con provvedimento n. 8/2019 del 26.2.2019 dal responsabile del Procedimento Paesaggistico.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Barano D'Ischia e di -OMISSIS-;
Visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 la dott.ssa Mara Spatuzzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso, notificato il 15 luglio 2022 e depositato il 30 agosto 2022, la ricorrente impugna il permesso di costruire n. 20/2019 del 23 maggio 2019, a firma del responsabile del settore del comune di Barano d’Ischia, rilasciato a favore di -OMISSIS- e riferito alla istanza di condono edilizio prot. com. n. 2567 del 29 aprile 1986, presentata ai sensi della l. n. 47/85, e a quella prot. com. n. 677 del 25 gennaio 1995, presentata ai sensi della l. n. 724/94, per la realizzazione di “...immobile adibito a civile abitazione, ed annesse pertinenze eseguito in difformità alla concessione edilizia n. 40/80, sito in Barano d’Ischia alla via Vittorio Emanuele, n.-OMISSIS-...”, nonché la presupposta autorizzazione paesaggistica.
La ricorrente espone che: è coerede, unitamente ai signori-OMISSIS-, deceduto l’11 aprile 1992; il padre aveva effettuato nel 1981 due donazioni in favore di -OMISSIS- meglio descritte in ricorso; l’attuale stato dei luoghi sarebbe completamente diverso dalla consistenza del fabbricato al momento delle donazioni a favore dei fratelli; -OMISSIS- presentava due istanze di concessione edilizia in sanatoria, la n. 2567 del 29 aprile 1986, ai sensi della legge 47/85, e la n. 677 del 25 gennaio 1995, ai sensi della legge n. 724/1994, mentre -OMISSIS- presentava la istanza di concessione edilizia in sanatoria n. 2568 del 29 aprile 1986, ai sensi della legge n. 47/85; attualmente il fabbricato si compone di: - appartamento al piano terra, di proprietà di -OMISSIS-, costituito da un ingresso, disimpegno, cucina, due bagni, e quattro camere, nonché tre balconi, per una superficie commerciale di circa mq 115,80, oltre circa mq 30,30 per i balconi e circa mq 5,80, per il passetto sospeso d’ingresso;- appartamento al piano primo, di proprietà di -OMISSIS-, costituito da un ingresso, disimpegno, cucina, due bagni, e quattro camere, nonché due balconi, per una superficie commerciale di circa mq 115,80, oltre circa mq 21,50 per i balconi e circa mq 6,00, per la scala d’ingresso, ubicata sul lato nord-est del fabbricato, dalla quale si accede; - appartamento al piano seminterrato, di proprietà -OMISSIS-, costituito da un salone con angolo cottura, un bagno ed una stanza, per una superficie commerciale di circa mq 59,50, oltre circa mq 68,50 per l’area di corte circostante che si configura come un terrazzo a livello; le opere abusive realizzate -OMISSIS- e -OMISSIS- sarebbero lesive dei diritti reali vantati dalla ricorrente sui beni facenti parte del relictum e costituiti dalle p.lle 623, 109, 833 ed 835; in particolare, la p.lla 913 e parte della p.lla 46, a seguito della trasformazione del fabbricato attualmente ricadente sulla p.lla 912, hanno subito una trasformazione che le avrebbe rese incompatibili con l’uso previsto per il “viale” in entrambi gli atti di donazione, da utilizzare anche con mezzi meccanici; con la trasformazione del fabbricato, parte della p.lla 46, e più precisamente il tratto che lambisce la p.lla 915, è infatti occupata da una rampa di scalini che adduce alla p.lla 913. Questa, a sua volta, anziché costituire un viale di accesso con mezzi meccanici è stata in parte occupata dal passetto sospeso che permette l’accesso del fabbricato, in parte da una siepe, e solo in parte destinata ad un vialetto il cui transito è soltanto pedonale data la sua ridotta larghezza. Inoltre, tenuto conto della realizzazione di un’unità immobiliare al piano seminterrato, parte del terreno che avrebbe dovuto costituire il detto viale, è stato oggetto di lavori di sbancamento, con conseguente restringimento della larghezza del viale stesso.
La ricorrente, che afferma di essere venuta a conoscenza “in modo del tutto occasionale e a seguito di accesso agli atti” dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 20/2019, evidenzia la sua legittimazione e il suo interesse al ricorso in qualità di comproprietaria di immobili confinanti e persona lesa nei suoi diritti dominicali a seguito della trasformazione del fabbricato condonato e deduce l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per i seguenti motivi:
1) Carenza dei presupposti di fatto e di diritto. Carenza di istruttoria. Violazione e falsa applicazione legge n. 47/85 e l. 724/94. Improcedibilità delle istanze di condono.
In sostanza, la ricorrente lamenta che il permesso di costruire in sanatoria impugnato sarebbe stato emesso con riferimento ad istanza di condono infedele, in quanto l’oggetto della stessa non coinciderebbe con quanto effettivamente realizzato nel corso degli anni e, in alcuni casi, anche dopo la scadenza dei termini per la presentazione dei condoni, per cui l’istanza di condono doveva essere dichiarata inammissibile e/o improcedibile. In particolare, il confronto dei grafici e fotografie connessi ai Nulla Osta n. 40/80 e C.E. n. 117/81 rispetto alla planimetria allegata alla donazione del 3/6/1981 nonché ai grafici e fotografie delle istanze di condono edilizio del 1986 presentati nel 1992, 1993 e per ultimo nel 2018, dimostrerebbe che l’originale fabbricatino rurale fu interamente demolito e sostituito da un nuovo edificio di maggiore consistenza planovolumetrica, con diversa sagoma e posizione. Dell’originale fabbricatino di cui al N.O. 40/80 non vi sarebbe più alcun segno o elemento costitutivo che possa far individuare i vani o i volumi preesistenti, per cui l’edificio così ottenuto costituirebbe un organismo edilizio ex novo totalmente abusivo, impropriamente condonato. La qualificazione delle opere da condonare come ampliamento di quelle assentite con il N.O. 40/80 sarebbe fuorviante, come pure quanto riportato nelle relazioni tecniche dei professionisti. La revoca dell’ordinanza di sospensione (i.e. n. 117/80) non potrebbe infatti mai considerarsi nuovo titolo abilitativo del nuovo edificio in quanto lo stesso si fondava sull’impegno assunto dal sig. -OMISSIS- di ripristinare le porzioni demolite/crollate nel rispetto delle volumetrie esistenti, laddove tale ripristino non è mai avvenuto. Che la domanda di condono edilizio sarebbe dolosamente infedele sarebbe evidenziato anche dalla notevole differenza di superficie riscontrata rispetto a quanto dichiarato nelle istanze di condono (il piano terra del fabbricato, di proprietà di -OMISSIS-, presenterebbe una superficie utile di circa mq 91,00 , mentre la domanda di condono n. 2568 si riferirebbe a soli mq 64,00; inoltre vi sarebbero superfici non residenziali, quali balcone da est e ponticello da sud, che non sarebbero contemplate nella domanda di condono; - il piano primo del fabbricato, di proprietà di -OMISSIS-, presenterebbe una superficie utile di circa mq 95,00 ed una superficie non residenziale - balconi - di circa mq 26, mentre la domanda di condono n. 2569 si riferirebbe soltanto ad una superficie utile di mq 64,00). Dal confronto delle fotografie allegate alle predette istanze di condono rispetto a quelle presentate nel 1992 (prot. nn. 9245 e 9246) si rileverebbero, poi, opere complementari e di completamento postume al limite temporale previsto dalla L. 47/85: si tratterebbe quanto meno delle tettoie poste sui perimetrali sud del primo piano del fabbricato. Quanto, poi, all’istanza di condono edilizio n. 677/95 ricompresa nel permesso di costruire n. 20/2019, la ricorrente sostiene che le relative opere non potevano essere sanate in quanto sarebbe venuto meno l’originale “oggetto” della sanatoria per effetto della avvenuta trasformazione urbanistica ed edilizia del manufatto postuma alla presentazione dell’istanza di condono stessa. Nella fattispecie, la difformità dell’immobile rispetto a quello oggetto di condono, denoterebbe il compimento di attività abusiva dopo la presentazione della domanda, tale da stravolgere l’originaria fisionomia del bene avendo cambiato la destinazione d’uso del piano seminterrato del corpo di fabbrica secondario;
2) Violazione e falsa applicazione della normativa sulle costruzioni in zona sismica. Violazione e falsa applicazione l.r. 7 gennaio 1983, n. 9. Violazione del giusto procedimento. Mancata verifica dell’idoneità statica.
Il permesso di costruire in sanatoria impugnato sarebbe illegittimo anche per violazione della normativa “antisismica”. In particolare, la Certificazione di Idoneità sismica presentata nel 2018 non sarebbe idonea al rilascio del permesso di costruire in sanatoria perché generica e non supportata da nessuna delle verifiche e calcoli strutturali imposti dal D.M. 15 maggio 1985.
Si è costituito in giudizio il comune di Barano D’Ischia, che ha eccepito l’irricevibilità del ricorso per tardività (in quanto è stata notificato solo in data 15 luglio 2022 mentre il permesso di costruire in sanatoria n. 20 del 2019 è stato pubblicato all’Albo Pretorio dal 17 giugno 2019 al 16 luglio 2019; inoltre, la ricorrente aveva acquisito la documentazione relativa al procedimento di condono pendente già dall’agosto del 2014, di talché – e laddove la ricorrente avesse avuto un interesse – avrebbe potuto richiedere, anche attraverso il rimedio di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a., la definizione delle relative domande di condono) e ha contrastato nel merito le avverse pretese.
Si è costituito in giudizio il controinteressato -OMISSIS-, che ha eccepito l’irricevibilità del ricorso e comunque l’inammissibilità dello stesso per difetto di interesse (la sola vicinitas non sarebbe sufficiente a radicare anche il necessario interesse al ricorso e la sanatoria in realtà avrebbe avvantaggiato la ricorrente, che ha in corso una causa per la divisione ereditaria, determinando un incremento di valore degli immobili donati); e ha argomentato per la reiezione nel merito del ricorso.
La ricorrente ha replicato insistendo per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza pubblica del 24 maggio 2023, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso, come eccepito dal comune e dal controinteressato, va dichiarato irricevibile secondo quanto segue.
Si rileva innanzitutto che il permesso di costruire in sanatoria n. 20 del 2019 risulta pubblicato all’Albo Pretorio del comune di Barano dal 17 giugno 2019 al 16 luglio 2019, come da ricevuta di pubblicazione estratta dall’Albo pretorio informatico del comune e depositata in giudizio dallo stesso, in cui si certifica l’avvenuta corretta pubblicazione del provvedimento. Non possono rilevare in senso contrario, infatti, le contestazioni formulate da parte ricorrente in sede di replica contro tale documento, le quali, in assenza di qualsivoglia elemento di prova in relazione alla non riferibilità dello stesso all’amministrazione comunale e alla non veridicità di quanto in esso attestato, restano meramente formalistiche e non idonee a confutare quanto allegato dall’amministrazione (in proposito si ricorda, tra l’altro, che, per condivisa giurisprudenza, la mancanza di sottoscrizione di un atto amministrativo non è idonea per sé sola a metterne in discussione la validità e gli effetti). Inoltre, dalla documentazione depositata in giudizio emerge che la ricorrente è a conoscenza del procedimento condonistico sin dall’agosto del 2014 per quanto riguarda la pratica relativa a -OMISSIS- e dall’ottobre 2014 per quanto riguarda la pratica relativa a -OMISSIS-, quando ha acquisito copia della relativa documentazione a seguito di istanza di accesso agli atti: la ricorrente quindi già allora avrebbe potuto attivarsi chiedendo al comune la definizione dei relativi procedimenti e partecipando agli stessi, cosa che invece non ha fatto.
E, ancora, va evidenziato che la ricorrente ha contezza da almeno un decennio della ultimazione e utilizzazione del bene nella conformazione di cui si duole (la ricorrente stessa si è dichiarata comproprietaria di immobili confinanti e tra le parti è in corso un procedimento civile, n. 35599 del 2013, inerente anche il complessivo fabbricato in questione, e a tal fine la ricorrente aveva anche presentato la citata istanza di accesso agli atti, con riferimento alle pratiche di condono pendenti relativamente ai beni in questione, esitata favorevolmente).
Il presente ricorso, invece, è stato notificato solo in data 15 luglio 2022, a distanza di circa tre anni dalla prevista pubblicazione sull’Albo Pretorio del comune ed è da considerarsi tardivo, secondo i principi già affermati dalla sezione in casi analoghi (cfr. Tar Campania, Napoli, sent. n. 7275 del 2018 “…Nel caso di sanatoria, l’individuazione del dies a quo dell'impugnativa va in ogni caso contemperata con l’esigenza di assicurare stabilità e certezza agli atti amministrativi, non potendo gli stessi rimanere sine die soggetti ad un’eventuale impugnativa giurisdizionale, né potendosi consentire che il privato confinante, attraverso l'utilizzo ad libitum dello strumento dell'accesso, possa decidere di impugnare i relativi atti in qualsiasi momento (ex plurimis, T.a.r. Catania sez. I, 04/09/2014, n. 2390)…l’anzidetto principio è posto dall'ordinamento a tutela della posizione di tutte le parti direttamente o indirettamente interessate al provvedimento e, pertanto, anche di quella del soggetto titolare del permesso a non realizzare una costruzione che sia suscettibile di un possibile futuro abbattimento. Inoltre, in ossequio al vecchio brocardo “diligentibus iura succurrunt”, il vicino che intenda avversare un intervento edilizio ha il preciso onere di attivarsi tempestivamente secondo i canoni di buona fede in senso oggettivo…”; Tar Campania, Napoli, sent. n. 5726 del 2019; Tar Campania, Napoli, sent. n. 4285 del 2022).
L’art. 41, comma 2, del c.p.a. prevede infatti che, “qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”.
In tema di impugnazione di provvedimenti abilitativi in materia edilizia, per i quali non è richiesta la notificazione individuale ai “vicini”, si deve tener conto dell’art. 20, comma 6, del testo unico sull’edilizia, per il quale “dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all’albo pretorio. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite dal regolamento edilizio”.
Nel caso di permesso in sanatoria a titolo di condono ovviamente non vi è stata a suo tempo l’affissione del cartello per le opere, quando non siano stati rilasciati titoli abilitativi, ma secondo quanto disposto dall’art. 20, comma 6, deve esservi anche in tal caso la pubblicazione dell’atto nell’albo pretorio del Comune e con tale pubblicazione comunque si verifica la presunzione di conoscenza, dal momento che la legge prevede tale formalità, l’unica concreta possibile nel caso di rilascio del titolo in sanatoria.
Tale interpretazione dell’art. 20, comma 6, è coerente con le esigenze riguardanti la certezza dei rapporti giuridici di diritto pubblico e l’impossibilità di ritenere che un provvedimento autoritativo sia impugnabile in sostanza senza alcun limite di tempo.
Colui che intende proporre ricorso – quando è pendente un procedimento di condono – ha un proprio onere di diligenza, quello di attivarsi e di seguire l’iter del procedimento: se del caso, egli può intervenire nel corso del procedimento di condono (ed in tal caso avrà titolo ad avere notizia dell’esito del procedimento), ma se non interviene nel corso del procedimento deve avere la dovuta diligenza e proporre ricorso entro il termine di decadenza, decorrente dalla scadenza del termine di pubblicazione del titolo ai sensi dell’art. 20, comma 6, del testo unico sull’edilizia.
D’altro canto, come sopra evidenziato, il fabbricato in questione da tempo ha assunto la conformazione contestata dalla ricorrente e la stessa è a conoscenza da circa dieci anni della pendenza delle pratiche di condono in questione, avendo presentato apposite istanze di accesso esitate favorevolmente nel 2014, ma non ha ritenuto di intervenire nel procedimento né di chiedere la definizione dello stesso e neppure si è preoccupata di verificarne l’esito, salvo poi presentare ricorso a distanza di circa tre anni dalla pubblicazione del provvedimento di rilascio del permesso di costruire in sanatoria nell’albo pretorio, ritardo che non può ritenersi giustificabile.
Altrimenti opinando, si dovrebbe affermare che, quando è emesso un provvedimento di sanatoria, il vicino in ogni tempo possa impugnarlo, salva la prova che egli abbia avuto in precedenza formale notizia dell’atto, senza che sia esigibile dallo stesso un onere di diligenza in situazioni come quella in questione; il che determinerebbe una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche non giustificabile e contraria ai principi ordinamentali.
Per quanto sopra, pertanto, il ricorso va dichiarato irricevibile.
La particolarità della fattispecie consente di compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Santino Scudeller, Presidente
Rocco Vampa, Primo Referendario
Mara Spatuzzi, Primo Referendario, Estensore