TAR Umbria Sez. I n. 362 deò 10 agosto 2020
Urbanistica.Obbligo della previa sottoposizione a VAS delle scelte urbanistiche contenute in un piano attuativo
Sussiste l’obbligo della previa sottoposizione a VAS delle scelte urbanistiche contenute in un piano attuativo comportanti elementi di rilevante impatto ambientale e ciò deve essere affermato a fortiori laddove, a monte, sia mancata la valutazione ambientale strategica in sede di approvazione del piano regolatore generale, tanto più ove, come nel caso di specie, il piano attuativo comporti significative deviazioni rispetto ai contenuti dello strumento urbanistico generale.
Pubblicato il 10/08/2020
N. 00362/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00243/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 243 del 2015, proposto dal signor Ubaldo Rossi, rappresentato e difeso dagli avvocati Valeria Negroni e Umberto Segarelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maurizio Mariani in Perugia, via Podiani n. 17, e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Terni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Gennari, con domicilio eletto presso l’Avvocatura della Provincia di Perugia, in Perugia, piazza Italia n. 11, e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
del piano attuativo della zona R(Q) interessata dal percorso dell’elettrodotto “Raccordi di Villavalle alla Montalto – Villanova”, approvato con delibera di Giunta comunale del 2.04.2014, n. 111.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Terni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Davide De Grazia nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2020, celebrata mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84, c. 5, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e del decreto del Presidente del 13.04.2020, n. 14, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. – Il sig. Ubaldo Rossi è proprietario di un terreno sito nel Comune di Terni, loc. S. Liberatore, che ospita una stalla per l’allevamento di bovini e un edificio adibito a rimessa attrezzi e macchine agricole, oltre a un garage e ad altro annesso per l’allevamento di suini e per il ricovero degli animali da cortile.
2. – Il vigente PRG classifica la particella di proprietà del sig. Rossi come R(Q), ovvero “zona di riqualificazione paesaggistica ed ambientale”.
3. – In data 2.02.2015, il Comune di Terni ha notificato al sig. Rossi la delibera della Giunta comunale del 2.04.2010, n. 111, con la quale è stato approvato il “Piano attuativo della zona R(q) interessato dal percorso dell’elettrodotto a 380 KW denominato Raccordi di Villavalle alla Montalto – Villanova” con i relativi elaborati e, tra questi, l’elenco delle aree da vincolare o espropriare, tra le quali figura la particella n. 505 del foglio 93, di proprietà del ricorrente.
4. – Con ricorso del 1.04.2015, il sig. Rossi ha impugnato dinnanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale la citata delibera della Giunta comunale e ne ha chiesto l’annullamento, ritenendola viziata per violazione di legge per difformità rispetto al piano regolatore generale, per inosservanza delle norme che regolano l’approvazione delle varianti agli atti di pianificazione generale e per l’omissione, nell’ambito del procedimento per la sua approvazione, della valutazione ambientale strategica.
5. – Il Comune di Terni si è costituito per resistere al ricorso.
6. – In vista dell’udienza pubblica del 3.12.2019, parte ricorrente ha depositato, in data 3.11.2019, dichiarazione con la quale ha manifestato il permanere dell’interesse alla decisione del ricorso.
7. – Con memoria del 28.01.2020, l’Amministrazione comunale ha eccepito l’improcedibilità del ricorso, in considerazione della sopravvenuta inefficacia del vincolo preordinato all’esproprio, e la sua inammissibilità, posto che, secondo l’Amministrazione, le doglianze formulate dal ricorrente avrebbero dovuto essere indirizzate allo strumento urbanistico generale, approvato con delibera del Consiglio comunale n. 307 del 2008.
Nel merito, la difesa comunale ha rilevato l’infondatezza delle censure formulate dal ricorrente.
8. – Le parti hanno successivamente scambiato memorie e repliche.
9. – All’udienza pubblica del 7 luglio 2020, celebrata mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84, c. 5, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
10. – Devono essere prioritariamente esaminate le eccezioni di improcedibilità e di inammissibilità del ricorso formulate dall’Amministrazione resistente.
10.1. – Il Comune di Terni ha eccepito, in primo luogo, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente, stante la perdita di efficacia del vincolo preordinato all’esproprio derivante dall’impugnato piano attuativo per il decorso del quinquennio di cui all’art. art. 9 del D.P.R. n. 327/2001 ed in mancanza, entro detto termine, dell’adozione della dichiarazione di pubblica utilità (non potendo discendere gli effetti di detta dichiarazione dallo stesso piano attuativo, che non determina a tal fine alcun impegno di spesa) o della reiterazione del vincolo espropriativo ai sensi del comma 4 del citato art. 9.
10.2. – Il ricorrente ha replicato che, stante l’ordinaria efficacia decennale del piano attuativo approvato dalla Giunta comunale ai sensi dell’art. 26, c. 2, della legge regionale n. 11/2005, la previsione vincolistico-ablatoria contenuta nello strumento urbanistico impugnato proietta la sua incidenza oltre il quinquennio di efficacia del vincolo espropriativo, ponendo il bene sostanzialmente fuori mercato e producendo effetti preclusivi, o comunque fortemente dissuasivi, rispetto a qualsiasi iniziativa del proprietario in termini di aggiornamento o miglioramento delle colture, degli impianti, dell’edificio abitativo e degli annessi agricoli.
10.3. – Il collegio ritiene che l’eccezione di improcedibilità del ricorso formulata dall’Amministrazione resistente non possa essere condivisa.
Il sig. Rossi ha impugnato il piano attuativo approvato dalla Giunta comunale di Terni al fine di conservare la destinazione agricola del terreno di sua proprietà.
Se questo è l’interesse del ricorrente, la mera decadenza del vincolo preordinato all’esproprio per decorso del termine quinquennale di efficacia non può comportare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse.
Richiamando i consolidati orientamenti della giurisprudenza, la decadenza del vincolo espropriativo per inutile decorso del tempo non determina alcuna reviviscenza della pregressa destinazione. L’inutile decorso del quinquennio, in mancanza della legittima reiterazione del vincolo, comporta infatti la decadenza di quest’ultimo, ma l’area già vincolata non riacquista automaticamente la sua antecedente destinazione urbanistica, acquisendo la condizione di area non urbanisticamente disciplinata, ossia “zona bianca”. Rispetto ai terreni ricadenti in tali zone, allorché cessino gli effetti dei preesistenti vincoli, l’Amministrazione comunale è chiamata ad esercitare la sua discrezionale potestà urbanistica e ad attribuire agli stessi una congrua destinazione (Cons. Stato, sez. IV, 24 agosto 2016, n. 3684).
Ne consegue che l’annullamento giurisdizionale, anche dopo la scadenza del termine quinquennale di efficacia del vincolo preordinato all’esproprio, costituisce l’unico rimedio perché il proprietario possa immediatamente ottenere il ripristino della destinazione urbanistica esistente prima dell’imposizione del vincolo.
Anche in caso di scadenza del termine quinquennale del vincolo espropriativo imposto dallo strumento urbanistico, dunque, permane l’interesse del proprietario ad ottenere la pronuncia del giudice sulla domanda di annullamento della relativa previsione urbanistica, giacché solo con l’annullamento di tale previsione può conseguire l’immediata reviviscenza della destinazione precedente all’imposizione del vincolo, non essendo a tal fine sufficiente la mera decadenza di quest’ultimo (Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 1996, n. 1486; Id., 23 settembre 1997, n. 1008).
Ne discende l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità formulata dall’Amministrazione resistente.
11. – Il Comune di Terni ha poi eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto le censure formulate da parte ricorrente avrebbero dovuto essere rivolte al piano regolatore generale, e non allo strumento urbanistico oggetto dell’impugnazione, che del primo costituisce momento di mera attuazione.
Anche il rilievo appena richiamato non merita accoglimento.
Le censure formulate dal ricorrente nel proprio ricorso riguardano la circostanza che il piano attuativo approvato dalla Giunta comunale di Terni non si limiterebbe a dare attuazione al piano regolatore generale, ma si spingerebbe a dettare previsioni nuove e non conformi a quelle già contenute nello strumento urbanistico sovraordinato, senza peraltro che a tal fine siano state seguite le procedure e le forme per l’approvazione delle varianti al PRG e che l’impatto ambientale delle nuove disposizioni sia stato sottoposto preventivamente a valutazione ambientale strategica.
In altri termini, le critiche mosse dal ricorrente concernono non le prescrizioni del PRG o la loro attuazione mediante il piano attuativo, ma la difformità delle previsioni di quest’ultimo rispetto a quelle contenute nel PRG e la mancata osservanza del procedimento di variante al PRG al fine dell’approvazione del piano impugnato.
L’eccezione di inammissibilità del ricorso deve dunque essere respinta.
12. – Passando all’esame del merito delle censure formulate dal ricorrente, con la prima di esse il sig. Rossi deduce che il piano attuativo approvato dalla Giunta comunale di Terni si porrebbe in contrasto con la legge regionale n. 11/2005 nella parte in cui prevede che i piani attuativi approvati dalla Giunta comunale debbano essere conformi allo strumento urbanistico generale (art. 24, c. 8) e che il PRG e le sue varianti siano adottati ed approvati con le procedure di deposito e pubblicazione previste dall’art. 13 (art. 17, c. 1, ed art. 18, c. 4, che per la varianti rinvia all’art. 17).
12.1. – Il sig. Rossi deduce che la non conformità del piano attuativo impugnato rispetto alle previsioni dello strumento urbanistico generale sia rilevabile sotto due profili, e cioè, per un verso, in relazione all’imposizione di un vincolo espropriativo sui terreni dell’odierno ricorrente e, per altro verso, in riferimento alla modifica della destinazione d’uso degli stessi terreni.
a) – Sotto il primo profilo, l’apposizione, con l’impugnato piano attuativo, del vincolo espropriativo, resa palese dall’elaborato approvato insieme allo stesso piano e contenente l’elenco delle aree da vincolare o espropriare, non può essere considerata come momento di mera attuazione delle previsioni del piano regolatore generale.
Al riguardo, deve osservarsi che l’art. 96 delle NTA del PRG, parte operativa, del Comune di Terni, dedicato alle “Zone R di riqualificazione paesaggistica ed ambientale (R(A))”, al punto 18, con riguardo alla zona E denominata “R(Q): Zona interessata dal passaggio dell’Elettrodotto a 380 KV denominato ‘Raccordi di Villavalle alla Montalto-Villanova’”, esordisce considerando che «la costruzione dell’Elettrodotto è stata completata e sono stati definiti in forma conclusiva tutti gli aspetti della sua realizzazione attinenti le distanze di sicurezza per l’esposizione a campi elettromagnetici ed in genere le servitù su proprietà private; resta da precisare e verificare l’impatto paesaggistico e visivo dell’impianto che per le sue dimensioni ha comportato una pesante trasformazione dell’intorno residenziale, agricolo e boschivo ed un consistente danno ambientale per le aree definite nella zona R(Q) ricadenti nelle località Villa Valle, Campriano, Campo Lagno, S. Liberatore, Madonnuccia, Vocabolo Spudiore, Vocabolo Campomale-Colle Paese».
Ciò premesso, la disposizione delle NTA stabilisce quanto segue:
«18.1. Il Piano si attua con PA di iniziativa pubblica che definirà obiettivi e strategie puntuali e diversificate per le zone interessate verificando anche le facoltà introdotte dall’art. della LR n. 11/2005 [sic] al fine di garantire tutela e ricomposizione ambientale.
18.2. Il piano attuativo può prevedere un incremento volumetrico pari al 15% della cubatura esistente in ogni zona comprensiva degli ampliamenti realizzati e realizzabili ai sensi degli artt. 34 e 35 della LR n. 11/2005.
18.3. Fino all’approvazione del PA è ammesso intervenire sugli edifici esistenti secondo le prescrizioni di cui agli artt. 94, 98, 99 e 100 delle presenti norme».
Le disposizioni appena trascritte non contengono alcun riferimento all’apposizione di vincoli espropriativi sui terreni quali quello di proprietà dell’odierno ricorrente, né lasciano in alcun modo intendere che, per la realizzazione degli obiettivi descritti, si sarebbe reso necessario l’avvio del procedimento ablatorio in relazione alle stesse particelle.
Se ne deve dedurre che, sotto il profilo adesso in esame, il piano impugnato non costituisce mera attuazione del PRG, contenendo, invece, rilevanti elementi di novità e di difformità rispetto ad esso.
b) – Sotto il secondo profilo considerato, la particella di proprietà dell’odierno ricorrente era ricompresa, secondo le NTA del PRG, tra le zone R di riqualificazione paesaggistica ed ambientale, accomunate dall’essere comprensori prevalentemente agricoli, contigui alle zone urbane, ma con quote trascurabili di edificazione residenziale e con problematiche diverse di tipo ambientale, individuate dallo strumento generale come aree di notevole interesse paesaggistico da tutelare, di protezione di particolari assetti viari e vegetazionali e di degrado dovuto a molteplici fattori.
Con il piano attuativo approvato dalla Giunta comunale di Terni, stando all’Elaborato 10d (“Previsioni del Piano Attuativo – Interventi edilizi ammessi”), alla stessa particella è assegnata la destinazione R(tc), ovvero, come si evince dalla relativa legenda, “Edificazione compensativa (art. 7)”.
A sua volta, l’art. 7 delle NTA del piano attuativo prevede che le Zone R(tc) sono «destinate ad accogliere, come definito dal precedente art. 6, il trasferimento delle cubature legali più quelle premiali della zona R(dt)», ovvero della zona di demolizione e trasferimento di cubatura coincidente con la fascia di rispetto individuata dal gestore dell’elettrodotto.
Ne consegue che il terreno di proprietà del ricorrente, per effetto delle previsioni del piano attuativo, diventa destinatario del trasferimento delle cubature legali e di quelle premiali delle zone ricadenti nella fascia di rispetto del realizzato elettrodotto, secondo i parametri edilizi definiti per le zone R(tc) dall’art. 16 delle NTA del piano attuativo, peraltro non a vantaggio non dell’attuale proprietario, ma dei beneficiari delle procedure espropriative in vista delle quali lo stesso piano attuativo pone il relativo vincolo.
Anche sotto il profilo adesso in esame, dunque, deve ritenersi che il piano attuativo impugnato non costituisca mera attuazione delle prescrizioni del PRG, ma comporti, invece, significativi elementi di novità e di difformità rispetto ad esso.
12.2. – Deve dunque concludersi che il piano attuativo impugnato ha comportato significative variazioni rispetto alle previsioni del vigente piano regolatore generale del Comune di Terni e non può essere considerato, per i profili sopra evidenziati, mera attuazione delle vigenti disposizioni del PRG.
Appaiono dunque fondate le censure formulate dal ricorrente in ordine alla violazione dell’art. 24, c. 8, 17, c. 1, e 18, c. 4, della legge regionale n. 11/2005.
13. – Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce che, a voler ritenere la deliberazione della Giunta comunale impugnata come approvativa di una variante al vigente PRG, sarebbero state comunque violate le norme sulla forma e sulla procedura per l’approvazione delle varianti di cui agli artt. 17 e 13, in combinato, della legge regionale n. 11/2005.
Da dette disposizioni discende che il piano in variante adottato debba essere depositato per 45 giorni e che del deposito debba darsi notizia nelle forme di cui all’art. 13, c. 2. Inoltre, entro il termine di 45 giorni dalla data di inserzione dell’avviso all’albo pretorio chiunque ha facoltà di prendere visione degli atti e del progetto di PRG depositati e, nello stesso termine, i soggetti interessati possono presentare al comune le proprie osservazioni.
Nel caso di specie, invece, risulta dalle premesse della deliberazione impugnata che il deposito dell’atto adottato si è protratto per 15 giorni (dal 1 al 16 ottobre 2013) e che lo stesso termine di 15 giorni è stato osservato per l’acquisizione delle osservazioni da parte degli interessati.
Tanto premesso, ferme restando le ragioni che inducono a ritenere fondato il primo motivo di ricorso, deve ritenersi che il provvedimento impugnato, recante nella sostanza variante al PRG vigente nel Comune di Terni, sia illegittimo per violazione delle disposizioni sopra ricordate relative al procedimento di approvazione delle varianti al piano regolatore generale.
14. – Con l’ultimo motivo di ricorso, il sig. Rossi, premesso che il vigente PRG fu a suo tempo approvato senza il preventivo esperimento della valutazione ambientale strategica, si duole del fatto che l’impugnato piano attuativo impugnato è stato a sua volta approvato dal Comune di Terni in difetto di VAS e, comunque, senza che prima dell’approvazione il Comune abbia promosso il procedimento di verifica di assoggettabilità, con violazione, dunque, degli art. 6, c. 3, 11 e 12 del d.lgs. n. 152/2006.
14.1. – Il Comune di Terni eccepisce l’inammissibilità del motivo perché esso riguarderebbe gli atti di adozione ed approvazione del PRG, che non costituiscono oggetto di causa, e comunque ne deduce l’infondatezza, argomentando che la questione sarebbe mal posta in quanto il piano attuativo sarebbe volto proprio al miglioramento della situazione ambientale della zona.
14.2. – L’eccezione del Comune resistente relativa all’inammissibilità del motivo non merita accoglimento. Anche in questo caso, infatti, la censura è indirizzata alla delibera di approvazione del piano attuativo, mentre il riferimento al mancato esperimento della VAS nella procedura di approvazione del PRG è finalizzato non già al rilievo di un vizio del piano regolatore generale, quanto piuttosto ad argomentare la necessità della valutazione di impatto ambientale nell’ambito della procedura di approvazione di un piano attuativo di un PRG che, a suo tempo, non fu sottoposto a VAS.
14.3. – Passando all’esame della censura, il d.lgs. n. 152/2006, nel testo vigente all’epoca dell’approvazione del piano attuativo oggi impugnato, definiva la valutazione ambientale di piani e programmi, o valutazione ambientale strategica (VAS) come il processo che comprendente lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l’elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l’espressione di un parere motivato, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio (art. 5, c. 1, lett. a)). La verifica di assoggettabilità di un piano o programma era definita come il procedimento attivato allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, potessero avere effetti significativi sull’ambiente e dovessero essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del decreto considerato il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate (art. 5, c. 1, lett. m-bis)).
L’art. 6, poi, stabiliva al comma 2 che la VAS dovesse riguardare i piani e i programmi con impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale e che essa dovesse essere effettuata per tutti i piani e i programmi elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli (comma 2, lett. a)).
Il comma 3 prevedeva, poi, la VAS per i piani e i programmi riguardanti l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, qualora l’autorità competente avesse valutato detti piani come produttivi di impatti significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni sulla verifica di assoggettabilità e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell’area oggetto di intervento.
14.4. – Orbene, la particolare sensibilità ambientale dell’area oggetto delle previsioni del piano attuativo è stata evidenziata dalla stessa Amministrazione comunale già nelle NTA del PRG, il cui art. 96, punto 18, già sopra citato, pone la questione dell’impatto paesaggistico e visivo dell’elettrodotto e della pesante trasformazione da esso determinata sull’intorno residenziale, agricolo e boschivo, con consistente danno ambientale per le aree definite nell’intera zona R(Q).
Nelle intenzioni del Comune, il piano attuativo per cui oggi è causa avrebbe dovuto “garantire tutela e ricomposizione ambientale” in conseguenza dell’impatto dell’elettrodotto.
In disparte la questione della coerenza con tale intenzione della previsione della destinazione R(tc) “Edificazione compensativa” contenuta nel piano attuativo, appare comunque irragionevole che il piano oggi impugnato non sia stato preceduto da VAS o, quanto meno, dalla verifica di assoggettabilità di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 152/2006.
A ben vedere, la mancata sottoposizione a VAS del piano attuativo di PRG a sua volta non sottoposto alla valutazione strategica, nonostante la “sensibilità ambientale” dell’area interessata dal piano evidenziata negli atti della stessa Amministrazione resistente, chiama in causa le stesse esigenze di tutela che ispirano la sentenza della Corte costituzionale n. 58 del 2013, citata da parte ricorrente, nella parte in cui ha censurato la scelta del legislatore veneto di escludere la VAS per i piani urbanistici attuativi di piani urbanistici generali non assoggettati a valutazione ambientale strategica, se non nel caso in cui prevedessero progetti o interventi sul territorio riconducibili agli elenchi contenuti negli Allegati II, III e IV della parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Del resto, anche secondo la giurisprudenza amministrativa sussiste l’obbligo della previa sottoposizione a VAS delle scelte urbanistiche contenute in un piano attuativo comportanti elementi di rilevante impatto ambientale (TAR Liguria, sez. I, 2 luglio 2013, n. 982), e ciò deve essere affermato a fortiori laddove, a monte, sia mancata la valutazione ambientale strategica in sede di approvazione del piano regolatore generale, tanto più ove, come nel caso di specie, il piano attuativo comporti significative deviazioni rispetto ai contenuti dello strumento urbanistico generale.
15. – In conclusione, il ricorso merita di essere accolto, con conseguente annullamento delle previsioni del piano attuativo che incidono sulla sfera giuridica del ricorrente.
Deve infatti ricordarsi che il piano attuativo va inquadrato nella categoria degli atti plurimi, e cioè di quelli che riguardano una pluralità di soggetti individuabili in relazione alla titolarità dei vari beni vincolati e considerati uti singuli, con la conseguenza che il giudicato di annullamento produce effetti ripristinatori della pienezza del diritto di proprietà solo per il ricorrente e non si estende ai proprietari rimasti estranei al giudizio dinanzi al giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2007, n. 1383).
16. – Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente al rimborso in favore del ricorrente delle spese legali, che liquida in euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00) oltre oneri ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2020, svolta mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84, c. 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Potenza, Presidente
Enrico Mattei, Consigliere
Davide De Grazia, Referendario, Estensore