TAR Sicilia (CT) Sez. IV n. 410 del 10 febbraio 2021
Urbanistica.Ricoveri per animali domestici
In materia edilizia non è necessaria la concessione del permesso di costruire per la realizzazione di un pollaio laddove si tratti di opera di modesta entità, accessoria rispetto all'immobile principale, non avente una propria autonomia funzionale e non dotato di un proprio significativo impatto volumetrico. Deve anche aggiungersi che il pollaio e le gabbie per conigli, considerate le loro caratteristiche strutturali e dimensionali, non sono neanche soggette al parere paesaggistico, in quanto assimilabili ai manufatti descritti dal punto A.19 dell’allegato A al D.P.R. 31 del 2017: “palificazioni, pergolati, singoli manufatti amovibili, realizzati in legno per ricovero di attrezzi agricoli, con superficie coperta non superiore a cinque metri quadrati e semplicemente ancorati al suolo senza opere di fondazione o opere murarie.
Pubblicato il 10/02/2021
N. 00410/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01992/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1992 del 2018, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Cincotta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Lipari, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Milena Sindoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- dell’ordinanza di demolizione e di applicazione sanzione n. 28 prat. N. 45/08 del III Settore: Tecnico – Urbanistico, Sviluppo e Tutela Territoriale V servizio, illeciti e condono, del 13/06/18, notificata al signor Acquaro Angelo in data 13 Luglio 2018;
- di ogni altro atto presupposto e consequenziale o comunque connesso con quello impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lipari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2021, celebrata da remoto, in videoconferenza, ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020, il dott. Francesco Bruno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ordinanza n. 28 prat. n. 45/08 il Comune di Lipari ha ingiunto al sig. -OMISSIS- la demolizione delle opere abusive realizzate nel proprio terreno senza permesso di costruire e senza preventivo parere della Soprintendenza ai BB.CC. AA. (in dettaglio, un pollaio, due conigliere, ed una tettoia); nonché il pagamento della sanzione pecuniaria di euro 1.000 per avere realizzato senza comunicazione di inizio lavori dei “manufatti di scarsa valenza urbanistica”.
Il Comune di Lipari ha ritenuto che tali opere abusive siano destinate a durare nel tempo, essendo infisse al suolo, e che siano state realizzate in violazione dell’art. 5 L.R. 16/2016 e dell’art. 13 R.E.C. del P.R.G. in assenza di permesso di costruire, ed in violazione del D. Lgs. 42/04 per la mancanza del parere della Soprintendenza ai BB.CC.AA., in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
Il sig. Saltalamacchia ha impugnato la predetta ordinanza col ricorso in epigrafe, col quale denuncia i seguenti vizi:
1.- difetto di motivazione della sanzione di euro 1.000, poiché l’ordinanza impugnata non consente di comprendere a quali “manufatti di scarsa valenza urbanistica” si faccia riferimento;
2.- violazione della L. 241/90 per l’omesso invio della comunicazione di avvio del procedimento;
3. – violazione dell’art. 5 della L.R. 16/2016 e dell’art. 42 del D. Lgs. 42/2004 poiché – diversamente da quanto ha ritenuto il Comune – le opere di cui è stata ingiunta la demolizione sono strutture leggere, di carattere precario ed amovibili, non infisse o ancorate al suolo, soggette al regime di edilizia libera e non sottoposte ad autorizzazione paesaggistica.
In conclusione, il ricorrente ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati, nonché l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Il Comune di Lipari si è costituito in giudizio per opporsi all’accoglimento del ricorso e per difendere la legittimità del proprio operato. In particolare, ha addotto a sostegno del proprio provvedimento l’esistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta discendente dall’art. 15 della L.R. 78/1976, che graverebbe sul terreno del ricorrente in quanto posizionato all’interno della fascia di 150 metri dalla battigia.
Con decreto n. 166/2019, adottato dall’apposita Commissione istituita presso questo Tar, il ricorrente è stato ammesso in via provvisoria al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Tuttavia, è successivamente pervenuta la nota della Guardia di Finanza, Tenenza di Lipari, prot. 55896 del 30 gennaio 2020, nella quale è stato segnalato, quale fattore ostativo al godimento del citato beneficio, il fatto che il ricorrente risultasse in possesso, nell’anno 2019, di un reddito di euro 13.714,82 a titolo di pensione e prestazioni per invalidità civile.
A seguito di tale segnalazione, la Commissione ha ritenuto di non dover assumere ulteriori iniziative (v. decreto n. 44 dell’11 febbraio 2020), essendo ormai la questione dell’ammissione definitiva al beneficio devoluta per legge alla competenza del magistrato che procede.
Con ordinanza n. 1077/2020 – nel pronunciare sulla domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato - la Sezione ha quindi così statuito:
“Ritenuto, in primo luogo, di dover respingere l’istanza di rinvio per rimessione in termini formulata dal ricorrente con atto depositato in data 8 maggio 2020;
Considerato che detta istanza prende le mosse dal fatto che i termini processuali sono stati sospesi ex lege fino al 16 aprile 2020, e che di conseguenza parte ricorrente non godrebbe del termine necessario per produrre memoria difensiva, tenuto conto dell’udienza camerale fissata per il 14 maggio 2020;
Ritenuto, in senso contrario a quanto prospettato dalla difesa, che il ricorrente godesse pienamente dal 17 aprile 2020 del necessario lasso di tempo per produrre memoria, atteso che il termine ordinario di trenta giorni previsto a tale scopo da codice del processo amministrativo (art. 73) deve intendersi dimezzato nell’attuale fase del giudizio ai sensi dell’art. 87, co. 3, c.p.a., essendo stata fissata per il 14 maggio una udienza camerale, e non l’udienza di merito;
Ritenuto, pertanto, di poter esaminare la questione per la quale è stata fissata l’odierna udienza camerale;
Ritenuto di dover acquisire al fascicolo processuale – ai fini della statuizione sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata dal ricorrente – la nota della Guardia di finanza, Tenenza di Lipari, prot. 55896 del 30 gennaio 2020, e relativi allegati, menzionata nel Decreto n. 44 del 17.02.2020 adottato dalla Commissione per il patrocinio a spese dello Stato istituita presso questo Tar, ed attualmente inserita nel relativo fascicolo;
Ritenuto, altresì, sempre ai fini di cui sopra, di dover richiedere alcuni chiarimenti al citato ufficio della Guardia di finanza, in relazione alla posizione reddituale del ricorrente, e segnatamente: a) a quanto ammonti, annualmente, la pensione di invalidità del ricorrente, che i militari hanno accertato essere percepita a partire dall’anno 2016; b) se l’ammontare degli emolumenti percepiti nell’anno 2019 – come indicati nella citata nota – si riferisca solo a quella annualità, ovvero se sia il frutto del cumulo con indennità arretrate riferite anche ad anni precedenti;
Ritenuto di dover assegnare il termine di giorni quaranta per l’esecuzione di quanto richiesto;
Ritenuto di dover fissare l’udienza pubblica di trattazione del merito, alla data indicata in dispositivo;”.
A seguito di tale istruttoria – e dalle convergenti informazioni fornite sia dalla Guardia di Finanza, che dal ricorrente – è emerso (anche documentalmente) che il ricorrente era ed è in possesso dei requisiti reddituali necessari per godere del patrocinio a spese dello Stato, poiché l’emolumento di importo superiore agli euro 13.000 percepito nell’anno 2019 a titolo di assegno di invalidità è, in realtà, comprensivo degli arretrati spettanti sin dalla presentazione della relativa domanda (anno 2016), e che quindi il reddito annualmente percepito nel periodo che interessa ai fini della presente controversia è ben al di sotto dei limiti legali fissati per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato.
All’udienza del 28 gennaio 2021 la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso risulta in parte fondato, e va accolto secondo quanto di seguito si specifica.
1.- In primo luogo, va osservato che la circostanza secondo la quale il fondo del ricorrente si trova in zona soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta, derivante dall’art. 15 della L.R. 78/1976, è affermata solo nel rapporto difensivo del 7.12.2018 che l’amministrazione ha inviato al suo legale ai fini della difesa in giudizio, e non risulta affatto nell’ordinanza impugnata. Pertanto, trattandosi di notazione contenuta in atto interno dell’ufficio, non contemplata nel provvedimento impugnato, essa costituisce una inammissibile integrazione della motivazione, che non può avere accesso in questa sede. Si richiama, in proposito, ex multis la seguente giurisprudenza: “L'integrazione in sede giudiziale della motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento (nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta) oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, l. n. 241 del 1990); è invece inammissibile se effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi, atteso che motivazione costituisce il contenuto insostituibile della decisione amministrativa e un indefettibile presidio di legalità sostanziale, anche in ipotesi di attività vincolata.” (Cons. Stato, III, 6377/2020).
2.- Tanto premesso, si può passare all’esame del primo motivo di ricorso, con il quale viene dedotta l’illegittimità del provvedimento comunale per insufficiente motivazione, con riguardo alla sanzione di mille euro irrogata in ragione della realizzazione di “manufatti di scarsa valenza urbanistica”, dato che i citati manufatti non vengono in alcun modo individuati ed identificati nell’ordinanza.
La censura è fondata, come si ricava dalla chiara lettura dell’ordinanza impugnata che, in effetti, menziona in modo generico ed indistinto – senza individuarli, e nemmeno descriverli sommariamente – dei presunti manufatti di scarsa valenza urbanistica, realizzati in assenza di comunicazione di inizio lavori.
D’altronde, non può nemmeno ipotizzarsi che i predetti manufatti di “scarsa valenza urbanistica” possano identificarsi con le altre opere individuate nella seconda parte della stessa ordinanza (segnatamente riferita al pollaio, alle conigliere ed alla tettoia); tale identificazione non è infatti predicabile sia perchè l’articolazione lessicale del provvedimento è chiara e, dopo la citazione dei manufatti di scarsa valenza urbanistica, menziona il pollaio, le conigliere, etc., usando l’espressione aggiuntiva “altresì”; sia perché, rispetto a questa seconda categoria di manufatti, l’amministrazione ha rilevato la mancanza del titolo edilizio (il permesso di costruire) e non il semplice omesso invio della C.I.L. (rilevata a carico dei “manufatti di scarsa valenza urbanistica), considerandoli evidentemente come manufatti soggetti ad un regime giuridico diverso dai primi.
Non può nemmeno assumere rilevanza ostativa all’accoglimento del motivo in esame la laconica difesa del Comune resistente, imperniata sull’assunto che la repressione degli abusi edilizi costituisce attività strettamente vincolata. L’indiscussa verità di tale principio non impedisce che, a monte, la sussistenza dell’abuso debba essere descritta ed individuata dall’amministrazione nei suoi contorni fattuali, prima che se ne possano fare derivare conseguenze sul piano giuridico.
In conclusione, il motivo in esame va accolto e con esso va annullata, per difetto di motivazione, la sanzione di euro mille inflitta al ricorrente.
3.- Occorre ora procedere con l’esame delle altre censure rivolte a quella parte dell’ordinanza che ha ad oggetto gli altri manufatti (i citati pollaio, conigliere e tettoia), rispetto ai quali è stata ingiunta la demolizione perché realizzati senza permesso di costruire e senza preventivo parere della Soprintendenza ai BB.CC.AA.
3.1- Con riguardo alla denunciata violazione delle regole procedimentali dettate dalla L. 241/90, ed in particolare della norma sulla comunicazione di avvio del procedimento, la censura (secondo motivo di ricorso) deve essere respinta, in quanto infondata. L’orientamento giurisprudenziale (condiviso anche dal Collegio) è, infatti, granitico nell’escludere l’obbligo di preventivo invio della comunicazione di avvio del procedimento di repressione dell’abuso edilizio: v. fra tante, Cons. Stato Sez. VI, 25/02/2019, n. 1281; Cons. Stato, Sez. II, 24/01/2020, n. 585; Cons. Stato Sez. VI, 29/08/2019, n. 5943.
3.2- Per scrutinare il terzo motivo, con la quale il ricorrente sostiene in sostanza che i tre manufatti realizzati sono soggetti al regime di edilizia libera e non sono sottoposti ad autorizzazione paesaggistica, occorre fare delle puntualizzazioni sia in fatto che in diritto.
Per un primo aspetto, va precisato che la lettura del provvedimento impugnato e la visione delle immagini fotografiche prodotte da entrambe le parti in causa danno l’idea esatta dei manufatti di cui è stata ingiunta la demolizione: si tratta di una tettoia con struttura in legno e copertura plastica estesa per circa 5 mq; di un pollaio in legno e rete metallica esteso per oltre 7 mq; di due gabbie in legno e rete metallica, adibite a conigliere, estese complessivamente poco più di 6 mq. In altre parole, vengono in rilievo opere che, messe in rapporto al terreno in cui si trovano, non determinano un impatto volumetrico rilevante; anzi, si amalgamano visivamente col paesaggio rurale in cui si trovano.
Il Collegio concorda con l’amministrazione resistente allorquando questa ha espresso il convincimento che si tratti di elementi di carattere durevole, ancorati al terreno, e non destinati ad un uso occasionale o temporaneo. Non appare, tuttavia, condivisibile l’idea che si tratti di manufatti che richiedevano il previo rilascio di un permesso di costruire. Al contrario, ritiene il Collegio che essi (ad eccezione della tettoia in legno) siano inquadrabili nell’ambito dell’attività edilizia libera.
La tesi trova aggancio, per un verso, nel cd. “glossario unico” contenuto nel D.M. Trasporti del 2.03.2018 recante <Approvazione del glossario contenente l'elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D. Lgs. 25 novembre 2016n. 222>, adottato allo scopo di “garantire omogeneità di regime giuridico in tutto il territorio nazionale” e di redigere “l'elenco delle principali opere edilizie, con l'individuazione della categoria di intervento a cui le stesse appartengono e del conseguente regime giuridico a cui sono sottoposte”. Ebbene, il predetto glossario unico prevede – al punto 47 dell’allegato – che rientrano nell’attività edilizia libera – a titolo indicativo, e non esaustivo - opere come il “Ricovero per animali domestici e da cortile, voliera e assimilata, con relativa recinzione”. In altre parole, può sostenersi che il pollaio e le gabbie per conigli realizzati dall’odierno ricorrente costituiscono ricoveri per animali liberamente realizzabili senza permesso di costruire.
Per altro verso, va detto che anche in giurisprudenza è stato affermato che: “In materia edilizia non è necessaria la concessione del permesso di costruire per la realizzazione di un pollaio laddove si tratti di opera di modesta entità, accessoria rispetto all'immobile principale, non avente una propria autonomia funzionale e non dotato di un proprio significativo impatto volumetrico.” (Tar Salerno 1138/2020 e Tar Campobasso 93/2015).
Deve anche aggiungersi che il pollaio e le gabbie per conigli, considerate le loro caratteristiche strutturali e dimensionali, non sono neanche soggette al parere paesaggistico, in quanto assimilabili ai manufatti descritti dal punto A.19 dell’allegato A al D.P.R. 31 del 2017: “palificazioni, pergolati, singoli manufatti amovibili, realizzati in legno per ricovero di attrezzi agricoli, con superficie coperta non superiore a cinque metri quadrati e semplicemente ancorati al suolo senza opere di fondazione o opere murarie.”.
3.3- Discorso diverso deve essere, invece, riservato alla tettoia il legno e copertura in plastica oggetto dell’ordinanza. Tale tipologia di manufatto non può ritenersi contemplato – nemmeno attraverso una interpretazione estensiva – nel novero delle attività edilizie libere indicate nell’art. 3 della L.R. 16/2016. L’unica tipologia di manufatti che, in qualche misura, si avvicina a quella realizzata dal ricorrente è costituita da “pergolati e pergotende a copertura di superfici esterne” indicate nell’art. 3, co. 1, lett. r, della citata legge regionale; ma, a ben vedere, tali installazioni similari (comunque diverse dalla tettoria in esame) sono “libere” se poste “a servizio di immobili regolarmente assentiti o regolarizzati sulla base di titolo abilitativo in sanatoria”: tale circostanza non ricorre nel caso in esame, atteso che la tettoia è adiacente ad un fabbricato non regolare, oggetto di separata ingiunzione.
Pertanto, la tettoia di cui è stata ingiunta la demolizione non avrebbe potuto essere realizzata senza titolo edilizio. Sotto tale aspetto, dunque, l’impugnata ordinanza risulta legittima.
4.- In conclusione, il ricorso va accolto solo in parte, attraverso l’annullamento dell’ordinanza impugnata nella sola parte in cui irroga la sanzione pecuniaria di mille euro, e nella parte in cui ordina la demolizione del pollaio e delle conigliere. Per la restante parte, il ricorso va invece respinto.
Tanto consente di compensare le spese processuali tra le parti in causa.
5.- Infine, va definitivamente disposta l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, dato che sussistono i requisiti a tale fine richiesti dalla legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così statuisce:
a) accoglie in parte il ricorso, e per l’effetto annulla l’impugnata ordinanza nelle sole parti specificate in motivazione;
b) compensa le spese processuali tra le parti;
c) ammette il ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2021, celebrata da remoto, in videoconferenza, ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020, con l'intervento dei magistrati:
Federica Cabrini, Presidente
Francesco Bruno, Consigliere, Estensore
Maurizio Antonio Pasquale Francola, Referendario