T.A.R. Campania (NA) Sez. III n. 377 del 22 gennaio 2016,
Urbanistica.Sanatoria e parere della commissione edilizia comunale

Al quesito se, ai fini dell'adozione del provvedimento conclusivo di un'istanza di sanatoria in generale, occorra acquisire il parere della Commissione edilizia comunale, non può fornirsi risposta positiva o negativa in termini assoluti, ma occorre appurare, caso per caso, se l'adozione del provvedimento conclusivo richieda l'espressione di valutazioni tecnicamente discrezionali ovvero limitate all'accertamento di un mero presupposto fattuale e, pertanto, ridondanti in una valutazione eminentemente giuridica.

 

N. 00377/2016 REG.PROV.COLL.

N. 05650/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5650 del 2009, proposto da:
Antonietta Sodano, rappresentato e difeso dagli avv. Filippo Auriemma, Pasquale Fornaro, con domicilio eletto presso Tommaso Perpetua in Napoli, Via Chiatamone, 55;

contro

Comune di Sant'Anastasia in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. Antonietta Colantuoni, presso il cui studio elegge domicilio, in Napoli, Via A. Villari, 44;

per l'annullamento:

- dell'ingiunzione n. 73 del 7 luglio 2009 emessa, con la quale il Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Sant'Anastasia rigetta la richiesta, prot. n. 22890 del 10 dicembre 2004, di permesso di costruire in sanatoria, presentata dalla ricorrente, Sodano Antonietta;

- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, comunque lesivo dei diritti della ricorrente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant'Anastasia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2015 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato il 1 ottobre 2009 e depositato il 30 successivo, Sodano Antonietta ha impugnato il provvedimento in epigrafe specificato con il quale il Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Sant’Anastasia ha respinto la richiesta di permesso di costruire in sanatoria prot. n. 22890 del 10 dicembre 2004, presentata ai sensi della L. n. 326 del 24 novembre 2003.

La ricorrente ha prospettato una molteplicità di censure riguardo al diniego di permesso di costruire per violazione di norme della L. 326/2003 ed alla sanzione demolitoria per violazione di norme del d.p.r. 380/2001.

Si è costituito in giudizio il Comune di Sant’Anastasia che, con memoria,ha chiesto il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 19 novembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione

DIRITTO

1.- Il ricorso non è meritevole di accoglimento

2.- La ricorrente formula due distinti gruppi di censure: le prime relative a vizi del diniego di permesso di costruire in sanatoria per violazione di norme della L. 326/2003; le seconde sulla sanzione demolitoria per violazione di norme del d.p.r. 380/2001.

Precede l’esame del primo gruppo di censure.

3.- Con il primo e secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce: violazione e falsa applicazione dell’art. 32 L. n. 326/2001, in relazione all’art. 33 L. n. 1150/1942, al d.p.r. 380/2001 nonché alla Legge reg. Campania n. 10/1982; violazione del giusto procedimento; eccesso di potere; difetto di motivazione e d’istruttoria; simulazione procedimentale.

Si duole in sintesi della mancata acquisizione del parere obbligatorio della Commissione Edilizia Comunale e della Commissione edilizia integrata, a suo avviso doveroso ove si consideri che la zona è sottoposta alle norme del PTP.

Le censure sono infondate.

Al quesito se, ai fini dell'adozione del provvedimento conclusivo di un'istanza di sanatoria in generale, occorra acquisire il parere della Commissione edilizia comunale, non può fornirsi risposta positiva o negativa in termini assoluti, ma occorre appurare, caso per caso, se l'adozione del provvedimento conclusivo richieda l'espressione di valutazioni tecnicamente discrezionali ovvero limitate all'accertamento di un mero presupposto fattuale e, pertanto, ridondanti in una valutazione eminentemente giuridica. (T.A.R. Napoli, Campania, sez. III, 12 gennaio 2015, n. 129).

Nel caso di specie, il diniego è fondato su aspetti che non comportano valutazioni discrezionali dal punto di vista tecnico e non richiedono, pertanto, l’acquisizione dell'avviso dell'organo consultivo, al pari di quanto la giurisprudenza predica riguardo all'adozione dell'ordinanza di demolizione (ex multis, Cons. di Stato, Sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5049).

Pertanto, ai fini dell'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento di condono edilizio di cui all'art. 32 L n. 326 del 2003 non occorre che l'autorità comunale competente acquisisca il parere della Commissione edilizia.

Sul punto la giurisprudenza ha chiarito il carattere non necessario del “parere della Commissione edilizia su un'istanza di sanatoria allorché la decisione da assumere riguarda un profilo soltanto giuridico e non tecnico" (T.A.R. Liguria, Sez. I, 14 dicembre 2010, n. 10831).

Anche questo TAR ha da tempo espresso il medesimo avviso, chiarendo che “È legittimo il diniego di concessione edilizia in sanatoria opposto senza la previa acquisizione del parere della Commissione edilizia nel caso in cui il funzionario non deve procedere a valutazioni tecniche del progetto per accertare la conformità dell'opera alle prescrizioni normative, ma deve fare applicazione di valutazioni di natura giuridica” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 3 agosto 2007, n. 7258).

4.- Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce, sotto altro profilo, la violazione degli artt. 32, commi 24, 25, 26, 27 L. n. 326/2003 in relazione agli artt. 31 e 35 L. 47/1985; la violazione e la falsa applicazione art. 6, comma 1, L. n. 127/1997; eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, l’incompetenza.

A suo avviso, il provvedimento impugnato è illegittimo perché è stato adottato da organo incompetente, posto che il Responsabile dell’U.T.C. non sarebbe legittimato all’adozione degli atti di diniego di concessione in sanatoria, non potendosi riconoscere in tale fattispecie, diretta applicabilità ed efficacia all’art. 6, comma 1, L. n. 127/1997.

La censura è destituita di fondamento.

Come chiarito da ampia giurisprudenza anche di questo TAR, il diniego di concessione edilizia in sanatoria - ai sensi dell'art. 51 comma 3, l. 8 giugno 1990 n. 142, nel testo novellato dall'art. 6 comma 2, l. 15 maggio 1997 n. 127 (nonché dell'art. 2, l. 16 giugno 1998 n. 191 e dell'art. 107 comma 3, lett. g, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267) - rientra nella competenza del dirigente comunale, ovvero, nei Comuni sprovvisti di detta qualifica, dei responsabili degli uffici e dei servizi e non del Sindaco, trattandosi di tipico potere gestionale (cfr., da ultimo, ex multis, Tar Campania, Napoli, sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3475; 29 luglio 2012, n. 3557; Tar Lombardia, Milano, sez. III, 12 aprile 2012, n. 1077).

5.- Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 32, commi 24, 25, 26, 27 L. n. 326/2003, in relazione agli artt. 31 e 35 L. 47/1985; l’erroneità o l’inesistenza dei presupposti, il travisamento, la perplessità.

Rileva che l’amministrazione comunale fondi illegittimamente il diniego sul presupposto che l’area oggetto dell’intervento ricade in zona sottoposta a vincolo paesistico, con conseguente divieto di nuova edificazione. L’assunto sarebbe a suo avviso erroneo perché non considera la possibilità di sanatoria, ai sensi dell’art. 31 L. n. 47/1985. In ogni caso, l’amministrazione cadrebbe comunque in errore nell’affermare la totale difformità dell’intervento edilizio effettuato rispetto alla concessione edilizia n. 13 del 2001.

La censura è destituita di fondamento.

L’intero territorio del comune di Sant’Anastasia è sottoposto a vincolo paesaggistico, di cui alla legge Regionale n. 21 del 10 dicembre 2003, in presenza del quale la legge 326 del 2003 esclude la possibilità di sanatoria; inoltre, ai sensi dell’art. 3, comma d), della legge Regionale n. 10/2004, nel Comune di sant’Anastasia, le opere abusive aventi destinazione residenziale non sono suscettibili di sanatoria.

Come poi chiarito in dettaglio nel provvedimento impugnato, vi sono modifiche sostanziali dello stato dei luoghi rispetto a quanto dichiarato nell’istanza di condono prot. n. 22890 del 10 dicembre 2007, posto che, oltre alle prime difformità dalla concessione edilizia n. 13 del 2001, sono state in seguito realizzate ulteriori opere che hanno prodotto una profonda modificazione relativamente a: numero di piani, forma, sagoma, dislocazione con effetti sulla superficie e sul volume complessivi.

Ne consegue che, il manufatto esistente al momento in cui l’amministrazione ha espresso il proprio diniego è difforme non solo da quanto assentito in virtù della concessione edilizia n. 13 del 2001, ma anche dallo stato dei luoghi dichiarato all’atto della presentazione dell’istanza di condono n. 22890/2004.

E’ sufficiente al riguardo considerare i verbali redatti dai vigili urbani nelle date del 27 aprile, 20 settembre e 29 novembre 2006, dai quali emerge lo svolgimento di ulteriori lavori, in violazione dei sigilli posti dagli stessi vigili il 27 gennaio 2002.

5.- Col quinto motivo di ricorso, la ricorrente deduce che - in violazione degli artt. 32, commi 24, 25, 26, 27 L. n. 326/2003, in relazione agli artt. 31 e 35 L. 47/1985 ed all’art. 3 L. n. 241/1990 – il diniego impugnato sarebbe privo di adeguata motivazione e non sarebbe stato preceduto da una istruttoria completa, in particolare perché l’amministrazione comunale avrebbe omesso di valutare in concreto le effettive incompatibilità sotto il profilo paesaggistico.

Il motivo si palesa priva di fondamento. Il provvedimento impugnato non solo si pone quale esito di un’adeguata istruttoria ma è motivato nel dettaglio, con riferimento ai presupposti sia di fatto sia di diritto ed enuncia esattamente le ragioni che depongono per il non accoglimento dell’istanza di sanatoria.

E’ sufficiente osservare che, sotto il profilo istruttorio, i Vigili Urbani hanno compiuto accertamenti i cui esiti sono stati sintetizzati nei tre verbali sopra indicati.

Vi è poi una relazione tecnica redatta dall’U.C.T. in data 2 luglio 2007 (prot. n. 2593), nella quale si riporta puntualmente l’esatta consistenza delle opere abusive realizzate per ciascun piano, con precisa descrizione dello sviluppo in termini di volumetria e superficie lorda.

Il diniego risulta inoltre preciso anche con riferimento alle diverse normative applicabile le quali depongono inequivocabilmente per l’impossibilità della sanatoria (art. 32 L. 326/2003; d. lgs. n. 42/2004, per la presenza del vincolo paesaggistico; art. 3 Legge reg. n. 10/2004, circa la non sanabilità delle opere abusive realizzate in uno dei comuni di cui alla Legge Regionale n. 21 del 10 dicembre 2003, comuni vesuviani, aventi destinazione residenziale.

6.- Con il sesto motivo, la ricorrente prospetta l’incostituzionalità della legge regionale Campania n. 10/2004, per violazione degli artt. 3, 9, 42, 117 Costituzione e per contrasto con il D.L. 168/2004.

6.1.- Sostiene la ricorrente, in via subordinata, ove non accoglibili le pregresse censure, che le disposizioni di cui alla Legge regionale Campania n. 10/2004 sulla sanatoria edilizia sarebbero incostituzionali per violazione degli artt. 3, 9, 42 e 117 Cost., nonché in contrasto con le prescrizioni del d.l. n. 168/2004 che recepiva i principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 196/2004.

Invero, a suo avviso, la normativa regionale è stata adottata oltre il termine massimo del 14 novembre 2004, imposto dal d.l. n. 168/2004, in conformità di quanto prescritto dalla Corte Costituzionale nella menzionata sentenza n. 196/2004, con grave pregiudizio del legittimo affidamento di molti residenti in Campania.

6.2.- Con la settima censura, sempre in via subordinata, la ricorrente prospetta l’incostituzionalità della legge regionale Campania n. 21/2003, per violazione degli artt. 3, 9, 42, 117 Costituzione.

Rileva ancora la ricorrente che le disposizioni della legge regionale n. 21/2003, ove interpretate nel senso che limitino indiscriminatamente, oltre la possibilità di nuova edificazione nei Comuni indicati, anche l’ammissibilità di condonare le opere terminate prima della sua entrata in vigore sarebbero contrarie ai precetti costituzionali di cui agli artt. 3, 9, 42, 117 Costituzione.

Ed invero, a suo avviso, la norma ove interpretata nei sensi indicati nell’atto impugnato, introdurrebbe un illogico e discriminatorio divieto non solo di eseguire nuove costruzioni, ma anche di condonare le opere realizzate prima dell’entrata in vigore dei vincoli della legge regionale, con ciò introducendo un’illegittima compressione del diritto di proprietà quale riconosciuto e garantito dall’art. 42 Cost.

6.3.- Le censure di incostituzionalità non sono condivisibili e risultano in ogni caso infondate.

Sul punto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 49/2006, se, da un lato, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 3 ed 8 della legge regionale Campania n. 10 2004, dall’altro, ha tuttavia tenuto indenne da ogni profilo di incostituzionalità le lett. b) e d) del comma 2 del richiamato art. 3.

In particolare, ai fini che in questa sede interessano, è sottratto dal giudizio di incostituzionalità la previsione di cui al comma 2, lett. d) nel punto in cui chiarisce che: “Non possono formare oggetto di sanatoria le opere abusive rientranti tra le tipologie di cui al decreto legge n. 269/03, allegato 1, se le stesse…sono state realizzate in uno dei comuni di cui alla legge regionale 10 dicembre 2003, n. 21, articolo 1 e hanno destinazione residenziale, fatta eccezione per gli adeguamenti di natura igienico-sanitaria e funzionali di cui all'articolo 5, comma 2, della stessa legge” (lett. d).

Trattasi in altri termini della prescrizione che sancisce la non sanabilità delle opere abusive compiute nei Comuni della cd. zona rossa ad alto rischio eruzione Vesuvio, definite dall’art. 1 della menzionata legge regionale 21/2003

D’altronde, l'art. 32 della L. 326 del 2003 prevede espressamente che non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive realizzate su immobili soggetti a vincolo ambientale e paesaggistico, nonché contrastanti con gli strumenti urbanistici.

Per quanto riguarda le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento alla legge regionale n. 21/2003, il collegio non ha ragione di discostarsi dalle considerazioni in base alle quali questo Tribunale amministrativo ne ha già rilevato la manifesta infondatezza (cfr. T.A.R. Campania, sez. III, 27/2/2007, n. 1231 e da ultimo 27/11/2015, n. 5494).

7.- Risulta infondato anche il secondo gruppo di censure relative alla sanzione demolitoria.

7.1.- Secondo la ricorrente, l’amministrazione avrebbe illegittimamente applicato la sanzione di cui all’art. 31 nell’erroneo presupposto che il manufatto sia stato realizzato in totale difformità alla concessione edilizia 13/2001.

A suo avviso, al contrario, le opere realizzate non rappresentano una variante essenziale di quanto assentito con la richiamata concessione edilizia; in particolare, non vi sarebbe alcun aumento di superfici né dei volumi abitativi, posto che, per la realizzazione dell’assentito fabbricato rurale, era prevista anche la presenza di volumi e superfici abitative; le uniche difformità avrebbero semmai riguardato la distribuzione degli spazi e della cubatura.

La ricorrente richiama a suo favore il disposto di cui all’art. 32, comma 2, d.p.r. 380/2001 per il quale non possono considerarsi variazioni essenziali quelle che incidono sull’entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.

Deduce quindi l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria, illogicità, difetto di motivazione.

7.2.- Le censure sono infondate ed appaiono sorrette da una lettura non condivisibile della reale situazione in fatto.

Come chiarito nel dettaglio dal diniego di condono impugnato, la concessione edilizia n. 13/2001 consentiva alla ricorrente di realizzare “una casetta rurale composta da piano interrato e piano terra”.

Secondo il rapporto prot. n. 7/2002, redatto dalla polizia municipale in data 27 gennaio 2002, si manifestava la realizzazione di “una rampa di accesso al piano interrato completo di mura in c.a.” e la modifica della “rampa di accesso autorizzato”; modifiche erano riscontrate anche al solaio di copertura, “previsto come spiovente” ed invece realizzato “in piano”. Inoltre il fabbricato si presentava traslato sui lati sud ed ovest, rispettivamente di circa 3 e 13 metri, mentre il piano terra risultava rialzato di 0,40 m rispetto a quello autorizzato.

Difformità erano rilevate anche sui lati nord ed ovest del fondo, in quanto la ricorrente aveva realizzato per l’intera lunghezza un muro in cemento armato di altezza variabile da 0,50 a 0,70 metri; inoltre, sul lato sud emergeva la relativa sottofondazione in cemento armato con solo parte delle mura di recinzione.

A fronte di queste difformità la ricorrente presentata istanza di accertamento di conformità, acquisita al prot. n. 1850 del 29 gennaio 2002, la quale era respinta con atto di diniego del 17 ottobre 2002, atteso che la volumetria realizzata era in notevole eccesso rispetto a quella consentita dal vigente P.R.G. sul lotto in questione.

Subentrata la disciplina sul terzo condono edilizio, la ricorrente presentava istanza di sanatoria edilizia, ai sensi dell’art. 32 L. 326/2003.

Tuttavia, la polizia municipale - come emerge dai verbali redatti il 27 aprile, il 20 settembre ed il 29 novembre 2006 - aveva realizzato ulteriori lavori con notevole ampliamento di volumi e superfici tali da rendere il risultato edilizio finale del tutto diverso non solo da quanto autorizzato con la concessione edilizia 13/2001 ma anche dalla stessa consistenza quale era attestata con la richiesta di concessione in sanatoria edilizia del 10 dicembre 2004.

7.3.- Deve quindi concludersi nel senso che vi sono complessive e profonde difformità, descritte in maniera puntuale nella relazione tecnica prot. n. 2593 del 2 febbraio 2007, redatta dall’UTC, il cui contenuto è nel dettaglio riportato nella parte motiva del provvedimento impugnato.

8.- Per quanto sopra il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono determinate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna Sodano Antonietta al pagamento, in favore del Comune di Sant’Anastasia, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

Fabio Donadono, Presidente

Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore

Alfonso Graziano, Primo Referendario

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/01/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)