TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 2408, del 9 maggio 2013
Urbanistica.Coordinate normative e giurisprudenziali utili a definire la nozione di ultimazione delle opere abusive di cui all’art. 39, comma 1, della l. n. 724/1994

La costruzione condonabile deve essere completata a rustico, ossia in tutte le sue strutture essenziali, mediante realizzazione delle tamponature e della copertura, in quanto determinanti per stabilire la relativa volumetria e la sagoma esterna, restando, invece, irrilevanti le opere di rifinitura, quali, ad es., la pavimentazione e gli infissi; Il rustico deve essere completato, in particolare, nelle tamponature esterne, necessarie a realizzare in concreto i volumi individuabili ed esattamente calcolabili, indipendentemente dai materiali utilizzati; tamponature esterne che assolvono, quindi, la funzione di isolamento dell'immobile dalle intemperie e configurano l'opera nella sua fondamentale volumetria; La copertura, essenziale, al pari delle tamponature esterne, essa deve intendersi come qualsiasi chiusura superiore, anche non avente carattere di stabilità e definitività, idonea a consentire l'individuazione del volume dell'edificio e ad impedirne la maggiorazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02408/2013 REG.PROV.COLL.

N. 10026/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10026 del 2001, proposto da: 
Ardente Patrizio, rappresentato e difeso dall'avv. Egidio Lamberti, con domicilio eletto presso Egidio Lamberti in Napoli, via Mattia Preti,10 - A. Lamberti;

contro

Comune di Casapesenna, rappresentato e difeso dall'avv. Giuliano Agliata, con domicilio eletto presso Giuliano Agliata in Napoli, via G.Porzio C. Dir. Isola G 8;

per l'annullamento

DETERMINA DEL 18.6.2001 DI RIGETTO ISTANZA DI CONCESSIONE IN SANATORIA PRESENTATA IL 1.3.1995 N. 1847.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Casapesenna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2013 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe, Ardente Patrizio impugnava, chiedendone l’annullamento: - il provvedimento del 18 giugno 2001, col quale il responsabile del Servizio Assetto del territorio del Comune di Casapesenna aveva rigettato la domanda di condono edilizio ex art. 39 della l. n. 724/1994, presentata il 1° marzo 1995 (prot. n. 1847); - gli atti preordinati, connessi e/o consequenziali, tra cui, in particolare, il parere della commissione per l’esame delle pratiche di condono edilizio n. 79 del 16 giugno 2001.

2. In particolare, l’impugnato provvedimento declinatorio aveva per oggetto un immobile abusivo ubicato in Casapesenna, alla via S. Ciro, n. 2, ed era motivato in base al rilievo che “l’abuso risulta realizzato dopo il 31 dicembre 1993, come si evince dal verbale dei Vigili urbani n. 165/1993”.

3. Avverso siffatta determinazione l’Ardente proponeva censure così rubricate: 1) violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.; violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della l. n. 724/1994, nonché degli artt. 31 ss. della l. n. 47/1985; difetto dei presupposti di fatto e di diritto; eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del giusto procedimento; 2) violazione degli artt. 3 e 7 della l. n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del giusto procedimento; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della l. n. 724/1994, degli artt. 31 ss. della l. n. 47/1985 e della l. n. 241/1990; difetto dei presupposti in fatto e in diritto; eccesso di potere per istruttoria lacunosa e contraddittoria.

4. In esito alle udienze pubbliche del 22 giugno 2011 e dell’8 febbraio 2012, la Sezione, onde scrutinare compiutamente la fondatezza del ricorso, disponeva, con ord. coll. n. 4442/2011, reiterata con ord. coll. n. 1999/2012, l’acquisizione: -- della domanda di condono edilizio ex art. 39 della l. n. 724/1994, presentata dall’Ardente il 1° marzo 1995 (prot. n. 1847); -- del verbale di accertamento della Polizia municipale di Casapesenna n. 165/1993.

5. Il prescritto incombente istruttorio veniva assolto dall’intimata amministrazione comunale – costituitasi in giudizio per resistere al gravame esperito ex adverso – mediante deposito della richiesta documentazione, avvenuto il 20 ottobre 2012.

6. Successivamente, all’udienza pubblica del 6 febbraio 2013, la causa veniva trattenuta in decisione.

7. Nel merito, il ricorso è infondato per le seguenti ragioni.

8. Venendo al primo e al secondo ordine di doglianze – che possono scrutinarsi congiuntamente, stante la loro stretta interrelazione reciproca –, lamenta l’Ardente che l’amministrazione resistente: - non avrebbe potuto rigettare tout court la propria domanda di condono, prot. n. 1847, del 1° marzo 1995, essendosi formato su di essa il silenzio assenso a norma dell’art. 39 della l. n. 724/1994; - conseguentemente, in ordine a un simile provvedimento abilitativo tacito, avrebbe omesso di intervenire nelle debite forme dell’autotutela, ossia nel rispetto delle connesse garanzie partecipative e dei connessi oneri motivazionali (circa, segnatamente, l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto ritenuto illegittimo, prevalente su quello privato alla sua conservazione).

8.1. Al riguardo, occorre premettere, in punto di fatto, che:

- la domanda di condono edilizio, prot. n. 1847, del 1° marzo 1995 attesta che le opere da essa riguardate, ubicate in Casapesenna, alla via s. Ciro, n. 2, ed aventi una superficie totale pari a mq 202,12 ed una volumetria complessiva pari a mc 637,15, sarebbero state ultimate entro il dicembre 1993;

- la relazione tecnica, esibita il 18 settembre 1998 (prot. n. 5277) ad integrazione dell’anzidetta domanda, precisa che l’immobile abusivo de quo, avente una superficie totale pari a mq 202,09 ed una volumetria complessiva pari a mc 637,15, “occupa il piano primo di un edificio”, “completo in ogni sua parte”, con “struttura portante verticale … realizzata con pilastri in cemento armato” e “orizzontale … realizzata con solai in travetti prefabbricati e laterizi”, con “tompagnatura esterna … realizzata parte con forati e parte in muratura di tufo” e con tramezzatura interna realizzata in laterizi, nonché rifinito con pavimenti, rivestimenti in piastrelle maiolicate, intonaci esterni, intonaci e tinteggiature esterni e interni, infissi esterni in alluminio anodizzato e interni in legno, impianti elettrico e idraulico;

- dal verbale di accertamento di infrazione della Polizia municipale di Casapesenna n. 165 (prot. n. 1015/VV.UU.) del 22 dicembre 1993 emerge, invece, che il manufatto realizzato in Casapesenna, alla via S. Ciro, n. 2, in assenza di concessione edilizia, consiste nella sola “costruzione di n. 6 pilastri che sorreggono un solaio di mq 7 x 10 circa, armati in legno e in ferro, completo di getto”;

- a corredo del predetto verbale di accertamento figura una documentazione fotografica dalla quale si evince l’arretrato stato di avanzamento dei lavori;

- in relazione alle abusive opere contestate, è stata emessa dal Sindaco di Casapesenna l’ordinanza di demolizione n. 7 del 7 gennaio 1994;

- stando alla perizia giurata depositata in giudizio dall’Ardente il 19 dicembre 2012, le aerofotogrammetrie del 1980 e del 1985 restituiscono una identica sagoma del fabbricato controverso (eretto su due livelli, di cui il secondo riguardato dalla domanda di condono edilizio, prot. n. 1847, del 1° marzo 1995), mentre l’aerofotogrammetria del 1995, raffrontata con le prime e con i voli fotografici dell’Istituto geografico militare del 13 giugno 1981 e del 3 settembre 1990, riproduce un ampliamento della predetta sagoma per una superficie complessiva pari a circa mq 119 (di cui mq 95 residenziali e mq 24 non residenziali).

Da un lato, dunque, il verbale di accertamento di infrazione della Polizia municipale di Casapesenna n. 165 del 22 dicembre 1993 ritrae chiaramente l’arretrato stato di avanzamento dei lavori (“costruzione di n. 6 pilastri che sorreggono un solaio di mq 7 x 10 circa, armati in legno e in ferro, completo di getto”) ad una data (22 dicembre 1993) estremamente prossima a quella (31 dicembre 1993) fissata dall’art. 39, comma 1, della l. n. 724/1994 per la loro ultimazione.

D’altro lato, a fronte di una simile ricognizione, promanante da un documento fidefaciente fino a querela di falso, il ricorrente non arriva a dimostrare, ai sensi dell’art. 64, comma 1, cod. proc. amm., che le opere abusive de quibus sono state completate entro il richiamato termine, previsto dal legislatore per poter beneficiare del c.d. secondo condono edilizio.

Sulla scorta di una perizia giurata dalle conclusioni tutt’altro che dirimenti (laddove si riconosce che, alla data del 3 settembre 1990, sarebbe stato realizzato non già l’intero immobile controverso, bensì “gran parte” di esso sui lati a confine con via Plauto e via S. Ciro, nonché altra “parte” del medesimo sul lato al confine est), egli si limita, infatti, ad allegare una documentazione aerofotogrammetrica e fotografica ancor meno dirimente, in quanto indicativa della sola e, per di più, parziale (considerato il non irrilevante ampliamento sopravvenuto di superficie, complessivamente pari a circa mq 119) corrispondenza tra la sagoma del manufatto risalente al 3 settembre 1990 e la sagoma del manufatto di cui alla domanda di condono edilizio, prot. n. 1847, del 1° marzo 1995, e, quindi, in quanto insuscettibili di comprovare l’effettivo completamento dei lavori.

8.2. A quest’ultimo proposito, giova rammentare le coordinate normative e giurisprudenziali utili a definire la nozione di ultimazione delle opere abusive postulata dall’art. 39, comma 1, della l. n. 724/1994.

Sul piano normativo, soccorre il disposto dell’art. 31, comma 2, della l. n. 47/1985 (richiamato dall’art. 39 della l. n. 724/1994), in base al quale “si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente”.

A livello giurisprudenziale, sono state tracciate le seguenti coordinate ermeneutico-applicative:

- innanzitutto, la costruzione condonabile deve essere completata a rustico, ossia in tutte le sue strutture essenziali, mediante realizzazione delle tamponature e della copertura (TAR Campania, Salerno, sez. II, 9 gennaio 2007, n. 3), in quanto determinanti per stabilire la relativa volumetria e la sagoma esterna (TAR Lazio, Roma, sez. II, 14 settembre 2005, n. 7000; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 18 ottobre 2006, n. 4973), restando, invece, irrilevanti le opere di rifinitura (Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 393; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 14 maggio 2004, n. 2917), quali, ad es., la pavimentazione e gli infissi (TAR Umbria, Perugia, 6 novembre 2008, n. 702);

- il rustico deve essere completato, in particolare, nelle tamponature esterne (TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 4 luglio 2007, n. 1739; cfr. Cass. pen., sez. III, 29 maggio 2007, n. 28515), necessarie a realizzare in concreto i volumi individuabili ed esattamente calcolabili, indipendentemente dai materiali utilizzati (TAR Puglia, Lecce, sez. III, 8 aprile 2005, n. 1982); tamponature esterne che assolvono, quindi, la funzione di isolamento dell'immobile dalle intemperie e configurano l'opera nella sua fondamentale volumetria (TAR Calabria, Reggio Calabria, 9 dicembre 2002, n. 1955; TAR Campania, Salerno, sez. II, 13 ottobre 2006, n. 1745);

- quanto alla copertura – essenziale, al pari delle tamponature esterne –, essa deve intendersi come qualsiasi chiusura superiore, anche non avente carattere di stabilità e definitività, idonea a consentire l'individuazione del volume dell'edificio e ad impedirne la maggiorazione (TAR Sardegna, Cagliari, 14 ottobre 2003, n. 1212).

Dalla superiore rassegna normativa e giurisprudenziale si evince che, per aversi ultimazione delle opere abusive suscettibile di condono edilizio, è indispensabile l’avvenuta realizzazione del rustico, consistente, segnatamente, nell’esecuzione delle tamponature esterne (muri perimetrali) e della copertura (senza necessità di rifiniture) così da ottenere un volume integrante nuova costruzione.

Ebbene, nella specie, gli elementi probatori esaminati retro, sub n. 8.1, inducono ad escludere la sussistenza dei connotati di completamento richiesti dal comb. disp. artt. 39, comma 1, della l. n. 724/1994 e 31, comma 2, della l. n. 47/19853 e specificati alla stregua delle coordinate ermeneutico-applicative sopra delineate.

Ed invero, come ampiamente rimarcato retro, sub n. 8.1, il verbale di accertamento di infrazione della Polizia municipale di Casapesenna n. 165 del 22 dicembre 1993 attesta – in conformità all’allegato supporto fotografico – la sola “costruzione di n. 6 pilastri che sorreggono un solaio di mq 7 x 10 circa, armati in legno e in ferro, completo di getto”; mentre la sagoma riprodotta nella documentazione aerofotogrammetrica e fotografica esibita da parte ricorrente, oltre a difettare del successivo ampliamento di superficie (complessivamente pari a circa mq 119), non consente di stabilire il livello di esecuzione dei relativi muri perimetrali e, soprattutto, della relativa copertura.

8.3. Le circostanze dianzi acclarate militano nel senso della mancata ultimazione dei lavori abusivi controversi entro il termine del 31 dicembre 1993 ed elidono, quindi, il formarsi dell’invocato silenzio assenso ex art. 39, comma 4, della l. n. 724/1994 e la predicata necessità della sua rimozione nelle forme dell’autotutela, ossia nel rispetto delle connesse garanzie partecipative e dei connessi oneri motivazionali.

8.3.1. Al riguardo, il citato art. 39 subordina, innanzitutto, al comma 1, la consentita sanatoria delle opere abusive al relativo completamento entro la data del 31 dicembre 1993

Stabilisce, altresì, al comma 4, cit., che il pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori, la presentazione della documentazione a corredo della domanda di condono (prescritta dall’art. 35, commi 3 e 5, della l. n. 47/1985) e della denuncia in catasto, nonché “il decorso del termine di un anno e di due anni per i comuni con più di 500.000 abitanti dalla data di entrata in vigore della presente legge senza l’adozione di un provvedimento negativo del comune” “equivale a concessione o ad autorizzazione edilizia in sanatoria”. Ma precisa, nel contempo, che “se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in modo non veritiero e palesemente doloso, le costruzioni realizzate senza licenza o concessione edilizia sono assoggettate alle sanzioni richiamate agli artt. 40 e 45 della l. 28 febbraio 1985, n. 47”

Analogamente a tali previsioni, l’art. 35 della l. n. 47/1985 (richiamato dall’art. 39 della l. n. 724/1994) stabilisce, al comma 18, che, "fermo il disposto del primo comma dell'art. 40 … decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento"; mentre il successivo art. 40 precisa, al comma 1, che, “se nel termine prescritto non viene presentata la domanda … per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, gli autori di dette opere abusive non sanate sono soggetti alle sanzioni di cui al capo I” e che “le stesse sanzioni si applicano, se, presentata la domanda, non viene effettuata l’oblazione dovuta”.

8.3.2. La disciplina dianzi riportata prevede che la domanda di condono si intende accolta, in presenza delle seguenti condizioni: - ultimazione delle opere abusive entro il 31 dicembre 1993; - decorso del termine perentorio prefissato per una pronuncia espressa dell’amministrazione comunale; - pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori dovuti; - produzione della documentazione richiesta; - denuncia in catasto dell’immobile abusivo. In omaggio al principio ‘fraus omnia corrumpit’, esclude, poi, la formazione del silenzio assenso nelle ipotesi di domanda rivelatasi dolosamente infedele per la portata delle omissioni o delle inesattezze in essa riscontrate (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 luglio 2010, n. 4823; TAR Campania, Napoli, sez. III, 25 ottobre 2010, n. 21436; TAR Puglia, Bari, sez. II, 18 novembre 2011, n. 1762; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 12 settembre 2012, n. 1517).

Il titolo abilitativo tacito può, dunque, formarsi, per effetto del silenzio assenso, soltanto se la domanda di definizione dell’illecito edilizio presentata possegga i requisiti soggettivi e oggettivi per essere accolta, in quanto la mancanza di taluno di questi impedisce in radice che possa avviarsi il procedimento di sanatoria, in cui il decorso del tempo è mero coelemento costitutivo della fattispecie autorizzativa: affinché sia abbia silenzio assenso, occorre, cioè, che l’iter amministrativo sia stato avviato da un'istanza conforme al modello legale previsto dalla norma che regola il procedimento di condono.

Secondo il legislatore, la mancata definizione dell’illecito edilizio da parte dell’amministrazione comunale entro il termine perentorio all’uopo prefissato non determina, cioè, ope legis, la regolarizzazione tacita dell'abuso, qualora manchino i presupposti di fatto e di diritto normativamente richiesti, tra cui, segnatamente, quello del completamento delle opere abusive entro la data del 31 dicembre 1993, ovvero qualora la domanda di condono – con specifico riferimento a quest’ultimo presupposto essenziale – rappresenti la realtà, attraverso omissioni o inesattezze rilevanti, in maniera dolosamente infedele (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 luglio 2004, n. 5039; TAR Campania, Napoli, sez. II, 15 febbraio 2006, n. 2124; Salerno, sez. II, 13 luglio 2009, n. 3990; Napoli, sez. VIII, 14 luglio 2011, n. 3849; sez. II, 6 febbraio 2012, n. 585; TAR Veneto, Venezia, sez. II, 27 maggio 2009, n. 1627; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 18 settembre 2012, n. 951; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 12 aprile 2012, n. 625; Bari, sez. III, 19 aprile 2012, n. 743).

8.3.3. Ora, come diffusamente evidenziato retro, sub n. 8.1 e 8.2, non poteva, nella specie, dirsi sussistente il presupposto dell’avvenuta ultimazione degli interventi abusivi controversi entro la data del 31 dicembre 1993, né, quindi, considerarsi fedele, rispetto alla effettiva cronologia dei lavori, la rappresentazione fornita dal ricorrente in sede di istanza di sanatoria.

Di qui l’inconfigurabilità dell’invocato silenzio assenso e la conseguente legittimità del rigetto domanda di condono, prot. n. 1847, del 1° marzo 1995, espresso senza ricorrere alle forme dell’autotutela, sia pure oltre il termine previsto per il perfezionarsi del titolo abilitativo tacito in sanatoria.

9. Destituita di fondamento è anche la terza censura, con cui l’Ardente denuncia il difetto di motivazione circa le ragioni impeditive del richiesto condono edilizio.

Ed invero, il provvedimento impugnato reca una giustificazione perspicua e puntuale, ancorché sintetica, del denegato rilascio del titolo abilitativo in sanatoria.

In particolare, l’impugnato provvedimento declinatorio del 18 giugno 2001 risulta motivato – come già indicato retro, sub n. 2 – in base al rilievo che “l’abuso risulta realizzato dopo il 31 dicembre 1993, come si evince dal verbale dei Vigili urbani n. 165/1993”, ossia in ragione del riscontrato difetto di un essenziale e necessario presupposto cronologico (ultimazione dei lavori entro la data del 31 dicembre 1993: cfr. retro, sub n. 8.1 e 8.2), prescritto dall’art. 39, comma 1, della l. n. 724/1994 (cfr. retro, sub n. 8.3.1) per poter beneficiare della sanatoria edilizia, nonché, quindi, della infedele rappresentazione della sua sussistenza da parte dell’interessato.

10. In conclusione, stante la ravvisata infondatezza di tutte le censure proposte, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

11. Quanto alle spese di lite, esse devono seguire la soccombenza e, quindi, essere poste a carico della parte ricorrente.

Dette spese vanno liquidate in complessivi € 2.000,00 in favore dell’amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna Ardente Patrizio al pagamento delle spese, dei diritti e degli onorari di lite, che si liquidano in complessivi € 2.000,00 in favore del Comune di Casapesenna.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Renata Emma Ianigro, Consigliere

Olindo Di Popolo, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)