TAR Campania (NA), Sez. VI, n. 3492, del 4 luglio 2013
Urbanistica.Nozione di restauro e risanamento conservativo

La giurisprudenza ha chiarito che sono interventi di restauro e risanamento conservativo e che tale tipologia di interventi ricorre esclusivamente quando non vi sia mutamento della qualificazione tipologica del manufatto preesistente, ovvero dei caratteri architettonici e funzionali che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie, degli elementi formali che configurano l’immagine caratteristica dello stesso e degli elementi strutturali, che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio. Orbene, se la consistenza delle opere costituisce una notevole alterazione dei prospetti e della struttura dell’edificio (ampliamento di mq. 29,26 e mc. 74,18 per realizzare una nuova camera, cucina, tinello e ripostiglio, oltre al portichetto di ingresso), non è consentito la riconduzione delle medesime alla nozione di restauro e risanamento conservativo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03492/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03554/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3554 del 2008, proposto da Iorio Giuliano, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Del Savio, con domicilio eletto presso l’avv. Romano, in Napoli, corso Vittorio Emanuele, 670;

contro

il Comune di Anacapri, in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

a) della determina del responsabile del settore tecnico n. 6297 del 23.4.2008, con la quale è stata respinta l’istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria presentata dal ricorrente in data 10.01.2008 pratica n. 3750, assunta al protocollo del comune di Anacapri al n. 520, in relazione alle opere ubicate nell’immobile sito in Capri alla via Artimo, n. 19, foglio 2, p.lla 700 e di cui all’istanza stessa;

b) dell’ordinanza di demolizione emessa dal responsabile del settore tecnico del Comune di Anacapri del 23.04.2008 n. 6298, con la quale è stato ingiunto al ricorrente di demolire le opere oggetto del provvedimento di rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria impugnato sub a) ubicate nell’immobile sito in Anacapri alla via Artimo n. 19, foglio 2, p.lla 700;

c) di ogni altro atto e/o provvedimento sotteso, connesso e conseguente.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Il ricorso è mosso avverso la determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Anacapri n. 6297 del 23.04.2008 con cui l’Ente ha respinto l’istanza di permesso di costruire in sanatoria assunta al prot. 520 del 10.01.2008, pratica n. 3750, domanda di accertamento di conformità - presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001 in data 10.01.2008 - in relazione all’ampliamento di circa mq. 29,26 e mc. 74,18 (per realizzazione camera, cucina/tinello e ripostiglio) a piccola unità abitativa oggetto di istanza di condono edilizio n. 695/86 e n. 835/96 e portichetto di ingresso.

Tutte le opere testé menzionate sono, evidentemente, state edificate senza permesso di costruire in Anacapri alla Via Artimo n. 19.

1.1. L’Ente comunale giungeva a questa conclusione in virtù di diversi ordini di considerazioni: a) in primo luogo, si chiarisce nel provvedimento di rigetto che l’intervento non era ammissibile in quanto l’immobile ricade in zona “P” (aree a verde agricolo) del Piano regolatore generale del Comune di Anacapri dove, alla luce degli indici di edificabilità e delle porzioni di terreno già edificate, non è consentita la creazione di edifici di una simile volumetria e, per di più, da parte di soggetti che non risultano essere coltivatori del fondo (la possibilità di effettuare nuove costruzioni è collegata alla «conduzione del fondo»); b) inoltre, si definiva l’intervento non consentibile neanche a mezzo della domanda di permesso di costruire in sanatoria in quanto ricadente in zona P.I. (protezione integrale) del Piano territoriale paesistico (P.T.P.) dove non è possibile realizzare manufatti che comportino aumenti di volumetria.

L’amministrazione comunale non si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 19 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorrente si duole del provvedimento sub a) sollevando diversi motivi di ricorso, di seguito sintetizzati: 1) violazione degli artt. 7 e 10 bis della legge 07.08.1990 n. 241 come introdotto dalla legge 11.2.2005 n. 15; 2) violazione di legge per la mancata acquisizione del parere della commissione edilizia e della commissione edilizia integrata; 3) violazione degli artt. 34 e ss. d.P.R. 380/2001 per non essere stato realmente esaminato il contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti nel Comune di Anacapri; 4) incompetenza del dirigente in quanto manca la normativa interna all’Ente di attuazione del d.lgs. 267/2000, in assenza della quale la competenza deve ritenersi attribuita ancora al Sindaco; 5) eccesso di potere per travisamento e difetto di istruttoria non essendo stata correttamente valutata la natura delle opere edificate che sarebbero ascrivibili alla categoria del “restauro/risanamento conservativo”.

2. Il ricorso è infondato.

2.1. Infondata è la prima censura. In proposito, va ribadito che la violazione delle garanzie procedimentali non incide sulla validità del provvedimento finale allorché quest’ultimo si presenti vincolato e «sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato» (art. 21 octies L. 241/1990), circostanze che ricorrono senza dubbio nel caso di specie per la conclamata difformità dell’opera dai parametri imposti dal P.R.G. e dal P.T.P., come meglio si dirà a breve con riguardo alle successive censure.

2.2. Quanto alla seconda censura, relativa alla mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia integrata, basti richiamare il costante orientamento della Sezione, elaborato in merito alle ordinanze di demolizione, ma evidentemente riferibile anche al caso di specie, secondo cui non occorre acquisire alcun parere, nel caso in cui l’adozione del provvedimento in materie edilizia discenda direttamente dall'applicazione della disciplina edilizia. In tali ipotesi, infatti, il provvedimento si qualifica come atto dovuto in virtù di una valutazione di carattere giuridico, svincolata dalla violazione di peculiari valori paesaggistici, per l’accertamento della quale sarebbe stato necessario operare valutazioni implicanti esercizio di discrezionalità tecnica ascrivibili alla Commissione Edilizia (in tal senso, cfr., tra le molte, T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 14 aprile 2010, n. 1975, sez. VI 03 dicembre 2010, n. 26797; sez. VI, 24 settembre 2009, n. 5071 e sez. III, 05 giugno 2008, n. 5255, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 11 settembre 2009 n. 8644).

3.3. Anche la terza censura non ha pregio.

Infatti, anche a prescindere dalla qualificazione che si voglia attribuire agli interventi descritti, di cui si dirà in prosieguo, emerge con chiarezza, come, peraltro, ben evidenziato nella motivazione del provvedimento, che le opere sono del tutto “non conformi” alle prescrizioni urbanistiche e paesistiche che, per quanto si è già detto, contemplano, quanto al P.R.G., il divieto di edificare un simile manufatto in zona ‘P’ – sia perché esorbitante la cubatura consentita sia perché i proprietari non sono coltivatori del fondo – nonché, quanto al P.T.P., il divieto di realizzare in zona P.I. opere diverse da quelle di: “conservazione” e “miglioramento del verde”; “prevenzione degli incendi”; “risanamento e restauro ambientale per l’eliminazione di strutture e infrastrutture in contrasto con l’ambiente”; “sistemazione della viabilità pedonale”.

È evidente, quindi, che non ricorrono i presupposti per il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001 ossia la conformità «alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».

Le argomentazioni appena esposte dimostrano l’assoluta infondatezza della terza censura.

4. Và ancora respinta la quarta censura di incompetenza del dirigente all’adozione degli atti impugnati, per assenza, nel comune di Anacapri, di una normativa regolamentare di attuazione delle previsione legislativa in materia.

I provvedimenti, infatti, ricadono sotto la sfera di applicazione dell’art. 107 della legge 267/2000, che, al comma 3, attribuisce ai dirigenti “tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente: …g) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale”.

5. Con il quinto motivo il ricorrente sostiene che le opere sanzionate costituirebbero un adeguamento tecnico-funzionale dell’organismo edilizio, che ha determinato una diversa distribuzione dei volumi aventi natura tecnico-funzionale nel contesto di conservazione dell’intero organismo edilizio; si tratterebbe, in altre parole, di un’opera di “restauro/risanamento conservativo”, come tale compatibile con la strumentazione urbanistica e sanabile.

La prospettazione di parte ricorrente è fallace per diverse ragioni.

In primo luogo, è inesatta la riconduzione delle opere ‘de quo’ alla nozione di restauro/risanamento conservativo.

Sono interventi di restauro e risanamento conservativo quelli volti «a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;» (art. 3 D.P.R. 380/2001).

La giurisprudenza ha, quindi, chiarito che tale tipologia di interventi ricorre esclusivamente quando non vi sia mutamento della qualificazione tipologica del manufatto preesistente, ovvero dei caratteri architettonici e funzionali che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie, degli elementi formali che configurano l’immagine caratteristica dello stesso e degli elementi strutturali, che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio (Cass. Penale, Sez. III, sent. n. 16048 del 21-04-2006). Orbene, nel caso di specie, la consistenza delle opere costituisce una notevole alterazione dei prospetti e della struttura dell’edificio (ampliamento di mq. 29,26 e mc. 74,18 per realizzare una nuova camera, cucina, tinello e ripostiglio, oltre al portichetto di ingresso), tale da non consentire la riconduzione delle medesime alla nozione di restauro e risanamento conservativo.

Gli interventi contemplati devono, quindi, essere qualificati come ‘nuove opere’ per le quali sarebbe stato necessario ottenere il permesso di costruire.

6. Il ricorrente impugna, inoltre, l’ordinanza di demolizione n. 6298 del 23.04.2008 per i seguenti motivi: 1) illegittimità derivata rispetto al provvedimento di rigetto della sanatoria; 2) mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 241/1990; 3) impossibilità di demolire il manufatto senza recare pregiudizio all’intero immobile; 4) mancata specificazione dell’area interessata dal procedimento ablativo.

6.1. Essendo infondate le censure recate al provvedimento di rigetto dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria, deve essere respinta anche la censura di illegittimità derivata avverso l’ordinanza di demolizione.

6.2. E’ da respingere inoltre la censura di violazione delle garanzie partecipative, per mancata comunicazione di avvio del procedimento (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 06 luglio 2012, n. 3249, T.A.R., Campania, Salerno, sez. I, 28 giugno 2012, n. 1314, T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 26 giugno 2012, n. 3017) in ragione della natura vincolata dell’atto impugnato, tanto più che neppure in gravame il ricorrente ha rappresentato circostanze idonee a determinare un diverso esito provvedimentale.

6.3. Quanto all’asserita impossibilità tecnica di demolire il manufatto abusivamente realizzato, essa – secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza anche di questa sezione - non incide sulla legittimità del provvedimento sanzionatorio.

In ogni caso, sempre per consolidata giurisprudenza, “la possibilità di non procedere alla rimozione delle parti abusive quando ciò sia di pregiudizio alle parti legittime costituisce solo un’eventualità della fase esecutiva, subordinata alla circostanza dell’impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi” (cfr., tra le molte, T.A.R. Campania, Napoli, questa sesta sezione 8 aprile 2011, n. 2039 e 15 luglio 2010 , n. 16807; n. 1973 del 14 aprile 2010; Salerno, sez. II, 13 aprile 2011, n. 702).

6.4. Infondata è, inoltre, la censura che richiama la circostanza per cui non sarebbe stata specificata l’area interessata dal provvedimento di acquisizione in caso di inottemperanza alla demolizione.

Come ripetutamente affermato dalla sezione (cfr. tra le tante, sentenza n. 6141 del 18.5.2011). invero, fermo che l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi e della relativa area di sedime costituisce, ex art. 31, comma 3, d.P.R. 380 del 2001, effetto automatico della mancata ottemperanza all'ordine di demolizione e non abbisogna di previe specificazioni, necessarie solo per l’individuazione della ulteriore (“nonché”) area “necessaria alla realizzazione di opere analoghe…”, di cui alla restante parte della previsione, l’individuazione di quest’ultima ben può essere operata “con un successivo e separato atto” (Tar Campania, questa sesta sezione, 16 giugno 2011, n. 3194, 11 maggio 2011, n. 2624; Tar Lazio, Roma, sez. I, 07 marzo 2011, n. 2031; Tar Puglia, Lecce, sez. III, 09 dicembre 2010, n. 2809).

7. Conclusivamente il ricorso è infondato in toto, ma nulla si delibera per quanto concerne le spese del giudizio in ragione della mancata costituzione del Comune intimato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso, in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:

Renzo Conti, Presidente

Umberto Maiello, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)