TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, n. 508, del 17 ottobre 2013
Urbanistica.Per opere abusive il costo di costruzione è sempre dovuto

Al permesso di costruire in sanatoria non è applicabile l’art. 17, 3° comma, lett. c) del DPR n. 380/2001, che disciplina il contributo per il costo di costruzione, per opere di urbanizzazione eseguite da privati, stabilendo che esso non è dovuto, ma tale norma va applicata soltanto alle opere eseguite legittimamente. Invero tale norma va collegata a quanto, a sua volta, dispone l’art. 36, 2° comma, dello stesso decreto che, qualora l’opera sia stata abusivamente realizzata, il contributo è invece dovuto anche quando la legge ne sancisce la gratuità, salvo, in questo caso, in misura pari a quella stabilita dall’art. 16 e non in misura doppia, come di regola. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00508/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00523/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 523 del 2008, proposto da: 
Costruzioni Trieste Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Furio Stradella, con domicilio eletto presso Furio Stradella Avv. in Trieste, v.le XX Settembre 13;

contro

Comune Di Muggia, rappresentato e difeso dall'avv. Walter Coren, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia 7;

per l'annullamento

-del provvedimento dd. 18.8.2008, di irrogazione della sanzione afferente al permesso di costruire in sanatoria relativamente alle opere di urbanizzazione primaria inerenti alla costruzione di n. 5 edifici bifamiliari in Muggia.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Di Muggia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2013 il dott. Enzo Di Sciascio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

La società rappresenta di aver richiesto al Comune intimato il rilascio di concessione edilizia per le opere di urbanizzazione da realizzarsi nel PPIP di iniziativa privata per la costruzione di n. 7 unità minime di intervento, ricevendo parere favorevole del Servizio territorio e ambiente.

Nelle more del procedimento autorizzatorio essa dava comunque inizio alle opere ma veniva sanzionata penalmente per averle eseguite in assenza di titolo, cosicché presentava domanda di permesso di costruire in sanatoria per quanto già realizzato e per il completamento delle opere di urbanizzazione primaria per cinque edifici bifamiliari nell’ambito del PRPC di iniziativa privata.

Con l’atto impugnato l’ammontare della sanzione è stato determinato in € 15.503,83, dopodiché il permesso di costruire in sanatoria veniva rilasciato.

Di tale atto di liquidazione, in quanto illegittimo ed errato, si chiede l’annullamento. Esso, infatti, nella sua parte motiva, sostiene che il contributo di costruzione, non essendo quantificabile in base ai parametri regionali, che vanno determinati in base alla superficie utile abitabile, mentre, trattandosi di una rete di servizi, esso non sarebbe applicabile ai sensi dell’art. 17, 3° comma, lett. c) del DPR 380/2001, giunge a comminare l’impugnata sanzione, con palese contraddittorietà, disattendendo anche il successivo provvedimento comunale dd. 2.9.2008, che ribadisce che il permesso di costruire per le opere di urbanizzazione primaria di completamento non è soggetto al contributo di costruzione.

Del pari l’art. 36, 2° comma, del DPR n. 380/2001 escluderebbe il pagamento del contributo in caso di gratuità a norma di legge.

Nonostante ciò l’istanza della ricorrente sia del 10.1.2005 il Comune non l’ha evasa se non con gran ritardo, procurandole un gravissimo danno, pur se si trattava di opera di urbanizzazione specificamente indicata come tale nello strumento urbanistico.

Se la pratica fosse stata conclusa nei termini di legge, e non in sanatoria, non sarebbe stato necessario il versamento di alcuna somma di denaro.

L’atto impugnato andrà quindi annullato e la sanzione pecuniaria andrà liquidata ai sensi dell’art. 16 del DPR n. 380/2001, in correlazione con il successivo art. 17.

Andrà altresì risarcito il danno, essendo palese la responsabilità del Comune.

Si è costituito in giudizio il Comune di Muggia controdeducendo e rilevando che la ricorrente ha iniziato le opere di cui trattasi in assenza di permesso di costruire ed ha chiesto essa stessa la sanatoria.

Del resto con convenzione urbanistica dd. 5.7.2000 fra il Comune e la proprietà venivano regolati i rapporti fra le parti derivanti dall’attuazione di un PRPC di iniziativa privata, che prevedeva la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, da eseguirsi previa richiesta di permesso di costruire.

Solo con il pagamento dell’oblazione di cui all’art. 36 del DPR n. 380/2001 la ricorrente ha potuto ottenere il permesso di costruire, in quanto tale norma lo prevede espressamente, in caso tale permesso avvenga in sanatoria. L’unica differenza, nel caso in esame, è che, trattandosi di opere di urbanizzazione gratuite a norma di legge, ma eseguite abusivamente, l’oblazione andava determinata non in misura doppia, ma in base all’articolo 16 di detto decreto, che condiziona il permesso di costruire alla corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza del costo di costruzione, sulla base di tabelle parametriche regionali o, in loro assenza, come nel caso in esame, di quelle deliberate in via provvisoria dai Comuni con deliberazione consiliare.

Non vi ha luogo all’applicazione dell’art. 17, invocato dalla ricorrente, che va applicato in caso di costo di costruzione per le opere di urbanizzazione primaria effettivamente non dovuto e non richiesto dal Comune alla ricorrente.

Parte ricorrente ha contestato le tesi dell’amministrazione, rilevando che l’abuso è stato solo parziale e chiedendo che la sanzione, previo accertamento istruttorio, vada commisurata all’entità, solo parziale, delle opere abusive realizzate.

Il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Invero concorda il Collegio con la tesi dell’amministrazione intimata secondo cui non è applicabile al caso l’art. 17, 3° comma, lett. c) del DPR n. 380/2001, che disciplina il contributo per il costo di costruzione, per opere di urbanizzazione eseguite da privati, stabilendo che esso non è dovuto, ma tale norma va applicata soltanto alle opere eseguite legittimamente.

Invero tale norma va collegata a quanto, a sua volta, dispone l’art. 36, 2° comma, dello stesso decreto che, qualora l’opera sia stata abusivamente realizzata, il contributo è invece dovuto anche quando la legge ne sancisce la gratuità, salvo, in questo caso, in misura pari a quella stabilita dall’art. 16 e non in misura doppia, come di regola.

Del pari è infondato il secondo motivo di gravame, che ribadendo la non soggezione delle opere realizzate al contributo di costruzione e richiamando al riguardo la stessa motivazione dell’atto impugnato, ed aggiungendo che esso non sarebbe dovuto in quanto eseguito nell’ambito di un convenzionamento col Comune intimato, addebita al ritardo dell’amministrazione, che non avrebbe provveduto nei termini di legge, l’applicazione della sanzione, per cui non vi sarebbero stati gli estremi se essa avesse tempestivamente provveduto, chiedendo altresì, per tale motivo, il risarcimento del danno.

Peraltro dev’essere rilevato che ben potevano i ricorrenti sollecitare e financo mettere in mora l’amministrazione, ma non erano certo autorizzati dal suo ritardo ad agire abusivamente, onde le conseguenze che sono seguite sono addebitabili soltanto alla loro illegittima iniziativa.

Non può questo Tribunale amministrativo tenere in considerazione le successive deduzioni proposte da parte ricorrente in memoria, che fondano una domanda istruttoria che tende, attraverso l’acquisizione dei relativi conteggi, a dimostrare che, a tutto concedere, il contributo richiesto sarebbe dovuto solo in parte.

Tale tesi non è infatti contenuta nei motivi di gravame, che mirano a sostenere che quanto loro addebitato dall’amministrazione non era “in toto” dovuto, ed anzi era ad essa dovuto un risarcimento, onde, al più, essa poteva essere esposta con motivi aggiunti, per cui non appare ammissibile autorizzare attività istruttoria a sostegno di una censura non ritualmente dedotta.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Considerata la particolarità della vicenda processuale le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente

Enzo Di Sciascio, Consigliere, Estensore

Oria Settesoldi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)