presentate l’11 settembre 2008
Causa C‑317/07
Lahti Energia Oy domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus (Finlandia)
«Direttiva 2000/76 – Incenerimento di rifiuti – Nozione di rifiuto – Nozioni di impianto di incenerimento e di coincenerimento – Gassificazione – Incenerimento di gas prodotto»
I – Introduzione
1. Il caso di specie verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti(2) (in prosieguo: la «direttiva sull’incenerimento dei rifiuti»). La questione riguarda un impianto in cui i rifiuti sono trasformati in gas combustibile che, dopo una successiva depurazione, è coincenerito in una centrale di combustione di carbone fossile. Resta da chiarire in che misura applicare a questo procedimento la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
II – Contesto normativo
A – La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti
2. All’art. 1 la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti enuncia il suo scopo:
«La presente direttiva ha lo scopo di evitare o di limitare per quanto praticabile gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dovuto alle emissioni nell’atmosfera, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne risultino.
Tale scopo è raggiunto mediante rigorose condizioni di esercizio e prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità, soddisfacendo altresì le prescrizioni della direttiva 75/442/CEE ((3))».
3. In base all’art. 2, n. 1, la direttiva si applica agli impianti di incenerimento e coincenerimento.
4. I rifiuti, gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono definiti all’art. 3, punti 1, 4 e 5:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) “rifiuto”: qualsiasi rifiuto solido o liquido quale definito all’articolo 1, lettera a) della direttiva 75/442/CEE;
(…)
4) “impianto di incenerimento”: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica fissa o mobile destinata al trattamento termico dei rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. In questa definizione sono inclusi l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti nonché altri procedimenti di trattamento termico, quali ad esempio i procedimenti del plasma, sempreché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite.
La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese le linee di incenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento dei gas di scarico, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento;
5) “impianto di coincenerimento”: qualsiasi impianto fisso o mobile la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali e
– che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o
– in cui i rifiuti sono sottoposti a un trattamento termico a fini di smaltimento.
Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi del punto 4.
La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese tutte le linee di coincenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento del gas di scarico; le installazioni in loco di trattamento o stoccaggio dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento».
5. L’art. 7, n. 1 e n. 2, primo comma, disciplina i valori limite di emissione nell’atmosfera:
«1. Gli impianti di incenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera da non superare i valori limite di emissione previsti all’allegato V per i gas di scarico.
2. Gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera da non superare i valori limite di emissione per i gas di scarico determinati conformemente all’allegato II o in esso previsti.
(…)».
6. Per l’ipotesi di coincenerimento, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti prevede due tipi di valori limite. Rispettivamente, un valore limite si riferisce alla parte di rifiuti nell’incenerimento, l’altro alla parte di combustibili convenzionali. Entrambi i valori limite sono combinati tramite la cosiddetta formula di miscelazione con la conseguenza che viene fissato un unico valore limite per il rispettivo inquinante.
B – Comparazione tra i requisiti richiesti per gli impianti di coincenerimento e per i grandi impianti di combustione
7. L’emissione di determinati inquinanti attraverso le centrali di combustione di carbone fossile è disciplinata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2001, 2001/80/CE, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera (4) di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione.
8. Se si confrontano i valori limite da applicare nell’ambito della formula di miscelazione per i combustibili solidi convenzionali, utilizzati insieme ai rifiuti negli impianti di coincenerimento, con i requisiti dei grandi impianti di combustione, ai sensi dell’art. 4, in combinato disposto con gli allegati III, VI e VII della direttiva 2001/80, risultano le seguenti differenze esposte.
9. Riguardo al SO2, i grandi impianti di combustione esistenti possono esalare emissioni secondo valori compresi tra 2000 mg SO2/Nm3 e 400 mg SO2/Nm3; per gli impianti di coincenerimento, invece, si prevede un valore limite compreso soltanto tra 850 mg SO2/Nm3 e 200 mg SO2/Nm3, ossia tra il 42,5% e il 50% dei valori limite dei grandi impianti di combustione. I nuovi grandi impianti di combustione, invece, sono sottoposti a valori altrettanto rigidi o più rigidi, al pari degli impianti di coincenerimento, ossia 200 mg SO2/Nm3.
10. Fino al 2016, i grandi impianti di combustione esistenti possono esalare emissioni secondo valori di 600 mg/Nm3 o di 500 mg/Nm3 NOx; per gli impianti di coincenerimento i valori non possono superare i 400 mg/Nm3, i 300 mg/Nm3 o i 200 mg/Nm3. Dopo il 2016, i maggiori di tali grandi impianti di combustione devono rispettare lo stesso valore degli impianti di coincenerimento simili, mentre gli impianti più piccoli sono trattati più severamente. I nuovi impianti sono sottoposti, invece, agli stessi requisiti degli impianti di coincenerimento e risulta incluso tra i 100 e i 300 MWth il valore limite più rigido previsto per impianti più grandi.
11. Gli impianti di coincenerimento, infine, – al pari dei nuovi grandi impianti di combustione – possono emettere polveri secondo valori compresi tra i 50 mg/Nm3 e i 30 mg/Nm3. I grandi impianti di combustione esistenti, invece, possono emettere una percentuale nettamente superiore di polveri, compresa tra i 50 mg/Nm3 e i 100 mg/Nm3. Pertanto, a seconda delle dimensioni, i valori limite applicabili agli impianti di coincenerimento raggiungono un’entità compresa tra il 30% e il 50% dei valori relativi ai grandi impianti di combustione.
12. Tuttavia, i valori limite della direttiva 2001/80 per gli impianti esistenti possono essere ancora maggiori, se l’impianto rientra nell’ambito di applicazione di un piano nazionale di riduzione delle emissioni, ai sensi dell’art. 4, n. 6, della direttiva.
C – Norme della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento(5)
13. Infine, rilevano alcune norme della direttiva 96/61. Nell’art. 2, n. 3, vi è definito il concetto di impianto:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
(...)
3. “impianto”, l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che sono tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento».
14. L’art. 3 della direttiva 96/61, stabilisce gli obblighi fondamentali del gestore degli impianti. Nel caso in esame, si deve fare riferimento, in particolare, all’applicazione delle migliori tecniche disponibili:
«Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie perché le autorità competenti garantiscano che l’impianto sia gestito in modo
a) che siano prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando segnatamente le migliori tecniche disponibili».
15. In base all’art. 5, n. 1, della direttiva 96/61, questi requisiti si applicano, a partire dal 30 ottobre 2007, agli impianti esistenti (6).
III – Fatti e questioni pregiudiziali
16. Oggetto della controversia è l’autorizzazione di una modifica degli impianti. Più precisamente, un impianto di gassificazione esistente deve essere completato da un sistema di depurazione del gas prodotto. Il richiedente è la Lahti Energia Oy (in prosieguo: la «Lahti Energia»), società erogatrice di energia, di proprietà del comune di Lahti. La sua attività comprende, tra l’altro, la fornitura di elettricità, riscaldamento e gas naturale, nonché altre forme di erogazione di energia e la produzione e l’acquisto di prodotti connessi.
17. La Lahti Energia gestisce la centrale elettrica di Kymijärvi e l’impianto di gassificazione ivi installato. La centrale elettrica produce riscaldamento ed elettricità con un’efficienza superiore al 70%. Essa utilizza soprattutto carbone come combustibile, fino al 5% circa di gas naturale e fino al 15% di gas prodotto nell’impianto di gassificazione.
18. L’impianto di gassificazione produce il gas con il procedimento del «sistema di gassificazione a letto fluido con un ciclo combinato». Tale procedimento consiste nell’ottenere gas combustibile a partire dalla ossidazione di rifiuti solidi a una temperatura approssimativamente compresa tra 850 gradi e 900 gradi Celsius. Sono impiegati circa il 30% di rifiuti di legno provenienti dall’industria forestale, circa il 10% di legno di demolizione, circa il 30% di combustibili recuperati da rifiuti solidi urbani selezionati, nonché circa il 30% di pneumatici e di rifiuti di plastica.
19. Il gas prodotto è carico, in particolare, di particelle, metalli pesanti e cloro. La Lahti Energia intende pertanto integrare l’impianto di gassificazione esistente con un sistema di depurazione del gas. A tale fine, il gas prodotto è raffreddato a 350 gradi e filtrato. In questo modo, dal gas sono eliminati il 99,9% di particelle, ovvero una quantità compresa tra il 96% e il 99% di metalli pesanti e il 95% di cloro; esso, quindi, contiene meno impurità del carbone utilizzato.
20. In sostanza, il gas prodotto e depurato è costituito da frazioni combustibili di idrogeno, monossido di carbonio e metano, nonché da frazioni non combustibili reattive di acqua, anidride carbonica e azoto.
21. Dopo la depurazione, il gas prodotto transita ulteriormente per essere incenerito con il carbone nella caldaia principale della centrale elettrica. Rispetto all’incenerimento del gas prodotto e non filtrato, ma anche rispetto ai tradizionali combustibili principali, sono rilasciati meno cloro, metalli pesanti, diossine e furani.
22. La Lahti Energia, in data 4 dicembre 2002, ha chiesto l’autorizzazione delle modifiche proposte degli impianti di gassificazione. Con autorizzazione del 19 marzo 2004, l’amministrazione responsabile dell’ambiente (Ympäristölupavirasto), ha stabilito che l’impianto di gassificazione per i combustibili riciclati e la centrale elettrica per l’incenerimento del gas costituiscono congiuntamente considerati un impianto di coincenerimento, ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Nella decisione di autorizzazione, pertanto, essa ha definito i valori limite risultanti da tale direttiva e dalla normativa finlandese di trasposizione.
23. La Lahti Energia ha proposto ricorso contro detta decisione. L’11 luglio 2006, il giudice di primo grado ha respinto il ricorso. L’impugnazione, allo stato, è pendente dinanzi al Korkein hallinto-oikeus. Quest’ultimo ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
1. Se l’art. 3, n. 1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti debba essere interpretato nel senso che la direttiva non è applicabile all’incenerimento di rifiuti gassosi.
2. Se un impianto di gassificazione, in cui si ottiene gas dai rifiuti, attraverso un processo di pirolisi, debba essere considerato un impianto di incenerimento, ai sensi dell’art. 3, n. 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, anche qualora in tale impianto non vi sia alcuna linea di incenerimento.
3. Se l’incenerimento nella caldaia di una centrale elettrica di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato dopo il processo di gassificazione debba essere considerato un procedimento incluso nell’art. 3 della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Se, a tale riguardo, abbia rilevanza il fatto che il gas prodotto e depurato sostituisca il carburante fossile e che le emissioni della centrale elettrica per unità di energia prodotta, impiegando il gas ottenuto da rifiuti e depurato, siano inferiori rispetto a quelle derivanti dall’impiego di altri carburanti. Se, ai fini dell’interpretazione della portata della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, sia rilevante che l’impianto di gassificazione e la centrale elettrica, da un punto di vista tecnico-funzionale e in considerazione della distanza a cui si trovano, costituiscano un unico impianto o il fatto che il gas prodotto, formatosi nell’impianto di gassificazione e depurato, venga spedito e possa essere utilizzato come carburante o per altri scopi in altro luogo, ad esempio per la produzione di energia.
4. A quali condizioni il gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato possa essere considerato un prodotto, in modo da non rientrare più nelle disposizioni relative ai rifiuti.
24. Alla fase scritta del procedimento hanno partecipato la Lahti Energia Oy, il Centro ambientale della Provincia di Häme (Hämeen ympäristökeskus), l’associazione Amici della natura di Salpausselkä (Salpausselän luonnonystävät ry), la Repubblica italiana, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Finlandia e la Commissione delle Comunità europee. Inoltre, la Lahti Energia, l’associazione Amici della natura, la Finlandia e la Commissione hanno partecipato all’udienza del 10 luglio 2008.
IV – Analisi giuridica
25. Il Korkein hallinto-oikeus deve decidere se alla centrale di combustione di carbone fossile di Kymijärvi si applichino i valori limite di un impianto di coincenerimento, in base alla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, o i valori limite maggiori degli impianti esistenti, secondo la direttiva 2001/80 sui grandi impianti di combustione.
A – Premessa
26. I valori limite differenti risultano dalle disposizioni transitorie della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e della direttiva 2001/80 sui grandi impianti di combustione.
27. Riguardo agli impianti di coincenerimento, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti prevede due tipi di valori limite. Rispettivamente, un valore limite si riferisce alla parte di rifiuti nell’incenerimento, l’altro alla parte di combustibili convenzionali. Entrambi i valori limite sono combinati tramite la cosiddetta formula di miscelazione con la conseguenza che viene fissato un unico valore limite per il rispettivo inquinante.
28. Il gas prodotto a partire dai rifiuti e depurato contribuisce appena ad un’emissione inquinante significativa. Nella fattispecie, quindi, sono rilevanti soltanto i valori limite per l’incenerimento dei combustibili convenzionali. Su questo punto, secondo entrambe le direttive, ai nuovi impianti si applicano, in sostanza, gli stessi valori limite di emissione. Ciò è indicato, in particolare, dall’allegato II, punto II.2.1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, secondo cui i relativi valori devono essere adattati a valori più severi in base alla direttiva sui grandi impianti di combustione.
29. In base all’art. 20, n. 1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, tali requisiti per i nuovi impianti si applicano, a partire dal 28 dicembre 2005, a tutti gli impianti di incenerimento e coincenerimento, ovvero anche agli impianti esistenti. Perciò, le condizioni di funzionamento di questi impianti avrebbero dovuto essere adeguate entro tale termine.
30. La direttiva sui grandi impianti di combustione, invece, prevede valori limiti differenti per gli impianti esistenti e nuovi. I valori limite per i grandi impianti di combustione esistenti sono meno severi di quelli previsti dalla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti (7).
31. Se la centrale elettrica fosse considerata un grande impianto di combustione esistente, essa potrebbe soddisfare i valori limite secondo le informazioni a disposizione. Tuttavia, ci sarebbero delle difficoltà a rispettare i valori limite di un impianto di coincenerimento riguardo alla parte di carbone fossile e non alla parte di gas prodotto nell’incenerimento. Il coincenerimento del gas riduce, in sostanza, l’emissione di inquinante, dato che contiene relativamente poche impurità che provocano le esalazioni delle sostanze nocive. L’impiego del carbone fossile, invece, aumenta apparentemente così tanto l’emissione di inquinante da non poter più garantire i valori limite di un impianto di coincenerimento.
32. Pertanto, il giudice del rinvio sottolinea che, applicando valori limite più severi, l’utilizzo del gas prodotto sarebbe di scarso interesse , sebbene con ciò si ridurrebbero le emissioni e si sostituirebbero altri combustibili. Fondamentalmente ci si chiede, quindi, se la centrale elettrica, unitamente all’impianto di gassificazione, sia da qualificarsi come impianto di coincenerimento in base alla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, o se entrambi gli impianti debbano essere considerati, di per sé, impianti autonomi, cosicché, quanto meno, la centrale elettrica non rientrerebbe più nell’ambito di applicazione della direttiva. Con le diverse questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio cerca di acquisire criteri oggettivi per la decisione del quesito in esame.
33. Qui di seguito, sono analizzate, anzitutto, la prima e la quarta questione pregiudiziale che si riferiscono al gas prodotto, ottenuto dalla gassificazione, e successivamente, la seconda e la terza che riguardano entrambi gli impianti.
B – Sulla prima questione pregiudiziale – Incenerimento di rifiuti gassosi
34. Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio desidera sapere se l’incenerimento di rifiuti gassosi sia escluso dall’ambito di applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Il giudice sembra riferirsi al fatto che, nella centrale elettrica, l’incenerimento del gas prodotto nell’impianto di gassificazione non costituisce un incenerimento di rifiuti ai sensi della direttiva.
35. Sebbene nella questione in parola il giudice del rinvio si riferisca all’art. 3, n. 1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti in cui è definito il termine «rifiuto», questa definizione è solo indirettamente rilevante riguardo all’ambito di applicazione della direttiva. Come sottolinea l’associazione Amici della natura, infatti, essa non si applica a determinati rifiuti ma agli impianti di incenerimento e coincenerimento, ai sensi dell’art. 2, n. 1.
36. Entrambi i tipi di impianto sono definiti all’art. 3, nn. 4 e 5, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e sono caratterizzati dalla gestione di rifiuti, vale a dire il trattamento termico degli stessi o il loro utilizzo come combustibile. A questo proposito, è rilevante la definizione di rifiuto ai sensi dell’art. 3, n. 1. Soltanto la gestione di rifiuti nel senso di questa definizione implica l’esistenza di un impianto in conformità alla direttiva.
37. L’art. 3, n. 1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, definisce rifiuto ogni rifiuto solido o liquido secondo la determinazione del concetto, contenuta nell’art. 1, lett. a), della direttiva quadro sui rifiuti (8). Come sostengono, in particolare, l’Austria e la Commissione, la direttiva non considera, perciò, impianti che non inceneriscono o trattano termicamente rifiuti solidi o liquidi, ma soltanto gassosi.
38. Tuttavia, contrariamente all’opinione della Lahti Energia, dell’Italia e della Finlandia, da ciò non risulta che la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non si applichi all’incenerimento di sostanze gassose. Come evidenziano il Centro per l’Ambiente, l’associazione Amici della natura, i Paesi Bassi, l’Austria e la Commissione, la direttiva verte anche sull’incenerimento di sostanze gassose prodotte da rifiuti.
39. Questo risulta, in particolare, dal fatto che l’art. 3, punto 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti indica la pirolisi e la gassificazione come esempi di trattamento termico, sempreché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Qualora i prodotti del trattamento termico non rientrassero più nell’ambito di applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, l’incenerimento propriamente detto di queste sostanze non sarebbe più considerato. Di conseguenza, la maggior parte della direttiva, vale a dire le disposizioni sull’incenerimento (9), sarebbero inoperanti riguardo alla gassificazione con incenerimento successivo.
40. Con riferimento al caso di specie ne consegue che, la centrale elettrica da sola non può costituire un impianto ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, dato che in essa nessun rifiuto, in base a tale direttiva, è incenerito o trattato termicamente. Tuttavia, non è escluso che l’incenerimento del gas prodotto imponga di considerare la centrale elettrica, insieme all’impianto di gassificazione, un impianto di coincenerimento ai sensi della direttiva. Ciò si deve accertare nell’ambito della terza questione pregiudiziale.
41. La prima questione pregiudiziale va, perciò, risolta nel senso che la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non si applica agli impianti che inceneriscono o trattano termicamente soltanto rifiuti gassosi.
C – Sulla quarta questione pregiudiziale – Cessazione della qualifica di rifiuto
42. Con la quarta questione, da analizzare prima della seconda e della terza, il giudice del rinvio desidera sapere a quali condizioni il gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato possa essere considerato un prodotto, con la conseguenza di non rientrare più nelle disposizioni sui rifiuti.
43. Il giudice del rinvio indica come esempio il combustibile ottenuto dai rifiuti biologici. Se questa sostanza costituisse rifiuto, i veicoli che la utilizzano dovrebbero essere trattati come impianti di coincenerimento, ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
44. Il gas in questione è ottenuto a partire da rifiuti. La qualifica di rifiuto non cessa necessariamente a seguito della trasformazione in gas. Anche sostanze gassose possono costituire rifiuto, ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti. L’art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva quadro sui rifiuti esclude soltanto gli effluenti gassosi emessi nell’atmosfera. Pertanto, qualora non si emettano sostanze gassose nell’atmosfera – come in questo caso – esse possono, sostanzialmente, considerarsi rifiuto.
45. Tuttavia, le sostanze gassose non possono costituire rifiuto ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti (10). Se ne potrebbe trarre la conclusione che, nell’ambito di applicazione di tale direttiva, le sostanze gassose, fondamentalmente, non devono considerarsi rifiuto.
46. La direttiva quadro sui rifiuti è sostanzialmente aperta ad una siffatta limitazione del concetto di rifiuto, dato che il suo art. 2, n. 2, consente che direttive particolari fissino disposizioni specifiche particolari o complementari per disciplinare la gestione di determinate categorie di rifiuti. Una siffatta direttiva particolare può essere considerata lex specialis rispetto alla direttiva quadro sui rifiuti, cosicché le sue disposizioni prevalgono su quelle della direttiva quadro sui rifiuti nelle fattispecie da essa specificamente disciplinate (11).
47. Tuttavia, la definizione di rifiuto contenuta nella direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non mira a stabilire un’eccezione alla nozione generale di rifiuto. Essa si limita a individuare i rifiuti il cui incenerimento o il cui trattamento termico caratterizza gli impianti di incenerimento e di coincenerimento. Per il resto, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, in sostanza, continua ad applicarsi qualora i rifiuti siano condotti alla fase gassosa attraverso il trattamento termico (12). Pertanto, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non esclude che i rifiuti gassosi si formino in simili impianti, ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti.
48. Tuttavia, il trattamento termico connesso alla depurazione successiva potrebbe avere trasformato il gas prodotto in una sostanza che ha perso la qualifica di rifiuto.
49. Certamente, né la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti né la direttiva quadro sui rifiuti contengono una previsione espressa o – come sottolineano l’associazione Amici della natura e il Centro per l’Ambiente – standard qualitativi per la perdita della qualifica di rifiuto. Tuttavia, la Corte di giustizia ha già dichiarato che il rifiuto, una volta ultimato il riciclaggio ai sensi della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 dicembre 1994, 94/62/CE, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (13), non è più da considerare rifiuto, ma prodotto (14).
50. Con la sentenza Niselli, la Corte di giustizia ha generalizzato le informazioni relative alla direttiva 94/62 sugli imballaggi. La qualifica di rifiuto degli scarti ferrosi viene meno, quindi, qualora questi siano riciclati attraverso un processo ultimato di trasformazione in prodotti siderurgici. Tali prodotti devono essere talmente simili ad altri prodotti siderurgici scaturiti da materie prime primarie da non potere più essere distinti da questi (15).
51. Questo principio giuridico non è limitato agli scarti ferrosi, ma può essere applicato ad altri rifiuti. Nel caso in esame, la perdita della qualifica di rifiuto sarebbe tuttavia esclusa se fosse necessario in ogni caso riciclare i rifiuti come sostanze da cui sono stati prodotti originariamente. Non è plausibile che i rifiuti trattati in questione derivino da una sostanza simile al gas prodotto.
52. In particolare, la Corte di giustizia ha richiesto un siffatto riciclaggio nella sentenza Mayer Parry Recycling. Ai fini del riciclaggio in questione, in base alla direttiva 94/62 sui rifiuti di imballaggio, il rifiuto deve essere trasformato nel suo stato originario per avere caratteristiche paragonabili a quelle del materiale originario (16).
53. Tuttavia, riguardo alla perdita della qualifica di rifiuto, non è determinante il fatto che i rifiuti siano riciclati. Il riciclaggio è soltanto una forma possibile di recupero dei rifiuti. È invece importante che i rifiuti siano smaltiti in un processo di trasformazione in modo tale da non poter essere distinti da materie prime primarie o da altri prodotti.
54. Ciò corrisponde alla giurisprudenza sulla delimitazione tra sottoprodotti e scarti di produzione. Nelle sue sentenze la Corte di giustizia sottolinea che non sarebbe assolutamente giustificato assoggettare alle disposizioni della normativa sui rifiuti, beni, materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti (17).
55. Riguardo al caso in esame, risulta quanto segue: il gas prodotto e depurato è il risultato del processo di trasformazione previsto. È da dimostrare, pertanto, se esso sia abbastanza simile alle materie prime primarie o agli altri prodotti per non considerarlo più rifiuto.
56. Come nel caso in cui occorra accertare se una sostanza costituisca o meno rifiuto, il complesso delle circostanze va verificato alla cessazione della qualifica di rifiuto (18). Rileva ad esempio la questione se esista un mercato per il prodotto rigenerato o se la centrale elettrica possa acquisire sul mercato un combustibile con qualità simili, che non sia considerato rifiuto. Tuttavia, la commerciabilità, da sola, non basta, dato che anche le sostanze e gli oggetti aventi valore commerciale possono costituire rifiuto (19). È importante invece che il rifiuto rigenerato abbia caratteristiche simili alla materia prima primaria o al prodotto corrispondente, in particolare con riferimento ai rischi ambientali.
57. Vi è motivo di ritenere che il gas prodotto prima della filtrazione non sia ancora sufficientemente simile a causa di impurità provenienti da altri prodotti o da materie prime primarie, mentre il gas prodotto e depurato è presumibilmente simile al gas naturale e ai combustibili gassosi affini. In definitiva, spetta al giudice del rinvio tale verifica.
58. Occorre quindi risolvere la quarta questione posta nel senso che il gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato deve essere considerato un prodotto, con la conseguenza di non rientrare più nelle disposizioni relative ai rifiuti, qualora esso sia sufficientemente simile alle materie prime primarie o ad altri prodotti.
D – Sulla seconda questione pregiudiziale – Mancanza di una linea di incenerimento
59. Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio desidera accertare se un impianto di gassificazione, in cui si ottiene gas a partire da rifiuti, attraverso un processo di pirolisi, deve essere considerato impianto di incenerimento ai sensi dell’art. 3, n. 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti anche qualora in tale impianto non vi sia alcuna linea di incenerimento. Nel caso in esame sembrerebbe più corretto, prima facie, prendere le mosse da un impianto di coincenerimento presumibilmente gestito con una centrale elettrica come linea di incenerimento. Tuttavia, dato che spetta al giudice nazionale chiarire i fatti, la Corte di giustizia non dovrebbe dubitare, a motivo di questa situazione apparente, della pertinenza della questione pregiudiziale.
60. In base all’art. 3, punto 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, questi ultimi sono trattati termicamente negli impianti di incenerimento. La nozione di trattamento termico comprende espressamente procedimenti quali la pirolisi, la gassificazione, e i procedimenti del plasma, purché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite.
61. A prima vista, detti requisiti sono rispettati nella causa principale. Come sottolinea il governo austriaco, l’impianto di gassificazione produce, a partire da rifiuti solidi, un gas combustibile che è successivamente incenerito nella centrale elettrica. Il governo olandese assume una posizione analoga, sostenendo che un impianto di incenerimento non dovrebbe presentare tutti gli elementi indicati nell’art. 3, punto 4, secondo comma, della direttiva sui rifiuti. Esso non dovrebbe disporre, in particolare, di una linea di incenerimento.
62. Le altre parti interessate, tuttavia, ritengono che un impianto di incenerimento presupponga una linea di incenerimento. La Commissione, in particolare, sottolinea che l’incenerimento sarebbe in ogni caso una condizione di applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e che, pertanto, dovrebbe trovarsi nell’impianto.
63. Il giudice del rinvio, il Centro per l’Ambiente e il governo finlandese osservano giustamente che molte disposizioni della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti possono essere applicate soltanto ad un processo di combustione. Ciò riguarda, in particolare, la normativa contenuta nell’art. 6 sulle condizioni di esercizio dell’impianto, le prescrizioni per le misurazioni, ai sensi dell’art. 11, nonché le disposizioni sull’utilizzo di calore ai sensi dell’art. 4, punto 2, lett. b), e art. 6, n. 6.
64. Di conseguenza, le caldaie di incenerimento sono, in sostanza, le caratteristiche determinanti di un impianto di incenerimento o di coincenerimento, in funzione delle quali più impianti possono essere distinti l’uno dall’altro (20).
65. La necessità di un incenerimento, tuttavia, non obbliga a che esso venga effettuato all’interno nell’impianto. Il caso in esame chiarisce che il rifiuto può essere trattato termicamente a scopo di incenerimento anche senza una propria linea di incenerimento.
66. La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 1 non si limita a evitare o limitare l’inquinamento dovuto alle emissioni nell’atmosfera, ma include invece anche altri effetti negativi sull’ambiente, come l’inquinamento del suolo e delle acque.
67. Si prefiggono tali ulteriori obiettivi alcune disposizioni della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti che si applicano indipendentemente da una linea di incenerimento. Si tratta, in particolare, della normativa sui rifiuti usati, art. 4, n. 2, lett. a), n. 4, lett. a), e n. 5, nonché art. 5, delle disposizioni sulla riduzione e lo smaltimento degli scarti, art. 4, n. 2, lett. c) e d), nonché art. 9, e possibilmente anche della normativa sull’evacuazione di acque, ai sensi dell’art. 8, in caso questo vi rientri.
68. L’art. 6, n. 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, rivela, del resto, che il legislatore comunitario ha preso in considerazione anche impianti atipici. In base a ciò, si possono predisporre, infatti, distinte condizioni di esercizio qualora, tuttavia, le prescrizioni della direttiva siano rispettate. Questa disposizione consente di affrontare rischi ambientali specifici di impianti non aventi una propria linea di incenerimento.
69. Sebbene non si possa escludere che la legislazione generale in materia di rifiuti condurrebbe a risultati simili, tuttavia le disposizioni speciali della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, ai sensi del suo art. 1, seconda frase, hanno proprio lo scopo di concretizzare i requisiti generali della direttiva quadro sui rifiuti riguardo ad uno degli impianti considerati. Questo scopo può essere raggiunto solo se gli impianti considerati non hanno alcuna linea di incenerimento.
70. Di conseguenza, dato che la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti può essere ragionevolmente applicata, entro determinati limiti, ad impianti senza una propria linea di incenerimento, non è opportuno, contrariamente al tenore specifico della definizione di impianto di incenerimento, escludere questi impianti dall’ambito di applicazione dell’art. 3, punto 4.
71. Per completezza, si deve ricordare che un impianto per il trattamento termico di rifiuti può costituire anche un impianto di coincenerimento, ai sensi dell’art. 3, punto 5, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Ciò presuppone che la sua funzione principale consista nella produzione di energia o di prodotti materiali(21). Diversamente dalla definizione di impianto di incenerimento, ai sensi dell’art. 3, punto 4, il trattamento termico di cui all’art. 3, punto 5, non è collegato espressamente al presupposto secondo cui le sostanze risultanti dal trattamento sono successivamente incenerite.
72. La Lahti Energia replica che il procedimento dell’impianto di gassificazione, la pirolisi, non sarebbe espressamente indicato nell’art. 3, punto 5, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti come procedimento di un impianto di coincenerimento. Tuttavia, il trattamento termico (22), di cui la pirolisi costituisce uno degli esempi indicati nella definizione di impianto di incenerimento contenuta all’art. 3, punto 4, è menzionato accanto all’incenerimento. Non c’è motivo per intendere diversamente la nozione di trattamento termico a seconda che quest’ultimo sia effettuato in un impianto di incenerimento o in un impianto di coincenerimento. Di conseguenza, un impianto nel quale i rifiuti sono trattati termicamente mediante pirolisi può costituire un impianto di coincenerimento.
73. Nell’ambito della terza questione pregiudiziale si dovrà esaminare più attentamente quale dei due tipi di impianti sia quello pertinente nella presente fattispecie e, altresì, se sia possibile una considerazione congiunta di entrambe le unità aziendali.
74. Pertanto, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che un impianto di gassificazione in cui si ottiene gas a partire dai rifiuti, mediante pirolisi, può essere considerato un impianto di incenerimento, ai sensi dell’art. 3, punto 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, anche qualora in esso non esista alcuna linea di incenerimento.
E – Sulla terza questione pregiudiziale – Considerazione congiunta di centrale elettrica e impianto di gassificazione?
75. La terza questione verte sul merito della fattispecie in esame. Si deve chiarire se, e in quali condizioni, l’incenerimento, nella caldaia di una centrale elettrica, di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato successivamente al processo di gassificazione, debba essere considerato un procedimento cui è applicabile l’art. 3 della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
76. Dato che la funzione principale dell’incenerimento del gas prodotto e depurato è la produzione di energia, è possibile sostenere che la centrale elettrica deve essere qualificata come impianto di coincenerimento, in base all’art. 3, punto 5, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Un impianto di coincenerimento è un impianto la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali e che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a un trattamento termico a fini di smaltimento.
77. Se si considera la centrale elettrica isolatamente, allora i rifiuti non sono né utilizzati come combustibili, né vengono sottoposti a trattamento termico. Il gas prodotto, infatti, in quanto sostanza gassosa, non costituisce rifiuto ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
78. Nell’impianto di gassificazione, per contro, siffatti rifiuti sono trattati. L’incenerimento di gas prodotto avviene, quindi, soltanto in un impianto di coincenerimento qualora la centrale elettrica e l’impianto di gassificazione siano da considerare un unico impianto per il coincenerimento dei rifiuti.
79. Come evidenzia il giudice del rinvio, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non definisce in generale il concetto di impianto; tuttavia, tale definizione si trova nell’art. 2, n. 3, della direttiva 96/61 secondo cui un impianto è un’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I della direttiva 96/61, e qualsiasi altra attività accessoria, che sono tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento.
80. Sebbene questa definizione non valga in modo espresso per la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, sembra tuttavia ragionevole ricorrervi applicarla per analogia al fine di garantire una normativa coerente di autorizzazione degli impianti. La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti ad oggi non contiene alcun elemento tale da dimostrare che il suo concetto di impianto dovrebbe essere inteso diversamente dal concetto di impianto contenuto nella direttiva 96/61. Al contrario, entrambe le direttive fanno parte di un sistema complessivo coerente. In particolare, i ‘considerando’ 12, 13 e 26, nonché l’art. 4, punti 2, 4, 7 e 8, l’art. 12, nn. 1 e 2, l’art. 14 e l’art. 15 della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, rinviano alla direttiva 96/61. Con ciò si deve ritenere che le direttive, sostanzialmente, partano da un concetto unitario di impianto.
81. La Commissione, inoltre, ha proposto di riunire in futuro la direttiva 96/61 con entrambe le direttive sull’incenerimento dei rifiuti e sui grandi impianti di combustione, nonché con ulteriori direttive (23). Se il legislatore comunitario dovesse aderire alla proposta, il concetto unitario di impianto contenuto nella direttiva 96/61 potrebbe, in futuro, applicarsi certamente anche agli impianti di coincenerimento.
82. Applicando tale nozione di impianto nell’ambito della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non può tuttavia rilevare la circostanza se le attività indicate nell’allegato I della direttiva 96/61 siano eseguite, ma deve bensì trattarsi di attività considerate dalla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
83. Occorre dimostrare, pertanto, se la centrale elettrica e l’impianto di gassificazione costituiscano un’unità tecnica permanente in cui i rifiuti sono inceneriti o trattati termicamente e se siano attuate altre attività accessorie, che sono tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento.
84. Di conseguenza, il fulcro dell’impianto è l’impianto di gassificazione in cui i rifiuti sono trattati termicamente, mentre l’incenerimento del gas prodotto nella centrale elettrica potrebbe, pertanto, costituire un’attività accessoria che è tecnicamente connessa con la gassificazione e può influire sulle emissioni e sull’inquinamento.
85. Quando si interpretano le caratteristiche dell’accessorietà e della connessione tecnica si deve fare attenzione al fatto che l’applicazione dei requisiti in materia ambientale non può essere evitata, poiché il progetto connesso è suddiviso in diversi sottoprogetti ed è considerato isolatamente (24). Ciò è sottolineato, in particolare, dal Centro per l’Ambiente, dall’associazione Amici della natura, dal governo austriaco e dalla Commissione.
86. Nel caso di specie, il fatto che l’impianto di gassificazione sia stato edificato nella centrale elettrica in considerazione dell’utilizzo del gas prodotto e debba essere gestito in tale modo anche in futuro, depone a favore dei requisiti dell’accessorietà e della connessione tecnica. La rappresentazione schematica di entrambe le unità aziendali, presentata dalla Lahti Energia, conferma questa impressione. Nessun elemento consente di dimostrare che il gas prodotto sia utilizzato diversamente.
87. Inoltre, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti stabilisce una connessione tra il trattamento termico dei rifiuti e l’incenerimento del gas prodotto. Sebbene la definizione di trattamento termico in un impianto di incenerimento preveda solo il presupposto del successivo incenerimento del prodotto dal complessivo disposto della direttiva risulta tuttavia che il modello degli impianti considerati comprende un processo di combustione. In particolare, ciò è dimostrato dai valori limite per l’emissione di inquinanti nell’atmosfera.
88. A questo proposito, gli aspetti evidenziati dal giudice del rinvio riguardo alla sostituzione di combustibili fossili e alla riduzione delle emissioni non assumono diretto rilievo per l’applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Questi effetti sono certamente da riconoscere, tuttavia – come rileva l’Austria – proprio la sostituzione di combustibili fossili costituisce una caratteristica di un impianto di coincenerimento (25).
89. Anche la quota relativamente esigua di gas prodotto a partire dai combustibili utilizzati nella centrale elettrica non osta ai requisiti dell’accessorietà e della connessione tecnica. La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti si applica indipendentemente dalla quota dei rifiuti dell’impianto di incenerimento. La prassi sembra infatti ritenere che i rifiuti di regola costituiscano solo una piccola parte dei combustibili utilizzati (26).
90. Il governo italiano, tuttavia, ritiene contrario all’accessorietà di entrambe le unità aziendali il fatto che la connessione non si basa su una necessità tecnica, ma sulla sola volontà di combinare entrambi gli impianti.
91. In particolare, la connessione di entrambe le unità aziendali non è quindi tecnicamente vincolante se il gas prodotto e depurato non è più da considerare rifiuto ma prodotto. Esso, pertanto, potrebbe essere sostituito senza problemi da un prodotto simile, ad esempio da gas naturale. Contemporaneamente, il gas prodotto potrebbe anche essere utilizzato diversamente, per esempio durante i periodi di scarso consumo energetico nella centrale elettrica.
92. Inoltre, qualora il gas prodotto non costituisca rifiuto, il fatto di sottoporre la centrale elettrica ai requisiti di un impianto di coincenerimento non sarebbe più compatibile con il principio della parità di trattamento e con quello di non discriminazione. Tale principio esige che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che ciò non risulti obiettivamente giustificato(27).
93. Dato che una norma di diritto comunitario derivato va interpretata, nei limiti del possibile, nel senso della sua conformità con i principi generali del diritto comunitario(28), si dovrebbe escludere l’accessorietà e la connessione tecnica ai sensi della definizione di impianto nell’incenerimento di gas prodotto qualora questo non debba più essere considerato rifiuto. A tale conclusione giungono anche il governo finlandese, italiano e olandese.
94. Se, al contrario, riguardo al gas prodotto, si tratta ancora di rifiuto, allora il suo coincenerimento si distingue a sufficienza dall’incenerimento di combustibili convenzionali per giustificare un’applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
95. Al legislatore comunitario, in particolare, sembra a prima vista di avere evitato una contraddizione, quando ha fissato valori limite diversi per la produzione di energia riguardo agli impianti esistenti, a seconda se (anch’) essi utilizzano o no i rifiuti. Riguardo all’inquinamento ambientale, non è rilevante se le emissioni inquinanti risultino dai rifiuti o da combustibili convenzionali. Questa contraddizione, in linea di principio, potrebbe impedire la sostituzione auspicabile di materie prime primarie attraverso i rifiuti e – nella fattispecie – portare ad un’emissione inquinante complessivamente maggiore.
96. Tuttavia, nella determinazione di discipline differenziate, il legislatore può disporre di un margine di valutazione e discrezionale (discrezionalità) (29). Questo margine di autonomia dipende, in particolare, dalla finalità che egli persegue con la differenziazione. Per scelte politiche complesse esso è normalmente ampio (30).
97. Nella fattispecie si tratta di disposizioni complesse nel settore ambientale. Pertanto, il controllo giurisdizionale si deve limitare necessariamente alla questione se il legislatore abbia commesso un errore di valutazione manifesto nell’attuazione di questi obiettivi (31).
98. A questo riguardo, la Commissione, durante l’udienza, si è riferita al fatto che i valori limite della direttiva sui grandi impianti di combustione e della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti sono soltanto requisiti minimi. In particolare, dalla direttiva 96/61 possono risultare condizioni più severe, come indicato dal tredicesimo ‘considerando’ della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e dall’ottavo ‘considerando’ della direttiva sui grandi impianti di combustione.
99. L’art. 3, lett. a), della direttiva 96/61 richiede che gli impianti considerati applichino le migliori tecniche disponibili e rispettino i valori limite corrispondenti. Secondo la Commissione, questi valori limite conseguentemente mapplicabili sarebbero più severi per gli impianti esistenti che per quelli risultanti dalla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Ciò dimostra che il legislatore, fissando i valori limite diversi per i vecchi impianti in base alle direttive sull’incenerimento dei rifiuti e sui grandi impianti di combustione, non dovrebbe accettare di stabilire già definitivamente i requisiti per i rispettivi impianti.
100. Inoltre, in udienza, la Commissione ha dichiarato, in riscontro a una richiesta, che i valori limite più severi per gli impianti più vecchi in base alla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti sono diretti a garantire che i rifiuti siano utilizzati solo negli impianti in cui sono impiegate le migliori tecniche disponibili secondo la direttiva 96/61.
101. Inoltre, come dimostra, in particolare, l’allegazione dell’associazione Amici della natura, non si deve accettare incondizionatamente il fatto di utilizzare i rifiuti come combustibile. Quanto minori sono i requisiti dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti, meno allettanti sono le alternative. Ciò avviene, soprattutto, a scapito della prevenzione dei rifiuti e del loro riutilizzo. Tali alternative possono essere più vantaggiose per l’ambiente. Pertanto, in base all’art. 3 della direttiva quadro sui rifiuti e all’ottavo ‘considerando’ della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, la prevenzione dei rifiuti è, perlomeno, prioritaria rispetto al recupero mediante incenerimento (32).
102. Infine, la direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti (33), richiede che i rifiuti siano trattati prima del loro deposito (34). L’incenerimento dei rifiuti è uno dei metodi di trattamento maggiormente diffuso (35). Se, per i gestori degli impianti, esso dovesse essere meno allettante a causa di rigidi valori limite, allora i relativi maggiori costi, alla fine, verrebbero addebitati al produttore dei rifiuti. Ciò corrisponderebbe al principio «chi inquina paga» (36).
103. Di conseguenza, si sarebbero dovuti considerare e contemperare i diversi punti di vista riguardo alla determinazione di valori limite per gli impianti esistenti in base alla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Alla luce di queste osservazioni, non è palesemente ingiustificata la disparità di trattamento degli esistenti impianti di coincenerimento e grandi impianti di combustione.
104. Occorre pertanto risolvere la terza questione pregiudiziale posta dichiarando che l’incenerimento di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato successivamente al processo di gassificazione, effettuato nella caldaia di una centrale elettrica collegata all’impianto di gassificazione, deve essere considerato un procedimento incluso nell’art. 3 della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, qualora il gas prodotto costituisca rifiuto al momento dell’incenerimento.
F – Sintesi
105. La risposta alle diverse questioni pregiudiziali rivela che si deve applicare la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, sostanzialmente, qualora dai rifiuti, attraverso la gassificazione, si ottenga un gas combustibile destinato all’incenerimento. La direttiva comprende almeno l’impianto di gassificazione. L’incenerimento del gas è incluso, anche se il relativo impianto costituisce, rispettivamente, un’attività accessoria all’impianto di gassificazione ed esiste una connessione tecnica. Tale accessorietà, quindi, deve ammettersi nell’ambito di un collegamento almeno qualora il gas sia da considerare rifiuto al momento dell’incenerimento. Vi è tuttavia da dubitare se il gas, a seguito di una depurazione, sia sufficientemente simile alle materie prime o ad altri prodotti.
106. Per il futuro, in questo contesto, si possono porre ulteriori questioni. Si deve pensare ad un incenerimento di gas, da considerare rifiuto, in impianti non connessi all’impianto di gassificazione qualora, per esempio, il gas sia trasportato mediante cisterne. E’ dubbio anche il modo di trattare una gassificazione se il gas non è destinato all’incenerimento, ma alla fornitura di altri prodotti, per esempio alla produzione di plastica. Ad oggi, tuttavia, queste domande non sono ancora risolte nella fattispecie.
V – Conclusione
107. Ritengo pertanto che la Corte debba risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che:
1. La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti, non si applica agli impianti che inceneriscono o trattano termicamente soltanto rifiuti gassosi.
2. Un impianto di gassificazione in cui si ottiene gas a partire dai rifiuti, mediante pirolisi, può essere considerato un impianto di incenerimento, ai sensi dell’art. 3, punto 4, della direttiva 2000/76/CE, anche qualora in esso non esista alcuna linea di incenerimento.
3. L’incenerimento di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato successivamente al processo di gassificazione, effettuato nella caldaia di una centrale elettrica collegata all’impianto di gassificazione, deve considerarsi un procedimento incluso nell’art. 3 della direttiva 2000/76/CE qualora il gas prodotto costituisca rifiuto al momento dell’incenerimento.
4. Il gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato deve essere considerato un prodotto, con la conseguenza di non rientrare più nelle disposizioni in materia di rifiuti, qualora esso sia sufficientemente simile alle materie prime primarie o ad altri prodotti.
1 - Lingua processuale: il tedesco.
2 GU L 332, pag. 91.
3 – L’integrazione è mia: la direttiva 75/442 (in prosieguo: la «direttiva quadro sui rifiuti») è stata consolidata e sostituita dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, sui rifiuti (GU L 114, pag. 9).
4 – GU L 309, pag. 1.
5 – GU L 257, pag. 26, codificate con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio 2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, GU L 24, pag. 8.
6 – Cfr. la relazione della Commissione 3 novembre 2005, COM(2005) 540 def., pag. 4, sulla trasposizione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e alla riduzione integrate dell\'inquinamento (IPPC).
7 – A questo riguardo, v. sopra, in dettaglio, paragrafi i 8 e segg..
8 – In base ad essa il concetto di rifiuto comprende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l\'intenzione o l\'obbligo di disfarsi, cfr., da ultimo, la sentenza 24 giugno 2008, C-188/07, Commune di Mesquer (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 37 e segg.). Riguardo a ciò, nulla è cambiato, neanche tramite la codificazione contenuta nella direttiva 2006/12.
9 – V. infra, paragrafo 63.
10 – V. sopra, paragrafo 37.
11 – Sentenza 10 maggio 2007, causa C-252/05, Thames Water Utilities (Racc. pag. I‑3883, punto 39).
12 – V. sopra, paragrafo 38.
13 – GU L 365, pag. 10.
14 – Sentenza 19 giugno 2003, causa C-444/00, Mayer Parry Recycling (Racc. pag. I‑6163, punti 61 e segg.).
15 – Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02, Niselli (Racc. pag. I‑10853, punto 52).
16 – Cit. alla nota 14, punti 67 e segg..
17 – Cfr. sentenze 18 aprile 2002, causa C-9/00, Palin Granit e Vehmassalon Kansanterveystyön Kuntayhtymän hallitus (Racc. pag. I-3533, punto 35) e Commune de Mesquer (cit. alla nota 8, punto 43), nonché l’ordinanza 15 gennaio 2004, causa C-235/02, Saetti e Frediani (Racc. pag. I‑1005, punto 35).
18 – Cfr. sentenze sulla definizione di sottoprodotti e scarti di produzione, 15 giugno 2000, cause riunite C-418/97 e C-419/97, ARCO Chemie Nederland e a. (Racc.pag. I‑4475, punti 73 e 88); 1° marzo 2007, causa C-176/05, KVZ retec (Racc. pag. I‑1721, punto 63) nonché 18 dicembre 2007, causa C‑194/05. Commissione/Italia (Racc. pag. I-11661, punto 41), causa C-195/05, Commissione/Italia (Racc. pag. I-11699, punto 42) e causa C-263/05, Commissione/Italia (Racc. pag. I-11745, punto 40).
19 – Sentenze Palin Granit e Vehmassalon Kansanterveystyön Kuntayhtymän hallitus (cit alla nota 17, punto 29) e KVZ (cit. alla nota 18, punto 61).
20 – V. le mie conclusioni presentate il 22 maggio 2008 nella causa C-251/07, Gävle Kraftvärme (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 19 e segg.).
21 – V. le mie conclusioni in Gävle Kraftwärme (cit. alla nota 20, paragrafo 34).
22 – Nella proposta originaria della Commissione, COM (1998) 558, GU C 372, pag. 11, il trattamento termico non faceva ancora parte della definizione degli impianti di coincenerimento, ma, è stato aggiunto in sede di processo legislativo, v. la decima proposta di modifica della prima lettura del Parlamento, GU C 219, pag. 249, e la posizione comune (CE) del Consiglio 25 novembre 1999, n. 7/2000, GU C 25, pag. 17.
23 – V. l’art. 2, n. 3, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell\'inquinamento), COM(2007) 844 def..
24 – Cfr. le sentenze 21 settembre 1999, causa C-392/96, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I-5901, punto 76) e 16 settembre 2004, causa C-227/01, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-8253, punto 53), sulla direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell\'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, GU L 175, pag. 40.
25 – V. le mie conclusioni in Gävle Kraftwärme (cit. alla nota 20, paragrafo 38).
26 V. il Reference Document on Best Available Techniques for Large Combustion Plants, luglio 2006, pagg. 489 e segg. (http://ec.europa.eu/comm/environment/ippc/brefs/lcp_bref_0706.pdf), La Commissione ha elaborato questo documento in collaborazione con esperti nazionali sulla base della direttiva 96/61.
27 – Sentenze 10 gennaio 2006, causa C-344/04, IATA ed ELFAA (Racc. pag. I‑403, punto 95); 12 settembre 2006, causa C-300/04, Eman e Sevinger (Racc. pag. I‑8055, punto 57), nonché 11 settembre 2007, causa C-227/04, Lindorfer/Consiglio (Racc. pag. I‑6767, punto 63).
28 – Sentenze 6 novembre 2003, causa C-101/01, Lindqvist (Racc. pag. I‑12971, punto 87); 27 giugno 2006, causa C-540/03, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I‑5769, punto 105); 4 ottobre 2007, causa C-457/05, Schutzverband der Spirituosen-Industrie (Racc. pag. I‑8075, punto 22); 29 gennaio 2008, causa C-275/06, Promusicae (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 68) e 10 luglio 2008, causa C-413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 174).
29 – Cfr. sentenze 13 aprile 2000, causa C-292/07, Karlsson e a. (Racc. pag. I‑2737, punti 35 e 49); e Lindorfer (cit. alla nota 26, punto 78). V. anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Poiares Maduro il 3 aprile 2008, nella causa C‑524/06, Huber (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafo 29) e il 21 maggio 2008 nella causa C-127/07, Arcelor (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 30 e segg.).
30 – V. ad esempio sentenze 11 settembre 2003, causa C-77/02, Steinicke (Racc. pag. I‑9027, punto 61) e 22 novembre 2005, causa C-144/04, Mangold (Racc.pag. I‑9981, punto 63), riguardo ad obiettivi di politica occupazionale.
31 – Cfr. sui presupposti di applicazione dell’art. 174 CE, sentenze 14 luglio 1998, causa C-284/95, Hi-Tech (Racc. pag. I‑4301, punto 37) e 15 dicembre 2005, causa C-86/03, Repubblica ellenica/Commissione (Racc. pag. I‑10979, punto 88), entrambe relative al legislatore comunitario.
32 – Il Parlamento propone ormai di stabilire una gerarchia dei rifiuti nella nuova versione, attualmente discussa, della direttiva quadro sui rifiuti, secondo cui si devono favorire la prevenzione dei rifiuti, il riutilizzo ed il riciclaggio del recupero di energia dai rifiuti (art. 4 del progetto consolidato 17 giugno 2008, allegato al parere, TA/2008/282/).
33 – GU L 182, pag. 1.
34 – Cfr. sentenza 14 aprile 2005, causa C-6/03, Deponiezweckverband Eiterköpfe (Racc. pag. I‑2753).
35 – Cfr. la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle strategie nazionali per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da conferire in discarica a norma dell\'articolo 5, n. 1, della direttiva 30 marzo 2005, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti COM (2005) 105 def..
36 – Cfr. le mie conclusioni presentate il 13 marzo 2008 nella causa C-188/07, Commune de Mesquer (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 120 e segg.).
1. Il caso di specie verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti(2) (in prosieguo: la «direttiva sull’incenerimento dei rifiuti»). La questione riguarda un impianto in cui i rifiuti sono trasformati in gas combustibile che, dopo una successiva depurazione, è coincenerito in una centrale di combustione di carbone fossile. Resta da chiarire in che misura applicare a questo procedimento la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
II – Contesto normativo
A – La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti
2. All’art. 1 la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti enuncia il suo scopo:
«La presente direttiva ha lo scopo di evitare o di limitare per quanto praticabile gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dovuto alle emissioni nell’atmosfera, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne risultino.
Tale scopo è raggiunto mediante rigorose condizioni di esercizio e prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità, soddisfacendo altresì le prescrizioni della direttiva 75/442/CEE ((3))».
3. In base all’art. 2, n. 1, la direttiva si applica agli impianti di incenerimento e coincenerimento.
4. I rifiuti, gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono definiti all’art. 3, punti 1, 4 e 5:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) “rifiuto”: qualsiasi rifiuto solido o liquido quale definito all’articolo 1, lettera a) della direttiva 75/442/CEE;
(…)
4) “impianto di incenerimento”: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica fissa o mobile destinata al trattamento termico dei rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. In questa definizione sono inclusi l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti nonché altri procedimenti di trattamento termico, quali ad esempio i procedimenti del plasma, sempreché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite.
La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese le linee di incenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento dei gas di scarico, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento;
5) “impianto di coincenerimento”: qualsiasi impianto fisso o mobile la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali e
– che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o
– in cui i rifiuti sono sottoposti a un trattamento termico a fini di smaltimento.
Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi del punto 4.
La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese tutte le linee di coincenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento del gas di scarico; le installazioni in loco di trattamento o stoccaggio dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento».
5. L’art. 7, n. 1 e n. 2, primo comma, disciplina i valori limite di emissione nell’atmosfera:
«1. Gli impianti di incenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera da non superare i valori limite di emissione previsti all’allegato V per i gas di scarico.
2. Gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera da non superare i valori limite di emissione per i gas di scarico determinati conformemente all’allegato II o in esso previsti.
(…)».
6. Per l’ipotesi di coincenerimento, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti prevede due tipi di valori limite. Rispettivamente, un valore limite si riferisce alla parte di rifiuti nell’incenerimento, l’altro alla parte di combustibili convenzionali. Entrambi i valori limite sono combinati tramite la cosiddetta formula di miscelazione con la conseguenza che viene fissato un unico valore limite per il rispettivo inquinante.
B – Comparazione tra i requisiti richiesti per gli impianti di coincenerimento e per i grandi impianti di combustione
7. L’emissione di determinati inquinanti attraverso le centrali di combustione di carbone fossile è disciplinata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2001, 2001/80/CE, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera (4) di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione.
8. Se si confrontano i valori limite da applicare nell’ambito della formula di miscelazione per i combustibili solidi convenzionali, utilizzati insieme ai rifiuti negli impianti di coincenerimento, con i requisiti dei grandi impianti di combustione, ai sensi dell’art. 4, in combinato disposto con gli allegati III, VI e VII della direttiva 2001/80, risultano le seguenti differenze esposte.
9. Riguardo al SO2, i grandi impianti di combustione esistenti possono esalare emissioni secondo valori compresi tra 2000 mg SO2/Nm3 e 400 mg SO2/Nm3; per gli impianti di coincenerimento, invece, si prevede un valore limite compreso soltanto tra 850 mg SO2/Nm3 e 200 mg SO2/Nm3, ossia tra il 42,5% e il 50% dei valori limite dei grandi impianti di combustione. I nuovi grandi impianti di combustione, invece, sono sottoposti a valori altrettanto rigidi o più rigidi, al pari degli impianti di coincenerimento, ossia 200 mg SO2/Nm3.
10. Fino al 2016, i grandi impianti di combustione esistenti possono esalare emissioni secondo valori di 600 mg/Nm3 o di 500 mg/Nm3 NOx; per gli impianti di coincenerimento i valori non possono superare i 400 mg/Nm3, i 300 mg/Nm3 o i 200 mg/Nm3. Dopo il 2016, i maggiori di tali grandi impianti di combustione devono rispettare lo stesso valore degli impianti di coincenerimento simili, mentre gli impianti più piccoli sono trattati più severamente. I nuovi impianti sono sottoposti, invece, agli stessi requisiti degli impianti di coincenerimento e risulta incluso tra i 100 e i 300 MWth il valore limite più rigido previsto per impianti più grandi.
11. Gli impianti di coincenerimento, infine, – al pari dei nuovi grandi impianti di combustione – possono emettere polveri secondo valori compresi tra i 50 mg/Nm3 e i 30 mg/Nm3. I grandi impianti di combustione esistenti, invece, possono emettere una percentuale nettamente superiore di polveri, compresa tra i 50 mg/Nm3 e i 100 mg/Nm3. Pertanto, a seconda delle dimensioni, i valori limite applicabili agli impianti di coincenerimento raggiungono un’entità compresa tra il 30% e il 50% dei valori relativi ai grandi impianti di combustione.
12. Tuttavia, i valori limite della direttiva 2001/80 per gli impianti esistenti possono essere ancora maggiori, se l’impianto rientra nell’ambito di applicazione di un piano nazionale di riduzione delle emissioni, ai sensi dell’art. 4, n. 6, della direttiva.
C – Norme della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento(5)
13. Infine, rilevano alcune norme della direttiva 96/61. Nell’art. 2, n. 3, vi è definito il concetto di impianto:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
(...)
3. “impianto”, l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che sono tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento».
14. L’art. 3 della direttiva 96/61, stabilisce gli obblighi fondamentali del gestore degli impianti. Nel caso in esame, si deve fare riferimento, in particolare, all’applicazione delle migliori tecniche disponibili:
«Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie perché le autorità competenti garantiscano che l’impianto sia gestito in modo
a) che siano prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando segnatamente le migliori tecniche disponibili».
15. In base all’art. 5, n. 1, della direttiva 96/61, questi requisiti si applicano, a partire dal 30 ottobre 2007, agli impianti esistenti (6).
III – Fatti e questioni pregiudiziali
16. Oggetto della controversia è l’autorizzazione di una modifica degli impianti. Più precisamente, un impianto di gassificazione esistente deve essere completato da un sistema di depurazione del gas prodotto. Il richiedente è la Lahti Energia Oy (in prosieguo: la «Lahti Energia»), società erogatrice di energia, di proprietà del comune di Lahti. La sua attività comprende, tra l’altro, la fornitura di elettricità, riscaldamento e gas naturale, nonché altre forme di erogazione di energia e la produzione e l’acquisto di prodotti connessi.
17. La Lahti Energia gestisce la centrale elettrica di Kymijärvi e l’impianto di gassificazione ivi installato. La centrale elettrica produce riscaldamento ed elettricità con un’efficienza superiore al 70%. Essa utilizza soprattutto carbone come combustibile, fino al 5% circa di gas naturale e fino al 15% di gas prodotto nell’impianto di gassificazione.
18. L’impianto di gassificazione produce il gas con il procedimento del «sistema di gassificazione a letto fluido con un ciclo combinato». Tale procedimento consiste nell’ottenere gas combustibile a partire dalla ossidazione di rifiuti solidi a una temperatura approssimativamente compresa tra 850 gradi e 900 gradi Celsius. Sono impiegati circa il 30% di rifiuti di legno provenienti dall’industria forestale, circa il 10% di legno di demolizione, circa il 30% di combustibili recuperati da rifiuti solidi urbani selezionati, nonché circa il 30% di pneumatici e di rifiuti di plastica.
19. Il gas prodotto è carico, in particolare, di particelle, metalli pesanti e cloro. La Lahti Energia intende pertanto integrare l’impianto di gassificazione esistente con un sistema di depurazione del gas. A tale fine, il gas prodotto è raffreddato a 350 gradi e filtrato. In questo modo, dal gas sono eliminati il 99,9% di particelle, ovvero una quantità compresa tra il 96% e il 99% di metalli pesanti e il 95% di cloro; esso, quindi, contiene meno impurità del carbone utilizzato.
20. In sostanza, il gas prodotto e depurato è costituito da frazioni combustibili di idrogeno, monossido di carbonio e metano, nonché da frazioni non combustibili reattive di acqua, anidride carbonica e azoto.
21. Dopo la depurazione, il gas prodotto transita ulteriormente per essere incenerito con il carbone nella caldaia principale della centrale elettrica. Rispetto all’incenerimento del gas prodotto e non filtrato, ma anche rispetto ai tradizionali combustibili principali, sono rilasciati meno cloro, metalli pesanti, diossine e furani.
22. La Lahti Energia, in data 4 dicembre 2002, ha chiesto l’autorizzazione delle modifiche proposte degli impianti di gassificazione. Con autorizzazione del 19 marzo 2004, l’amministrazione responsabile dell’ambiente (Ympäristölupavirasto), ha stabilito che l’impianto di gassificazione per i combustibili riciclati e la centrale elettrica per l’incenerimento del gas costituiscono congiuntamente considerati un impianto di coincenerimento, ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Nella decisione di autorizzazione, pertanto, essa ha definito i valori limite risultanti da tale direttiva e dalla normativa finlandese di trasposizione.
23. La Lahti Energia ha proposto ricorso contro detta decisione. L’11 luglio 2006, il giudice di primo grado ha respinto il ricorso. L’impugnazione, allo stato, è pendente dinanzi al Korkein hallinto-oikeus. Quest’ultimo ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
1. Se l’art. 3, n. 1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti debba essere interpretato nel senso che la direttiva non è applicabile all’incenerimento di rifiuti gassosi.
2. Se un impianto di gassificazione, in cui si ottiene gas dai rifiuti, attraverso un processo di pirolisi, debba essere considerato un impianto di incenerimento, ai sensi dell’art. 3, n. 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, anche qualora in tale impianto non vi sia alcuna linea di incenerimento.
3. Se l’incenerimento nella caldaia di una centrale elettrica di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato dopo il processo di gassificazione debba essere considerato un procedimento incluso nell’art. 3 della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Se, a tale riguardo, abbia rilevanza il fatto che il gas prodotto e depurato sostituisca il carburante fossile e che le emissioni della centrale elettrica per unità di energia prodotta, impiegando il gas ottenuto da rifiuti e depurato, siano inferiori rispetto a quelle derivanti dall’impiego di altri carburanti. Se, ai fini dell’interpretazione della portata della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, sia rilevante che l’impianto di gassificazione e la centrale elettrica, da un punto di vista tecnico-funzionale e in considerazione della distanza a cui si trovano, costituiscano un unico impianto o il fatto che il gas prodotto, formatosi nell’impianto di gassificazione e depurato, venga spedito e possa essere utilizzato come carburante o per altri scopi in altro luogo, ad esempio per la produzione di energia.
4. A quali condizioni il gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato possa essere considerato un prodotto, in modo da non rientrare più nelle disposizioni relative ai rifiuti.
24. Alla fase scritta del procedimento hanno partecipato la Lahti Energia Oy, il Centro ambientale della Provincia di Häme (Hämeen ympäristökeskus), l’associazione Amici della natura di Salpausselkä (Salpausselän luonnonystävät ry), la Repubblica italiana, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Finlandia e la Commissione delle Comunità europee. Inoltre, la Lahti Energia, l’associazione Amici della natura, la Finlandia e la Commissione hanno partecipato all’udienza del 10 luglio 2008.
IV – Analisi giuridica
25. Il Korkein hallinto-oikeus deve decidere se alla centrale di combustione di carbone fossile di Kymijärvi si applichino i valori limite di un impianto di coincenerimento, in base alla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, o i valori limite maggiori degli impianti esistenti, secondo la direttiva 2001/80 sui grandi impianti di combustione.
A – Premessa
26. I valori limite differenti risultano dalle disposizioni transitorie della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e della direttiva 2001/80 sui grandi impianti di combustione.
27. Riguardo agli impianti di coincenerimento, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti prevede due tipi di valori limite. Rispettivamente, un valore limite si riferisce alla parte di rifiuti nell’incenerimento, l’altro alla parte di combustibili convenzionali. Entrambi i valori limite sono combinati tramite la cosiddetta formula di miscelazione con la conseguenza che viene fissato un unico valore limite per il rispettivo inquinante.
28. Il gas prodotto a partire dai rifiuti e depurato contribuisce appena ad un’emissione inquinante significativa. Nella fattispecie, quindi, sono rilevanti soltanto i valori limite per l’incenerimento dei combustibili convenzionali. Su questo punto, secondo entrambe le direttive, ai nuovi impianti si applicano, in sostanza, gli stessi valori limite di emissione. Ciò è indicato, in particolare, dall’allegato II, punto II.2.1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, secondo cui i relativi valori devono essere adattati a valori più severi in base alla direttiva sui grandi impianti di combustione.
29. In base all’art. 20, n. 1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, tali requisiti per i nuovi impianti si applicano, a partire dal 28 dicembre 2005, a tutti gli impianti di incenerimento e coincenerimento, ovvero anche agli impianti esistenti. Perciò, le condizioni di funzionamento di questi impianti avrebbero dovuto essere adeguate entro tale termine.
30. La direttiva sui grandi impianti di combustione, invece, prevede valori limiti differenti per gli impianti esistenti e nuovi. I valori limite per i grandi impianti di combustione esistenti sono meno severi di quelli previsti dalla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti (7).
31. Se la centrale elettrica fosse considerata un grande impianto di combustione esistente, essa potrebbe soddisfare i valori limite secondo le informazioni a disposizione. Tuttavia, ci sarebbero delle difficoltà a rispettare i valori limite di un impianto di coincenerimento riguardo alla parte di carbone fossile e non alla parte di gas prodotto nell’incenerimento. Il coincenerimento del gas riduce, in sostanza, l’emissione di inquinante, dato che contiene relativamente poche impurità che provocano le esalazioni delle sostanze nocive. L’impiego del carbone fossile, invece, aumenta apparentemente così tanto l’emissione di inquinante da non poter più garantire i valori limite di un impianto di coincenerimento.
32. Pertanto, il giudice del rinvio sottolinea che, applicando valori limite più severi, l’utilizzo del gas prodotto sarebbe di scarso interesse , sebbene con ciò si ridurrebbero le emissioni e si sostituirebbero altri combustibili. Fondamentalmente ci si chiede, quindi, se la centrale elettrica, unitamente all’impianto di gassificazione, sia da qualificarsi come impianto di coincenerimento in base alla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, o se entrambi gli impianti debbano essere considerati, di per sé, impianti autonomi, cosicché, quanto meno, la centrale elettrica non rientrerebbe più nell’ambito di applicazione della direttiva. Con le diverse questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio cerca di acquisire criteri oggettivi per la decisione del quesito in esame.
33. Qui di seguito, sono analizzate, anzitutto, la prima e la quarta questione pregiudiziale che si riferiscono al gas prodotto, ottenuto dalla gassificazione, e successivamente, la seconda e la terza che riguardano entrambi gli impianti.
B – Sulla prima questione pregiudiziale – Incenerimento di rifiuti gassosi
34. Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio desidera sapere se l’incenerimento di rifiuti gassosi sia escluso dall’ambito di applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Il giudice sembra riferirsi al fatto che, nella centrale elettrica, l’incenerimento del gas prodotto nell’impianto di gassificazione non costituisce un incenerimento di rifiuti ai sensi della direttiva.
35. Sebbene nella questione in parola il giudice del rinvio si riferisca all’art. 3, n. 1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti in cui è definito il termine «rifiuto», questa definizione è solo indirettamente rilevante riguardo all’ambito di applicazione della direttiva. Come sottolinea l’associazione Amici della natura, infatti, essa non si applica a determinati rifiuti ma agli impianti di incenerimento e coincenerimento, ai sensi dell’art. 2, n. 1.
36. Entrambi i tipi di impianto sono definiti all’art. 3, nn. 4 e 5, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e sono caratterizzati dalla gestione di rifiuti, vale a dire il trattamento termico degli stessi o il loro utilizzo come combustibile. A questo proposito, è rilevante la definizione di rifiuto ai sensi dell’art. 3, n. 1. Soltanto la gestione di rifiuti nel senso di questa definizione implica l’esistenza di un impianto in conformità alla direttiva.
37. L’art. 3, n. 1, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, definisce rifiuto ogni rifiuto solido o liquido secondo la determinazione del concetto, contenuta nell’art. 1, lett. a), della direttiva quadro sui rifiuti (8). Come sostengono, in particolare, l’Austria e la Commissione, la direttiva non considera, perciò, impianti che non inceneriscono o trattano termicamente rifiuti solidi o liquidi, ma soltanto gassosi.
38. Tuttavia, contrariamente all’opinione della Lahti Energia, dell’Italia e della Finlandia, da ciò non risulta che la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non si applichi all’incenerimento di sostanze gassose. Come evidenziano il Centro per l’Ambiente, l’associazione Amici della natura, i Paesi Bassi, l’Austria e la Commissione, la direttiva verte anche sull’incenerimento di sostanze gassose prodotte da rifiuti.
39. Questo risulta, in particolare, dal fatto che l’art. 3, punto 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti indica la pirolisi e la gassificazione come esempi di trattamento termico, sempreché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Qualora i prodotti del trattamento termico non rientrassero più nell’ambito di applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, l’incenerimento propriamente detto di queste sostanze non sarebbe più considerato. Di conseguenza, la maggior parte della direttiva, vale a dire le disposizioni sull’incenerimento (9), sarebbero inoperanti riguardo alla gassificazione con incenerimento successivo.
40. Con riferimento al caso di specie ne consegue che, la centrale elettrica da sola non può costituire un impianto ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, dato che in essa nessun rifiuto, in base a tale direttiva, è incenerito o trattato termicamente. Tuttavia, non è escluso che l’incenerimento del gas prodotto imponga di considerare la centrale elettrica, insieme all’impianto di gassificazione, un impianto di coincenerimento ai sensi della direttiva. Ciò si deve accertare nell’ambito della terza questione pregiudiziale.
41. La prima questione pregiudiziale va, perciò, risolta nel senso che la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non si applica agli impianti che inceneriscono o trattano termicamente soltanto rifiuti gassosi.
C – Sulla quarta questione pregiudiziale – Cessazione della qualifica di rifiuto
42. Con la quarta questione, da analizzare prima della seconda e della terza, il giudice del rinvio desidera sapere a quali condizioni il gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato possa essere considerato un prodotto, con la conseguenza di non rientrare più nelle disposizioni sui rifiuti.
43. Il giudice del rinvio indica come esempio il combustibile ottenuto dai rifiuti biologici. Se questa sostanza costituisse rifiuto, i veicoli che la utilizzano dovrebbero essere trattati come impianti di coincenerimento, ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
44. Il gas in questione è ottenuto a partire da rifiuti. La qualifica di rifiuto non cessa necessariamente a seguito della trasformazione in gas. Anche sostanze gassose possono costituire rifiuto, ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti. L’art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva quadro sui rifiuti esclude soltanto gli effluenti gassosi emessi nell’atmosfera. Pertanto, qualora non si emettano sostanze gassose nell’atmosfera – come in questo caso – esse possono, sostanzialmente, considerarsi rifiuto.
45. Tuttavia, le sostanze gassose non possono costituire rifiuto ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti (10). Se ne potrebbe trarre la conclusione che, nell’ambito di applicazione di tale direttiva, le sostanze gassose, fondamentalmente, non devono considerarsi rifiuto.
46. La direttiva quadro sui rifiuti è sostanzialmente aperta ad una siffatta limitazione del concetto di rifiuto, dato che il suo art. 2, n. 2, consente che direttive particolari fissino disposizioni specifiche particolari o complementari per disciplinare la gestione di determinate categorie di rifiuti. Una siffatta direttiva particolare può essere considerata lex specialis rispetto alla direttiva quadro sui rifiuti, cosicché le sue disposizioni prevalgono su quelle della direttiva quadro sui rifiuti nelle fattispecie da essa specificamente disciplinate (11).
47. Tuttavia, la definizione di rifiuto contenuta nella direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non mira a stabilire un’eccezione alla nozione generale di rifiuto. Essa si limita a individuare i rifiuti il cui incenerimento o il cui trattamento termico caratterizza gli impianti di incenerimento e di coincenerimento. Per il resto, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, in sostanza, continua ad applicarsi qualora i rifiuti siano condotti alla fase gassosa attraverso il trattamento termico (12). Pertanto, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non esclude che i rifiuti gassosi si formino in simili impianti, ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti.
48. Tuttavia, il trattamento termico connesso alla depurazione successiva potrebbe avere trasformato il gas prodotto in una sostanza che ha perso la qualifica di rifiuto.
49. Certamente, né la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti né la direttiva quadro sui rifiuti contengono una previsione espressa o – come sottolineano l’associazione Amici della natura e il Centro per l’Ambiente – standard qualitativi per la perdita della qualifica di rifiuto. Tuttavia, la Corte di giustizia ha già dichiarato che il rifiuto, una volta ultimato il riciclaggio ai sensi della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 dicembre 1994, 94/62/CE, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (13), non è più da considerare rifiuto, ma prodotto (14).
50. Con la sentenza Niselli, la Corte di giustizia ha generalizzato le informazioni relative alla direttiva 94/62 sugli imballaggi. La qualifica di rifiuto degli scarti ferrosi viene meno, quindi, qualora questi siano riciclati attraverso un processo ultimato di trasformazione in prodotti siderurgici. Tali prodotti devono essere talmente simili ad altri prodotti siderurgici scaturiti da materie prime primarie da non potere più essere distinti da questi (15).
51. Questo principio giuridico non è limitato agli scarti ferrosi, ma può essere applicato ad altri rifiuti. Nel caso in esame, la perdita della qualifica di rifiuto sarebbe tuttavia esclusa se fosse necessario in ogni caso riciclare i rifiuti come sostanze da cui sono stati prodotti originariamente. Non è plausibile che i rifiuti trattati in questione derivino da una sostanza simile al gas prodotto.
52. In particolare, la Corte di giustizia ha richiesto un siffatto riciclaggio nella sentenza Mayer Parry Recycling. Ai fini del riciclaggio in questione, in base alla direttiva 94/62 sui rifiuti di imballaggio, il rifiuto deve essere trasformato nel suo stato originario per avere caratteristiche paragonabili a quelle del materiale originario (16).
53. Tuttavia, riguardo alla perdita della qualifica di rifiuto, non è determinante il fatto che i rifiuti siano riciclati. Il riciclaggio è soltanto una forma possibile di recupero dei rifiuti. È invece importante che i rifiuti siano smaltiti in un processo di trasformazione in modo tale da non poter essere distinti da materie prime primarie o da altri prodotti.
54. Ciò corrisponde alla giurisprudenza sulla delimitazione tra sottoprodotti e scarti di produzione. Nelle sue sentenze la Corte di giustizia sottolinea che non sarebbe assolutamente giustificato assoggettare alle disposizioni della normativa sui rifiuti, beni, materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti (17).
55. Riguardo al caso in esame, risulta quanto segue: il gas prodotto e depurato è il risultato del processo di trasformazione previsto. È da dimostrare, pertanto, se esso sia abbastanza simile alle materie prime primarie o agli altri prodotti per non considerarlo più rifiuto.
56. Come nel caso in cui occorra accertare se una sostanza costituisca o meno rifiuto, il complesso delle circostanze va verificato alla cessazione della qualifica di rifiuto (18). Rileva ad esempio la questione se esista un mercato per il prodotto rigenerato o se la centrale elettrica possa acquisire sul mercato un combustibile con qualità simili, che non sia considerato rifiuto. Tuttavia, la commerciabilità, da sola, non basta, dato che anche le sostanze e gli oggetti aventi valore commerciale possono costituire rifiuto (19). È importante invece che il rifiuto rigenerato abbia caratteristiche simili alla materia prima primaria o al prodotto corrispondente, in particolare con riferimento ai rischi ambientali.
57. Vi è motivo di ritenere che il gas prodotto prima della filtrazione non sia ancora sufficientemente simile a causa di impurità provenienti da altri prodotti o da materie prime primarie, mentre il gas prodotto e depurato è presumibilmente simile al gas naturale e ai combustibili gassosi affini. In definitiva, spetta al giudice del rinvio tale verifica.
58. Occorre quindi risolvere la quarta questione posta nel senso che il gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato deve essere considerato un prodotto, con la conseguenza di non rientrare più nelle disposizioni relative ai rifiuti, qualora esso sia sufficientemente simile alle materie prime primarie o ad altri prodotti.
D – Sulla seconda questione pregiudiziale – Mancanza di una linea di incenerimento
59. Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio desidera accertare se un impianto di gassificazione, in cui si ottiene gas a partire da rifiuti, attraverso un processo di pirolisi, deve essere considerato impianto di incenerimento ai sensi dell’art. 3, n. 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti anche qualora in tale impianto non vi sia alcuna linea di incenerimento. Nel caso in esame sembrerebbe più corretto, prima facie, prendere le mosse da un impianto di coincenerimento presumibilmente gestito con una centrale elettrica come linea di incenerimento. Tuttavia, dato che spetta al giudice nazionale chiarire i fatti, la Corte di giustizia non dovrebbe dubitare, a motivo di questa situazione apparente, della pertinenza della questione pregiudiziale.
60. In base all’art. 3, punto 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, questi ultimi sono trattati termicamente negli impianti di incenerimento. La nozione di trattamento termico comprende espressamente procedimenti quali la pirolisi, la gassificazione, e i procedimenti del plasma, purché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite.
61. A prima vista, detti requisiti sono rispettati nella causa principale. Come sottolinea il governo austriaco, l’impianto di gassificazione produce, a partire da rifiuti solidi, un gas combustibile che è successivamente incenerito nella centrale elettrica. Il governo olandese assume una posizione analoga, sostenendo che un impianto di incenerimento non dovrebbe presentare tutti gli elementi indicati nell’art. 3, punto 4, secondo comma, della direttiva sui rifiuti. Esso non dovrebbe disporre, in particolare, di una linea di incenerimento.
62. Le altre parti interessate, tuttavia, ritengono che un impianto di incenerimento presupponga una linea di incenerimento. La Commissione, in particolare, sottolinea che l’incenerimento sarebbe in ogni caso una condizione di applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e che, pertanto, dovrebbe trovarsi nell’impianto.
63. Il giudice del rinvio, il Centro per l’Ambiente e il governo finlandese osservano giustamente che molte disposizioni della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti possono essere applicate soltanto ad un processo di combustione. Ciò riguarda, in particolare, la normativa contenuta nell’art. 6 sulle condizioni di esercizio dell’impianto, le prescrizioni per le misurazioni, ai sensi dell’art. 11, nonché le disposizioni sull’utilizzo di calore ai sensi dell’art. 4, punto 2, lett. b), e art. 6, n. 6.
64. Di conseguenza, le caldaie di incenerimento sono, in sostanza, le caratteristiche determinanti di un impianto di incenerimento o di coincenerimento, in funzione delle quali più impianti possono essere distinti l’uno dall’altro (20).
65. La necessità di un incenerimento, tuttavia, non obbliga a che esso venga effettuato all’interno nell’impianto. Il caso in esame chiarisce che il rifiuto può essere trattato termicamente a scopo di incenerimento anche senza una propria linea di incenerimento.
66. La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 1 non si limita a evitare o limitare l’inquinamento dovuto alle emissioni nell’atmosfera, ma include invece anche altri effetti negativi sull’ambiente, come l’inquinamento del suolo e delle acque.
67. Si prefiggono tali ulteriori obiettivi alcune disposizioni della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti che si applicano indipendentemente da una linea di incenerimento. Si tratta, in particolare, della normativa sui rifiuti usati, art. 4, n. 2, lett. a), n. 4, lett. a), e n. 5, nonché art. 5, delle disposizioni sulla riduzione e lo smaltimento degli scarti, art. 4, n. 2, lett. c) e d), nonché art. 9, e possibilmente anche della normativa sull’evacuazione di acque, ai sensi dell’art. 8, in caso questo vi rientri.
68. L’art. 6, n. 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, rivela, del resto, che il legislatore comunitario ha preso in considerazione anche impianti atipici. In base a ciò, si possono predisporre, infatti, distinte condizioni di esercizio qualora, tuttavia, le prescrizioni della direttiva siano rispettate. Questa disposizione consente di affrontare rischi ambientali specifici di impianti non aventi una propria linea di incenerimento.
69. Sebbene non si possa escludere che la legislazione generale in materia di rifiuti condurrebbe a risultati simili, tuttavia le disposizioni speciali della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, ai sensi del suo art. 1, seconda frase, hanno proprio lo scopo di concretizzare i requisiti generali della direttiva quadro sui rifiuti riguardo ad uno degli impianti considerati. Questo scopo può essere raggiunto solo se gli impianti considerati non hanno alcuna linea di incenerimento.
70. Di conseguenza, dato che la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti può essere ragionevolmente applicata, entro determinati limiti, ad impianti senza una propria linea di incenerimento, non è opportuno, contrariamente al tenore specifico della definizione di impianto di incenerimento, escludere questi impianti dall’ambito di applicazione dell’art. 3, punto 4.
71. Per completezza, si deve ricordare che un impianto per il trattamento termico di rifiuti può costituire anche un impianto di coincenerimento, ai sensi dell’art. 3, punto 5, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Ciò presuppone che la sua funzione principale consista nella produzione di energia o di prodotti materiali(21). Diversamente dalla definizione di impianto di incenerimento, ai sensi dell’art. 3, punto 4, il trattamento termico di cui all’art. 3, punto 5, non è collegato espressamente al presupposto secondo cui le sostanze risultanti dal trattamento sono successivamente incenerite.
72. La Lahti Energia replica che il procedimento dell’impianto di gassificazione, la pirolisi, non sarebbe espressamente indicato nell’art. 3, punto 5, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti come procedimento di un impianto di coincenerimento. Tuttavia, il trattamento termico (22), di cui la pirolisi costituisce uno degli esempi indicati nella definizione di impianto di incenerimento contenuta all’art. 3, punto 4, è menzionato accanto all’incenerimento. Non c’è motivo per intendere diversamente la nozione di trattamento termico a seconda che quest’ultimo sia effettuato in un impianto di incenerimento o in un impianto di coincenerimento. Di conseguenza, un impianto nel quale i rifiuti sono trattati termicamente mediante pirolisi può costituire un impianto di coincenerimento.
73. Nell’ambito della terza questione pregiudiziale si dovrà esaminare più attentamente quale dei due tipi di impianti sia quello pertinente nella presente fattispecie e, altresì, se sia possibile una considerazione congiunta di entrambe le unità aziendali.
74. Pertanto, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che un impianto di gassificazione in cui si ottiene gas a partire dai rifiuti, mediante pirolisi, può essere considerato un impianto di incenerimento, ai sensi dell’art. 3, punto 4, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, anche qualora in esso non esista alcuna linea di incenerimento.
E – Sulla terza questione pregiudiziale – Considerazione congiunta di centrale elettrica e impianto di gassificazione?
75. La terza questione verte sul merito della fattispecie in esame. Si deve chiarire se, e in quali condizioni, l’incenerimento, nella caldaia di una centrale elettrica, di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato successivamente al processo di gassificazione, debba essere considerato un procedimento cui è applicabile l’art. 3 della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
76. Dato che la funzione principale dell’incenerimento del gas prodotto e depurato è la produzione di energia, è possibile sostenere che la centrale elettrica deve essere qualificata come impianto di coincenerimento, in base all’art. 3, punto 5, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Un impianto di coincenerimento è un impianto la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali e che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a un trattamento termico a fini di smaltimento.
77. Se si considera la centrale elettrica isolatamente, allora i rifiuti non sono né utilizzati come combustibili, né vengono sottoposti a trattamento termico. Il gas prodotto, infatti, in quanto sostanza gassosa, non costituisce rifiuto ai sensi della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
78. Nell’impianto di gassificazione, per contro, siffatti rifiuti sono trattati. L’incenerimento di gas prodotto avviene, quindi, soltanto in un impianto di coincenerimento qualora la centrale elettrica e l’impianto di gassificazione siano da considerare un unico impianto per il coincenerimento dei rifiuti.
79. Come evidenzia il giudice del rinvio, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non definisce in generale il concetto di impianto; tuttavia, tale definizione si trova nell’art. 2, n. 3, della direttiva 96/61 secondo cui un impianto è un’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I della direttiva 96/61, e qualsiasi altra attività accessoria, che sono tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento.
80. Sebbene questa definizione non valga in modo espresso per la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, sembra tuttavia ragionevole ricorrervi applicarla per analogia al fine di garantire una normativa coerente di autorizzazione degli impianti. La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti ad oggi non contiene alcun elemento tale da dimostrare che il suo concetto di impianto dovrebbe essere inteso diversamente dal concetto di impianto contenuto nella direttiva 96/61. Al contrario, entrambe le direttive fanno parte di un sistema complessivo coerente. In particolare, i ‘considerando’ 12, 13 e 26, nonché l’art. 4, punti 2, 4, 7 e 8, l’art. 12, nn. 1 e 2, l’art. 14 e l’art. 15 della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, rinviano alla direttiva 96/61. Con ciò si deve ritenere che le direttive, sostanzialmente, partano da un concetto unitario di impianto.
81. La Commissione, inoltre, ha proposto di riunire in futuro la direttiva 96/61 con entrambe le direttive sull’incenerimento dei rifiuti e sui grandi impianti di combustione, nonché con ulteriori direttive (23). Se il legislatore comunitario dovesse aderire alla proposta, il concetto unitario di impianto contenuto nella direttiva 96/61 potrebbe, in futuro, applicarsi certamente anche agli impianti di coincenerimento.
82. Applicando tale nozione di impianto nell’ambito della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti non può tuttavia rilevare la circostanza se le attività indicate nell’allegato I della direttiva 96/61 siano eseguite, ma deve bensì trattarsi di attività considerate dalla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
83. Occorre dimostrare, pertanto, se la centrale elettrica e l’impianto di gassificazione costituiscano un’unità tecnica permanente in cui i rifiuti sono inceneriti o trattati termicamente e se siano attuate altre attività accessorie, che sono tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento.
84. Di conseguenza, il fulcro dell’impianto è l’impianto di gassificazione in cui i rifiuti sono trattati termicamente, mentre l’incenerimento del gas prodotto nella centrale elettrica potrebbe, pertanto, costituire un’attività accessoria che è tecnicamente connessa con la gassificazione e può influire sulle emissioni e sull’inquinamento.
85. Quando si interpretano le caratteristiche dell’accessorietà e della connessione tecnica si deve fare attenzione al fatto che l’applicazione dei requisiti in materia ambientale non può essere evitata, poiché il progetto connesso è suddiviso in diversi sottoprogetti ed è considerato isolatamente (24). Ciò è sottolineato, in particolare, dal Centro per l’Ambiente, dall’associazione Amici della natura, dal governo austriaco e dalla Commissione.
86. Nel caso di specie, il fatto che l’impianto di gassificazione sia stato edificato nella centrale elettrica in considerazione dell’utilizzo del gas prodotto e debba essere gestito in tale modo anche in futuro, depone a favore dei requisiti dell’accessorietà e della connessione tecnica. La rappresentazione schematica di entrambe le unità aziendali, presentata dalla Lahti Energia, conferma questa impressione. Nessun elemento consente di dimostrare che il gas prodotto sia utilizzato diversamente.
87. Inoltre, la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti stabilisce una connessione tra il trattamento termico dei rifiuti e l’incenerimento del gas prodotto. Sebbene la definizione di trattamento termico in un impianto di incenerimento preveda solo il presupposto del successivo incenerimento del prodotto dal complessivo disposto della direttiva risulta tuttavia che il modello degli impianti considerati comprende un processo di combustione. In particolare, ciò è dimostrato dai valori limite per l’emissione di inquinanti nell’atmosfera.
88. A questo proposito, gli aspetti evidenziati dal giudice del rinvio riguardo alla sostituzione di combustibili fossili e alla riduzione delle emissioni non assumono diretto rilievo per l’applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Questi effetti sono certamente da riconoscere, tuttavia – come rileva l’Austria – proprio la sostituzione di combustibili fossili costituisce una caratteristica di un impianto di coincenerimento (25).
89. Anche la quota relativamente esigua di gas prodotto a partire dai combustibili utilizzati nella centrale elettrica non osta ai requisiti dell’accessorietà e della connessione tecnica. La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti si applica indipendentemente dalla quota dei rifiuti dell’impianto di incenerimento. La prassi sembra infatti ritenere che i rifiuti di regola costituiscano solo una piccola parte dei combustibili utilizzati (26).
90. Il governo italiano, tuttavia, ritiene contrario all’accessorietà di entrambe le unità aziendali il fatto che la connessione non si basa su una necessità tecnica, ma sulla sola volontà di combinare entrambi gli impianti.
91. In particolare, la connessione di entrambe le unità aziendali non è quindi tecnicamente vincolante se il gas prodotto e depurato non è più da considerare rifiuto ma prodotto. Esso, pertanto, potrebbe essere sostituito senza problemi da un prodotto simile, ad esempio da gas naturale. Contemporaneamente, il gas prodotto potrebbe anche essere utilizzato diversamente, per esempio durante i periodi di scarso consumo energetico nella centrale elettrica.
92. Inoltre, qualora il gas prodotto non costituisca rifiuto, il fatto di sottoporre la centrale elettrica ai requisiti di un impianto di coincenerimento non sarebbe più compatibile con il principio della parità di trattamento e con quello di non discriminazione. Tale principio esige che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che ciò non risulti obiettivamente giustificato(27).
93. Dato che una norma di diritto comunitario derivato va interpretata, nei limiti del possibile, nel senso della sua conformità con i principi generali del diritto comunitario(28), si dovrebbe escludere l’accessorietà e la connessione tecnica ai sensi della definizione di impianto nell’incenerimento di gas prodotto qualora questo non debba più essere considerato rifiuto. A tale conclusione giungono anche il governo finlandese, italiano e olandese.
94. Se, al contrario, riguardo al gas prodotto, si tratta ancora di rifiuto, allora il suo coincenerimento si distingue a sufficienza dall’incenerimento di combustibili convenzionali per giustificare un’applicazione della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti.
95. Al legislatore comunitario, in particolare, sembra a prima vista di avere evitato una contraddizione, quando ha fissato valori limite diversi per la produzione di energia riguardo agli impianti esistenti, a seconda se (anch’) essi utilizzano o no i rifiuti. Riguardo all’inquinamento ambientale, non è rilevante se le emissioni inquinanti risultino dai rifiuti o da combustibili convenzionali. Questa contraddizione, in linea di principio, potrebbe impedire la sostituzione auspicabile di materie prime primarie attraverso i rifiuti e – nella fattispecie – portare ad un’emissione inquinante complessivamente maggiore.
96. Tuttavia, nella determinazione di discipline differenziate, il legislatore può disporre di un margine di valutazione e discrezionale (discrezionalità) (29). Questo margine di autonomia dipende, in particolare, dalla finalità che egli persegue con la differenziazione. Per scelte politiche complesse esso è normalmente ampio (30).
97. Nella fattispecie si tratta di disposizioni complesse nel settore ambientale. Pertanto, il controllo giurisdizionale si deve limitare necessariamente alla questione se il legislatore abbia commesso un errore di valutazione manifesto nell’attuazione di questi obiettivi (31).
98. A questo riguardo, la Commissione, durante l’udienza, si è riferita al fatto che i valori limite della direttiva sui grandi impianti di combustione e della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti sono soltanto requisiti minimi. In particolare, dalla direttiva 96/61 possono risultare condizioni più severe, come indicato dal tredicesimo ‘considerando’ della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e dall’ottavo ‘considerando’ della direttiva sui grandi impianti di combustione.
99. L’art. 3, lett. a), della direttiva 96/61 richiede che gli impianti considerati applichino le migliori tecniche disponibili e rispettino i valori limite corrispondenti. Secondo la Commissione, questi valori limite conseguentemente mapplicabili sarebbero più severi per gli impianti esistenti che per quelli risultanti dalla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Ciò dimostra che il legislatore, fissando i valori limite diversi per i vecchi impianti in base alle direttive sull’incenerimento dei rifiuti e sui grandi impianti di combustione, non dovrebbe accettare di stabilire già definitivamente i requisiti per i rispettivi impianti.
100. Inoltre, in udienza, la Commissione ha dichiarato, in riscontro a una richiesta, che i valori limite più severi per gli impianti più vecchi in base alla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti sono diretti a garantire che i rifiuti siano utilizzati solo negli impianti in cui sono impiegate le migliori tecniche disponibili secondo la direttiva 96/61.
101. Inoltre, come dimostra, in particolare, l’allegazione dell’associazione Amici della natura, non si deve accettare incondizionatamente il fatto di utilizzare i rifiuti come combustibile. Quanto minori sono i requisiti dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti, meno allettanti sono le alternative. Ciò avviene, soprattutto, a scapito della prevenzione dei rifiuti e del loro riutilizzo. Tali alternative possono essere più vantaggiose per l’ambiente. Pertanto, in base all’art. 3 della direttiva quadro sui rifiuti e all’ottavo ‘considerando’ della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, la prevenzione dei rifiuti è, perlomeno, prioritaria rispetto al recupero mediante incenerimento (32).
102. Infine, la direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti (33), richiede che i rifiuti siano trattati prima del loro deposito (34). L’incenerimento dei rifiuti è uno dei metodi di trattamento maggiormente diffuso (35). Se, per i gestori degli impianti, esso dovesse essere meno allettante a causa di rigidi valori limite, allora i relativi maggiori costi, alla fine, verrebbero addebitati al produttore dei rifiuti. Ciò corrisponderebbe al principio «chi inquina paga» (36).
103. Di conseguenza, si sarebbero dovuti considerare e contemperare i diversi punti di vista riguardo alla determinazione di valori limite per gli impianti esistenti in base alla direttiva sull’incenerimento dei rifiuti. Alla luce di queste osservazioni, non è palesemente ingiustificata la disparità di trattamento degli esistenti impianti di coincenerimento e grandi impianti di combustione.
104. Occorre pertanto risolvere la terza questione pregiudiziale posta dichiarando che l’incenerimento di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato successivamente al processo di gassificazione, effettuato nella caldaia di una centrale elettrica collegata all’impianto di gassificazione, deve essere considerato un procedimento incluso nell’art. 3 della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, qualora il gas prodotto costituisca rifiuto al momento dell’incenerimento.
F – Sintesi
105. La risposta alle diverse questioni pregiudiziali rivela che si deve applicare la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, sostanzialmente, qualora dai rifiuti, attraverso la gassificazione, si ottenga un gas combustibile destinato all’incenerimento. La direttiva comprende almeno l’impianto di gassificazione. L’incenerimento del gas è incluso, anche se il relativo impianto costituisce, rispettivamente, un’attività accessoria all’impianto di gassificazione ed esiste una connessione tecnica. Tale accessorietà, quindi, deve ammettersi nell’ambito di un collegamento almeno qualora il gas sia da considerare rifiuto al momento dell’incenerimento. Vi è tuttavia da dubitare se il gas, a seguito di una depurazione, sia sufficientemente simile alle materie prime o ad altri prodotti.
106. Per il futuro, in questo contesto, si possono porre ulteriori questioni. Si deve pensare ad un incenerimento di gas, da considerare rifiuto, in impianti non connessi all’impianto di gassificazione qualora, per esempio, il gas sia trasportato mediante cisterne. E’ dubbio anche il modo di trattare una gassificazione se il gas non è destinato all’incenerimento, ma alla fornitura di altri prodotti, per esempio alla produzione di plastica. Ad oggi, tuttavia, queste domande non sono ancora risolte nella fattispecie.
V – Conclusione
107. Ritengo pertanto che la Corte debba risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che:
1. La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti, non si applica agli impianti che inceneriscono o trattano termicamente soltanto rifiuti gassosi.
2. Un impianto di gassificazione in cui si ottiene gas a partire dai rifiuti, mediante pirolisi, può essere considerato un impianto di incenerimento, ai sensi dell’art. 3, punto 4, della direttiva 2000/76/CE, anche qualora in esso non esista alcuna linea di incenerimento.
3. L’incenerimento di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato successivamente al processo di gassificazione, effettuato nella caldaia di una centrale elettrica collegata all’impianto di gassificazione, deve considerarsi un procedimento incluso nell’art. 3 della direttiva 2000/76/CE qualora il gas prodotto costituisca rifiuto al momento dell’incenerimento.
4. Il gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato deve essere considerato un prodotto, con la conseguenza di non rientrare più nelle disposizioni in materia di rifiuti, qualora esso sia sufficientemente simile alle materie prime primarie o ad altri prodotti.
1 - Lingua processuale: il tedesco.
2 GU L 332, pag. 91.
3 – L’integrazione è mia: la direttiva 75/442 (in prosieguo: la «direttiva quadro sui rifiuti») è stata consolidata e sostituita dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, sui rifiuti (GU L 114, pag. 9).
4 – GU L 309, pag. 1.
5 – GU L 257, pag. 26, codificate con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio 2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, GU L 24, pag. 8.
6 – Cfr. la relazione della Commissione 3 novembre 2005, COM(2005) 540 def., pag. 4, sulla trasposizione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e alla riduzione integrate dell\'inquinamento (IPPC).
7 – A questo riguardo, v. sopra, in dettaglio, paragrafi i 8 e segg..
8 – In base ad essa il concetto di rifiuto comprende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l\'intenzione o l\'obbligo di disfarsi, cfr., da ultimo, la sentenza 24 giugno 2008, C-188/07, Commune di Mesquer (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 37 e segg.). Riguardo a ciò, nulla è cambiato, neanche tramite la codificazione contenuta nella direttiva 2006/12.
9 – V. infra, paragrafo 63.
10 – V. sopra, paragrafo 37.
11 – Sentenza 10 maggio 2007, causa C-252/05, Thames Water Utilities (Racc. pag. I‑3883, punto 39).
12 – V. sopra, paragrafo 38.
13 – GU L 365, pag. 10.
14 – Sentenza 19 giugno 2003, causa C-444/00, Mayer Parry Recycling (Racc. pag. I‑6163, punti 61 e segg.).
15 – Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02, Niselli (Racc. pag. I‑10853, punto 52).
16 – Cit. alla nota 14, punti 67 e segg..
17 – Cfr. sentenze 18 aprile 2002, causa C-9/00, Palin Granit e Vehmassalon Kansanterveystyön Kuntayhtymän hallitus (Racc. pag. I-3533, punto 35) e Commune de Mesquer (cit. alla nota 8, punto 43), nonché l’ordinanza 15 gennaio 2004, causa C-235/02, Saetti e Frediani (Racc. pag. I‑1005, punto 35).
18 – Cfr. sentenze sulla definizione di sottoprodotti e scarti di produzione, 15 giugno 2000, cause riunite C-418/97 e C-419/97, ARCO Chemie Nederland e a. (Racc.pag. I‑4475, punti 73 e 88); 1° marzo 2007, causa C-176/05, KVZ retec (Racc. pag. I‑1721, punto 63) nonché 18 dicembre 2007, causa C‑194/05. Commissione/Italia (Racc. pag. I-11661, punto 41), causa C-195/05, Commissione/Italia (Racc. pag. I-11699, punto 42) e causa C-263/05, Commissione/Italia (Racc. pag. I-11745, punto 40).
19 – Sentenze Palin Granit e Vehmassalon Kansanterveystyön Kuntayhtymän hallitus (cit alla nota 17, punto 29) e KVZ (cit. alla nota 18, punto 61).
20 – V. le mie conclusioni presentate il 22 maggio 2008 nella causa C-251/07, Gävle Kraftvärme (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 19 e segg.).
21 – V. le mie conclusioni in Gävle Kraftwärme (cit. alla nota 20, paragrafo 34).
22 – Nella proposta originaria della Commissione, COM (1998) 558, GU C 372, pag. 11, il trattamento termico non faceva ancora parte della definizione degli impianti di coincenerimento, ma, è stato aggiunto in sede di processo legislativo, v. la decima proposta di modifica della prima lettura del Parlamento, GU C 219, pag. 249, e la posizione comune (CE) del Consiglio 25 novembre 1999, n. 7/2000, GU C 25, pag. 17.
23 – V. l’art. 2, n. 3, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell\'inquinamento), COM(2007) 844 def..
24 – Cfr. le sentenze 21 settembre 1999, causa C-392/96, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I-5901, punto 76) e 16 settembre 2004, causa C-227/01, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-8253, punto 53), sulla direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell\'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, GU L 175, pag. 40.
25 – V. le mie conclusioni in Gävle Kraftwärme (cit. alla nota 20, paragrafo 38).
26 V. il Reference Document on Best Available Techniques for Large Combustion Plants, luglio 2006, pagg. 489 e segg. (http://ec.europa.eu/comm/environment/ippc/brefs/lcp_bref_0706.pdf), La Commissione ha elaborato questo documento in collaborazione con esperti nazionali sulla base della direttiva 96/61.
27 – Sentenze 10 gennaio 2006, causa C-344/04, IATA ed ELFAA (Racc. pag. I‑403, punto 95); 12 settembre 2006, causa C-300/04, Eman e Sevinger (Racc. pag. I‑8055, punto 57), nonché 11 settembre 2007, causa C-227/04, Lindorfer/Consiglio (Racc. pag. I‑6767, punto 63).
28 – Sentenze 6 novembre 2003, causa C-101/01, Lindqvist (Racc. pag. I‑12971, punto 87); 27 giugno 2006, causa C-540/03, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I‑5769, punto 105); 4 ottobre 2007, causa C-457/05, Schutzverband der Spirituosen-Industrie (Racc. pag. I‑8075, punto 22); 29 gennaio 2008, causa C-275/06, Promusicae (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 68) e 10 luglio 2008, causa C-413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 174).
29 – Cfr. sentenze 13 aprile 2000, causa C-292/07, Karlsson e a. (Racc. pag. I‑2737, punti 35 e 49); e Lindorfer (cit. alla nota 26, punto 78). V. anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Poiares Maduro il 3 aprile 2008, nella causa C‑524/06, Huber (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafo 29) e il 21 maggio 2008 nella causa C-127/07, Arcelor (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 30 e segg.).
30 – V. ad esempio sentenze 11 settembre 2003, causa C-77/02, Steinicke (Racc. pag. I‑9027, punto 61) e 22 novembre 2005, causa C-144/04, Mangold (Racc.pag. I‑9981, punto 63), riguardo ad obiettivi di politica occupazionale.
31 – Cfr. sui presupposti di applicazione dell’art. 174 CE, sentenze 14 luglio 1998, causa C-284/95, Hi-Tech (Racc. pag. I‑4301, punto 37) e 15 dicembre 2005, causa C-86/03, Repubblica ellenica/Commissione (Racc. pag. I‑10979, punto 88), entrambe relative al legislatore comunitario.
32 – Il Parlamento propone ormai di stabilire una gerarchia dei rifiuti nella nuova versione, attualmente discussa, della direttiva quadro sui rifiuti, secondo cui si devono favorire la prevenzione dei rifiuti, il riutilizzo ed il riciclaggio del recupero di energia dai rifiuti (art. 4 del progetto consolidato 17 giugno 2008, allegato al parere, TA/2008/282/).
33 – GU L 182, pag. 1.
34 – Cfr. sentenza 14 aprile 2005, causa C-6/03, Deponiezweckverband Eiterköpfe (Racc. pag. I‑2753).
35 – Cfr. la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle strategie nazionali per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da conferire in discarica a norma dell\'articolo 5, n. 1, della direttiva 30 marzo 2005, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti COM (2005) 105 def..
36 – Cfr. le mie conclusioni presentate il 13 marzo 2008 nella causa C-188/07, Commune de Mesquer (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 120 e segg.).