Cass. Sez. III n. 49475 del 20 dicembre 2012 (CC.23 ott. 2012)
Pres. Fiale Est. Marini Ric. Caterino
Urbanistica. Competenze organi comunali
Se è compito degli organi comunali, siano essi rappresentati attraverso deliberazione della giunta o del consiglio, fissare le caratteristiche delle opere che debbono essere eseguite in conformità agli strumenti urbanisti ed edilizi, soltanto tali organi hanno facoltà di apportare al deliberato successive modificazioni rispetto al progetto approvato, non potendo le valutazioni di competenza dell'ente essere assunte da diversi organi di natura tecnica, quali la direzione dei lavori che agisce in attuazione del deliberato in parola e che deve ad esso attenersi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con decreto del 9/12/2011 ha disposto il sequestro di un'area di cantiere all'interno del cimitero di (OMISSIS) a causa dell'esistenza di rilevanti difformità fra le opere realizzate dalla ditta "Le Ceneri", di cui il ricorrente è legale rappresentante, e il progetto di ampliamento del cimitero approvato dall'ente competente.
2. Su istanza di riesame proposta dal sig. C., il Tribunale ha rilevato che l'esistenza delle difformità non è in contestazione e che le questioni prospettate dall'indagato attengono alla qualificazione giuridica del fatto. Osserva il Tribunale che la circostanza che l'opera in esecuzione debba essere definita "pubblica" non esclude affatto che le opere realizzate in difformità contrastino col titolo abilitativo, rappresentato dall'approvazione del progetto e dal successivo affidamento dei lavori nei limiti progettuali, con la conseguenza che il concessionario che non rispetti il progetto si pone in contrasto col titolo autorizzativo e incorre nel reato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44.
3. Avverso tale decisione il sig. C. propone ricorso tramite i Difensori, in sintesi lamentando l'errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) per avere il Tribunale ritenuto sussistere un reato urbanistico nella realizzazione di un'opera pubblica e ritenuto non rilevanti le prospettazioni difensive con le quali si dimostrava che la traslazione delle cappelle era stata valutata come necessaria dalla direzione dei lavori e che anche la realizzazione di n. 96 nuovi loculi è stata richiesta dalla Direzione dei lavori, senza che questo comporti un contrasto con le disposizioni urbanistiche vigenti.
4. Con nota del 22/10/2012 l'avv. Alessandro Barbieri ha dichiarato di aderire all'astensione dalle udienze proclamata dall'Organismo Unitario dell'Avvocatura per la data odierna. La Corte con ordinanza dibattimentale ha ritenuto di non accogliere la richiesta di rinvio dell'udienza, posto che il ricorso ha per oggetto un provvedimento cautelare reale che rientra fra i casi di esclusione dell'operatività dell'astensione (art. 4 del Codice di autoregolamentazione).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte osserva preliminarmente che con sentenza di questa Sezione in data 27/10/2010, resa su ricorso C., sono stati affermati i seguenti principi: "Una volta ritenuto che i beni e le opere abbiano natura pubblica, la Corte non può che confermare la propria giurisprudenza che esclude la necessità che gli interventi siano preceduti dal permesso di costruire (si veda Terza Sezione Penale, sentenza n. 18900 del 2 aprile - 9 maggio 2008, Vinci e altri, rv 239918). Tale conclusione non comporta affatto che al Comune sia sottratto l'esercizio delle prerogative che discendono dalla legge e venga meno l'obbligo di rispettare le regole e le procedure poste a tutela del territorio e dell'ambiente. L'ente comunale, infatti, nell'approvare i progetti di intervento proposti dal concessionario dovrà, tra le altre valutazioni di utilità e di coerenza con gli interessi pubblici, effettuare una verifica del rispetto delle regole in vigore, comprese quelle fissate ai fini urbanistici e ambientali; spetterà, peraltro, al consiglio comunale e gli organismi preposti dell'ente adottare eventuali interventi correttivi e integrativi delle regole che si assuma necessario aggiornare o modificare nei limiti delle attribuzioni e delle potestà dell'ente".
2. Con diversa decisione concernente le opere cimiteriali, Sez. 3, n, 18900 del 2/4/2008, Vinci e altri, rv 239918, la Corte ha affermato il principio che segue: "In materia di edilizia, anche le opere eseguite dai Comuni sono soggette all'obbligo di conformarsi alle disposizioni urbanistiche vigenti e ai relativi controlli salvo restando che, per effetto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7 e della contestuale abrogazione del D.L. n. 398 del 1993 e successive modifiche, per dette opere non è richiesto il previo rilascio del permesso di costruire, cui deve ritenersi equipollente, infatti, la delibera del consiglio o della giunta comunale accompagnata da un progetto riscontrato conforme alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie".
3. Da quanto precede discende che, se è compito degli organi comunali, siano essi rappresentati attraverso deliberazione della giunta o del consiglio, fissare le caratteristiche delle opere che debbono essere eseguite in conformità agli strumenti urbanisti ed edilizi, soltanto tali organi hanno facoltà di apportare al deliberato successive modificazioni rispetto al progetto approvato, non potendo le valutazioni di competenza dell'ente essere assunte da diversi organi di natura tecnica, quali la direzione dei lavori che agisce in attuazione del deliberato in parola e che deve ad esso attenersi.
4. Ritiene, conclusivamente, la Corte che nell'ipotesi oggetto di ricorso possa ravvisarsi il "fumus" della violazione prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a) sotto il profilo del mancato rispetto delle procedure di accertamento di conformità a strumenti urbanistici, e che non sussistano gli estremi per pervenire all'annullamento del provvedimento impugnato.
5. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2012.