TAR Sicilia (CT) Sez. I n. 2667 del 20 agosto 2021
Elettrosmog.Infrastrutture di telecomunicazione

Le infrastrutture di telecomunicazione sono assimilate, ai sensi dell’articolo 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/2003, ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, ed hanno il carattere della pubblica utilità (cfr. articolo 90, comma 1, d.lgs. n. 259/2003).


Pubblicato il 20/08/2021

N. 02667/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00088/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 88 del 2021, proposto da
Wind Tre Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Siciliana, Regione Siciliana - Assessorato Regionale Beni Culturali e Identita' Siciliana, Regione Siciliana - Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Siracusa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Catania, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Provincia Regionale di Siracusa, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio.

per l'annullamento

a) del parere negativo prot. 11317 del 10-12.11.2020, reso dalla Regione Siciliana – Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana sull'istanza presentata -con iter semplificato- dalla Wind Tre per conseguire l'autorizzazione paesaggistica necessaria alla realizzazione di un impianto di telefonia nel tenimento comunale di Buccheri (denominato: SR054 – Buccheri);

b) di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e/o consequenziali, ivi compreso, se e per quanto possa occorrere, le Norme di Attuazione del Piano Paesaggistico Regionale, Ambito 14 - 17 della Provincia di Siracusa, approvato con D.A. n.5040 del 20.10.2017, con particolare riferimento all'art. 25 (Paesaggio locale 05 “Alti Iblei”), punto 5l (erroneamente indicato negli atti impugnati come punto 5o), il quale dispone che, nelle aree boscate sottoposte a livello di tutela 3 non sia consentito “realizzare tralicci, antenne per telecomunicazioni ad esclusione di quelle a servizi delle aziende, impianti per la produzione di energia anche da fonti rinnovabili escluso quelli destinati all'autoconsumo e/o allo scambio sul posto architettonicamente integrati negli edifici esistenti”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Siciliana - Assessorato Territorio e Ambiente, della Regione Siciliana - Assessorato Regionale Beni Culturali e Identità Siciliana e della Regione Siciliana - Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Siracusa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2021, svoltasi da remoto ai sensi degli artt. 25 del d.l. n. 137/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020, il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I. La ricorrente, avendo verificato la necessità di garantire la capillarità del servizio in seguito al riscontro di gravi carenze di copertura nel centro abitato di Buccheri, individuava un terreno idoneo a ospitare un impianto di telefonia (denominato “SR054”) presso l’area comunale di contrada Castello sull’edificio “ex acquedotto”, ottimale per quanto concerne copertura radioelettrica, distanza da obiettivi sensibili e impatto visivo.

La necessità dell’impianto era ravvisata dallo stesso Comune di Buccheri con nota prot. 7572 del 14.10.2019.

Considerato che l’area di intervento era sottoposta a vincolo paesaggistico, veniva presentata, in data 21.10.2019, istanza di autorizzazione ex art. 146 D.lgs. n. 42/2004.

Sennonché, con nota prot. n. 8705 del 7.9.2020, la Soprintendenza comunicava i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di autorizzazione paesaggistica, sulla scorta della seguente motivazione: «Visto il Piano Paesaggistico dal quale si evince che l’intervento ricade in zona con livello di tutela 3, paesaggio locale 5o, sottopassaggio denominato “Paesaggio delle aree boscate e vegetazione assimilata.”, esaminati gli elaborati progettuali, ritenuto che l’opera in progetto sia di pregiudizio rispetto ai valori paesaggistici dell’area, in base a quanto stabilito dalla succitata Normativa del Piano Paesaggistico, poiché non contempla la realizzazione di antenne per telecomunicazioni, ad esclusioni di quelle a servizio delle aziende, dovendo quest’Ufficio esprimere parere contrario».

Nonostante le osservazioni tempestivamente inoltrate dalla ricorrente, la Soprintendenza adottava il parere negativo di cui alla nota 11317 del 10-12.11.2020, limitandosi a reiterare la motivazione già espressa nel predetto preavviso.

Con ricorso notificato l’8.1.2021 e depositato il 19.1.2021, la ricorrente ha impugnato siffatto provvedimento, affidandosi alle seguenti censure:

1. Illegittimità del diniego – violazione e mancata applicazione dell’art. 10 bis della legge n.241/1990 - illegittimità delle n.t.a., con particolare riferimento al punto 5l dell’art. 25 - violazione e mancata applicazione dell’art. 87 e ss. del d.lgs. n.259/2003 - difetto di motivazione e di istruttoria – travisamento dei fatti – illogicità manifesta.

Assume parte ricorrente che il parere è viziato per violazione del combinato disposto dell’art.10 bis della L.241/1990 e dell’art. 146, comma 8, del D.lgs.vo 42/2004, che impongono all’Amministrazione l’obbligo di valutare le osservazioni presentate dal destinatario e di motivare, nel provvedimento conclusivo, le ragioni del loro mancato accoglimento.

2. Violazione di legge – violazione del D.lgs.vo 42/04, art.146 - eccesso di potere – difetto di motivazione – violazione ed eccesso di potere - erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto – difetto assoluto di istruttoria - sviamento.

Il parere negativo della Soprintendenza sarebbe viziato sotto il profilo del difetto di motivazione e contraddittorietà, in quanto, al di là del generico richiamo alla normativa del Piano Paesaggistico, non avrebbe chiarito in che modo l’impianto progettato sia in contrasto con il vincolo imposto sull’area de qua, tanto più che si tratta di un’opera di pubblica utilità, avente le stesse caratteristiche di altro impianto già regolarmente realizzato nella immediate vicinanze e asseritamente autorizzato sia dal Comune che dalla stessa Soprintendenza.

Sostiene parte ricorrente che se è pur vero che la presenza di altra (analoga) infrastruttura non esime l’Amministrazione dal valutare l’incidenza sul paesaggio del nuovo intervento, sarebbe altrettanto vero che si tratta pur sempre di una circostanza rilevante, che avrebbe imposto una più approfondita istruttoria e una più analitica motivazione.

Il parere negativo, invece, al di là delle mere affermazioni di principio, conterrebbe una motivazione solo apparente, non essendo stati specificati, in rapporto all’effettivo stato dei luoghi, quali aspetti dell’intervento sarebbero stati in contrasto con i valori da tutelare.

La Soprintendenza, nell'esprimere il proprio parere negativo, inoltre, come per altro richiesto nella nota di osservazioni della ricorrente, avrebbe dovuto porre l'interessato nella condizione di adottare eventuali accorgimenti volti a consentire il recupero della compatibilità ambientale e paesaggistica.

3. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 42/2004 – violazione del codice dell’ambiente – eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicità grave e manifesta- difetto assoluto di motivazione - omessa istruttoria - eccesso di potere - sviamento di potere - illogicità manifesta - eccesso di potere - violazione del giusto procedimento.

L’Amministrazione avrebbe dovuto, in luogo di denegare l’autorizzazione, indicare ulteriori soluzioni alternative (ad es. riduzione dell’altezza o ulteriori, eventuali, opere di mitigazione) atte a consentire di rendere, sempre che necessario, ancor più armonico l’impianto progettato con il contesto paesaggistico d’inserimento.

4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 25 paesaggio locale punto 5L del piano paesaggistico ambiti 14 e 17 ricadenti nella provincia di Siracusa, approvato con d.a. n. 5040 del 20.10.2017 – violazione dell’art. 86 d.lgs 259/03 - violazione dell’art. 3 l.241/1990 – in via gradata: illegittimità derivata dall’art. 25 paesaggio locale punto 5L del piano paesaggistico 15 ambiti 14 e 17 ricadenti nella provincia di Siracusa, approvato con d.a. n. 5040 del 20.10.2017 - violazione dell’art. 86 d.lgs 259/03.

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo nella parte in cui pone a proprio unico generico fondamento la normativa del Piano Paesaggistico “poiché non contempla la realizzazione di antenne per telecomunicazioni, ad esclusione di quelle a servizio delle aziende”. Nel caso di specie, in mancanza di un’espressa indicazione da parte della Soprintendenza della norma che si assume precluda l’esame della pratica, si deve ritenere che l’Ente abbia inteso riferirsi all’art. 25 punto 5L del Piano Paesaggistico, in base al quale in queste aree “non è consentito … realizzare tralicci, antenne per telecomunicazioni, ad esclusione di quelle a servizio delle aziende, impianti per la produzione di energia anche da fonti rinnovabili escluso quelli destinate all’autoconsumo e/o allo scambio sul posto architettonicamente integrati negli edifici esistenti”.

Assume parte ricorrente che non sarebbe condivisibile quanto ritenuto dalla Soprintendenza, secondo cui, evidentemente, la disposizione di cui alla norma richiamata sarebbe direttamente (ed in assoluto) ostativa alla possibilità di realizzare l’intervento in questione nel sito individuato.

Invero, dagli artt. 86 e 87 del Codice delle Comunicazioni (D.Lgs. 259/03) deriverebbe che la qualificazione legislativa, come opere di urbanizzazione primaria, degli impianti per la telefonia mobile comporta la illegittimità di disposizioni pianificatorie recanti divieti assoluti e generalizzati a tutto il territorio comunale.

Pertanto il Piano Paesaggistico, laddove pone il divieto d’installare gli impianti di telecomunicazioni nelle zone con livello di tutela 2, paesaggio locale 5L, avrebbe dovuto essere necessariamente interpretato non come vincolo assoluto (quindi preclusivo ad una valutazione in concreto), bensì come vincolo relativo, rispetto al quale la Soprintendenza avrebbe dovuto svolgere una valutazione in concreto delle opere rispetto ai valori tutelati.

Se si accedesse all’impostazione della Soprintendenza conseguirebbe che l’imposizione in un’area così vasta, nella quale è vietata in via assoluta l’istallazione degli impianti di telefonia cellulare, risulterebbe illegittima, atteso che l’interesse alla tutela del paesaggio va contemperato con quello alla realizzazione di infrastrutture a rete inerenti opere di urbanizzazione primaria, quali gli impianti di telefonia mobile, che debbono ritenersi consentite in tutte le zone, ovviamente con tutte le cautele e le mitigazioni del caso e previo rilascio della dovuta autorizzazione paesaggistica. Una diversa interpretazione, infatti, impedirebbe la possibilità di svolgimento del servizio di telefonia mobile cellulare di ultima generazione.

Costituitasi con memoria di mera forma, la Soprintendenza ha concluso per l’infondatezza del ricorso.

Con Ordinanza istruttoria n. 524/21 del 16.2.2021 è stata, tra l’altro, disposta l’acquisizione di una documentata relazione sui fatti di causa, con particolare riferimento alla asserita sussistenza di autorizzazione rilasciata su impianto limitrofo analogo.

La Soprintendenza intimata ha prodotto la detta relazione con deposito del 23.4.2021, ove è stata precisata la sussistenza di precedenti autorizzazione, antecedenti, però, alle ultime pianificazioni e che il divieto, pur sempre assoluto, riguarda il punto 5o, piuttosto che il 5L, ove vi sarebbe comunque la medesima tutela, con il divieto espresso di installazione di antenne per telecomunicazioni.

Alla pubblica udienza del 29.4.2021, tenutasi da remoto, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

II. Non può essere condivisa la prima censura, posto che il punto di vista espresso nel provvedimento impugnato, sia pure nella sua sinteticità, esprime il giudizio di infondatezza delle argomentazioni poste a supporto delle osservazioni della ricorrente al preavviso di rigetto relazionato alla “obbligatorietà” di osservanza alle pertinenti e specifiche disposizioni contenute nell’art. 25 del Piano Paesaggistico, in base al quale in queste aree “non è consentito … realizzare tralicci, antenne per telecomunicazioni, ad esclusione di quelle a servizio delle aziende, impianti per la produzione di energia anche da fonti rinnovabili escluso quelli destinate all’autoconsumo e/o allo scambio sul posto architettonicamente integrati negli edifici esistenti”.

Infondate sono le successive due censure, che possono essere trattate congiuntamente.

Invero, parte ricorrente assume che la competente Soprintendenza non avrebbe fatto idoneo uso del potere valutativo, adeguatamente motivando il parere negativo reso.

Come di seguito sarà precisato, il piano paesaggistico contiene una espressa disposizione, a mente della quale non è possibile, in maniera specifica, la realizzazione di tralicci stazioni radio base. Il che determina un diniego generalizzato riferito a una specifica fattispecie.

Concorda il Collegio con la Giurisprudenza del Giudice di seconde cure (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 ottobre 2015, n. 4846), secondo la quale <spetta, infatti, comunque alla competente Soprintendenza la valutazione del corretto inserimento dei manufatti nella cornice paesaggistica dei luoghi oggetto di speciale tutela.

<E’ noto, al proposito, che la capacità di un Piano paesistico di dettare prescrizioni vincolanti direttamente applicabili alle fattispecie concrete è di immediata e diretta applicazione per le sole prescrizioni a contenuto generale interdittivo – cioè per le tipologie di interventi stimate una volta per tutte incompatibili con un dato contesto -, restando al contrario sempre e comunque rimessa alla discrezionalità tecnica dell’Autorità amministrativa competente la valutazione caso per caso dei singoli interventi quante volte (come appunto nel caso in esame) le previsioni di piano non siano astrattamente incompatibili con l’intervento immaginato.

<Infatti la necessità dell’autorizzazione paesistica in ogni caso permane e non viene meno: e questa presuppone sempre un positivo accertamento di compatibilità concreta tra intervento e valori protetti. Il Piano paesistico non assorbe interamente la verifica di garanzia dell’interesse paesaggistico, che il più delle volte implica valutazioni concrete di ordine qualitativo non traducibili in norme generali; sicché la valutazione di non-incompatibilità espressa dal Piano non comporta l’assorbimento definitivo della discrezionalità tecnica a quella sede astratta dalla contingenza da legittimare e non giunge a eliminare, o a rendere virtuale o meramente applicativo, il giudizio concreto. La valutazione di compatibilità è del resto l’effetto legale tipico del vincolo ed escluderla o renderla virtuale significherebbe derogare al vincolo stesso affrancandone in pratica ambiti o interventi: il Piano paesistico realizzerebbe allora l’effetto pratico non di uno strumento di attuazione, dunque di realizzazione della funzione conservativa del vincolo, ma di attenuazione, al limite di negazione o almeno di elusione, degli effetti conservativi propri del vincolo e del suo regime (cfr. Cons. Stato, II, 20 maggio 1998, n. 548/98 e 549/98; VI, 22 agosto 2003, n. 4766; 3 marzo 2011, n. 1366; 23 novembre 2011, n. 6156; 20 dicembre 2011, n. 6725; 18 gennaio 2012, n. 173; 2 dicembre 2012, n. 6372)>.

Come premesso, quindi, a fronte di uno specifico diniego generalizzato, non residua margine per la valutazione tecnica discrezionale della Soprintendenza, che si è adeguata alla puntuale prescrizione del Piano Paesaggistico contenente il divieto di installazione delle strutture per cui è causa.

Con il quarto motivo di ricorso è stata introdotta la subordinata osservazione circa l’illegittimità della appena richiamata previsione di Piano, asseritamente preclusiva nei confronti di pressoché tutti coloro che risiedono e si trovano nella vasta zona costiera del territorio del Comune di Buccheri della possibilità di fruire dell’essenziale, innovativo e strategico servizio di pubblica utilità.

Va premesso che l’intervento in questione, così come è evincibile dalla relativa istanza di autorizzazione, consiste in un impianto costituito da 2 settori, con antenne posizionate su una palina di mt 2 circa e avente base antenna 6,60 m dal suolo e con una parabola da 60 cm.

Non risulta possibile, quindi, e in effetti non ne viene invocata la violazione, riferirsi all’art. 6, comma 4, del d.l. 12/09/2014 n. 133, conv. in Legge 11 novembre 2014 n. 164, a mente del quale «in deroga all'articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica l'installazione o la modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle medesime antenne non superiore a 0,5 metri quadrati. Resta ferma l'applicazione degli articoli 20 e seguenti del codice di cui al citato decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni».

Tuttavia, la fattispecie sembra potersi far rientrare in quella regolata dall’art. 3 della l.r. 5/2019 e dal punto B.38 dell’all. B alla medesima legge.

Le due norme stabiliscono:

<art. 3 - 1. Sono soggetti al procedimento autorizzatorio semplificato gli interventi e le opere di lieve entità elencati nell'Allegato «B»>.

«B.38 - Installazione di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrrici, diversi da quelli di cui all’art. 6, comma 4, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, che comportino la realizzazione di supporti di antenne non superiori a 6 metri se collocati su edifici esistenti, e/o la realizzazione di sopralzi di infrastrutture esistenti come pali o tralicci, non superiori a 6 metri, e/o la realizzazione di apparati di telecomunicazioni a servizio delle antenne, costituenti volumi tecnici, tali comunque da non superare l’altezza di metri 3 se collocati su edifici esistenti e di metri 4 se posati direttamente a terra».

Vero è che parte ricorrente, anche in questo caso, non invoca la violazione della detta legge regionale, che, nel caso di specie, sembra regolare proprio la fattispecie in esame, richiedendo un procedimento autorizzatorio semplificato per impianti su pali che non superano, come nel caso di specie, i 6 metri, ma ritiene il Collegio che, anche in considerazione di quanto sarà subito precisato, che sia questa la procedura regolante comunque la materia.

Sul punto, questa Sezione condivide la Giurisprudenza (cfr. TAR Lazio, Roma, Seconda quater, 21/10/2020, n. 10734) secondo la quale, le infrastrutture in questione <sono assimilate, ai sensi dell’articolo 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/2003, ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, ed hanno il carattere della pubblica utilità (cfr. articolo 90, comma 1, d.lgs. n. 259/2003).

<. . . .L’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001, prevede inoltre che i Comuni “possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico (…)”.

< 8.6. La Corte costituzionale ha peraltro affermato che l’autonomia delle Regioni e degli Enti locali nel regolare l’uso del proprio territorio mediante l’adozione di “criteri localizzativi” e standard urbanistici per i suddetti impianti impone in ogni caso che tali criteri e standard “rispettino le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l’insediamento degli stessi” (Corte costituzionale sentenza n. 307/2003 § 7. del “Cons. in dir.”), potendosi quindi considerare costituzionalmente legittime le disposizioni poste a tutela dei c.d. “siti sensibili” se comunque consentono “una sempre possibile localizzazione alternativa” e non determinano invece “l’impossibilità della localizzazione” (Corte costituzionale sentenza n. 331/2003)>.

Per altro, coerentemente con il comma 4 dell’art. 86 del d.lgs.vo n. 259/2003, a mente del quale “restano ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490” (adesso 42/2004), la detta decisione 10734/20 ha precisato che <in relazione alla posizione di “primarietà” riconosciuta agli interessi paesaggistico–ambientali, la Corte costituzionale, nella nota sentenza n. 196 del 2004, ha espressamente sottolineato che essa «non legittima un primato assoluto in una ipotetica scala gerarchica dei valori costituzionali, ma origina la necessità che essi debbano sempre essere presi in considerazione nei concreti bilanciamenti operati dal legislatore ordinario e dalle pubbliche amministrazioni», aggiungendo la precisazione che «la “primarietà” degli interessi che assurgono alla qualifica di “valori costituzionali” non può che implicare l’esigenza di una compiuta ed esplicita rappresentazione di tali interessi nei processi decisionali all’interno dei quali si esprime la discrezionalità delle scelte politiche o amministrative».

Ad avviso del Collegio, da tale premessa consegue che, se è pur vero che <la valutazione di merito dell’Amministrazione (è) soggetta ad ampia discrezionalità amministrativa, sindacabile innanzi al giudice solo nel caso in cui sia inficiata da errori di fatto, travisamenti o abnormi illogicità o contraddittorietà> (cfr. TAR Catania, I, 19 luglio 2019, n. 1842) e che, come sopra premesso, il comma 4 dell’art. 86 stabilisce che “restano ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490” (adesso 42/2004), è anche vero che la pianificazione deve tenere conto della natura degli altrettanti rilevanti interessi pubblici alla diffusione di un servizio ormai imprescindibile per il funzionale e corretto svolgersi di molteplici attività pubbliche e private, con la necessaria valutazione della possibilità di adeguata copertura dell’utenza.

Sul punto non si può non ricordare quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 307/03, ove, esaminando la normativa introdotta dalla Regione Puglia, è stato ritenuto che <diversa è la conclusione quanto all’art. 10, comma 2, della stessa legge, che estende il divieto di localizzazione degli impianti alle aree vincolate ai sensi della legge statale sui beni culturali e ambientali, alle aree classificate di interesse storico–architettonico, alle aree “di pregio storico, culturale e testimoniale”, e alle fasce di rispetto, perimetrate secondo una delibera della Giunta regionale, degli immobili “protetti” di cui al comma 1 (ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido): disposizione al cui proposito il ricorrente rileva che essa invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale e contrasterebbe con l’art. 5 della legge quadro, che riserverebbe ad un regolamento statale l’adozione di misure specifiche finalizzate alla tutela

dell’ambiente e del paesaggio.

<Tale questione è fondata. In questo caso infatti l’ampiezza e la eterogeneità delle categorie di aree contemplate, l’indeterminatezza di alcune definizioni (come quella di aree “di pregio … testimoniale”) e la assoluta discrezionalità attribuita alla Giunta nel perimetrare le fasce di rispetto relative agli immobili di cui al comma 1, fanno del divieto legislativo – analogamente a quanto si è osservato sopra, al n. 11, a proposito di una simile disposizione della legge delle Marche – un vincolo in grado, nella sua assolutezza, di pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di telecomunicazione, nonché lesivo, per ciò che attiene alla determinazione delle fasce di rispetto, del principio di legalità sostanziale>.

Deriva, ad avviso del Collegio, che una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme regolatrici (segnatamente il comma 4 dell’art. 86 del d.lgs.vo n. 259/2003) l’installazione delle strutture in esame, di rilievo nazionale, sempre più strategiche e la cui disciplina è regolata da norme “statali”, depone per l’ingiustificatezza di un divieto assoluto per zone, per giunta contenuto in un atto programmatico, quale è quello che contempla la prescrizione impeditiva a prescindere da ogni valutazione concreta da parte dell’organo a ciò deputato, valutazione, per altro, come chiarito di seguito alla disposta istruttoria, già operata in senso favorevole per struttura analoga e limitrofa, sia pure in un momento antecedente alle norme di pianificazione successivamente impeditive.

Tutto ciò in coerenza, come premesso, anche con il dettato legislativo regionale contenuto nell’art. 3 e all’all. B della l.r. 5/2019, che di tale coerenza costituzionale appare evidente esempio.

In conclusione, la censura va accolta, con annullamento della prescrizione del piano paesaggistico nella parte in cui contiene il divieto di installazione delle strutture in esame in senso assoluto e conseguentemente del provvedimento impugnato, fatti salvi, ovviamente, i poteri di rivalutazione alla luce delle prescrizioni impartite dalla presente decisione.

La peculiarità della fattispecie e la novità in diritto consente l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, fatti salvi gli ulteriori motivati provvedimenti dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2021, svoltasi da remoto ai sensi degli artt. 25 del d.l. n. 137/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020, con l'intervento dei magistrati:

Pancrazio Maria Savasta, Presidente, Estensore

Giuseppe La Greca, Consigliere

Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Referendario