Cass. Sez. III n. 10532 del 10 marzo 2009 (Ud. 25 feb. 2009)
Pres. Lupo Est. Amoresano Ric. Pozzali ed altro
Acque. Scarico sul suolo

L\'art.29 D.L.gs.15299 vieta in modo assoluto lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, con alcune eccezioni tra cui quelle previste dalla lett. d) vale a dire "scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli. In tale ipotesi eccettuata lo scarico non è, però, rimesso alla mera discrezionalità dell\'autore, essendo comunque necessaria l\'autorizzazione ex art.45 comma 1 medesimo D.Lgs. secondo cui tutti gli scarichi debbono essere autorizzati; e la mancanza della stessa è sanzionata dal successivo art.59.


UDIENZA 25.02.2009

SENTENZA N. 472

REG. GENERALE n.034988/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Ernesto LUPO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Aldo FIALE Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:

1) Pozzali Giovanni nato il 10.7.1938

2) Pozzali Bruno nato il 4.11.1940

avverso la sentenza del 25.10.2005 del GIP del Tribunale di Vercelli

sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano

sentite le conclusioni del P.G., dr. Gioacchino Izzo, che ha chiesto dichiarasi inammissibile il ricorso.


OSSERVA


1) Con sentenza del 25.10.2005 il Tribunale di Vercelli, in composizione monocratica, condannava Pozzali Giovanni e Pozzali Bruno, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva contestata, alla pena di euro 4.000,00 di ammenda il primo e di euro 3.600,00 il secondo, per il reato di cui all\'art.59 comma 1 D.L.vo 152/99 perché, in qualità di soci della F.lli Pozzali snc, con attività di escavazione ed estrazione di materiale inerte ed operazioni di lavaggio dello stesso materiale estratto, effettuavano scarichi di acque reflue industriali di processo, senza la necessaria autorizzazione di cui all\'art.45 del decreto legislativo citato, derivanti dalla sedimentazione della acque di lavaggio nelle vasche di sedimentazione con fuoriuscita dell\'acqua di processo incanalata in un fosso scavato direttamente nel terreno.

Riteneva il Tribunale che le questioni proposte dalla difesa erano state già oggetto di una precedente sentenza della Corte di cassazione (5.5.2004 n.21045) che aveva ritenuto necessaria l\'autorizzazione per lo scarico di acque provenienti dal lavaggio di materiale inerte. La successiva regolarizzazione dello scarico costituiva un post factum, valutabile nella determinazione della sanzione.

2) Avverso la predetta sentenza proponevano appello Pozzali Giovanni e Pozzali Bruno. Dopo aver richiamato la sentenza della Cassazione cui aveva fatto riferimento il Tribunale, ribadivano che lo scarico de quo non potesse essere considerato come scarico di acque reflue industriali. Dall\'art.28 comma 7 D.L.vo 152/99 emerge che anche acque reflue provenienti da edifici o installazioni in cui si svolge attività commerciali o di produzione di beni (qualificabili come acque reflue industriali ex art.2 del predetto D.Lgs) sono assimilate alle acque reflue domestiche se presentano caratteristiche qualitative equivalenti.

Lo scarico regolato dall\'art.29 lett.d) è identico alle acque meteoriche di dilavamento, consistendo in acqua ed inerti naturali, che non comportano danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli.

Chiedevano pertanto l\'assoluzione dal reato ascritto perché il fatto non sussiste. In via subordinata, invocavano la riduzione della pena inflitta (con giudizio di prevalenza delle generiche per Pozzali Giovanni), tenuto conto anche del carattere non inquinante dello scarico e, comunque, della eliminazione dello stesso attraverso un sistema di vasche per riciclare l\'acqua utilizzata nell\'impianto.

La Corte di Appello di Torino, non essendo la sentenza appellabile, qualificata ex art.568 comma V l\'impugnazione come ricorso per cassazione, trasmetteva gli atti a questa Corte.

3) E\' pacifico, in punto di fatto (non è contestato neppure dagli imputati), che all\'epoca della contestazione, veniva effettuato, senza alcuna autorizzazione, lo scarico, direttamente nel terreno, delle acque utilizzate per il lavaggio del materiale inerte derivato da attività di escavazione ed estrazione.

La giurisprudenza consolidata di questa Corte (oltre la sentenza n.21045 del 6.4.2004 richiamata dal Tribunale e nell\'impugnazione, è intervenuta anche la pronuncia n.29126 del 21.6.2006 di questa stessa sezione, che rinvia alle sentenze n.35870 del 3.3.2004, n.49932 del 19.12.2002, n.21004 del 13.5.2003) ritiene, sulla base del chiaro disposto dell\'art.2 lett.h) del D.L.vo n.152/99, che nella nozione di acque reflue industriali rientri qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o produzioni di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.

3.1) Non essendo minimamente contestabile, nel caso di specie, la caratteristica industriale dell\'impianto, è fuor di dubbio che ci si trovi in presenza di acque reflue industriali.

L\'art.29 D.L.gs.cit vieta in modo assoluto lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, con alcune eccezioni tra cui quelle previste dalla lett.d) vale a dire "scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli”.

In tale ipotesi eccettuata lo scarico non è, però, rimesso alla mera discrezionalità dell\'autore, essendo comunque necessaria l\'autorizzazione ex art.45 comma 1 medesimo D.lgs. secondo cui tutti gli scarichi debbono essere autorizzati; e la mancanza della stessa, come nel caso di specie, è sanzionata dal successivo art.59.

Inaccoglibile, pertanto, è la tesi difensiva perché in palese contrasto con le disposizioni normative sopra indicate.

4) Quanto al trattamento sanzionatario, premesso che anche a Pezzali Giovanni sono state concesse le circostanze attenuanti generiche con criterio di prevalenza sulla recidiva, il Tribunale ha fatto corretto e motivato uso del criterio discrezionale nella determinazione della pena (optando tra l\'altro per quella pecuniaria anziché per la detentiva).


P. Q. M


Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.

Cosi deciso in Roma il 25 febbraio 2009

Deposito in Cancelleria il 10/03/2009