Pubblicato su Ambiente e Sicurezza n. 15/2000     L'inquinamento fluviale e quello marino: il caso Abruzzo[1] LE PRINCIPALI FONTI DI INQUINAMENTO

 

1. Premessa

 

Da tempo ormai viene segnalato un grave livello di inquinamento marino in alcuni tratti della costa abruzzese. All'inizio di ogni stagione balneare il problema, dopo uno stato di quiescenza invernale, torna prepotentemente alla ribalta ed al centro delle polemiche per le conseguenze ad esso connesse ( divieto di balneazione, minor afflusso di turisti, proteste dei balneatori e della cittadinanza).

Il fatto che il problema si accentua sensibilmente in prossimità delle foci dei fiumi (emblematico è il caso Pescara, in cui ogni anno viene vietata la balneazione in tratti sempre più ampi di spiaggia) sta a significare che lo stesso è provocato solo in minima parte dagli scarichi in mare (siano essi di imbarcazioni o - il che è l'eccezione- scarichi di insediamenti diretti nelle acque marine), ma che la causa principale sia nel grave livello di inquinamento dei corsi d'acqua che recapitano in mare.

Questo dipende sostanzialmente da due fattori:

-         il mancato collegamento ai depuratori di tutti gli scarichi fognari in alcuni Comuni o la non perfetta depurazione;

-         l'inquinamento dei fondali dei tratti terminali dei fiumi.

Rinviando al seguito l'approfondimento del primo profilo, sembra opportuno sottolineare come anche il secondo, specialmente in corsi d'acqua con bacino, alla foce, di una certa consistenza, incida in modo rilevante sullo stato dell'inquinamento marino. Analisi svolte nell'anno 1998 nell'ambito di inchieste ormai definite, hanno consentito di accertare che i fondali del fiume Pescara presentavano preoccupanti livelli di inquinamento ormai consolidato, cioè indipendente e, forse, ancor più grave di quello delle acque sovrastanti.

I lavori di dragaggio non risolvono il problema, limitandosi gli interventi alla ricostituzione di un livello di profondità idoneo a consentire la navigazione.

Il paradosso è, anzi, che la legge (punto 3, All. A, D.M. 24 gennaio 1996 [2]) consente, dietro esplicita autorizzazione, lo scarico a mare di materiali di dragaggio, quando ne sia dimostrata l'impossibilità di deposizione o utilizzo a terra con minori rischi ambientali.

Ciò significa che, come regolarmente accade, per l'indisponibilità in zona di impianti idonei e la mancanza di risorse finanziarie per il conferimento a distanza, i materiali scavati dai fondali delle foci dei porti e dei porti-canali, vengono regolarmente scaricati in discariche a mare. Di tale situazione potrebbe farsi carico la Regione individuando uno o più siti per lo smaltimento a terra di tali materiali.

Quanto al rapporto tra le opere a mare (es. dighe foranee, scogliere) e la dispersione delle acque fluviali, è vero che nessuna analisi approfondita risulta ad oggi compiuta (per cui, ad oggi, si discute ancora sulla portata del cd "effetto tappo", quale concausa dell'aggravamento dell'inquinamento marino), ma, a ben vedere, si tratta di un modo distorto di affrontare la questione.

Le opere a mare hanno, infatti, la funzione di proteggere la costa dall'erosione marina (in particolare la diga foranaea di Pescara ha anche quello di proteggere le imbarcazioni dalle mareggiate). L'ostacolo alla naturale dispersione delle acque fluviali nel mare ed il ristagno delle acque più inquinate in prossimità della riva ( appunto il cd "effetto tappo"), va eliminato riducendo l'inquinamento dei fiumi, senza mettere mano a soluzioni parziali e del tutto temporanee dalle quali potrebbero derivare effetti nocivi per la costa ( erosione incontrollata, esposizione delle imbarcazioni alle mareggiate).

 

 

2. L'incompleta depurazione degli scarichi delle pubbliche fognature 

 

Si è detto che diversi scarichi delle pubbliche fognature non sono ancora collegati ad un depuratore comunale. Ovviamente tali scarichi non sono autorizzati.

Ciò rappresenta una grave violazione della normativa regionale e nazionale.

Nella Regione Abruzzo la L.R. 15 settembre 1981, n. 43 [3], prevede all'art. 4 che le acque provenienti da pubbliche fognature (che convogliano esclusivamente scarichi provenienti da insediamenti civili, ovvero che scarichi provenienti cd misti, cioè da insediamenti produttivi e da insediamenti civili) "prima d'essere scaricate devono subire trattamenti depurativi che assicurino un livello di qualità degli affluenti compatibili con le caratteristiche del corpo ricettore ed in considerazione del carico inquinante dello scarico".

Nonostante sia trascorso più di un ventennio la norma continua ad essere disattesa in diversi casi.

L'obbligo di sottoporre gli scarichi delle pubbliche fognature a depurazione è confermato ed anzi rafforzato dall'art. 31, comma 3, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152[4], per il quale:

"Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente [5] in conformità con le indicazioni dell'allegato 5 e secondo le seguenti cadenze temporali;

a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti;

b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;

c) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000".

Alla conferma dell'obbligo di depurazione si affiancano, quindi, dei parametri più rigorosi di riferimento, da attuare secondo le scadenza temporali sopra indicate, al fine di garantire il rispetto della disciplina comunitaria.

Lo stesso D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, all'art. 45, conferma che tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

Orbene, a prescindere dalle sanzioni per i responsabili dei Comuni titolari di scarichi non autorizzati (l'art. 54, comma 2 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 prevede per chiunque apre o comunque effettua scarichi di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 45, la sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire cento milioni) la permanenza dell'attuale situazione, senza alcun intervento da parte degli organi sovraordinati rischia di causare penalità di ben più ampio respiro.

Sono ormai ricorrenti le decisioni della Corte di Giustizia che, a fronte della mancata adozione di provvedimenti a tutela della salute e dell'ambiente dall'inquinamento, hanno condannato gli Stati membri per inadempimento alla normativa comunitaria, anche se tale inadempimento è, in concreto, riconducibile ad omissioni da parte di Regioni ed enti locali [6].

Proprio per prevenire tali condanne l'art. 3, comma 3, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 prevede che: "In relazione alle funzioni e ai compiti spettanti alle Regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea o pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente o inottemperanza agli obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti, esercita i poteri sostitutivi in conformità all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112[7], fermi restando i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità, nonché quanto disposto dall'articolo 53".

In tale contesto occorre allora che gli enti pubblici preposti alla pianificazione e controllo si facciano carico di iniziative volte ad affrontare in modo organico e definitivo il problema.

 

 

3. Lo spazio per interventi urgenti

 

In attesa che i Comuni provvedano al più presto a collegare tutti gli scarichi fognari ai depuratori, occorre verificare se esistano spazi per interventi tampone.

La soluzione ipotizzata di recente da alcuni Comuni del pescarese è di praticare la strada della disinfezione dei reflui non depurati. Le Amministrazioni Comunali, cioè, trovandosi nella necessità di far fronte a problemi emergenti di sanità pubblica strettamente connessi con le caratteristiche microbiologiche dei reflui non depurati dei comuni interessati, mirano, attraverso la disinfezione, alla riduzione degli indici microbici dei liquami non depurati e, quindi, a porre in essere un primo intervento a tutela della salute pubblica.

La risposta dell'Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente è stata negativa.

 

" L’ARTA non ha competenze in materia sanitaria e pertanto non è titolata a rilasciare alcun parere in merito, competenza che pertiene alle Aziende UUSSL. Si ritiene tuttavia opportuno far presente, anche al fine di consentire all'Azienda USL di Pescara, di formulare il proprio parete sanitario con maggior serenità che:

1 .   Gli scarichi devono essere autorizzati dall’Autorità amministrativa competente, la quale può specificare nel provvedimento limiti particolari sostanze e/o trattamenti specifici.

2.     Il trattamento di disinfezione, effettuato su liquami non depurati, potrebbe non essere efficace, e comunque richiedere tempi di contatto estremamente lunghi e massicce dosi dì disinfettante. Ciò in quanto tutti i disinfettanti agiscono come ossidanti od essendo presenti nei reflui urbani non depurati elevate quantità dì sostanze organiche, queste vengono ossidate dai disinfettanti stessi prioritariamente rispetto ai microrganismi.

Un trattamento di disinfezione effettuato su acque non depurate, potrebbe determinare l'eliminazione dei coliformi e streptococchi (fecali e ‑ non) senza garantire la completa eliminazione dei microrganismi patogeni, mascherando quindi le reali condizioni del fiume e del mare, portando ad un giudizio sull'idoneità delle acque alla balneazione che potrebbe non essere veritiero.

Si ritiene pertanto che la disinfezione attuata su reflui urbani non depurati noti possa costituire una soluzione valida per garantire la balneabilità delle acque".

 

Sostanzialmente in linea è stata la risposta della A.S.L., per cui ad oggi si è in una situazione di stallo, in quanto i Sindaci da una parte vorrebbero onorare i propri doveri di tutela della sanità e dell'igiene [8] e, dall'altra, temono di adottare provvedimenti contingibili e urgenti in contrasto con il parere degli organi tecnici.

Va però ricordato che, a norma dell'art. 32, L. 23 dicembre 1978, n. 833 [9] anche il presidente della Giunta regionale può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica, con efficacia estesa a parte del suo territorio comprendente più Comuni (come è appunto nel caso degli scarichi non depurati che sversano nel fiume Pescara, i quali provengono, nel tratto terminale, dai Comuni di San Giovanni Teatino, Spoltore e Pescara).

E' quindi possibile (e provvedimenti adottati in passato in materia di rifiuti lo confermano) che, dimostrato il rischio igienico-sanitario (specie nella stagione estiva) dipendente dalla mancata depurazione di scarichi nei predetti tre Comuni, la Regione emani provvedimenti contingibili ed urgenti, limitati nel tempo, con funzione di tutela igienico-sanitaria (ad esempio imponendo la chiusura di detti scarichi abusivi e la raccolta dei reflui da essi provenienti mediate autobotti, con conferimento in impianti autorizzati).

 

 

4. Prospettive di riforma normativa

 

E' comunque chiaro che qualsiasi provvedimento urgente non risolve il problema del definitivo disinquinamento dei fiumi.

Per il raggiungimento di tale risultato occorrerà in prima battuta procedere, al più presto, alla integrale depurazione dei reflui non depurati[10].

Al di là di tale scopo primario, occorre però creare un sistema di prevenzione e controllo che consenta, in modo permanente interventi efficaci e tempestivi evitando sovrapposizioni di competenze.

Va osservato in proposito che il bene acqua trova nell'ordinamento nazionale e regionale diverse collocazioni sistematiche a seconda che:

-         ne vengano disciplinati gli usi come risorsa fondamentale per la vita e l'attività umana, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici[11];

-         i corsi d'acqua vengano in evidenza per l'individuazione del bacino idrografico, cioè del " territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d'acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d'acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente"[12];

-         si tratti di regolamentare, sotto il profilo amministrativo, il regime autorizzatorio degli scarichi nella acque[13];

-         occorra procedere a controlli igienico-sanitari sugli scarichi stessi[14].

Questo complesso sistema di gestione non è immune da sbavature e contraddizioni.

E così, ad esempio, mentre la L.R. 13 gennaio 1997, n. 2, nell'individuare all'all. A) gli ambiti territoriali ottimali per la gestione della risorsa idrica fa, opportunamente, riferimento ad ambiti omogenei su base essenzialmente provinciale[15], la L.R. 16 settembre 1998, n. 81, all'art. 12, nell'operare la delimitazione dei bacini idrici regionali, individua, nell'ambito del territorio regionale (ricadente nella sfera di competenza dell'Autorità di Bacino regionale), i seguenti 14 bacini idrografici regionali: Vibrata, Salinello, Tordino, Vomano, Piomba, Fino-Tavo-Saline, Aterno-Pescara, Alento, Foro, Anelli, Moro, Faltrino, Osento, Sinello, operando, quindi, una distinzione rigidamente incentrata sul corso d'acqua di riferimento.

Lo stesso ruolo dell'Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente (A.R.T.A.) non appare ancora ben definito. Nonostante, infatti, ormai da tempo, sia disponibile il catasto degli scarichi nei corsi d'acqua, cioè si sappia con esattezza quali sono gli scarichi - autorizzati e non - nei corsi d'acqua, la situazione dell'inquinamento è sostanzialmente invariata e ben pochi sono stati gli interventi di risanamento.

In particolare sembra del tutto disatteso l'art. 3, commi 1/3, della L.R. 29 luglio 1998, n. 64[16], che delinea il ruolo della Regione, in materia di controlli ambientali.

 

" 1. La Giunta regionale emana direttive in materia ambientale e sanitario e provvede, in particolare a:

a) definire gli obiettivi generali dell'attività di prevenzione, protezione e controllo ambientale;

b) promuovere il più ampio concorso degli enti locali nella definizione degli obiettivi e nella programmazione dell'attività di prevenzione, protezione e controllo ambientale;

c) emanare atti di indirizzo e coordinamento;

d) promuovere la collaborazione con soggetti operanti nei settori della prevenzione, protezione e controllo ambientali.

2. La Regione, anche tramite l'A.R.T.A., persegue gli obiettivi previsti dalla programmazione nazionale e regionale nel campo della protezione e dei controlli ambientali, assicurando ai soggetti titolari di compiti amministrativi in materia ambientale il supporto analitico e tecnico scientifico per l'esercizio degli stessi.

3. La Giunta regionale stabilisce le modalità di consulenza e di supporto dell'A.R.T.A. all'azione delle Province, dei Comuni, delle Comunità Montane e delle Aziende U.S.L., dei parchi regionali e delle aree protette e delle Autorità di Bacino Regionali promuovendo l'integrazione, il coordinamento e l'omogeneità delle attività dei Servizi".

 

Perché questa norma non resti lettera morta occorre rafforzare il ruolo centrale della Regione di pianificazione e prevenzione in materia di inquinamento delle acque. In proposito va ricordato che, a norma dell'art. 3 D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, le competenze in tale materia sono stabilite dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112[17], adottato a norma della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. legge Bassanini) per l'ulteriore decentramento di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni.

La Regione Abruzzo, sulla base dei principi fissati dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, ha emanato due leggi:

-         la L.R. 12 agosto 1998, n. 72, Organizzazione dell'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale[18];

-         la L.R. 3 marzo 1999, n. 11, Attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112: Individuazione delle funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale e conferimento di funzioni e compiti amministrativi agli enti locali ed alle autonomie funzionali[19].

Orbene tali provvedimenti contengono norme di estremo interesse per affrontare in modo organico e deciso il problema dell'inquinamento idrico.

A prescindere dagli strumenti particolari previsti dalla norma più recente (art. 5, affidamento a soggetti esterni di singole fasi dei procedimenti regionali; art 8, esercizio associato di funzioni da parte dei comuni; art. 13, contratto di sviluppo), oltremodo significative sono le previsioni dell'art. 3 della L.R. 12 agosto 1998, n. 72, sulla disciplina delle funzioni conferite.

Il ruolo della Regione, nonostante la delega agli enti locali, rimane assolutamente centrale, poiché la stessa:

-         esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo e coordinamento nonché quelle di vigilanza e di controllo (comma 2);

-         in caso di persistente inerzia, ritardo e inattività nell'esercizio di funzioni conferite, verificati, sulla base dell'istruttoria di cui al comma 7[20], in riferimento ai criteri stabiliti dalla specifica normativa di conferimento, dagli indirizzi e dalle direttive impartite a norma del comma 3[21], la Giunta regionale, previo parere della Conferenza permanente Regione - Enti locali, sentito l'Ente interessato, lo diffida a provvedere entro il termine stabilito, decorso inutilmente il quale nomina un commissario ad acta. La relativa spesa è a carico dell'ente inadempiente.

Si consideri, poi, che secondo l'art. 3 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 ( recante i principi di carattere generale in tema di conferimenti alle regioni e agli enti locali e strumenti di raccordo) "Le regioni, nell'ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l'azione coordinata fra regioni ed enti locali nell'ambito delle rispettive competenze".

Va infine ricordato che, in materia di scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, l'art. 45 D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 rinvia, per quanto riguarda il regime autorizzatorio, alla disciplina regionale (nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 28, commi 1 e 2) e che il principio per cui  la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero al comune se lo scarico è in pubblica fognatura, vale "salvo diversa disciplina regionale" (art. 45, comma 6).

Sembra, in conclusione, che la normativa regionale e nazionale, offra spazi di intervento per:

-         una più incisiva attività di pianificazione, programmazione e controllo dell'Ente regionale;

-         una disciplina specifica ed innovativa in materia di scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie;

-         la creazione di una sorta di regia unica delle varie attività di prevenzione e controllo degli inquinamenti, e di gestione della risorsa idrica.

Su tale ultimo punto è opportuno spendere alcune considerazioni finali.

Il termine "strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti", usato dall'art. 3 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 appare sufficientemente ampio e consente di pensare (ovviamente come ipotesi di lavoro da verificare ed approfondire) ad un organismo alle dipendenze della Giunta regionale o comunque a diretto contatto con essa, che si faccia carico di:

-         coordinare le attività dei vari enti di pianificazione e controllo in materia di inquinamento;

-         gestire le risorse finanziarie per gli interventi di risanamento e bonifica, anche coordinandosi con il fondo regionale per gli interventi di prevenzione dagli inquinamenti e risanamento ambientale di cui alla L.R. 28 novembre 1996, n. 117 [22];

-         rafforzare il ruolo della Giunta regionale previsto dall'art. 3, commi 1/3, della L.R. 29 luglio 1998, n. 64 per la specifica materia ambientale e sanitaria[23];

-         consentire, senza tempi morti, l'attivazione dei poteri di vigilanza e controllo e, quindi, di quello sostitutivo regionale nei confronti degli enti inadempienti.

Il tutto nella piena ed effettiva attuazione dei principi di responsabilità ed unicità dell'amministrazione di cui all'art. 2 della L.R. 12 agosto 1998, n. 72.

Di tale prospettiva dovrà farsi carico la Regione nell'attuare il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, mettendo mano ad un testo unico della normativa abruzzese sulle acque che non si limiti a disegnare in modo astratto ruoli e competenze, ma che ponga finalmente le premesse per interventi efficaci a tutela dell'ambiente.

 

Pasquale Fimiani



[1] Testo dell'intervento tenuto il 17 giugno 2000, nella giornata di apertura del Modulo Jean Monnet “ Sicurezza nei trasporti marittimi e tutela dell’ambiente marino nell’Unione europea”, organizzato dalla Libera Università Meditteranea di Casamassima (Bari) e dal Comune di Vasto (Ch).

[2] Pubblicato nella G.U. 7 febbraio 1996, n. 31 e recante Direttive inerenti le attività istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni di cui all'art. 11 della L. 10 maggio 1976, n. 319, e successive modifiche ed integrazioni, relative allo scarico nelle acque del mare o in ambienti ad esso contigui, di materiali provenienti da escavo di fondali di ambienti marini o salmastri o di terreni litoranei emersi, nonché da ogni altra movimentazione di sedimenti in ambiente marino.

[3] Recante Disciplina degli scarichi della pubblica fognatura (pubblicata nel B.U. 30 settembre 1981, n. 34).

[4] Recante Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (pubblicato nella G.U. 29 maggio 1999, n. 124, S.O. n. 101/L. Ripubblicato nella G.U. 30 luglio 1999, n. 177, S.O. n. 146/L).

[5] A norma del precedente art. 2) lett. ff) per ff), per trattamento secondario deve intendersi il "trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'allegato 5".

[6] Si veda la recente decisione Causa 365/97, sent. del 09-11-1999, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana: "La Repubblica italiana, non avendo adottato le misure necessarie per assicurare che i rifiuti scaricati nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco fossero eliminati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente e non avendo adottato le misure necessarie affinché i rifiuti raccolti in una discarica abusiva fossero consegnati ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa di smaltimento, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 4, primo comma, e 8, primo trattino, della direttiva 75/442 modificata. La Repubblica italiana è condannata alle spese". Si vedano anche, tra le tante: Causa 184/97, sent. del 11-11-1999, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica federale di Germania; Causa 190/97, sent. del 11-12-1997, Commissione delle Comunità europee c. Regno del Belgio.

[7] Per il quale:" 1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle Regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere.

2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva.

3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato rispettivamente alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-Regioni" e alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che ne possono chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente ".

[8] Ferme restando le eventuali responsabilità per l'omessa depurazione di scarichi fognari. Sulla possibilità di esercitare il potere di "ordinanza contingibile ed urgente" previsto, in via generale, dagli artt. 10 e 38 della legge 8 giugno 1990 n. 142, da parte del Sindaco, quale ufficiale del Governo, si veda Cass. pen., Sez. III, sent. n. 5378 del 30-05-1996 (cc. del 02-04-1996), Argondizzo (rv 205542), in cui si afferma che l'emergenza può derivare, anche da omissioni e/o ritardi ascrivibili all'autorità di programmazione e controllo e/o dallo stesso Sindaco, "ma le eventuali responsabilità, rilevabili, se del caso, in sede penale, non escludono l'eventuale formarsi di una situazione di fatto legittimante il ricorso alle ordinanze extra ordinem ove ne ricorrano le condizioni di legge".

[9] Recante Istituzione del Servizio sanitario nazionale (pubblicata nella G.U. 28 dicembre 1978, n. 360, S.O.).

[10] In tale prospettiva un primo segnale viene dal recente rifinanziamento della L.R. 3 aprile 1995, n. 26, recante Assegnazione di contributi ai Comuni per interventi di ammodernamento e sistemazione di acquedotti e fognature, arredo urbano e altre opere pubbliche di interesse comunale,  da parte della L.R. 28 aprile 2000, n. 81 (pubblicata nel B.U. 9 giugno 2000, n. 16).

[11] Si vedano la L. 5 gennaio 1994, n. 36, Disposizioni in materia di risorse idriche (pubblicata nella Gazz. Uff. 19 gennaio 1994, n. 14, S.O.) e, nella Regione Abruzzo, la L.R. 13 gennaio 1997, n. 2 , Disposizioni in materia di risorse idriche di cui alla legge n. 36 del 1994 (pubblicata nel B.U. 31 gennaio 1997, n. 2).

[12] Secondo la definizione dell'art. 1 L. 18 maggio 1989, n. 183, Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo (pubblicata nella Gazz. Uff. 25 maggio 1989, n. 120, S.O.). In questo caso la funzione del corso d'acqua è quella di parametro di riferimento per operare una ben precisa pianificazione territoriale, attraverso il piano di bacino che, a norma del successivo art. 17, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato". Nella Regione Abruzzo la materia è stata disciplinata con L.R. 16 settembre 1998, n. 81, Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo (pubblicata nel B.U. della Regione Abruzzo 9 ottobre 1998, n. 24).

[13] Attuando le previsioni del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

[14] La materia dei controlli in materia di inquinamento è ora disciplinata dalla L.R. 29 luglio 1998, n. 64, Istituzione dell'Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente (A.R.T.A.), pubblicata nel B.U. Abruzzo 7 agosto 1998, n. 17.

[15] Sono previsti i seguenti ambiti territoriali: Ambito territoriale ottimale n. 1 Aquilano; Ambito territoriale ottimale n. 2 Marsicano; Ambito territoriale ottimale n. 3 Peligno Alto Sangro; Ambito territoriale ottimale n. 4 Pescarese; Ambito territoriale ottimale n. 5 Teramano; Ambito territoriale ottimale n. 6 Chietino.

[16] Recante, come si è detto, l'istituzione dell'Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente (A.R.T.A.).

[17] Recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 (pubblicato nella Gazz. Uff. 21 aprile 1998, n. 92, S.O.). A norma dell'art. 81, in materia di inquinamento idrico:" Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate negli articoli della presente sezione e tra queste, in particolare:

a) la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco delle acque dolci superficiali;

b) la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco delle acque destinate alla molluschicoltura;

c) il monitoraggio sulla produzione, sull'impiego, sulla diffusione, sulla persistenza nell'ambiente e sull'effetto sulla salute umana delle sostanze ammesse alla produzione di preparati per lavare;

d) il monitoraggio sullo stato di eutrofizzazione delle acque interne e costiere.

2. Sono altresì conferite alle regioni interessate in conseguenza della soppressione del piano di risanamento del mare Adriatico di cui all'articolo 79, comma 1, lettera a), le funzioni di coordinamento, a detti fini, dei piani regionali di risanamento delle acque". Va ricordato che, a norma dell'art. 4 D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470 (Attuazione della direttiva n. 76/160/CEE relativa alla qualità delle acque di balneazione, pubblicato nella G.U. 26 luglio 1982, n. 203), le Regioni hanno anche compiti di programmazione e controllo in materia di acque di balneazione.

[18] Pubblicata nel B.U. Abruzzo 8 settembre 1998, n. 20. In materia di inquinamento idrico si vedano gli artt. 31 e 32.

Art. 31 (Funzioni attribuite alle province):" 1. In materia di inquinamento idrico tutte le funzioni relative al rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque sono attribuite alle province, con esclusione delle funzioni riservate alla Regione o attribuite ai comuni dalla presente legge.

2. In particolare sono attribuite alle province le seguenti funzioni amministrative di gestione:

a) gestione del catasto di tutti gli scarichi,

pubblici e privati, nei corpi d'acqua superficiali;

b) controllo dell'applicazione dei criteri generali per un corretto e razionale uso dell'acqua a fini produttivi, irrigui, industriali e civili;

c) l'esecuzione delle operazioni di rilevamento delle caratteristiche dei corpi idrici, in collaborazione con il servizio idrografico italiano per quanto attiene agli aspetti qualitativi:

d) autorizzazioni allo scarico per insediamenti produttivi;

e) controllo degli scarichi pubblici o privati, per quanto attiene ai limiti di accettabilità ed al rispetto delle norme che regolamentano lo smaltimento dei fanghi;

f) controllo sul rispetto dei limiti di accettabilità delle pubbliche fognature scaricanti nel suolo o nel sottosuolo;

g) installazione e manutenzione della rete dei dispositivi per il controllo qualitativo dei corpi idrici".

Art. 32 (Funzioni riservate alla Regione): "1. In materia di inquinamento idrico sono riservate alla Regione le funzioni di cui alla legge n. 319 del 1976, e alla legge n. 172 del 1995 e successive modificazioni ed integrazioni".

Tutte le funzioni, quindi, anche quelle sopra individuate in materia di inquinamento idrico, sono, in base all'art. 2, conferite nell'osservanza dei seguenti principi fondamentali:

a) sussidiarietà, mediante l'individuazione delle funzioni esercitate direttamente dalla Regione e il conferimento della generalità degli altri compiti e funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, e agli altri enti locali e funzionali, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, all'autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati;

b) efficienza ed economicità, secondo cui la funzione è conferita al livello territoriale che consente un'ottimale utilizzazione delle risorse, lasciando alla libera disponibilità dei privati e delle formazioni sociali le funzioni e i compiti sussidiari a quelli costituzionalmente garantiti;

c) completezza, con la riserva alla Regione della potestà di sostituzione, in caso di inerzia dell'ente, nei compiti e nelle funzioni amministrative conferite, di rilevante interesse pubblico;

d) collaborazione tra Regione ed enti locali e funzionali, e tra questi, anche al fine di assicurare la cooperazione con lo Stato e garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative adottate nell'ambito dell'Unione Europea;

e) responsabilità ed unicità dell'amministrazione, con il conseguente conferimento ad un unico soggetto di tutti gli atti e dei compiti connessi, strumentali e complementari, relativi a una stessa funzione, in modo da consentire la semplificazione, la trasparenza e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi e identificare in capo ad un unico soggetto, anche associativo, la responsabilità politica, amministrativa e gestionale di ciascun servizio o attività amministrativa, nel rispetto dei propri ordinamenti amministrativi, finanziari e contabili;

f) omogeneità, tenendo conto delle funzioni già esercitate, mediante il conferimento di funzioni e compiti omogenei allo stesso livello di governo;

g) adeguatezza, in relazione alla specifica idoneità organizzativa di ciascun Ente a garantire, anche in forma associata con altri Enti, l'esercizio delle funzioni, anche nel caso in cui si realizzi una differenziazione nell'allocazione delle funzioni tra Enti dello stesso tipo, in considerazione delle diverse caratteristiche concrete, associative, economiche, demografiche, territoriali e strutturali degli Enti stessi;

h) copertura organizzativa, finanziaria e patrimoniale per l'esercizio delle funzioni amministrative conferite;

i) autonomia organizzativa e regolamentare e la responsabilità degli enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi ad essi conferiti, anche al fine della individuazione e delimitazione della responsabilità della gestione amministrativa, ai sensi del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, dell'art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e del D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 e loro successive modificazioni ed integrazioni;

l) programmazione, ai sensi dell'art. 3, commi 4 e seguenti, della legge n. 142 del 1990 e secondo i rispettivi ordinamenti della L.R. n. 85 del 1997.

[19] Pubblicata nel B.U. Abruzzo 12 marzo 1999, n. 9. In materia di inquinamento idrico si vedano gli artt. 56 e 57.

Art. 56 (Compiti attribuiti alle province):"1. Salvo quanto disposto dalla L.R. 12 agosto 1998, n. 72 sono attribuiti alle province i seguenti compiti e funzioni:

a) la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco delle acque dolci superficiali;

b) il rilascio delle autorizzazioni e il contenzioso relativi allo scarico degli insediamenti produttivi, delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubblica fognatura e che abbiano il recapito finale nei corpi idrici superficiali;

c) il rilascio delle autorizzazioni ai sensi del D.Lgs 27 gennaio 1992, n. 132".

Art. 57 (Funzioni attribuite ai comuni): "1. Salvo quanto disposto dalla legge regionale 12 agosto 1998, n. 72, è di competenza dei comuni il rilascio delle autorizzazioni e il controllo amministrativo degli scarichi civili che non recapitano in pubblica fognatura e che abbiano recapito sul suolo e nel suolo. 2. L'autorizzazione viene rilasciata in sede di autorizzazione e/o concessione edilizia".

[20] Per il quale "la verifica relativa all'accertamento dell'inerzia o di violazioni delle normative di conferimento e dello stato di attuazione da parte degli Enti destinatari, è effettuato su iniziativa del Settore enti locali attraverso il nucleo di monitoraggio costituito presso la Conferenza permanente Regione - Enti locali. Gli Enti sono tenuti a fornire al nucleo di monitoraggio ogni informazione utile ai fini dell'istruttoria".

[21] Che recita:" 3. Gli atti di indirizzo e coordinamento sulle funzioni amministrative conferite, nonché le direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate, sono adottati dalla Giunta regionale, previa intesa con la Conferenza permanente Regione - Enti locali, o con il singolo ente interessato.".

[22] Recante Istituzione di un fondo regionale per la realizzazione di interventi di prevenzione e di bonifica delle aree inquinate (pubblicata nel B.U. 20 dicembre 1996, n. 23). Il fondo trova ora maggiore valorizzazione nell’art. 34 della L.R. 28 aprile 2000, n. 83, Testo unico in materia di gestione dei rifiuti contenente l’approvazione del piano regionale dei rifiuti (pubblicata ne B.U. 9 giugno 2000, n. 16).

[23] Significativo è il fatto che il comma 2 di tale norma assegna alla Regione l'obbligo di perseguire gli obiettivi previsti dalla programmazione nazionale e regionale nel campo della protezione e dei controlli ambientali, anche tramite l'A.R.T.A. L'uso del termine anche sta a significare che non sono escluse e sono, anzi, consentite, forme di organizzazione più complesse ed articolate.