Regi Lagni: la regione Campania stanzia 50 milioni per il “risanamento”. Che vuol dire?
del Prof. Franco Ortolani,
Ordinario di Geologia Università di Napoli Federico II
del Prof. Franco Ortolani,
Ordinario di Geologia Università di Napoli Federico II
Su “Il Mattino” di domenica 9 agosto c.a. si legge che i Regi Lagni sono la maggiore fonte di inquinamento del litorale Domiziano, nonostante siano stati realizzati costosissimi depuratori che non depurano le acque di oltre 100 comuni del casertano, napoletano e avellinese sversandole in mare. “Il progetto prevede l’adeguamento delle attivita’ di depurazione, la regolazione degli scarichi dei comuni dell’area interessata, e un intervento mirato del consorzio di bonifica. Saranno, inoltre, realizzate, in collaborazione con la Provincia di Caserta, nuove griglie di contenimento alla foce delle condotte idriche (leggi: dei Regi Lagni). Per la realizzazione delle infrastrutture saranno utilizzati materiali edilizi ecosostenibili che favoriscono il risparmio energetico. Verranno, inoltre, realizzati dispositivi per la produzione di energia da fonte alternativa. “Il risanamento dei Regi Lagni e’ un passaggio fondamentale per il rilancio agricolo e industriale di uno dei territori strategici per lo sviluppo della Campania -sottolinea Bassolino -gli interventi programmati sono molto innovativi anche dal punto di vista delle soluzioni e degli strumenti messi in campo”. “La nostra priorita’ e’ fare in modo che gli interventi programmati e l’avvio di azioni sperimentali di bonifica, risanamento e rinaturazione forestale siano avviate in tempi rapidi e in maniera coordinata tra tutti i soggetti interessati”, aggiunge Nappi. “Parte dai Regi Lagni -conclude Ganapini -anche la nuova strategia di custodia del territorio, sia attraverso il Corpo delle Guardie Ambientali volontarie sia con le piu’ avanzate strumentazioni tecnologiche. Inoltre si avra’ la totale rifunzionalizzazione dei depuratori operanti nella zona per il miglioramento della balneabilita’”.
I cittadini non devono più avere paura! Finalmente il presidente della Regione si è accorto dell’inquinamento del litorale domizio causato in gran parte, da decine di anni e non da ieri, dai Regi Lagni e insieme all’assessore all’agricoltura e all’ambiente, in un momento di illuminazione rigorosamente fornita da energia alternativa (alla scienza, alla tecnica e al buon senso che finora sono clamorosamente mancati?) sprigionatasi dopo che i vermi hanno invaso buona parte del litorale domizio, hanno capito che il problema deve essere “valorizzato”, che non è la stessa cosa di “risolto”. L’occasione dei liquami puzzolenti non può passare inosservata, deve trasformarsi in oro? I cittadini vogliono il disinquinamento, e lo avranno! Non è possibile che solo le amministrazioni succedutesi dal 1973, anno del colera, abbiano investito denaro pubblico nel finto risanamento dei Regi Lagni. Come tutti sanno, finora le amministrazioni regionali (anche l’attuale) hanno brillato in maniera del tutto originale per la tutela e valorizzazione delle risorse naturali e ambientali e delle attività agricole e zootecniche specializzate del nolano e casertano, dando poca importanza al fatto che il territorio compreso nel bacino dei Regi Lagni è uno dei territori strategici per lo sviluppo della Campania. La nuova strategia di custodia del territorio vuol dire che è una strategia diversa da quella che ha acconsentito che si ubicassero proprio nel Bacino dei Regi Lagni circa 7-8 milioni di rifiuti imballati in discariche fuorilegge, che si realizzasse la discarica di lo Uttaro e quella di Ferrandelle a poche decine di metri dai collettori dei Regi Lagni in un sito non idoneo geologicamente, idrogeologicamente, geotecnicamente e ambientalmente tanto è vero che ha sversato e sversa percolato sul suolo, sottosuolo e nelle acque superficiali e sotterranee? Sarà un comportamento regionale diverso da quello servile e acritico adottato nell’approvare in conferenza dei servizi la discarica di Chiaiano (in un parco regionale), Terzigno (in un parco nazionale e per di più zona SIC e ZPS) e anche la megadiscarica di San Tammaro, sempre a poche decine di metri dai collettori dei Regi Lagni e in area non idonea come Ferrandelle? Si rendono conto che l’importanza strategica del territorio agricolo e la nuova strategia di custodia del territorio cozzano violentemente contro gli assensi regionali ai due inceneritori di Acerra e di Santa Maria la Fossa (da costruire), che condiranno con preziosi inquinanti atmosferici i fertilissimi terreni agricoli del bacino dei Regi Lagni?
I cittadini non possono essere che soddisfatti per lo stanziamento dei 50 milioni. Non possono avere dubbi! Finalmente l’affidabile e ambientalmente referenziata amministrazione regionale riuscirà laddove varie amministrazioni precedenti non hanno avuto successo, dal colera in poi. E’ sicuro che ci sarà un risanamento: ma di chi e di che cosa? Dei conti bancari della società che “gestisce” la depurazione? Ma gli amministratori sanno cosa tecnicamente devono fare? Loro certamente no! Lo sanno sicuramente coloro che guadagneranno progettando, dirigendo e realizzando le opere. Ormai si è capito, gli amministratori saranno garantiti dai soliti luminari di fiducia (che come uomini hanno una irresistibile tendenza al mercenarismo servile) con altisonanti curricula tecnico-scientifici alle spalle, e se occorre da alti funzionari pubblici anch’essi ben “referenziati” e di provata affidabilità che come mercenari ben retribuiti saranno disposti ancora una volta ad assecondare le fameliche sanguisughe parassitarie che comandano veramente i governi nazionali e locali nell’Italia della lobbycrazia. Gli amministratori sanno sicuramente che da questi 50 milioni di euro ci deve essere il solito, consolidato, meritato e “significativo ritorno” di vario tipo compreso un ritorno al momento delle elezioni nel tentativo di garantire ancora una volta percentuali alte di preferenze a chi ha brillato per non difendere l’ambiente, le sue risorse naturali e i prodotti agricoli e zootecnici. La supina e interessata condivisione del mantenimento dello stato di “emergenza rifiuti” da parte delle amministrazioni locali ha portato l’economia agricola sull’orlo del collasso, come in maniera eclatante verificato nell’inverno a cavallo tra il 2007 e 2008. Sono molti anni che gli amministratori locali dimostrano di non avere radici nel senso che non difendono, tutelano e valorizzano le risorse naturali e ambientali autoctone di importanza strategica per l’assetto socio¬economico quali il suolo fertilissimo, le acque superficiali e sotterranee e le spiagge. Dimostrano tuttora di essere sensibili agli ordini di lobbies sovraregionali interessate a lucrare sui soldi dei cittadini. Da anni gran parte del litorale casertano ha acque non balneabili per l’inquinamento causato dai canali Savone, Regia Agnena, Regi Lagni, Lago Patria, Alveo Camaldoli a cui si aggiungono le acque non molto salutari, nei periodi non piovosi, del Volturno. L’inquinamento è aggravato ancora dallo scarico del depuratore di Cuma e dell’Alveo Camaldoli. Si tenga presente che in un tratto di litorale di circa 27 km vengono scaricate acque inquinate provenienti da circa 4 milioni di abitanti e da numerosi insediamenti zootecnici e industriali ubicati nella Pianura Campana, nel bacino dei Regi Lagni e del Volturno. Tanto per avere un’idea si ricorda che in base alle ricerche eseguite nell’area si valuta che avvenga un’immissione, nei canali che attraversano il territorio, di circa 400 milioni di mc/anno di acque di scarico inquinate; circa 600 milioni di mc/anno di acque solo parzialmente e saltuariamente trattate sono immesse lungo il litorale. Le acque inquinate sono prevalentemente distribuite verso i Campi Flegrei e la costa sudorientale di Procida dalle correnti costiere determinando un sensibile ampliamento della costa non balneabile. Quale fiducia possono infondere nei cittadini gli amministratori che hanno assecondato tale situazione senza intervenire efficacemente e in modo risolutivo da decine di anni nell’eliminare le fonti di inquinamento e colpevolmente non si sono opposti, al fianco dei cittadini che su basi conoscitive documentate e valide dal punto di vista tecnico e scientifico hanno cercato di tutelare l’ambiente e le sue risorse, ma addirittura hanno facilitato la realizzazione di altre fonti di degrado?
Vi sono piccoli responsabili ma i veri colpevoli sono coloro che hanno amministrato e attualmente amministrano e controllano il territorio, eletti dai cittadini e appartenenti ad organizzazioni militari e non addetti alla prevenzione dell’inquinamento ambientale. I cittadini sono interessati ad eliminare l’inquinamento ma anche a liberarsi di coloro che hanno fatto “da palo” agli inquinatori. Si deve evitare che si avvii la copia dell’operazione disinquinamento del Sarno che ha fatto opere ma non ha disinquinato né disinquinerà il fiume. Disinquinare solo i Regi Lagni non eliminerebbe l’inquinamento costiero perché vi sono altre immissioni di liquami nei circa 27 km compresi tra Mondragone e Licola. Che significa disinquinare non solo il bacino dei Regi Lagni ma tutti le immissioni idriche lungo il litorale domizio. Il Fiume Volturno riceve anche gli scarichi di parte della Provincia di Isernia che è territorio molisano. La Hidrogest è la società che gestisce il ciclo delle acque nei Regi Lagni e la responsabile dell’attuale malfunzionamento degli impianti. Si tenga presente che agli impianti giunge solo una parte degli scarichi inquinanti che in maniera consistente e abusiva ma molto evidente sono immessi direttamente nei Regi Lagni. Tutti li possono vedere e quindi coloro che devono evitare l’inquinamento avrebbero dovuto intervenire per bloccare gli scarichi e fare punire i colpevoli. E’ stato fatto? Si sta facendo o si pensa solo a come impegnare e a fare fruttare velocemente i 50 milioni?
Qualcuno ha parlato di sprechi riferendosi agli impianti di depurazione non funzionanti adeguatamente. Non credo che si tratti di “cultura dello spreco”. Credo dipenda dalla cultura animalesca che anima certe
persone, indipendentemente dalle aggregazioni partitiche, con l’istinto del parassita, quando occupano ruoli istituzionali che concedono loro la possibilità di “mettere le mani” sul denaro proveniente dall’incasso delle tasse dei cittadini: questa risorsa pubblica li attrae irresistibilmente per cui si fanno in quattro al solo fine di spenderla per farla “fruttare”. Venisse spesa bene, nel senso che le opere realizzate danno beneficio all’ambiente e diventano motore di tutela delle risorse naturali di importanza strategica per lo sviluppo socio-economico sostenibile e duraturo (anche se durante il tragitto può capitare qualche incidente), sarebbe cosa accettabile. Il problema principale, invece, è rappresentato dall’irresistibile impulso, che invade molti amministratori, di fare eseguire le opere più costose indipendentemente dal fatto che poi risolvano in modo duraturo i problemi. Mentre in altre regioni italiane i depuratori costruiti funzionano e consentono la balneazione delle spiagge a valle di corsi d’acqua che ricevono scarichi di cittadini molto più numerosi dei campani, come in Emilia-Romagna, e consentono di utilizzare i litorali che alimentano una fetta notevole dei posti di lavoro regionali, in Campania il fine ultimo degli amministratori è stato ed è in prevalenza quello di fare costruire i depuratori per gestire la spesa e i connessi benefici. E’ scontato che, per coloro che hanno gestito la spesa dei soldi pubblici, il funzionamento corretto dei depuratori che inquinano il litorale domizio non era un fatto necessario, ma un optional per cui anche se dopo non avessero funzionato non sarebbe stato un problema ma una prevista conseguenza. Gli amministratori che hanno programmato e gestito la cosa pubblica per avere favori vari dalla gestione della spesa pubblica non hanno mai considerato il depuratore come un impianto necessario e propedeutico alla valorizzazione turistica ed economica della fascia costiera. E’ chiaro che tale parassitario comportamento (invece di essere subito stroncato e punito) è stato ed è possibile in un ambiente sociale e istituzionale benevolo e tollerante verso tale modo di agire (dove prevalentemente il senso civico viene tradizionalmente e atavicamente inteso come senso dell’interesse privato e di “clan” e la risorsa finanziaria pubblica viene vista e usata prevalentemente come sodi da spendere per avere, prima di tutto, dei benefici personali e di “clan”), facile preda di interessi lobbystici extraregionali in sinergia con quelli delle “confederazioni di tipo militare” locali. Prima del crollo della prima repubblica sembrava che gli amministratori locali capaci e onesti provenissero in gran parte dai partiti (PCI e MSI) che non appartenevano alla coalizione dell’allora centrosinistra. Poi si è visto che, forse, era solo un’impressione connessa al fatto che non avevano avuto la possibilità di governare in un contesto politico dalla marcata differenziazione ideologica dove le opposizioni erano qualificate e dure. Nell’attuale Italia comandata dalle lobbies e dai suoi alleati “confederati”, praticamente omologata ideologicamente e affaristicamente, accade che i sostenitori e fautori accaniti del sistema di gestione clientelare e affaristico (supportati da “pali” pronti anche a sacrificarsi come accaduto nelle elezioni della primavera 2008) della cosa pubblica, inquadrati indifferentemente nei vari schieramenti partitici, continuino ad avere molti consensi elettorali facilitati da una particolare attenzione governativa che si esplicita, all’occorrenza, anche con l’emanazione di leggi speciali e ordinanze di Protezione Civile tese a sfiancare e intimorire i cittadini, isolati dalle istituzioni e dai mass media lobbyzzati, che continuano con serietà e su documentate basi tecnico-scientifiche, a volere un governo teso a tutelare la salute, le risorse naturali e produttive del territorio al fine di conservare un ambiente in cui sia possibile vivere in sicurezza oggi e domani. In tale quadro si muove gran parte dei rappresentanti e amministratori delle istituzioni, eletti e cooptati: le azioni redditizie e necessariamente non adeguate del passato diventano la base su cui si fonda la necessità di nuovi interventi richiesti dai cittadini per riparare i guasti che minacciano l’ambiente e l’economia regionale. Naturalmente è lecito supporre che gli interventi nuovi saranno tesi a consolidare gli interessi parassitari e lobbystici prosperati sugli errori e solo come optional a cercare di restaurare, difendere e valorizzare l’ambiente e le sue risorse di importanza strategica come il suolo e le acque e a tutelare la salute dei cittadini.
Il risanamento dei Regi Lagni deve comportare la raccolta e depurazione efficace, duratura e verificata da strutture tecniche trasparenti e sotto controllo da parte dei cittadini, di tutte le acque di scarico provenienti dagli insediamenti urbani e dalle attività produttive industriali e zootecniche. La struttura militare (varie forze dell’ordine) deve essere a servizio esclusivo dei cittadini e deve fungere anche da polizia “fluviale” vigilando che nessuno scarico inquinante sia immesso nei canali. La nuova strategia di custodia del territorio controllato militarmente dalle confederazioni non potrà essere garantita dalle “ronde in formato campano” chiamate dall’assessore Ganapini “Corpo delle Guardie Ambientali volontarie” anche se saranno usate le piu’ avanzate strumentazioni tecnologiche. Non sfugge che tale risultato è di difficile raggiungimento se non si dotano gli organi di controllo militare di adeguati mezzi di monitoraggio territoriale che consentano di cogliere anche eventuali sversamenti notturni. In tutto il mondo funzionano gli impianti di depurazione: basta verificare se gli impianti esistenti possono essere adeguati e resi perfettamente funzionanti oppure se devono essere sostituiti. Il fine deve essere ben chiaro e duraturo: la balneabilità della spiaggia dal Garigliano ai Campi Flegrei. Tale tipo di intervento deve essere esteso al litorale vesuviano che da anni è drasticamente non balneabile per inquinamento. Una volta disinquinate le acque superficiali, resterebbe l’inquinamento del suolo, sottosuolo e delle acque sotterranee. Le cause del noto disastro, oltre a quelle descritte, sono: 1-immissioni abusive storiche di acque inquinate direttamente in falda attraverso pozzi assorbenti. Anni fa valutammo con ricerche ambientali mirate che nella pianura campana vengono immessi in falda circa 15 milioni di metri cubi di acque inquinate ogni anno. A tale storico inquinamento si sono aggiunti i focolai causati dalle confederazioni che smaltivano sul suolo e nel sottosuolo rifiuti di tutti i tipi provenienti da varie regioni italiane per conto dei produttori extraregionali; 2-dispersioni di percolato proveniente dalle discariche di rifiuti imballati disseminate nel bacino dei Regi Lagni; 3-dispersione di percolato proveniente dalle discariche legali e illegali realizzate a raso (come ad esempio Ferrandelle) e a fossa tipo quella di Lo Uttaro e varie altre nei territori di Giugliano, Villaricca, Pomigliano d’Arco, ecc.. Tra le cause che incrementeranno l’inquinamento vi sono l’inceneritore di Acerra e quello previsto di Santa Maria la Fossa. Le acque inquinate scaricate non solo dai Regi Lagni si vedono (e si annusano) e fanno danni immediati all’economia turistica. L’inquinamento del suolo e delle acque sotterranee non si vede ma comunque non fa bene alla salute in quanto gli inquinanti possono trasferirsi negli alimenti prodotti in quelle terre e di seguiti nel corpo di coloro che li mangiano. E’ inutile ribadire che la Pianura Campana deve rimanere Terra di Lavoro dal momento che rappresenta una parte significativa della terra fertilissima, ricca di acqua, che fin dall’antichità è stata chiamata Campania Felix. La sinergia tra evoluzione geologica, risorse ambientali e professionalità degli agricoltori consente di definire l’area un vero monumento ambientale, irriproducibile e di importanza strategica per la produzione agro-alimentare e per l’assetto socio-economico della Regione Campania: oggi e nel futuro. La Pianura del Volturno rappresenta uno dei “salotti buoni” dell’agricoltura del Mezzogiorno d’Italia; come tale va valorizzata e tutelata e preservata anche per le generazioni future. Secondo il parere dello scrivente, all’inizio del 2008 è stato commesso un grave errore da parte dei rappresentanti delle istituzioni addetti alla gestione, e non alla soluzione, dello scandalo rifiuti in seguito al quale è stato programmato altro degrado sempre con i poteri speciali condivisi da molti rappresentanti del consiglio regionale. Venendo meno al buon senso, agli impegni già assunti per il recupero ambientale e il rilancio economico dell’area compresa nel Comune di Santa Maria la Fossa denominata Ferrandelle, in questa parte della Pianura è stata individuata, dal Commissario Governativo di turno De Gennaro, la realizzazione di una discarica di importanza strategica per “salvare la Campania” dai rifiuti. Trasformandola definitivamente in una pattumiera in cui accumulare centinaia di migliaia di metri cubi di rifiuti l’azione del Commissario Governativo ha rappresentato un inspiegabile ritorno sulla via del degrado del terreno agricolo sottratto a componenti della confederazione e avviato verso il ripristino di “Terra di Lavoro” del fertilissimo territorio. Tale sciagurata azione ha spianato la strada ad una ordinanza di fine agosto 2008 con la quale è stata prevista una nuova discarica, non inclusa nel DL 90/2008, ormai in corso di realizzazione a San Tammaro in un’area non idonea per la realizzazione di una discarica definitiva o di stoccaggio provvisorio come dimostrato nei fatti dall’inquinamento provocato dall’accumulo dei rifiuti. E’ inconcepibile come i responsabili dell’Amministrazione regionale e degli enti locali e della “deviata” struttura commissariale facciano finta di non vedere che tutta l’area circostante agli impianti citati è intensamente coltivata con attività specializzate e di pregio che sarebbero irreversibilmente danneggiate dall’irresponsabile accumulo di materiali inquinanti nelle vicinanze. La falda estremamente superficiale viene facilmente inquinata e gli inquinanti dispersi verso valle andando ad interessare numerose aziende agricole. I sedimenti presenti nel sottosuolo sono notoriamente soggetti a costipazioni differenziate che hanno provocato e causeranno irreparabili rotture nel materiale impermeabile sistemato alla base delle sostanze inquinanti. I metalli pesanti presenti nei rifiuti, come è noto, non decadono con il tempo e conservano tutto il loro micidiale potere inquinante per molti millenni. Da quanto sopra descritto si evince che quello che persone dotate di normale buon senso sono in grado di comprendere, cioè che l’area dei Regi Lagni è palesemente e assolutamente non idonea per la realizzazione di impianti inquinanti, è stato nascosto dai rappresentanti delle istituzioni elettive e cooptate che solo ora dichiarano che non si può rovinare ulteriormente il territorio fondamentale e strategico per il rilancio agricolo e industriale e per lo sviluppo della Campania.
Perché i rappresentanti delle istituzioni sovracomunali non sono intervenuti e non intervengono nei tempi e modi dovuti al fianco dei cittadini seri, motivati, documentati e con solide basi tecnico-scientifiche, in difesa delle risorse ambientali strategiche e irriproducibili fornendo valide e realizzabili soluzioni per smantellare definitivamente lo “scandalo rifiuti” e il risanamento del territorio? Tacendo, come hanno fatto finora
assistendo passivamente alle inefficaci e molto costose azioni commissariali, che con il placet di vari governi hanno fatto scivolare verso il degrado ambientale e socio-economico la Campania, continuano a manifestare la loro incapacità di governare, sudditanza e complicità. Tale comportamento fa dilagare sempre di piu’, nei cittadini, la Sindrome di BISB (Basta con gli Incapaci, le Sanguisughe e i Bugiardi); allarme che lanciai tempo fa quando rappresentanti delle istituzioni impegnate nella blindata gestione dello scandalo rifiuti inondavano i cittadini con veline diligentemente diffuse dai mass media addomesticati tendenti a fare apparire le opposizioni, motivate scientificamente e tecnicamente dei cittadini contro scelte non valide e dannose, come “rivolte” pilotate dalla malavita organizzata e dall’egoistica e animalesca tendenza alla sindrome di NIMBY (letteralmente: mettete le discariche ovunque ma non nel mio giardino). I cittadini della Campania non possono tollerare un governo regionale “governato da altri” che assiste inerme alla distruzione dell’immagine e delle attività economiche della regione. Non possono tollerare nemmeno di essere ancora presi in giro da chi sbandiera la necessità di spendere, per ora, 50 milioni per risanare i Regi Lagni, cercando di accreditare la bontà della truffaldina “catena di Sant’Antonio dell’inquinamento”. Ma chi doveva e deve verificare e controllare che non si inquini l’ambiente e non si aggravi l’inquinamento ambientale? E chi doveva e deve reprimere i reati ambientali che possono mettere a rischio la salute dei cittadini? In questa Campania tutelata da leggi speciali tese a facilitare non controllabili democraticamente e molto costosi interventi a forte potenziale inquinante c’è ancora il diritto alla salute? E se c’è chi lo fa rispettare? Le malattie colpiscono tutti: i cittadini favorevoli alle condizioni imposte dalle leggi speciali, coloro che guadagnano con i lavori facilitati dalle leggi speciali, i cittadini che cercano di fare valere il diritto alla salute e all’ambiente pulito e che propongono interventi compatibili con la tutela e conservazione delle risorse naturali, i cittadini che stanno a guardare con la “puzza sotto il naso” o con semplice indifferenza, i rappresentanti dei cittadini eletti negli Enti Locali, al Parlamento Italiano e a quello Europeo. Le fonti di inquinamento in un territorio non controllato dalle Istituzioni Pubbliche civili e militari si trovano dove meno sono sospettabili. Dal momento che non si realizzano interventi di efficace disinquinamento e di controllo del territorio, l’inquinamento può colpire con i cibi, con l’aria, con l’acqua del mare: l’inquinamento è come una livella. Non esistono differenze politiche, sociali e di ruoli. Fa male e basta agli amministratori e agli elettori del centro destra, del centrosinistra, agli ambientalisti e anche a chi si astiene. Oggi e domani.
I 50 milioni devono servire anche per rilanciare le attività agricole: bene si ricordi che nel bacino dei Regi Lagni come nella Piana Campana l’irrigazione dei prodotti agricoli avviene quasi esclusivamente usando l’acqua delle falde sotterranee senza controlli sulla sua qualità. Aumentando gli impianti inquinanti come quelli già inquinanti di Ferrandelle, e quelli da attivare a San Tammaro (discarica) e Santa Maria la Fossa (inceneritore da realizzare) aumenterà anche l’inquinamento delle acque sotterranee indispensabili per esercitare l’agricoltura nel periodo non piovoso. Il solo disinquinamento delle acque superficiali dei Regi Lagni non garantirebbe e non disinquinerebbe le acque di falda. Allora che vuol dire “risanamento dei Regi Lagni” per gli amministratori regionali? Si intende continuare a lasciare carta bianca agli interventi da realizzare con la protezione delle leggi speciali che già hanno aggravato l’inquinamento ambientale diffuso dalle organizzazioni malavitose in combutta con i produttori di rifiuti extraregionali? Gli amministratori regionali pentendosi di quanto fatto finora, intendono mettersi al fianco dei cittadini e degli operatori agricoli nella difesa, tutela e valorizzazione delle risorse naturali di importanza strategica per lo sviluppo socio-economico sostenibile e duraturo del territorio? Certamente il disinquinamento delle acque superficiali dei Regi Lagni dovrebbe essere un’operazione eseguibile come in altre regioni dove i depuratori funzionano e i controlli fluviali sono eseguiti con professionalità e severità: non è certamente un’operazione rivoluzionaria. Purtroppo in questa Campania governata da una sinergia di interessi lobbystici di vario tipo, nazionali e locali, tramite strutture governative “dedicate e deviate” per blindare le attività e amministratori senza radici sostenuti da esiti elettorali validamente pilotati da radicate e diffuse pratiche clientelari e del tipo “do ut des con le buone o con le cattive”, anche attività normali vengono spacciate come interventi innovativi dal punto di vista delle soluzioni e degli strumenti messi in campo con azioni sperimentali di bonifica, risanamento e rinaturazione forestale. Mentre è evidente quello che si doveva fare e che si deve realizzare per tutelare le risorse ambientali e produttive e la salute dei cittadini: il risanamento dei Regi Lagni che hanno in testa Bassolino, Nappi e Ganapini, per i cittadini, “che vuol dire?”
I cittadini non devono più avere paura! Finalmente il presidente della Regione si è accorto dell’inquinamento del litorale domizio causato in gran parte, da decine di anni e non da ieri, dai Regi Lagni e insieme all’assessore all’agricoltura e all’ambiente, in un momento di illuminazione rigorosamente fornita da energia alternativa (alla scienza, alla tecnica e al buon senso che finora sono clamorosamente mancati?) sprigionatasi dopo che i vermi hanno invaso buona parte del litorale domizio, hanno capito che il problema deve essere “valorizzato”, che non è la stessa cosa di “risolto”. L’occasione dei liquami puzzolenti non può passare inosservata, deve trasformarsi in oro? I cittadini vogliono il disinquinamento, e lo avranno! Non è possibile che solo le amministrazioni succedutesi dal 1973, anno del colera, abbiano investito denaro pubblico nel finto risanamento dei Regi Lagni. Come tutti sanno, finora le amministrazioni regionali (anche l’attuale) hanno brillato in maniera del tutto originale per la tutela e valorizzazione delle risorse naturali e ambientali e delle attività agricole e zootecniche specializzate del nolano e casertano, dando poca importanza al fatto che il territorio compreso nel bacino dei Regi Lagni è uno dei territori strategici per lo sviluppo della Campania. La nuova strategia di custodia del territorio vuol dire che è una strategia diversa da quella che ha acconsentito che si ubicassero proprio nel Bacino dei Regi Lagni circa 7-8 milioni di rifiuti imballati in discariche fuorilegge, che si realizzasse la discarica di lo Uttaro e quella di Ferrandelle a poche decine di metri dai collettori dei Regi Lagni in un sito non idoneo geologicamente, idrogeologicamente, geotecnicamente e ambientalmente tanto è vero che ha sversato e sversa percolato sul suolo, sottosuolo e nelle acque superficiali e sotterranee? Sarà un comportamento regionale diverso da quello servile e acritico adottato nell’approvare in conferenza dei servizi la discarica di Chiaiano (in un parco regionale), Terzigno (in un parco nazionale e per di più zona SIC e ZPS) e anche la megadiscarica di San Tammaro, sempre a poche decine di metri dai collettori dei Regi Lagni e in area non idonea come Ferrandelle? Si rendono conto che l’importanza strategica del territorio agricolo e la nuova strategia di custodia del territorio cozzano violentemente contro gli assensi regionali ai due inceneritori di Acerra e di Santa Maria la Fossa (da costruire), che condiranno con preziosi inquinanti atmosferici i fertilissimi terreni agricoli del bacino dei Regi Lagni?
I cittadini non possono essere che soddisfatti per lo stanziamento dei 50 milioni. Non possono avere dubbi! Finalmente l’affidabile e ambientalmente referenziata amministrazione regionale riuscirà laddove varie amministrazioni precedenti non hanno avuto successo, dal colera in poi. E’ sicuro che ci sarà un risanamento: ma di chi e di che cosa? Dei conti bancari della società che “gestisce” la depurazione? Ma gli amministratori sanno cosa tecnicamente devono fare? Loro certamente no! Lo sanno sicuramente coloro che guadagneranno progettando, dirigendo e realizzando le opere. Ormai si è capito, gli amministratori saranno garantiti dai soliti luminari di fiducia (che come uomini hanno una irresistibile tendenza al mercenarismo servile) con altisonanti curricula tecnico-scientifici alle spalle, e se occorre da alti funzionari pubblici anch’essi ben “referenziati” e di provata affidabilità che come mercenari ben retribuiti saranno disposti ancora una volta ad assecondare le fameliche sanguisughe parassitarie che comandano veramente i governi nazionali e locali nell’Italia della lobbycrazia. Gli amministratori sanno sicuramente che da questi 50 milioni di euro ci deve essere il solito, consolidato, meritato e “significativo ritorno” di vario tipo compreso un ritorno al momento delle elezioni nel tentativo di garantire ancora una volta percentuali alte di preferenze a chi ha brillato per non difendere l’ambiente, le sue risorse naturali e i prodotti agricoli e zootecnici. La supina e interessata condivisione del mantenimento dello stato di “emergenza rifiuti” da parte delle amministrazioni locali ha portato l’economia agricola sull’orlo del collasso, come in maniera eclatante verificato nell’inverno a cavallo tra il 2007 e 2008. Sono molti anni che gli amministratori locali dimostrano di non avere radici nel senso che non difendono, tutelano e valorizzano le risorse naturali e ambientali autoctone di importanza strategica per l’assetto socio¬economico quali il suolo fertilissimo, le acque superficiali e sotterranee e le spiagge. Dimostrano tuttora di essere sensibili agli ordini di lobbies sovraregionali interessate a lucrare sui soldi dei cittadini. Da anni gran parte del litorale casertano ha acque non balneabili per l’inquinamento causato dai canali Savone, Regia Agnena, Regi Lagni, Lago Patria, Alveo Camaldoli a cui si aggiungono le acque non molto salutari, nei periodi non piovosi, del Volturno. L’inquinamento è aggravato ancora dallo scarico del depuratore di Cuma e dell’Alveo Camaldoli. Si tenga presente che in un tratto di litorale di circa 27 km vengono scaricate acque inquinate provenienti da circa 4 milioni di abitanti e da numerosi insediamenti zootecnici e industriali ubicati nella Pianura Campana, nel bacino dei Regi Lagni e del Volturno. Tanto per avere un’idea si ricorda che in base alle ricerche eseguite nell’area si valuta che avvenga un’immissione, nei canali che attraversano il territorio, di circa 400 milioni di mc/anno di acque di scarico inquinate; circa 600 milioni di mc/anno di acque solo parzialmente e saltuariamente trattate sono immesse lungo il litorale. Le acque inquinate sono prevalentemente distribuite verso i Campi Flegrei e la costa sudorientale di Procida dalle correnti costiere determinando un sensibile ampliamento della costa non balneabile. Quale fiducia possono infondere nei cittadini gli amministratori che hanno assecondato tale situazione senza intervenire efficacemente e in modo risolutivo da decine di anni nell’eliminare le fonti di inquinamento e colpevolmente non si sono opposti, al fianco dei cittadini che su basi conoscitive documentate e valide dal punto di vista tecnico e scientifico hanno cercato di tutelare l’ambiente e le sue risorse, ma addirittura hanno facilitato la realizzazione di altre fonti di degrado?
Vi sono piccoli responsabili ma i veri colpevoli sono coloro che hanno amministrato e attualmente amministrano e controllano il territorio, eletti dai cittadini e appartenenti ad organizzazioni militari e non addetti alla prevenzione dell’inquinamento ambientale. I cittadini sono interessati ad eliminare l’inquinamento ma anche a liberarsi di coloro che hanno fatto “da palo” agli inquinatori. Si deve evitare che si avvii la copia dell’operazione disinquinamento del Sarno che ha fatto opere ma non ha disinquinato né disinquinerà il fiume. Disinquinare solo i Regi Lagni non eliminerebbe l’inquinamento costiero perché vi sono altre immissioni di liquami nei circa 27 km compresi tra Mondragone e Licola. Che significa disinquinare non solo il bacino dei Regi Lagni ma tutti le immissioni idriche lungo il litorale domizio. Il Fiume Volturno riceve anche gli scarichi di parte della Provincia di Isernia che è territorio molisano. La Hidrogest è la società che gestisce il ciclo delle acque nei Regi Lagni e la responsabile dell’attuale malfunzionamento degli impianti. Si tenga presente che agli impianti giunge solo una parte degli scarichi inquinanti che in maniera consistente e abusiva ma molto evidente sono immessi direttamente nei Regi Lagni. Tutti li possono vedere e quindi coloro che devono evitare l’inquinamento avrebbero dovuto intervenire per bloccare gli scarichi e fare punire i colpevoli. E’ stato fatto? Si sta facendo o si pensa solo a come impegnare e a fare fruttare velocemente i 50 milioni?
Qualcuno ha parlato di sprechi riferendosi agli impianti di depurazione non funzionanti adeguatamente. Non credo che si tratti di “cultura dello spreco”. Credo dipenda dalla cultura animalesca che anima certe
persone, indipendentemente dalle aggregazioni partitiche, con l’istinto del parassita, quando occupano ruoli istituzionali che concedono loro la possibilità di “mettere le mani” sul denaro proveniente dall’incasso delle tasse dei cittadini: questa risorsa pubblica li attrae irresistibilmente per cui si fanno in quattro al solo fine di spenderla per farla “fruttare”. Venisse spesa bene, nel senso che le opere realizzate danno beneficio all’ambiente e diventano motore di tutela delle risorse naturali di importanza strategica per lo sviluppo socio-economico sostenibile e duraturo (anche se durante il tragitto può capitare qualche incidente), sarebbe cosa accettabile. Il problema principale, invece, è rappresentato dall’irresistibile impulso, che invade molti amministratori, di fare eseguire le opere più costose indipendentemente dal fatto che poi risolvano in modo duraturo i problemi. Mentre in altre regioni italiane i depuratori costruiti funzionano e consentono la balneazione delle spiagge a valle di corsi d’acqua che ricevono scarichi di cittadini molto più numerosi dei campani, come in Emilia-Romagna, e consentono di utilizzare i litorali che alimentano una fetta notevole dei posti di lavoro regionali, in Campania il fine ultimo degli amministratori è stato ed è in prevalenza quello di fare costruire i depuratori per gestire la spesa e i connessi benefici. E’ scontato che, per coloro che hanno gestito la spesa dei soldi pubblici, il funzionamento corretto dei depuratori che inquinano il litorale domizio non era un fatto necessario, ma un optional per cui anche se dopo non avessero funzionato non sarebbe stato un problema ma una prevista conseguenza. Gli amministratori che hanno programmato e gestito la cosa pubblica per avere favori vari dalla gestione della spesa pubblica non hanno mai considerato il depuratore come un impianto necessario e propedeutico alla valorizzazione turistica ed economica della fascia costiera. E’ chiaro che tale parassitario comportamento (invece di essere subito stroncato e punito) è stato ed è possibile in un ambiente sociale e istituzionale benevolo e tollerante verso tale modo di agire (dove prevalentemente il senso civico viene tradizionalmente e atavicamente inteso come senso dell’interesse privato e di “clan” e la risorsa finanziaria pubblica viene vista e usata prevalentemente come sodi da spendere per avere, prima di tutto, dei benefici personali e di “clan”), facile preda di interessi lobbystici extraregionali in sinergia con quelli delle “confederazioni di tipo militare” locali. Prima del crollo della prima repubblica sembrava che gli amministratori locali capaci e onesti provenissero in gran parte dai partiti (PCI e MSI) che non appartenevano alla coalizione dell’allora centrosinistra. Poi si è visto che, forse, era solo un’impressione connessa al fatto che non avevano avuto la possibilità di governare in un contesto politico dalla marcata differenziazione ideologica dove le opposizioni erano qualificate e dure. Nell’attuale Italia comandata dalle lobbies e dai suoi alleati “confederati”, praticamente omologata ideologicamente e affaristicamente, accade che i sostenitori e fautori accaniti del sistema di gestione clientelare e affaristico (supportati da “pali” pronti anche a sacrificarsi come accaduto nelle elezioni della primavera 2008) della cosa pubblica, inquadrati indifferentemente nei vari schieramenti partitici, continuino ad avere molti consensi elettorali facilitati da una particolare attenzione governativa che si esplicita, all’occorrenza, anche con l’emanazione di leggi speciali e ordinanze di Protezione Civile tese a sfiancare e intimorire i cittadini, isolati dalle istituzioni e dai mass media lobbyzzati, che continuano con serietà e su documentate basi tecnico-scientifiche, a volere un governo teso a tutelare la salute, le risorse naturali e produttive del territorio al fine di conservare un ambiente in cui sia possibile vivere in sicurezza oggi e domani. In tale quadro si muove gran parte dei rappresentanti e amministratori delle istituzioni, eletti e cooptati: le azioni redditizie e necessariamente non adeguate del passato diventano la base su cui si fonda la necessità di nuovi interventi richiesti dai cittadini per riparare i guasti che minacciano l’ambiente e l’economia regionale. Naturalmente è lecito supporre che gli interventi nuovi saranno tesi a consolidare gli interessi parassitari e lobbystici prosperati sugli errori e solo come optional a cercare di restaurare, difendere e valorizzare l’ambiente e le sue risorse di importanza strategica come il suolo e le acque e a tutelare la salute dei cittadini.
Il risanamento dei Regi Lagni deve comportare la raccolta e depurazione efficace, duratura e verificata da strutture tecniche trasparenti e sotto controllo da parte dei cittadini, di tutte le acque di scarico provenienti dagli insediamenti urbani e dalle attività produttive industriali e zootecniche. La struttura militare (varie forze dell’ordine) deve essere a servizio esclusivo dei cittadini e deve fungere anche da polizia “fluviale” vigilando che nessuno scarico inquinante sia immesso nei canali. La nuova strategia di custodia del territorio controllato militarmente dalle confederazioni non potrà essere garantita dalle “ronde in formato campano” chiamate dall’assessore Ganapini “Corpo delle Guardie Ambientali volontarie” anche se saranno usate le piu’ avanzate strumentazioni tecnologiche. Non sfugge che tale risultato è di difficile raggiungimento se non si dotano gli organi di controllo militare di adeguati mezzi di monitoraggio territoriale che consentano di cogliere anche eventuali sversamenti notturni. In tutto il mondo funzionano gli impianti di depurazione: basta verificare se gli impianti esistenti possono essere adeguati e resi perfettamente funzionanti oppure se devono essere sostituiti. Il fine deve essere ben chiaro e duraturo: la balneabilità della spiaggia dal Garigliano ai Campi Flegrei. Tale tipo di intervento deve essere esteso al litorale vesuviano che da anni è drasticamente non balneabile per inquinamento. Una volta disinquinate le acque superficiali, resterebbe l’inquinamento del suolo, sottosuolo e delle acque sotterranee. Le cause del noto disastro, oltre a quelle descritte, sono: 1-immissioni abusive storiche di acque inquinate direttamente in falda attraverso pozzi assorbenti. Anni fa valutammo con ricerche ambientali mirate che nella pianura campana vengono immessi in falda circa 15 milioni di metri cubi di acque inquinate ogni anno. A tale storico inquinamento si sono aggiunti i focolai causati dalle confederazioni che smaltivano sul suolo e nel sottosuolo rifiuti di tutti i tipi provenienti da varie regioni italiane per conto dei produttori extraregionali; 2-dispersioni di percolato proveniente dalle discariche di rifiuti imballati disseminate nel bacino dei Regi Lagni; 3-dispersione di percolato proveniente dalle discariche legali e illegali realizzate a raso (come ad esempio Ferrandelle) e a fossa tipo quella di Lo Uttaro e varie altre nei territori di Giugliano, Villaricca, Pomigliano d’Arco, ecc.. Tra le cause che incrementeranno l’inquinamento vi sono l’inceneritore di Acerra e quello previsto di Santa Maria la Fossa. Le acque inquinate scaricate non solo dai Regi Lagni si vedono (e si annusano) e fanno danni immediati all’economia turistica. L’inquinamento del suolo e delle acque sotterranee non si vede ma comunque non fa bene alla salute in quanto gli inquinanti possono trasferirsi negli alimenti prodotti in quelle terre e di seguiti nel corpo di coloro che li mangiano. E’ inutile ribadire che la Pianura Campana deve rimanere Terra di Lavoro dal momento che rappresenta una parte significativa della terra fertilissima, ricca di acqua, che fin dall’antichità è stata chiamata Campania Felix. La sinergia tra evoluzione geologica, risorse ambientali e professionalità degli agricoltori consente di definire l’area un vero monumento ambientale, irriproducibile e di importanza strategica per la produzione agro-alimentare e per l’assetto socio-economico della Regione Campania: oggi e nel futuro. La Pianura del Volturno rappresenta uno dei “salotti buoni” dell’agricoltura del Mezzogiorno d’Italia; come tale va valorizzata e tutelata e preservata anche per le generazioni future. Secondo il parere dello scrivente, all’inizio del 2008 è stato commesso un grave errore da parte dei rappresentanti delle istituzioni addetti alla gestione, e non alla soluzione, dello scandalo rifiuti in seguito al quale è stato programmato altro degrado sempre con i poteri speciali condivisi da molti rappresentanti del consiglio regionale. Venendo meno al buon senso, agli impegni già assunti per il recupero ambientale e il rilancio economico dell’area compresa nel Comune di Santa Maria la Fossa denominata Ferrandelle, in questa parte della Pianura è stata individuata, dal Commissario Governativo di turno De Gennaro, la realizzazione di una discarica di importanza strategica per “salvare la Campania” dai rifiuti. Trasformandola definitivamente in una pattumiera in cui accumulare centinaia di migliaia di metri cubi di rifiuti l’azione del Commissario Governativo ha rappresentato un inspiegabile ritorno sulla via del degrado del terreno agricolo sottratto a componenti della confederazione e avviato verso il ripristino di “Terra di Lavoro” del fertilissimo territorio. Tale sciagurata azione ha spianato la strada ad una ordinanza di fine agosto 2008 con la quale è stata prevista una nuova discarica, non inclusa nel DL 90/2008, ormai in corso di realizzazione a San Tammaro in un’area non idonea per la realizzazione di una discarica definitiva o di stoccaggio provvisorio come dimostrato nei fatti dall’inquinamento provocato dall’accumulo dei rifiuti. E’ inconcepibile come i responsabili dell’Amministrazione regionale e degli enti locali e della “deviata” struttura commissariale facciano finta di non vedere che tutta l’area circostante agli impianti citati è intensamente coltivata con attività specializzate e di pregio che sarebbero irreversibilmente danneggiate dall’irresponsabile accumulo di materiali inquinanti nelle vicinanze. La falda estremamente superficiale viene facilmente inquinata e gli inquinanti dispersi verso valle andando ad interessare numerose aziende agricole. I sedimenti presenti nel sottosuolo sono notoriamente soggetti a costipazioni differenziate che hanno provocato e causeranno irreparabili rotture nel materiale impermeabile sistemato alla base delle sostanze inquinanti. I metalli pesanti presenti nei rifiuti, come è noto, non decadono con il tempo e conservano tutto il loro micidiale potere inquinante per molti millenni. Da quanto sopra descritto si evince che quello che persone dotate di normale buon senso sono in grado di comprendere, cioè che l’area dei Regi Lagni è palesemente e assolutamente non idonea per la realizzazione di impianti inquinanti, è stato nascosto dai rappresentanti delle istituzioni elettive e cooptate che solo ora dichiarano che non si può rovinare ulteriormente il territorio fondamentale e strategico per il rilancio agricolo e industriale e per lo sviluppo della Campania.
Perché i rappresentanti delle istituzioni sovracomunali non sono intervenuti e non intervengono nei tempi e modi dovuti al fianco dei cittadini seri, motivati, documentati e con solide basi tecnico-scientifiche, in difesa delle risorse ambientali strategiche e irriproducibili fornendo valide e realizzabili soluzioni per smantellare definitivamente lo “scandalo rifiuti” e il risanamento del territorio? Tacendo, come hanno fatto finora
assistendo passivamente alle inefficaci e molto costose azioni commissariali, che con il placet di vari governi hanno fatto scivolare verso il degrado ambientale e socio-economico la Campania, continuano a manifestare la loro incapacità di governare, sudditanza e complicità. Tale comportamento fa dilagare sempre di piu’, nei cittadini, la Sindrome di BISB (Basta con gli Incapaci, le Sanguisughe e i Bugiardi); allarme che lanciai tempo fa quando rappresentanti delle istituzioni impegnate nella blindata gestione dello scandalo rifiuti inondavano i cittadini con veline diligentemente diffuse dai mass media addomesticati tendenti a fare apparire le opposizioni, motivate scientificamente e tecnicamente dei cittadini contro scelte non valide e dannose, come “rivolte” pilotate dalla malavita organizzata e dall’egoistica e animalesca tendenza alla sindrome di NIMBY (letteralmente: mettete le discariche ovunque ma non nel mio giardino). I cittadini della Campania non possono tollerare un governo regionale “governato da altri” che assiste inerme alla distruzione dell’immagine e delle attività economiche della regione. Non possono tollerare nemmeno di essere ancora presi in giro da chi sbandiera la necessità di spendere, per ora, 50 milioni per risanare i Regi Lagni, cercando di accreditare la bontà della truffaldina “catena di Sant’Antonio dell’inquinamento”. Ma chi doveva e deve verificare e controllare che non si inquini l’ambiente e non si aggravi l’inquinamento ambientale? E chi doveva e deve reprimere i reati ambientali che possono mettere a rischio la salute dei cittadini? In questa Campania tutelata da leggi speciali tese a facilitare non controllabili democraticamente e molto costosi interventi a forte potenziale inquinante c’è ancora il diritto alla salute? E se c’è chi lo fa rispettare? Le malattie colpiscono tutti: i cittadini favorevoli alle condizioni imposte dalle leggi speciali, coloro che guadagnano con i lavori facilitati dalle leggi speciali, i cittadini che cercano di fare valere il diritto alla salute e all’ambiente pulito e che propongono interventi compatibili con la tutela e conservazione delle risorse naturali, i cittadini che stanno a guardare con la “puzza sotto il naso” o con semplice indifferenza, i rappresentanti dei cittadini eletti negli Enti Locali, al Parlamento Italiano e a quello Europeo. Le fonti di inquinamento in un territorio non controllato dalle Istituzioni Pubbliche civili e militari si trovano dove meno sono sospettabili. Dal momento che non si realizzano interventi di efficace disinquinamento e di controllo del territorio, l’inquinamento può colpire con i cibi, con l’aria, con l’acqua del mare: l’inquinamento è come una livella. Non esistono differenze politiche, sociali e di ruoli. Fa male e basta agli amministratori e agli elettori del centro destra, del centrosinistra, agli ambientalisti e anche a chi si astiene. Oggi e domani.
I 50 milioni devono servire anche per rilanciare le attività agricole: bene si ricordi che nel bacino dei Regi Lagni come nella Piana Campana l’irrigazione dei prodotti agricoli avviene quasi esclusivamente usando l’acqua delle falde sotterranee senza controlli sulla sua qualità. Aumentando gli impianti inquinanti come quelli già inquinanti di Ferrandelle, e quelli da attivare a San Tammaro (discarica) e Santa Maria la Fossa (inceneritore da realizzare) aumenterà anche l’inquinamento delle acque sotterranee indispensabili per esercitare l’agricoltura nel periodo non piovoso. Il solo disinquinamento delle acque superficiali dei Regi Lagni non garantirebbe e non disinquinerebbe le acque di falda. Allora che vuol dire “risanamento dei Regi Lagni” per gli amministratori regionali? Si intende continuare a lasciare carta bianca agli interventi da realizzare con la protezione delle leggi speciali che già hanno aggravato l’inquinamento ambientale diffuso dalle organizzazioni malavitose in combutta con i produttori di rifiuti extraregionali? Gli amministratori regionali pentendosi di quanto fatto finora, intendono mettersi al fianco dei cittadini e degli operatori agricoli nella difesa, tutela e valorizzazione delle risorse naturali di importanza strategica per lo sviluppo socio-economico sostenibile e duraturo del territorio? Certamente il disinquinamento delle acque superficiali dei Regi Lagni dovrebbe essere un’operazione eseguibile come in altre regioni dove i depuratori funzionano e i controlli fluviali sono eseguiti con professionalità e severità: non è certamente un’operazione rivoluzionaria. Purtroppo in questa Campania governata da una sinergia di interessi lobbystici di vario tipo, nazionali e locali, tramite strutture governative “dedicate e deviate” per blindare le attività e amministratori senza radici sostenuti da esiti elettorali validamente pilotati da radicate e diffuse pratiche clientelari e del tipo “do ut des con le buone o con le cattive”, anche attività normali vengono spacciate come interventi innovativi dal punto di vista delle soluzioni e degli strumenti messi in campo con azioni sperimentali di bonifica, risanamento e rinaturazione forestale. Mentre è evidente quello che si doveva fare e che si deve realizzare per tutelare le risorse ambientali e produttive e la salute dei cittadini: il risanamento dei Regi Lagni che hanno in testa Bassolino, Nappi e Ganapini, per i cittadini, “che vuol dire?”