Cass. Sez. III sent.4503 del 3 febbraio 2006 (c.c. 16 dicembre 2005)
Pres. Vitalone Est. Postiglione Imp. Samarati
Rifiuti – Art. 53bis e offensività della condotta
Nel reato previsto dall’articolo 53bis D.Lv. 22-1997 l’offensività della
condotta non riguarda necessariamente la messa in pericolo della incolumità
pubblica, evento peraltro ordinariamente prodotto ed, in tal caso, oggetto di
valutazione da parte del giudice
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Milano, con ordinanza in data 22 luglio 2005, nell'ambito di un procedimento penale che vede coinvolte più persone in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv C.P., 110 c.p. e 53 bis D.L. 22/97 per gestione abusive di rifiuti, applicava a Samarati Luca, nella vesti di amministratore delegato della ditta Compostaggio Cremonese s.r.l. e socio della Ditta Compostaggio Lodigiano s.r.l., la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria nei giorni di lunedì e giovedì di ogni settimana, al posto della misura precedentemente emessa degli arresti domiciliari. Riteneva il Tribunale:
a) che il Samarati, nella qualità sopra indicata, aveva contribuito alla gestione illecita di rifiuti costituiti da "terre di spazzamento strade": tali rifiuti aventi il codice CER 200303, venivano ricevuti con falsi codici (CER 191212) negli impianti di Compostaggio dell'indagato Samarati, "tal quali", senza previa vagliatura;
b) che il Samarati era consapevole della natura di "rifiuti" dei materiali ricevuti dalla ditta Pulieco s.r.l. e sapeva di non poter accogliere tali rifiuti, senza autorizzazione, nei suoi impianti, perchè le "terre di spazzamento strade", aventi la natura formale di rifiuto urbano, con codice CER 200303, non potevano essere destinate al compostaggio, senza un preventivo trattamento, comprendente lo stoccaggio in un'apposita area e la vagliatura (c.d. sopravaglio e c.d. sottovaglio), destinata a separare la parte più grossolana (come bottiglie di plastica, lattine, ecc.) e le parti più fini come sabbia e terra, aventi una diversa finalità e destinazione (discarica o ripristino ambientale);
c) che la movimentazione illecita dei rifiuti era stata accertata dal NOE attraverso l'esame dei documenti di carico e scarico e varie intercettazioni telefoniche;
d) che il Samarati aveva parzialmente ammesso la ricezione di materiali dalla Pulieco come provenienti non solo da giardini e parchi, ma anche dalla spazzatura delle strade;
e) che, sotto il profilo giuridico, il reato contestato ex art. 53 bis D.L.vo 22/97 è configurabile - come nel caso in esame, allorché l'abusiva gestione riguardi una ingente quantità di rifiuti e sia caratterizzata da una attività di tipo imprenditoriale e svolta con continuità, a nulla rilevando che risulti la prova della messa in pericolo della pubblica incolumità.
Contro questa Ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il Samarati, deducendo erronea interpretazione dell'art. 53 bis D.L.vo. 22/97, posto che la norma presuppone la messa in pericolo della pubblica incolumità e, comunque, un pericolo per l'ambiente nel caso in esame da escludere.
Il ricorso è infondato.
La questione sollevata dall’art. 53 bis D.L.vo 22/97 merita di essere attentamente esaminata anche alla luce della genesi parlamentare della norma ma soprattutto nel suo tenore letterale, logico e sistematico.
L'art. 53 bis del D.L.vo 52/1997 n. 22 è praticamente il primo delitto "ambientale" previsto nel nostro ordinamento ed è stato introdotto riproducendo, anche se con alcune modifiche, la fattispecie contenuta nel progetto governativo che prevedeva l'introduzione nel codice penale dell'art. 452 quater; questa disposizione si era resa necessaria perchè la Commissione Ecomafia del Ministero dell' Ambiente aveva ritenuto che l'ipotesi contravvenzionale dell'art. 53 D.L.vo 22/97 si fosse dimostrata di scarsa efficacia general-preventiva rispetto alla invece notevole gravità dell'illecito che si è inteso poi perseguire appunto con l'art. 53 bis citato.
Detto delitto si sostanzia nella condotta di "chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti".
Per la sussistenza del reato di cui all'art. 53 bis D.L.vo 22/97 è quindi necessario:
a) l'autore del reato può essere "chiunque"; la pluralità di agenti non è richiesta come elemento costitutivo della fattispecie. Trattasi di una fattispecie monosoggettiva e non di concorso necessario, anche se nella pratica può assumere di fatto carattere associativo e di criminalità organizzata;
b) l'elemento soggettivo richiesto dalla norma è il dolo specifico, ossia il fine di conseguire un ingiusto profitto (ricavi o risparmi nei costi);
c) l'elemento oggettivo consiste in una attività di gestione dei rifiuti "organizzata", con allestimento dei mezzi necessari, ossia in una attività “imprenditoriale”;
d) l'attività di gestione mira al traffico illecito, come si ricava dal titolo della norma, e può riguardare una o più delle diverse fasi in cui si concreta ordinariamente la gestione dei rifiuti nella fase dinamica (cessione, ricezione, trasporto, esportazione ed importazione), sia interna, che internazionale [le condotte non sono tassative come emerge dall'avverbio "comunque"];
e) l'attività di gestione deve essere caratterizzata non dalla episodicità, ma da una "pluralità di operazioni" e dalla "continuità" in senso temporale: il "traffico illecito" ha senso se è caratterizzato da più operazioni e se presenta un elemento temporale adeguato;
f) il quantitativo di rifiuti deve essere "ingente": l'interprete dovrà valutare caso per caso questo requisito, traendo elementi di comparazione anche dalle previsioni di reati contravvenzionali in tema di rifiuti (es. art. 51, 2° comma D.L.vo 22/97; art. 51, 3° comma stessa legge) e soprattutto considerando la specificità ed autonomia delle singole figure (art. 51 bis, 52 e 53 D.L.vo 22/97);
g) l'attività di gestione deve essere "abusiva" (mancanza di autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni previste dalla normativa od anche autorizzazioni scadute o palesemente illegittime) con riferimento ad attività organizzate clandestine od anche apparentemente legittime;
h) l'offensività della condotta non riguarda necessariamente la messa in pericolo della incolumità pubblica (questo requisito non è citato nella norma, anzi - come si è detto - non è stato recepito nella forma di un art. 452 quater cod. pen. tra i delitti contro l'incolumità pubblica, che toccano la integrità fisica delle persone nel loro insieme e la sicurezza della vita), ma certamente attiene - sia pure non ontologicamente ed in modo indiretto - al bene giuridico dell'ambiente (la minaccia grave di un danno ambientale o lo stesso danno ambientale non sono presenti in modo oggettivo ed assoluto, ma eventualmente possono accedere alla attività del colpevole, sicché non costituiscono condizioni di punibilità, dovendo essere (come conseguenze eventuali del reato) accertati caso per caso: il fatto che il legislatore preveda la riduzione in pristino e la eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente nell'art. 53 bis, 4° comma D.L.vo 22/97 non trasforma il reato in reato di danno o pericolo concreto e non riduce le sanzioni amministrative in un obbligo automatico per il giudice [opportunamente il legislatore introduce la clausola "se possibile"].
Il traffico illecito di rifiuti, anche quando organizzato ed abituale, con ingenti quantità di rifiuti ordinariamente produce un reale pericolo per l'ambiente o di fatto un danno ambientale, tuttavia, si ripete, il reato sussiste quando ne ricorrano i presupposti formali e non è di per sé un reato di danno o di pericolo concreto, pur dovendo questi aspetti essere valutati dal giudice quali conseguenze eventuali del reato.
Nel caso in esame l'Ordinanza impugnata si è attenuta sostanzialmente a questi principi, sicché la misura cautelare va conservata.
Questo non esclude in sede di merito la necessità di una prudente valutazione sulla esistenza di atti amministrativi che regolano l'attività di compostaggio svolta dall'imputato, sugli aspetti quantitativi e qualitativi (tipologia non pericolosa dei rifiuti) del traffico illecito attribuiti al medesimo e sui profili soggettivi [necessità della prova del dolo specifico].