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QUANDO L’INDIFFERENZA UCCIDE L’AMBIENTE : L’ESEMPIO DELLA LAGUNA DI VENEZIA

di Luca RAMACCI

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Nell’estate 1995, l’associazione ambientalista Greenpeace pubblicava un dossier, dall’emblematico titolo "morte a Venezia", nel quale veniva per la prima volta segnalata la presenza di diossine in laguna.

La pubblicazione, il cui contenuto venne ripreso con grande clamore dalla stampa nazionale ed internazionale, faceva seguito ad una serie di analisi eseguite nelle acque lagunari gli esiti delle quali si erano rivelati particolarmente preoccupanti.

La denuncia di Greenpeace, effettuata con modalità tali da attirare immediatamente l’interesse dell’opinione pubblica e le polemiche che, come si vedrà, l’hanno seguita, induce ancora una volta ad amare riflessioni sullo stato di salute dell’ambiente nel nostro paese.

Va subito detto che la situazione veneziana è singolare. In uno spazio relativamente ristretto convivono infatti una città d’arte che attira ogni anno milioni di visitatori, un polo industriale di notevoli dimensioni ed alcune isole con insediamenti abitativi di modeste dimensioni. L’ambiente lagunare, inoltre, è caratterizzato da uno scarso ricambio di acqua che favorisce l’accumulo di sostanze inquinanti.

L’impatto visivo per chiunque abbia percorso in auto il ponte che collega Venezia con la terraferma è violentissimo: al profilo dei tetti e dei campanili del centro storico ed alla suggestiva veduta della laguna si contrappongono infatti le ciminiere dell’area industriale.

Questa infelice convivenza ha prodotto i risultati denunciati da Greenpeace.

L’allarme suscitato dalla denuncia ha indotto la Procura Circondariale di Venezia ad effettuare indagini approfondite sullo stato di salute dell’ambiente lagunare.

Trattandosi di un ecosistema particolarmente complesso, forse poco studiato e con una estensione di circa 500 chilometri quadrati, si è resa necessaria l’effettuazione di una consulenza tecnica affidata a soggetti particolarmente esperti.

I risultati degli accertamenti, resi noti nel luglio di quest’anno, hanno purtroppo confermato quello che tutti immaginavano: la laguna di Venezia è stata irreparabilmente compromessa da anni di indifferenza e dalla totale assenza di controlli.

Se è infatti vero che la sensibilità dei cittadini per la salvaguardia dell’ambiente si è maggiormente sviluppata nel corso degli ultimi venti anni, è altrettanto vero che una maggiore attenzione da parte di tutti su quello che stava accadendo avrebbe forse contenuto i devastanti effetti dell’inquinamento.

Non essendo un chimico, mi limiterò ad indicare i dati raccolti dai tecnici senza commentarli, come operatore del diritto privo di strumenti legislativi adeguati per perseguire determinati comportamenti e come cittadino mi sembra però che si possa sicuramente affermare che la situazione appare preoccupante.

Quali sono dunque le conclusioni alle quali sono giunti i tecnici? Per comprenderle esattamente occorre fare alcune premesse.

E’ impossibile in questa sede sintetizzare i dati raccolti nel corso della campagna di monitoraggio.

Quelli riportati in tabella sono infatti frutto di una elaborazione predisposta dal Dott. Gabriele Ferrari, chimico responsabile del Settore Antinquinamento del Magistrato alle acque di Venezia, che efficacemente ha collaborato alle indagini.

Lo studio effettuato dai tre tecnici dell’Istituto Superiore di Sanità nominati dalla Procura Circondariale di Venezia (A. DI DOMENICO, L. TURRIO BALDASSARRI, G. ZIEMACKI "Relazione di Perizia Tecnica sulla qualità e quantità dell’impatto antropico nella laguna di Venezia") si compone infatti di due corposi volumi contenente una mole di dati notevoli.

Oggetto dell’indagine è stato il sedimento lagunare esistente sullo strato superficiale del fondale attraverso il prelievo di 53 reperti in 14 diverse zone di campionamento appositamente individuate e la successiva ricerca di microinquinanti tossici con conseguente acquisizione di migliaia di "dati analitici effettivi".

Per la successiva descrizione dei risultati, i tecnici hanno suddiviso l’intera zona lagunare in sei "aree virtuali di rischio chimico" corrispondenti a quelle riportate nelle intestazioni delle tabelle riprodotte nella fig. 1.

Queste, nel dettaglio, le aree individuate: AREA 1 (prevalentemente o esclusivamente industriale), AREA 2 (prevalentemente od esclusivamente urbana) AREA 3 (sottoposta ad influenze miste, ivi comprese quelle dell’attività agricola svolta nell’entroterra), AREA 4 (a bassa esposizione e riserva di pesca), AREA 5 (a presunta limitata esposizione in quanto riserva privata di pesca), AREA 6 (ambiente generale o mare aperto).

Come è facile dedurre dalla lettura delle tabelle, lo stato di inquinamento più rilevante si è riscontrato nell’area industriale ed in quella urbana. Per comprendere appieno la rilevanza dei dati raccolti è sufficiente confrontarli con quelli relativi all’AREA 6 (ambiente generale o mare aperto) che pure si riferiscono ad un ambiente certamente non sottratto ai fenomeni di inquinamento.

Raffrontando tali dati, appare evidente il divario esistente tra i valori relativi alle zone maggiormente inquinate e quelle a ridotto inquinamento.

Particolare rilevanza assume poi la natura dei microinquinanti individuati.

Infatti, non sono state rilevate esclusivamente concentrazioni elevate di diossine, la cui presenza aveva rappresentato e rappresenta il principale motivo di preoccupazione, bensì anche altri agenti inquinanti altamente tossici.

Dal documento redatto dal Dott. Ferrari, cui si è fatto cenno in precedenza, può desumersi quali siano i principali rischi associati alle sostanze rinvenute nella campagna di monitoraggio.

Va detto poi che questo documento, che sintetizza in modo efficace anche per i non addetti ai lavori i risultati delle ricerche effettuate, è stato inoltrato a tutte le autorità aventi competenza in materia, per illustrare sommariamente i risultati della perizia successivamente trasmessa in copia agli Enti che ne hanno fatto richiesta.

Le caratteristiche delle sostanze inquinanti rinvenute sono state poi sintetizzate dal Dott. Ferrari nel modo riportato in fig. 2.

I tecnici dell’Istituto Superiore di Sanità hanno anche individuato le cause dell’inquinamento riconducibili, per l’area industriale, alla presenza di insediamenti produttivi in genere ed alla utilizzazione, da parte di alcuni di essi, di particolari processi di produzione e, per quanto attiene all’area urbana, alle attività ad essa connesse.

In particolare, è stato evidenziato che la presenza di insediamenti abitativi interessati da un elevato afflusso di turisti e la particolare condizione di Venezia come "città sull’acqua" hanno negativamente influito sulle condizioni della laguna.

Sono state inoltre evidenziate le conseguenze negative determinate dall’intenso traffico navale, prevalentemente di piccolo cabotaggio e finalizzato al trasporto di merci e persone, al quale deve attribuirsi la elevata presenza di residui della combustione dei carburanti e di prodotti del deterioramento delle parti metalliche delle imbarcazioni a contatto con l’acqua.

Inoltre la mancanza di un adeguato sistema fognario contribuisce sensibilmente al degrado dell’ambiente lagunare a seguito dell’immissione di reflui, non trattati, provenienti prevalentemente (ma non esclusivamente a causa della presenza di insediamenti artigianali e produttivi in area urbana) da insediamenti di natura civile.

Quanto all’area industriale, va detto poi che la presenza degli agenti inquinanti non consegue esclusivamente alla immissione di reflui in laguna, ma anche dalla presenza di depositi di rifiuti industriali a contatto con l’acqua, ed alle immissioni in atmosfera.

Questa pericolosa situazione, risolvibile in parte attraverso interventi finalizzati alla limitazione delle cause di inquinamento individuate ed alla eliminazione ovvero al contenimento degli effetti provocati dalla massiccia immissione di agenti nocivi, deve poi essere valutata sotto un altro fondamentale aspetto.

Va tenuto infatti presente che l’inquinamento della laguna oltre a rappresentare un pericolo per la salute dei cittadini come normalmente avviene in presenza di fenomeni di grave compromissione dell’ambiente, può rappresentare un serio pericolo a causa della contaminazione dei molluschi e dei pesci destinati all’alimentazione umana.

Se infatti le indagini effettuate hanno evidenziato uno scarso livello di contaminazione delle zone lagunari destinate alla pesca, non va dimenticato che in altre zone della laguna, comprendenti anche le aree maggiormente compromesse, viene effettuata quotidianamente una massiccia attività di pesca nonostante la presenza di divieti.

Tale attività, riguardante in modo prevalente i cosiddetti "caparozzoli" (vongole veraci), rappresenta, al momento, il maggiore pericolo per la salute dei cittadini.

Infatti, la particolare conformazione della laguna e, soprattutto, la presenza di secche, impedisce una adeguata azione di repressione da parte delle forze dell’ordine nonostante l’impiego massiccio di mezzi ed uomini.

La pesca effettuata con tali modalità rappresenta del resto un’attività particolarmente lucrosa per una serie di motivi.

Le zone ove vige il divieto non sono ovviamente frequentate dai pescatori "regolari" ed i guadagni realizzati sono completamente "in nero".

Tale stato di cose determina la materiale impossibilità di procedere ad adeguati controlli sul pescato.

Normalmente, infatti, le analisi effettuate su campioni di molluschi da parte degli organi tecnici competenti non prevedono la ricerca degli agenti inquinanti di cui si è detto in precedenza, inoltre si è potuto accertare in numerosissime occasioni che le vongole provenienti dalle zone dove la pesca non è consentita vengono immesse sul mercato in tutta Italia mescolandole a quelle provenienti da zone non inquinate oppure utilizzando documentazione sanitaria falsa.

Gli esperti nominati dalla Procura Circondariale hanno posto in evidenza, tra le soluzioni da adottare per limitare le conseguenze dell’inquinamento, la necessità di impedire con sistemi efficaci, il prelievo ed il consumo, anche personale, di molluschi e pesci provenienti da zone inquinate invitando anche a valutare l’opportunità di promuovere adeguate campagne di informazione per rendere noti i rischi conseguenti al consumo di tali alimenti.

Le contaminazione di pesci e molluschi può dunque influire sulle catene alimentari che interessano l’uomo.

A tale proposito è stata affidata, nell’ambito di altro procedimento, una consulenza tecnica avente per oggetto proprio la individuazione del livello di contaminazione delle specie normalmente utilizzate per l’alimentazione umana.

Una prima conferma della avvenuta contaminazione è pervenuta recentemente a seguito di altra consulenza disposta dalla Procura presso il Tribunale di Venezia di cui hanno dato notizia gli organi di stampa.

A fronte di tale situazione, resa nota per i motivi in precedenza indicati, le reazioni non sono state però del tutto positive.

La diffusione dei risultati è stata seguita, come si è detto, da polemiche e da notizie contrastanti tendenti a rassicurare l’opinione pubblica, mentre nell’immediato, non sono stati adottati provvedimenti adeguati.

E’ mancata, soprattutto, quella attività di informazione che i tecnici avevano auspicato per limitare il consumo di prodotti alimentari provenienti dalle zone inquinate. Si è cercato di ovviare a tale situazione richiedendo di informare, attraverso le vie gerarchiche, tutte le Procure Circondariali dei rischi connessi alla messa in commercio di molluschi provenienti dalle zone inquinate e della necessità di procedere a mirate analisi per la ricerca degli agenti inquinanti presenti in laguna.

Per quanto riguarda invece gli interventi di disinquinamento e limitazione delle immissioni inquinanti, deve dirsi che gli stessi necessitano di adeguata progettazione, comportano spese rilevanti e, come sempre avviene in questi casi, coinvolgono interessi politici ed economici non indifferenti che molto probabilmente non mancheranno di influire sulle decisioni finali.

Un primo risultato positivo si è comunque ottenuto con il decreto emesso dal Ministero dell’Ambiente l’1 ottobre 1996. Dopo aver preso visione dei risultati degli accertamenti, il Ministero si è attivato emanando un provvedimento che rappresenta un primo concreto contributo alla salvaguardia dell’ambiente lagunare. Resta da vedere se quanto in esso prospettato trovi poi puntuale applicazione.

Intanto fervono le discussioni tra i rappresentanti degli enti competenti alla concreta attuazione del decreto per individuarne l’ambito di applicazione e si sprecano le polemiche anche su questioni banali che dovrebbero essere poste in secondo piano di fronte alle esigenze di tutela della salute pubblica.

E’ anche auspicabile un intervento legislativo che fornisca adeguati strumenti per la repressione di eventuali reati. La Legge speciale su Venezia (L. 1641973 n. 171) presenta numerose incongruenze e, grazie alla concessione di proroghe, consente l’immissione indiscriminata di reflui in laguna per alcune categorie di insediamenti. Non esistono inoltre limiti imposti per legge alla immissione di diossine (e di alcune altre sostanze rinvenute nel corso degli accertamenti) nelle acque lagunari. E’ tuttavia possibile, applicando in modo rigoroso la normativa esistente, sopperire alle carenze della legislazione speciale su Venezia mediante il ricorso alle norme contenute in altre disposizioni di legge ed eseguendo, attraverso gli organi di Polizia Giudiziaria specializzati nella repressione dei reati conseguenti alla violazione di norme ambientali, controlli capillari del territorio.

A tale scopo è stata istituito un apposito Nucleo Tutela Ambiente presso la Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura Circondariale composta da pochi, volenterosi e appassionati ufficiali ed agenti con il compito di gestire, anche attraverso l’utilizzazione di strumenti informatici, le indagini su violazioni di norme antinquinamento verificando anche, attraverso l’esame di dati statistici, l’afflusso di notizie di reato e la loro provenienza, tenendo così il più possibile sotto controllo il territorio ed individuando le aree maggiormente a rischio.

Questo intervento si è reso necessario dopo una verifica del numero delle notizie di reato pervenute ed aventi ad oggetto la violazione di norme antinquinamento che ha evidenziato la scarsità di controlli effettuati non solo con riferimento all’area lagunare, ma anche in tutto il territorio della provincia di Venezia.

Anche altri Uffici Giudiziari stanno efficacemente intervenendo per arginare l’esplosiva situazione veneziana. La procura del Tribunale ha recentemente richiesto il rinvio a giudizio di numerose persone per gravissimi reati con riferimento alla morte di numerosi operai di un importante stabilimento dell’area industriale di Marghera presumibilmente conseguente a particolari cicli di lavorazione adottati.

Lo stesso ufficio si occupa anche dei procedimenti riguardanti abusi ed omissioni relativamente alla mancata adozione di adeguate misure di prevenzione dell’inquinamento.

Resta da aggiungere, per concludere, che anche in questo caso l’intervento della magistratura, anche se deciso e tempestivo, non consente di ovviare agli inconvenienti riscontrati. Il magistrato opera infatti quando il reato è già stato consumato quando cioè, come in questo caso, le aggressioni all’ambiente ne hanno irreparabilmente compromesso l’integrità.

E’ auspicabile che, in futuro, questo esempio negativo possa servire per impedire il verificarsi di analoghe situazioni e che venga meno il pericoloso atteggiamento di indifferenza, non solo da parte delle autorità ma anche dei semplici cittadini, che ha reso possibile tale situazione.

LUCA RAMACCI
Sostituto Procuratore
Procura Circondariale di Venezia

 

Figura 1 (n.b. tutti i valori di concentrazione sono riferiti al sedimento secco. A causa del non corretto allineameno delle colonne, per facilitarne la lettura i dati sono stati evidenziati con diversa colorazione)

 

AREE

VIRTUALI

 

AREA 1 (INDUSTRIALE)

AREA 2

(URBANA)

 

AREA 3 (MISTA)

AREA 4

(BASSA ESPOSIZIONE, PESCA)

AREA

5

VALORI DI RIFERIMENTO

LOCALITA’

PORTO MARGHERA

VENEZIA, MURANO

S. ANGELO, CHIOGGIA, FOCE DESE E OSELLINO

ALBERONI, MALAMOCCO, PELLESTRINA, BURANO, S.CRISTINA

VALLI DA

PESCA

MARE ADRIATICO

min

max

min

max

min

max

min

max

IPA(ng/g)

1600

54000

8000

48000

150

1300

62

660

n.d.

99

PCB(ng/g)

220

720

71

610

3.1

77

0.47

8.3

n.d.

2.5

PCDD+PCDF

(pgTE/g)

23

570

4.8

23

0.48

8.5

0.8

1.8

n.d.

0.16

DDE(ng/g)

3.4

10

1.3

27

0.78

19

0.55

1.3

n.d.

0.59

DDT(ng/g)

0.3

5.2

0.51

24

<0.3

10

0.059

1.3

n.d.

0.5

HCB(ng/g)

35

470

0.33

5

0.097

6.2

0.059

0.29

n.d.

0.039

Cd (m g/g)

2.56

22.9

0.723

5.69

0.184

1.87

0.099

1.73

n.d.

0.488

Cu (m g/g)

97.1

247

36.2

297

10.7

42.3

9.99

33.2

n.d.

9.09

Hg (m g/g)

1.52

14.2

0.531

2.08

0.023

1.94

0.194

3.33

n.d.

0.021

Pb (m g/g)

58.1

282

47.8

109

7.22

37.4

9.44

20.3

n.d.

10.4

Zn (m g/g)

248

1820

104

592

2.31

70.1

2.03

64.6

n.d.

10.1

n.d. dati non disponibili