Cass. Sez. III n.24640 del 15 giugno 2009 (Ud. 29 gen. 2009)
Pres. Onorato Est. Mulliri Ric. Bettanin
Ambiente in genere. Accesso ispettivo presso azienda

Quando un accesso ispettivo presso un\'azienda è mirato a verificare le caratteristiche di un nuovo impianto privo di autorizzazione è legittimo il prelievo di un campione del materiale utilizzato in una fase di lavorazione in funzione di un’attività ispettiva e di vigilanza che non mira all’accertamento del limite di una determinata sostanza può farsi ricorso alla procedura di cui all’art. 223 disp. att. c.p.p..

UDIENZA 29.01.2009

SENTENZA N. 252

REG. GENERALE n.30674/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI Consigliere
Dott. Guicla I. MÚLLIRI Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:

Bettanin Pietro, nato a Thiene il 27.9.59
imputato
a) art. 24 co. 4 DPR 203/88
b) art. 25 co. 6 DPR 203/88

avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza, sez. dist. Schio Sentita in data 28.04.08

Sentita la relazione del cons. Guicla I.Mùlliri;

Sentito il P.G., nella persona del dr. Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso;


osserva


1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso - Il ricorso in esame ha ad oggetto la sentenza di primo grado con cui il Bettanin è stato condannato alla pena di 500 € di ammenda per la commissione dei reati di cui agli artt. 24 co. 4 (capo a) e 25 co. 6 (capo b) DPR 203/88. Infatti, gli si imputa, quale legale rappresentante della ditta "Scamosceria Astico", di non avere osservato le prescrizioni impostegli con l\'autorizzazione provinciale con particolare riferimento ai limiti di presenza dei solventi imposti nelle miscelazioni pronte all\'uso ed all\'utilizzo di materie prime nonché all\'ampliamento degli impianti con un nuovo impianto di rasatura.

Avverso tale decisione, ha proposto ricorso il difensore dell\'imputato deducendo:


1) il fatto di avere respinto la richiesta di declaratoria di nullità del verbale di campionatura dei prodotti vernicianti (art. 606 lett c) c.p.p. in rel agli artt. 220 e 223 disp att c.p.p).


Per il ricorrente, tale campionatura avrebbe dovuto essere eseguita nel rispetto dei diritti difensivi e, quindi, ai sensi dell\'art. 360 c.p.p. (in quanta atto irripetibile) dal momento che era evidente che, quando il 26.4.04, gli agenti dell\'Arpav intervennero, agivano già sulla base di una precisa ipotesi accusatoria sì da giustificare ampiamente il meccanismo garantistico che si impone quando si è in presenza di attività di indagine finalizzate all\'esercizio dell\'azione penale a differenza di ciò che avviene quando si ha solo attività amministrativa di ispezione e vigilanza. E\' in tale ottica che va interpretato infatti l’art. 220 disp. att. c.p.p. rispetto all\'art. 223 ;

2) erronea reiezione della richiesta di revoca dell\'ordinanza con cui il Tribunale ha autorizzato la modifica del capo d\'imputazione sub a) nella sua parte finale (art. 606 lett c) c.p.p. in rel. agli artt. 516 e 522 c.p.p.).


Ciò, infatti, sarebbe avvenuto al di là dei casi previsti dalla norma e consentibili da una sua corretta interpretazione. La decisone del Tribunale, a riguardo, è avvenuta con motivazione "laconica" senza che la modifica richiesta dal P.M. facesse riferimento ad alcun fatto nuovo emerso nel corso dell\'istruttoria dibattimentale e, comunque, quando quest\'ultima era già ultimata e stava per avviarsi la discussione finale;

3) erroneità nell\'applicazione della norma sostanziale e conseguente mancanza e manifesta illogicità della motivazione (art. 606 lett b) ed e) c.p.p. in rel. all\'art. 24 DPR 203/88).


Secondo il ricorrente, infatti, l\'aggiunta di una terza macchina rasatrice era stata correttamente segnalata alla Provincia che, però, non aveva rivolto alcuna censura. Inoltre, il Tribunale è incorso nell\'errore di confondere l\'oggetto del controllo da parte degli organi amministrativi: esso non è rappresentato dagli impianti ma dalle emissioni che essi producono determinando l\'inquinamento dell\'atmosfera e, comunque, anche questa S.C. (sez. III 8.11.05, n. 44258) ha precisato che il criterio per stabilire la natura sostanziale o meno della modifica dell\'impianto è quello della sussistenza di una variazione concreta delle emissioni prodotte dall\'impianto stesso. Orbene, nella specie, entrambi i testi sentiti hanno escluso che l\'inserimento della terza macchina avesse modificato il ciclo produttivo in termini di emissioni nell\'atmosfera.

4) erroneità nell\'applicazione della norma sostanziale e conseguente mancanza e manifesta illogicità della motivazione (art 606 lett b) c.p.p. in rel. all\'art. 25 DPR 203/88 e 606 lett e) c.p.p.).


Con riferimento, cioè, alla contestazione dell\'inosservanza delle prescrizioni dell\'autorizzazione provinciale di cui ai punti C) e K), la sentenza sarebbe priva di motivazione specie con riguardo alla mancata considerazione delle difformità di versione tra il teste Caldonazzo ed il teste Sanson ed alle ragioni - non esplicitate - circa la preferenza della versione dell\'uno piuttosto che dell\'altro. Infine, per quanto attiene alla prescrizione sub C), la prova della percentuale di solvente, presente nelle miscele utilizzate, sarebbe rinvenibile solo in un prelievo effettuato senza alcuna garanzia.
Il ricorrente conclude invocando l\'annullamento della sentenza impugnata.

2. Motivi della decisione - Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Per quanto attiene al primo motivo, l\'infondatezza dell\'assunto è data dal rilievo che, come si riferisce anche in sentenza, l\'accesso ispettivo era mirato a verificare le caratteristiche del nuovo impianto di rasatura privo di autorizzazione. Di qui, il prelievo di un campione del materiale utilizzato in fase di spruzzatura ma solo, evidentemente, in funzione di un\'attività ispettiva e di vigilanza che non mirava all\'accertamento del limite del solvente (l\'indizio riguardava solo fatti che poi hanno dato luogo alla contestazione sub b) - art. 25 co. 6 DPR 203/88) sì che ben poteva farsi ricorso alla procedura di cui all\'art. 223 disp. att. c.p.p..

Anche il secondo motivo sviluppa un argomento smentito dall\'autorevole insegnamento delle S.U. (28.10.98, Barbagallo, Rv. 212757) secondo cui la modifica dell\'imputazione di cui all\'art. 516 c.p.p. e la contestazione possono essere effettuate dopo l\'avvenuta apertura del dibattimento, e prima dell\'espletamento dell\'istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari". Nella specie, dunque, non si è registrata alcuna violazione dal momento che, come afferma lo stesso ricorrente, l\'istruttoria dibattimentale non era ancora stata ultimata e, per il resto, non erano richieste particolari formalità. Né rileva il fatto che, come vista, la sentenza appena citata contenga anche l\'inciso "prima dell\'espletamento dell\'istruzione dibattimentale" dovendo questa espressione essere interpretata nel senso di: "prima che abbia termine l\'espletamento dell\'istruzione dibattimentale" posto che, altrimenti, per armonia di linguaggio normativo, il legislatore avrebbe usato la diversa espressione "prima dell\'apertura del dibattimento".

Oltretutto, opinando nel diverso senso che il concetto "prima dell\'espletamento dell\'istruzione dibattimentale" significhi "prima che abbia inizio" si assisterebbe ad una irragionevole delimitazione degli spazi di puntualizzazione dell\'accusa proprio con riferimento alla fase, quella del contraddittorio, deputata a chiarire lo svolgimento dei fatti e, quindi, anche la correttezza della contestazione. La riflessione è ulteriormente confortata dal rilievo che, altrimenti, non avrebbe una sua ragion d\'essere nemmeno l\'esistenza di una norma come l\'art. 430 c.p.p. che prevede la possibilità per il P.M. di svolgere attività integrative di indagine anche dopo l\'emissione del decreto che dispone il giudizio.

Il terzo motivo è infondato perché, come si evidenzia in sentenza, citando correttamente l\'art. 15 del DPR 203/88, le modifiche sostanziali di un impianto sono soggette ad autorizzazione ex art. 25 co. 6. Che si trattasse di una variazione di tal genere e non - come dice il giudice di merito - della "sostituzione di un macchinario obsoleto" è testimoniato dal fatto che si è in presenza di un "aumento della capacità produttiva del 50 %" e, rispetto a ciò, non solo, l\'autorizzazione non era stata rilasciata ma neanche richiesta (f. 7). Né è pertinente il richiamo, fatto dal ricorrente nel presente motivo, ad una decisione di questa Corte che, anzi, sia nella massima che nella motivazione, enuncia un principio esattamente conforme a quello che si va qui affermando e cioè che "devono essere autorizzati tutti gli impianti, anche di modeste dimensioni, che abbiano attitudine concreta a cagionare l\'inquinamento dell\'atmosfera, sicché l\'installazione, in impianti preesistenti, di apparecchiature che aumentino le emissioni in atmosfera richiedono un\'ulteriore autorizzazione" (sez. III 8.11.05, n. 44258).

Infine, non risulta fondato neanche il quarto motivo. Ed infatti, per quanto riguarda la violazione del punto C) il risultato delle analisi eseguite é lapidario nell\'evidenziare (71%) un superamento del limite di solventi organici del 60% (e, come detto in precedenza, non è giustificata la doglianza circa la irregolarità del prelievo); quanto al punto K), la motivazione offerta dal giudicante è congrua, ed immune da vizi logici manifesti, nel controbattere all\'obiezione difensiva (di aver presentato il programma) visto che esso "elude il significato preventivo delle prescrizioni dell\'autorizzazione" dovendo "specificare, non tanto il numero degli interventi, quanto, piuttosto, la cadenza temporale degli stessi".

Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna, del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


Visti gli artt. 637 e ss. c.p.p.

rigetta

il ricorso e

condanna

il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 29 gennaio 2009.
Deposito in Cancelleria il 15/06/2009.