Cass. Sez. III n. 17056 del 18 aprile 2019 (Pu 13 dic 2018)
Pres. Liberati Est. Andronio Ric. Saraceno
Ambiente in genere.Inosservanza AIA e non necessità di danno ambientale
Ai fini dell’integrazione della condotta di cui all’art. 29 quattuordecies non è necessaria la realizzazione di un danno ambientale; infatti, dalla ratio di tale norma, non emerge che il danno ambientale sia una condizione di punibilità, trattandosi di una fattispecie di carattere meramente formale e non sostanziale, per cui, affinché si realizzi la condotta contestata, è sufficiente che l’attività si sia svolta con inosservanza dell’autorizzazione integrata ambientale, indipendentemente dalla produzione di un danno all’ambiente.
RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 7 aprile 2017, Il Tribunale di Asti, in composizione monocratica, ha – per quanto qui rileva – affermato la responsabilità dell’imputato, condannandolo al risarcimento nei confronti della parte civile dei danni, liquidati in € 2.000,00 con statuizione immediatamente esecutiva, e alla pena dell’ammenda per i seguenti reati di cui all’art. 29 quattuordecies, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006: a) per avere, in qualità di amministratore della società New Energy Power s.r.l., esercitato l’attività di recupero di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi in violazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata ambientale di cui alla determina dirigenziale n. 1182 del 13 febbraio 2009 della Provincia di Asti, risultando: che l’impianto di macinazione batterie è posto in posizione e ha forma diversa rispetto a quanto previsto nell’autorizzazione, la vasca di stoccaggio batterie è di forma differente rispetto a quanto previsto nell’autorizzazione, gli stoccaggi dei materiali prodotti dalla macinazione batterie sono dislocati in punti diversi rispetto a quanto previsto nell’autorizzazione; che l’impianto di trattamento acque di prima pioggia è realizzato in posizione diversa da quanto previsto nella planimetria di cui all’autorizzazione; che lo stoccaggio dell’elettrolita delle batterie diluito dal processo di lavorazione è realizzato in cisternette di capacità di un metro cubo poste in area pavimentata esterna al fabbricato, in violazione a quanto prescritto nell’autorizzazione che prevede lo stoccaggio in appositi serbatoi di vetroresina posti all’interno di un bacino di contenimento comunicante con la vasca di raccolta; la mancata trasmissione alla Provincia di Asti ed all’Arpa degli esiti dei rilevamenti in autocontrollo delle emissioni in atmosfera; b) per avere, in qualità di amministratore della società New Energy Power s.r.l., esercitato l’attività di recupero di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi in violazione delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale di cui alla determina Dirigenziale n. 1182 del 13 febbraio 2009 della Provincia di Asti, che prevedeva il rispetto delle norme in materia urbanistica per la realizzazione delle opere edilizie, tecniche ed impiantistiche.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si censurano la violazione dell’art. 29 quattuordecies, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 e la carenza e contraddittorietà della motivazione, sul rilievo che il Tribunale non avrebbe considerato l’insussistenza degli elementi costitutivi dei reati contestati, essendo state rappresentate difformità meramente formali, inidonee ad integrare le fattispecie criminose contestate, ed essendo incorso nel travisamento della prova testimoniale del funzionario Arpa. In specie, con riferimento al posizionamento e forma dell’impianto di macinazione batterie, ritenuto non conforme a quanto previsto dall’autorizzazione, si sostiene che l’impianto fosse ancora in fase di realizzazione, come si evincerebbe anche dalle planimetrie fornite in corso di sopralluogo, dalle quali emerge che erano state apportate modifiche allo scopo di ottimizzare l’occupazione dell’area, senza compromettere la funzionalità e la capacità di trattamento della macinazione. Con riguardo al posizionamento all’interno dello stabilimento dell’impianto di trattamento acque di prima pioggia, a parere della difesa, si trattava di una collocazione essenziale e obbligata, dal momento che era stata riscontrata una difficoltà nel completamento dell’area esterna e che l’alloggiamento esterno avrebbe necessitato del convogliamento delle acque di filtrazione nel rio adiacente, operazione di notevole complessità e inidonea al riutilizzo, con conseguente dispersione di risorse. La difesa sottolinea che, con riferimento ai predetti impianti, l’Arpa aveva comunicato che “la differente realizzazione non comportasse conseguenze ambientali”. Inoltre, lo stoccaggio dell’elettrolita delle batterie realizzato in cisternette poste esternamente al fabbricato, anziché in appositi serbatoi di un bacino di contenimento, sarebbe avvenuto temporaneamente per la contingente necessità di interventi di manutenzione urgenti nella vasca delle batterie, come comunicato dagli ispettori Arpa al momento del sopralluogo. E vi sarebbero solamente difformità formali rispetto all’autorizzazione ambientale integrata, in quanto l’impianto di triturazione delle batterie era in posizione diversa, con riferimento agli stalli in cemento per lo stoccaggio dei rifiuti, la vasca, ove confluivano le batterie, era di una forma diversa, sebbene di volumetria più o meno simile, e la soluzione di acido mista ad acqua delle batterie, invece di essere riversata in appositi contenitori di vetroresina, come previsto dall’autorizzazione, al momento del sopralluogo era stoccato in cisternette da mille litri. A parere della difesa, le inosservanze delle prescrizioni dell’autorizzazione non determinerebbero alcun danno ambientale.
2.2. – Con un secondo motivo di ricorso, si deducono la violazione dell’art. 29 quattuordecies, comma 2, del d. lgs. n. 152 del 2006, come modificato dal d lgs. n. 46 del 2004 e la carenza assoluta di motivazione sul punto.
In particolare, a parere della difesa, per i reati ambientali di cui al capo a), la mancata osservanza delle prescrizioni imposte dall’autorizzazione ambientale integrata con riguardo al diverso posizionamento di alcune strutture dell’impianto e l’adozione momentanea di contenitori diversi da quelli indicati nel provvedimento amministrati, per il versamento del liquido recuperato dalle batterie, non avrebbe determinato un mancato funzionamento dell’attività di recupero di rifiuti e, quindi, sarebbe riconducibile alla fattispecie di cui al comma 2 dell’art. 29 quattuordecies, come modificato dal d.lgs. n. 46 del 2004, che integra un illecito amministrativo e non più un reato, nella misura in cui commina la sola sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 € a 15.000 € nei confronti di colui che, pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale, non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente.
Con riferimento al capo b), la difesa lamenta che non sarebbe comprensibile dagli atti se e in che misura l’attività dell’impresa fosse in corso nelle aree oggetto di realizzazione di opere edilizie tecniche o impiantistiche; inoltre la violazione di legge sarebbe subordinata alla comunicazione dell’Arpa e alla conferma dell’irregolarità urbanistica. Infine, il ricorrente afferma essere intervenuto il permesso di costruire in sanatoria (12 maggio 2015), in relazione a tutte le opere edilizie ritenute difformi dai titoli abilitativi.
2.3. – Con un terzo motivo di ricorso, si richiede la dichiarazione di estinzione dei reati ascritti per intervenuta prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è parzialmente fondato.
3.1. – Il primo motivo di doglianza, con cui si censurano la violazione di legge in riferimento all’art. 29 quattuordecies, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 e il vizio di motivazione, è inammissibile, poiché non riconducibile alle categorie dell’art. 606 cod. proc. pen. Lo stesso è infatti finalizzato ad ottenere una differente valutazione di elementi già presi in considerazione dal Tribunale, riducendosi ad una contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione della sentenza, senza offrire elementi precisi, univoci, puntuali e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare lacune o vizi logici su punti decisivi dell’impugnazione.
Nel caso di specie, il ricorrente si limita ad effettuare censure di natura fattuale, facendo leva sul travisamento della prova testimoniale del funzionario Arpa, e affermando, erroneamente, che ai fini dell’integrazione della condotta di cui all’art. 29 quattuordecies fosse necessaria la realizzazione di un danno ambientale; infatti, dalla ratio di tale norma, non emerge che il danno ambientale sia una condizione di punibilità, trattandosi di una fattispecie di carattere meramente formale e non sostanziale, per cui, affinché si realizzi la condotta contestata, è sufficiente che l’attività si sia svolta con inosservanza dell’autorizzazione integrata ambientale, indipendentemente dalla produzione di un danno all’ambiente. In ogni caso, deve rilevarsi che il Tribunale ha correttamente valorizzato le dichiarazioni accusatorie del funzionario Arpa Vercelio, il quale ha rappresentato: di avere effettuato un accesso ispettivo presso la ditta riconducibile all’imputato e di avere, in quell’occasione, constatato una differente collocazione dell’impianto di triturazione delle batterie rispetto a quanto previsto dai provvedimenti autorizzativi, con significativo rischio di impatto ambientale; di avere, nel dettaglio, accertato lo stoccaggio dell’elettrolita delle batterie in area non coperta, con correlativo rischio di fuoriuscite sul terreno; di aver accertato la mancata trasmissione da parte della società dei rilevamenti relativi alle emissioni in atmosfera.
3.2. – Il secondo motivo di doglianza, relativo alla violazione di legge con riferimento all’art. 29 quattuordecies, comma 2, del d. lgs. n. 152 del 2006 come modificato dal d lgs. n. 46 del 2014 e alla carenza assoluta di motivazione sul punto è, invece, parzialmente fondato.
Va ricordato che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 46 del 2014, recante attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, sono intervenute alcune modifiche al d.lgs. n. 152 del 2006; per quanto qui rileva, l’art. 7, comma 13, del d.lgs. n. 46 del 2014 ha sostituito l’art. 29 quattuordecies del d.lgs. 152 del 2006 prevedendo che: «salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che, pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale, non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente» (comma 2); «salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale, non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente nel caso in cui l’inosservanza: a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell'autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all'articolo 29 decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell'autorizzazione stessa; b) sia relativa alla gestione di rifiuti» (comma 3); «nei casi previsti al comma 3 e salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell'arresto fino a due anni qualora l'inosservanza sia relativa: a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati, b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla Parte Terza, c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, d) all'utilizzo di combustibili non autorizzati» (comma 4). Sul punto, questa Corte, con sentenza Sez. 3, n. 40532 del 11/06/2014, Rv. 259924, ha affermato che «in materia di reati ambientali, a seguito delle modifiche apportate all’art. 29 quattuordecies del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156, dal d.lgs. 4 marzo 2014, n. 46, recante attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, la condotta di chi, essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale, non ne osserva le prescrizioni è depenalizzata e costituisce illecito amministrativo, solo quando attiene a violazioni diverse da quelle previste dai commi terzo e quarto della medesima disposizione».
Nel caso di specie, all’epoca dei fatti di causa, verificatisi nel 2012, si applicava la vecchia formulazione dell’art. 29 quattuordecies, ma, a seguito dell’intervento della modifica legislativa, trattandosi di modifica favorevole al reo, si sarebbe dovuta applicare la nuova disciplina. In particolare, sarebbe stato necessario che quanto al capo a), il giudice facesse una distinzione nelle condotte imputate al Saraceno, dal momento che non sono tutte astrattamente riconducibili ad un unico comma del 29 quattuordecies. Infatti, il posizionamento e la forma diversa dell’impianto di macinazione batterie, la forma diversa della vasca di stoccaggio batterie e il diverso dislocamento dello stoccaggio dei materiali prodotti dalla macinazione rispetto a quanto previsto dall’autorizzazione, nonché lo stoccaggio dell’elettrolita delle batterie diluito dal processo di realizzazione in cisternette di capacità di un metro cubo poste in area pavimentata esterna al fabbricato in violazione a quanto prescritto nell’autorizzazione, che prevede lo stoccaggio in appositi serbatoi di vetroresina posti all’interno di un bacino di contenimento comunicante con la vasca di raccolta, appaiono in parte riconducibili al comma 3 della fattispecie, trattandosi di condotte attinenti alla gestione di rifiuti, e in parte riconducibili al comma 4, trattandosi di “poli e griglie di piombo” (come si evince dalla Comunicazione Arpa, a seguito di delega di indagine del 23 ottobre 2012). Neanche con riferimento al fatto che l’impianto di trattamento acque di prima pioggia sia realizzato in posizione diversa rispetto a quanto previsto nella planimetria di cui all’autorizzazione e alla mancata trasmissione alla Provincia di Asti ed all’Arpa degli esiti dei rilevamenti in autocontrollo delle emissioni in atmosfera, il Tribunale ha riferito singolarmente tali condotte ai diversi commi dell’art. 29 quattuordecies del d.lgs. 152 del 2006, non avendo preso in considerazione le circostanze del caso e gli elementi differenziali fra le diverse fattispecie, e così omettendo la necessaria ricostruzione del merito dei fatti. Quanto al capo b) dell’imputazione, il giudice si sarebbe dovuto fare carico di valutare l’autorizzazione integrata ambientale e la Comunicazione Arpa del 23 ottobre 2012 relativa all’irregolarità urbanistica, a tenore dei quali sembrerebbe possibile una regolarizzazione urbanistica anche con rilevanza ai fini ambientali, e confrontare tali elementi con il dato normativo.
3.3. – Il terzo motivo di doglianza è fondato.
Dall’esame degli atti risulta che il termine di prescrizione è già decorso, perché i reati sono stati commessi il 3 e il 10 ottobre 2012; e, a partire da tale data, deve essere computato il termine complessivo di 5 anni applicabile per le contravvenzioni, oltre a complessivi 120 giorni (per rinvii imputabili all’imputato disposti dal 6 giugno 2014 al 3 ottobre 2014), giungendosi così alla data del 16 gennaio 2018, precedente alla pronuncia della presente sentenza. Le statuizioni civili devono, invece, essere confermate, sia perché il danno non è stato espressamente contestato dalla difesa nella sua consistenza, sia perché dalla sentenza impugnata si desume che tale danno trova la sua causa nello scorretto di stoccaggio delle batterie, che rientra certamente tra i comportamenti ancora penalmente sanzionati dalla disposizione incriminatrice, in forza di quanto sopra osservato.
4. – La sentenza va pertanto annullata senza rinvio, perché i residui reati sono estinti per prescrizione, con conferma delle statuizioni civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Comune di Villanova d’Asti, da liquidarsi in euro 2.500,00 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché i residui reati sono estinti per prescrizione. Conferma le statuizioni civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Comune di Villanova d’Asti, che liquida in euro 2.500,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2018.