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La disciplina relativa agli impianti nuovi nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59

di Vincenzo PAONE, Magistrato

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Un’importante novità della normativa relativa all’autorizzazione integrata ambientale (a.i.a.) contenuta nel d.leg. 59/05, che da un lato ha dato attuazione integrale alla direttiva 96/61/CE (nota come “direttiva IPPC”) e dall’altro lato ha abrogato il d.leg. 4 agosto 1999, n. 372, è la decisione di sottoporre a controllo anche gli impianti nuovi, nonché quelli esistenti, ma sottoposti a modifiche sostanziali ([1]).

Prima di tutto, giova ricordare che il d.leg. 59/05 riguarda esclusivamente gli impianti in cui sono svolte le attività elencate nell’Allegato I e cioè attività energetiche; produzione e trasformazione dei metalli; industria dei prodotti minerari; industria chimica; della gestione dei rifiuti; altre attività, quali, ad esempio, allevamenti, concerie, macelli, cartiere, industrie tessili e alimentari.

Perno del provvedimento è senza dubbio la nozione di impianto nuovo. Al proposito, ricordiamo che la legislazione speciale in tema di ambiente conosce già l'importanza della distinzione tra insediamenti già operativi, e perciò esistenti, e quelli di nuova realizzazione ([2]).

In base all’art. 2, lett. e), sono considerati “nuovi” gli impianti che non ricadono nella definizione di impianto esistente: come si vede, la nozione è ricavata per esclusione e perciò occorre ricordare che per impianto esistente (lett. d) dello stesso art. 2) si intende “un impianto che, al 10 novembre 1999, aveva ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio, o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale, o per il quale a tale data erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che esso sia entrato in funzione entro il 10 novembre 2000”.

Ciò significa che, a parte l'ovvia constatazione che sono da ritenersi nuovi gli impianti realizzati successivamente alla data di entrata di vigore della legge (e cioè il 7 maggio 2005), sono nuovi anche gli impianti realizzati successivamente al 10 novembre 2000 (senza alcuna riserva) e quelli realizzati successivamente al 10 novembre 1999 a condizione però che, scaduto l’anno da tale data, l'impianto non fosse ancora entrato in funzione.

Per vero, non si comprende del tutto la ratio di questa disciplina: se infatti si voleva – come appare evidente – ampliare rispetto al d.leg. 372/99 il novero degli impianti da controllare, sarebbe stato comunque più semplice stabilire, come linea di demarcazione, quella della mera esistenza dell’impianto al momento dell'entrata in vigore della normativa, senza quindi introdurre elementi di ambiguità che potrebbero dare origine, nell’applicazione del sistema, a contenziosi derivanti dal non sempre facile compito di valutare situazioni risalenti ad anni precedenti.

La procedura per il rilascio dell’a.i.a. è compiutamente indicata nell’art. 5: la domanda che deve essere presentata ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione, oltre le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, deve riportare una serie di dati concernenti a) l'impianto, il tipo e la portata delle sue attività; b) le materie prime e ausiliarie, le sostanze e l'energia usate o prodotte dall'impianto; c) le fonti di emissione dell'impianto; d) lo stato del sito di ubicazione dell'impianto; e) il tipo e l'entità delle emissioni dell'impianto in ogni settore ambientale, nonchè un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente; f) la tecnologia utilizzata e le altre tecniche in uso per prevenire le emissioni dall'impianto oppure per ridurle; g) le misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto; h) le misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente.

Dopodiché la “palla” passa all'autorità competente (sulla cui determinazione, v. l’art. 2, 1° comma) che, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

In questo sintetico esame delle disposizioni procedurali, merita una speciale menzione la norma che prevede (7° comma) che, entro il termine di quindici giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, il gestore provvede a sua cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti che ricadono nell'ambito della competenza dello Stato, di un annuncio contenente l'indicazione della localizzazione dell'impianto e del nominativo del gestore, nonchè il luogo individuato ai sensi del comma 6 ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni.

E' evidente la finalità di questa forma di pubblicità ovvero quella di consentire l’esercizio da parte dei soggetti interessati (8° comma) di presentare in forma scritta, all'autorità competente, eventuali osservazioni sulla domanda stessa ([3]).

In parallelo con questa previsione, l’art. 5, 15° comma, stabilisce che copia dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, sia messa a disposizione del pubblico.

Concluso l’esame della documentazione, considerate le osservazioni degli interessati, acquisite le determinazioni delle amministrazioni coinvolte nel procedimento ed espletati gli eventuali ulteriori accertamenti istruttori, l'autorità competente rilascia, entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorizzazione se sussistono le condizioni che garantiscono la conformità dell'impianto ai requisiti previsti nel decreto, oppure la nega in caso di non conformità ai requisiti ivi previsti.

Tra le altre prescrizioni, l’a.i.a. deve indicare le autorizzazioni sostituite come previsto in via generale dal comma 14 che prevede per l’appunto che il provvedimento di cui stiamo discorrendo sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione.

Una questione che si porrà è se l’elenco delle autorizzazioni sostituite formulato dalla legge sia tassativo o solo esemplificativo.

L'opinione preferibile è nel secondo senso come è dimostrato dai seguenti indici testuali e logico sistematici: le leggi delega hanno indicato, tra i principi e criteri direttivi per l’integrale attuazione della direttiva 96/61/CE, quello di fornire una «elencazione esemplificativa delle autorizzazioni già in atto, da considerare assorbite nell’autorizzazione integrata»; l’espressione che compare nel secondo periodo dell’art. 15, 14° comma, e cioè "L'autorizzazione integrata ambientale sostituisce, in ogni caso, le autorizzazioni di cui all'elenco riportato nell'allegato II", non avrebbe un valido significato se l’elenco dell’Allegato II fosse considerato esaustivo e ugualmente non avrebbe senso la disposizione per cui l’autorità competente deve indicare espressamente nel provvedimento tutte le autorizzazioni ambientali da ritenersi sostituite dall’ a.i.a.

In questo contesto, va notato che la procedura di valutazione di impatto ambientale coesiste con quella di cui al d.leg. 59/05. Ciò è reso palese, tra l’altro, dal disposto del 12° comma dell’art. 5 secondo cui “L'autorizzazione per impianti di competenza statale di cui all'allegato V del presente decreto è rilasciata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio; in caso di impianti sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale, il termine di cui sopra è sospeso fino alla conclusione di tale procedura. L'autorizzazione integrata ambientale non può essere comunque rilasciata prima della conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale”.

La necessità per le imprese di osservare entrambe le procedure autorizzative non appare però del tutto razionale in quanto era più logico prevedere che l’istruttoria tecnica finalizzata al rilascio dell’autorizzazione sia condotta in modo unitario.

Tenuto infatti conto che l'autorità competente deve convocare apposita conferenza dei servizi alla quale invita le amministrazioni competenti in materia ambientale, ben si poteva introdurre in questa sede anche la valutazione di impatto ambientale.

Oltretutto, il 18° comma dell’articolo in commento dispone che "L’autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalità previste per la protezione dell'ambiente nel suo complesso" e ciò richiede logicamente un’analisi dei rischi globale.

Analogamente, lascia perplessi che il legislatore non abbia previsto l'assorbimento, nell’ambito della procedura per il rilascio dell’a.i.a., delle valutazioni del Sindaco di cui all'art. 216 T.U. delle leggi sanitarie relativamente alle industrie insalubri individuate nel d.m. 5 settembre 1994, molte delle quali compaiono anche nell’Allegato I al d.leg. 59/05 (ad esempio, allevamenti, concerie, centrali termoelettriche, inceneritori, industrie chimiche, raffinerie, fonderie).

Come si è detto poc’anzi, l'autorizzazione integrata ambientale deve includere tutte le misure necessarie per soddisfare i requisiti di cui agli articoli 3 e 8, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso (art. 7, 1° comma). L'autorizzazione deve perciò includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate nell'allegato III, che possono essere emesse dall'impianto interessato in quantità significativa, in considerazione della loro natura, e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro, acqua, aria e suolo, nonchè i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicato l'impianto.

Se necessario, l'autorizzazione integrata ambientale stabilisce ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto e per la riduzione dell'inquinamento acustico. Se del caso, i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti.

Al riguardo, la nuova legge ha fatto un salto di qualità in ordine alla vincolatività delle “migliori tecniche disponibili” in quanto, mentre nel previgente sistema (art. 5, 4° comma, d.leg. 372/99) l’autorità era tenuta a rilasciare l’autorizzazione nel rispetto delle linee guida sulle m.t.d., il 5° comma della nuova normativa prevede che “in mancanza delle linee guida di cui all'articolo 4, comma 1, per gli impianti nuovi l'autorità competente rilascia comunque l'autorizzazione integrata ambientale tenendo conto di quanto previsto nell'allegato IV”.

Una giusta attenzione è stata dedicata dal legislatore al capitolo dei controlli in vista della prevenzione dei danni alla salute e all'ambiente: infatti, non solo l'autorizzazione integrata ambientale deve specificare la metodologia e la frequenza di misurazione, la relativa procedura di valutazione, nonchè l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata ed all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale. Il provvedimento deve indicare anche le misure relative alle condizioni diverse da quelle di normale esercizio, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell'impianto, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti e per l'arresto definitivo dell'impianto ([4]).

Ma il controllo della pubblica amministrazione non si ferma all'esame dell’originaria istanza diretta alla realizzazione dell'impianto. Infatti, l'art. 9 dispone che l'autorità competente ogni cinque anni debba rinnovare le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale; a tale fine, sei mesi prima della scadenza, il gestore invia all'autorità competente una domanda di rinnovo, corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 5, 1° comma. Nei successivi centocinquanta giorni dovrebbe intervenire il pronunciamento dell'amministrazione.

Inoltre, è prevista una speciale procedura per il riesame dell'a.i.a. quando:

a) l'inquinamento provocato dall'impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;

b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;

c) la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;

d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.

Sanzioni

Seguendo un’impostazione tipica della legislazione penale in materia di tutela dell’ambiente, il legislatore ha stabilito, sotto la minaccia di comminatoria di una sanzione penale, che le attività ricomprese nell'allegato I siano esercitabili solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione integrata ambientale.

L'art. 16, infatti, stabilisce nel 1° comma che soggiace alla pena dell’arresto fino ad un anno o dell'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro chiunque eserciti una delle attività di cui all'allegato I senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata ([5]).

Al riguardo, va evidenziato che il legislatore ha optato sempre per la pena alternativa a differenza di quanto previsto nel settore della gestione di rifiuti (art. 51 d.leg. 22/97) che invece prevede la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o l'ammenda da euro 2.582 a euro 25.822 se si tratta di rifiuti non pericolosi e la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e l'ammenda da euro 2.582 a euro 25.822 se si tratta di rifiuti pericolosi.

A nostro avviso, sarebbe stato invece opportuno mantenere, anche in questa materia, la previsione dell’alternatività o meno della pena a seconda della diversa pericolosità per le matrici ambientali derivante dalla gestione degli impianti sottoposti ad a.i.a.

La nostra perplessità cresce alla luce dell’espressa disposizione di cui al 10° comma dell’art. 16 secondo cui “Per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del presente decreto, dalla data di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore, relative a fattispecie oggetto del presente articolo”.

La previsione è ovviamente coerente con il principio che l’a.i.a. assorbe altre autorizzazioni e segnatamente l’autorizzazione alla realizzazione e modifica di impianti di smaltimento o recupero dei rifiuti e l’autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento o recupero dei rifiuti (art. 27 e 28 d.leg. 22/97).

Ci si domanda allora perchè sia stata “abbassata la guardia” nel caso in cui l’impianto svolga irregolarmente – sia sotto il profilo della radicale abusività della gestione che sotto il profilo dell’inosservanza di prescrizioni – un’attività che abbia a che vedere con i rifiuti pericolosi.

In conclusione, il giudizio sulla disciplina relativa agli impianti nuovi non può che essere largamente positivo anche se il decreto in alcuni punti è suscettibile di miglioramento. Bisognerà tuttavia vedere se le strutture pubbliche sapranno reggere all’urto di queste nuove regole e svolgere fino in fondo, e non in modo burocratico, il compito di tutela della salute e dell’ambiente.



[1] Si definisce “sostanziale” la modifica (intesa come variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero potenziamento) dell’impianto che, secondo un parere motivato dell’autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l’ambiente.
[2] V., ad esempio, il d.leg. 11 maggio 1999 n. 152 in tema di inquinamento delle acque reflue.
[3] E' immaginabile che questa norma attirerà l’attenzione delle associazioni ambientaliste e dei comitati sorti a difesa di interessi collettivi localizzati che così avranno modo di interloquire, legittimamente, nella fase di approvazione della realizzazione dell'impianto svolgendo un importante ruolo costruttivo e non più solo "contestatore"!
[4] In analogia alla normativa sulle discariche.
[5] Per completezza, ricordiamo che l’art. 16 dispone, nel 2° comma, che è punito con la sola pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro colui che, pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale, non ne osserva le prescrizioni e, nel 3° comma, che è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni o dell'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro chi esercita una delle attività di cui all'allegato I dopo l'ordine di chiusura dell'impianto.