TAR Emilia Romagna (PR), Sez. I, n. 352, del 2 dicembre 2013. Caccia e animali
Legittimità diniego porto fucile uso caccia per colpi di fucile all’indirizzo di un animale domestico
L’esplosione di colpi di fucile all’indirizzo di un animale domestico, avvenuta nelle vicinanza di edifici adibiti a civile abitazione, a tacere del fatto che integra di per sé un abuso nell’utilizzo dell’arma, è fatto di gravità tale da rendere il provvedimento adottato immune da vizi sotto il profilo della congruità, proporzionalità e ragionevolezza. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00352/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00221/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 221 del 2012, proposto da:
Francesco Ruffini, rappresentato e difeso dagli Avv. Eugenio Chierici e Carlo Fratta, con domicilio eletto presso il secondo, in Parma, borgo G.Tommasini n. 9;
contro
Ministero dell’Interno ;
nei confronti di
Jessica Torri;
per l'annullamento
del provvedimento del 13 marzo 2012 con il quale è stato rigettato il ricorso gerarchico proposto avverso il provvedimento di diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia adottato del Questore di Reggio Emilia il 25 novembre 2011;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2013 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con provvedimento del 25 ottobre 2011, il Questore di Reggio Emilia respingeva l’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso caccia presentata dal ricorrente sul presupposto dell’intervenuta segnalazione dell’interessato alla competente Autorità giudiziaria per aver ucciso il gatto della Signora Jessica Torri nei pressi dell’abitazione di quest’ultima, nonché, per essersi aggirato in tre differenti giornate, nei pressi di alcune abitazioni armato del proprio fucile.
Detto diniego veniva impugnato con ricorso gerarchico che il Prefetto di Reggio Emilia respingeva con decreto del 13 marzo 2012.
Il ricorrente impugnava il citato rigetto con il presente ricorso deducendo:
con il primo motivo, la violazione degli artt. 11 e 43 del R.D. n. 773/1931 (T.U.L.P.S.) in virtù della affermata irrilevanza degli allegati presupposti di fatto a comprovare il venir meno dei prescritti requisiti soggettivi di affidabilità, nonché, l’attuale pendenza del procedimento di opposizione al decreto penale di condanna intervenuto a seguito della patita denunzia;
con il secondo motivo di ricorso, eccesso di potere per errata interpretazione della normativa in materia, mancata considerazione del possesso della abilitazione al ruolo di coadiutore nel piano delle specie faunistiche in esubero rilasciata dall’Amministrazione provinciale di Reggio Emilia, nonché, mancata considerazione del già intervenuto pagamento della tassa di concessione governativa per l’esercizio dell’attività venatoria.
Con atto depositato il 31 ottobre 2013, a confutazione degli elementi di fatto assunti a presupposto dell’impugnato provvedimento, il ricorrente richiedeva l’assunzione delle testimonianze dei Signori Angelo Morani e Alfonso Amari.
All’esito della pubblica udienza del 6 novembre 2013, la causa veniva trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
Quanto ai contestati presupposti di fatto (primo motivo di ricorso) è certo, poiché oggetto di ammissione da parte dello stesso interessato (v. 6^ premessa del provvedimento impugnato), che il ricorrente ha esploso colpi di fucile all’indirizzo dell’animale e la circostanza, come si argomenterà in sede di scrutinio del secondo motivo di ricorso, oltre a rendere irrilevante la richiesta assunzione di prova testimoniale, è di per sé sufficiente a sorreggere, sotto il profilo motivazionale, il provvedimento impugnato.
Priva di pregio è, altresì, l’allegata assenza di una definitiva pronunzia in sede penale circa i fatti in questione atteso che, ai fini in esame, non è richiesta.
Come, infatti, ha avuto modo di precisare la più recente giurisprudenza “la normativa in materia di pubblica sicurezza non richiede che le valutazioni prognostiche sull'affidabilità del titolare di porto d'armi, qualora sfavorevoli, si fondino su fatti oggetto di un accertamento penale. Invero, ai sensi degli art. 11 e 43, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS), la detenzione delle armi può essere vietata anche in assenza di sentenza di condanna per specifici reati quando, per circostanze legate alla condotta, sia venuta meno la presumibile certezza della completa affidabilità del soggetto (ex multis T.A.R.Catanzaro Sez. I, 06-12-2011, n. 1524; T.A.R. Piemonte, sez. II, 17 marzo 2007, n. 1317; T.A.R. Liguria, sez. II, 28 febbraio 2008, n. 341)”. (T.A.R. Piemonte, Sez. I 5 dicembre 2012 n. 1284).
Quanto alla pretesa errata applicazione della disciplina normativa vigente (secondo motivo di ricorso), si premette che nel nostro ordinamento non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione di armi con la conseguenza che l'Amministrazione, nella specifica branca, è titolare di un potere ampiamente discrezionale che rende il sindacato giurisdizionale sulle determinazioni in esame limitato ad una estrinseca valutazione di congruità e logicità della motivazione. (Cons. St. Sez. III, 14 settembre 2011, n. 5132)
Quanto alle disposizioni normative che il ricorrente afferma essere state violate, il collegio non può che rilevare che, nel caso di specie, non è riscontrabile alcuna violazione dell’art. 43 del T.U.L.P.S. in quanto le tre specifiche ipotesi ostative alla titolarità di licenza al porto di armi dalla norma contemplate (ed alle quali non è riconducibile la fattispecie in esame), ai sensi del comma 1 del medesimo articolo, sono previste come ulteriori “a quanto è stabilito dall'art. 11”.
L’art. 11, comma 2, del T.U.L.P.S. dispone che “le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione”.
Alla luce del richiamato quadro normativo è, pertanto, pacifico che non solo sussiste in capo all’Autorità di Pubblica Sicurezza il potere di adottare misure interdittive ma che è, altresì, configurabile un vero e proprio dovere di procedere a revoca delle licenze rilasciate in presenza di elementi, discrezionalmente valutabili, che depongano per la sopravvenuta inaffidabilità del soggetto titolare.
È perciò legittima, anche se non ricorre alcuna delle ipotesi specificate dall’art. 43 del T.U.L.P.S., la revoca dell'autorizzazione adottata in base al motivato convincimento amministrativo circa la sola prevedibilità dell'abuso. (Cons. Stato, Sez. VI, 4 aprile 2011, n. 2081)
Nel caso di specie, l’esplosione di colpi di fucile all’indirizzo di un animale domestico, avvenuta nelle vicinanza di edifici adibiti a civile abitazione, a tacere del fatto che integra di per sé un abuso nell’utilizzo dell’arma, è fatto di gravità tale da rendere il provvedimento adottato immune da vizi sotto il profilo della congruità, proporzionalità e ragionevolezza.
Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, l’Amministrazione non è incorsa in alcuna errata interpretazione della disciplina vigente avendo agito, al contrario, in fedele e puntuale applicazione della medesima.
Irrilevanti ai fini in esame sono, inoltre, l’acquisita abilitazione al ruolo di coadiutore nel piano delle specie faunistiche in esubero e l’intervenuto pagamento della tassa di concessione governativa per l’esercizio dell’attività venatoria poiché elementi inidonei a limitare l’esercizio dei poteri discrezionali dell’Amministrazione in materia di armi.
Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.
Non si da luogo a pronunzia sulle spese poiché l’Amministrazione non si è costituita.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Angela Radesi, Presidente
Laura Marzano, Primo Referendario
Marco Poppi, Primo Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)