"Inquinamento elettromagnetico e forme di tutela della salute e dell'ambiente" di Maria Carmela Marra Nuova pagina 1

 

INDICE 1

 

INTRODUZIONE *

 

CAPITOLO PRIMO *

LA NORMATIVA ITALIANA *

1.1 Origine dell’inquinamento elettromagnetico: i primi dubbi, le prime ricerche. *

1.2 Definizione e spiegazione tecnico-scientifica di elettrosmog. *

1.3 Base razionale della normativa italiana: la valutazione di carattere sanitario. *

1.4 Una norma tecnica per i cem. *

1.5 Il D.P.C.M. del 23 aprile 1992: un aggiornamento della normativa a tutela del danno ambientale. *

1.6 Decreto 10 settembre 1998 n.381: regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana. *

1.7 La legislazione regionale in tema d’inquinamento elettromagnetico. Il Veneto la regione con più norme. *

 

CAPITOLO SECONDO *

LA NORMATIVA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE *

2.1 La Comunità Europea e il suo interesse verso l’ambiente e la salute dei cittadini europei. *

2.2 La politica ambientale e sanitaria della Comunità. *

2.3 Risoluzione sulla lotta contro gli inconvenienti provocati dalle radiazioni non ionizzanti (A3-0238). *

2.4 La valutazione di impatto ambientale come strumento di tutela. *

2.5 Il contenuto della Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 12 luglio 1999. *

2.6 I principi della Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 12 luglio 1999. *

2.7 La normativa internazionale. *

 

CAPITOLO TERZO *

LA GIURISPRUDENZA IN TEMA D’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO *

3.1 La nascita della giurisprudenza sui cem. *

3.2 Il ricorso alla norma sulle immissioni e i suoi limiti. *

3.3 La storicità della ordinanza di Pietrasanta. *

3.4 La mancanza del "fumus boni iuris" alla base di alcune decisioni sull’inquinamento elettromagnetico. *

3.5 L’art. 700 c.p.c. come strumento di tutela. *

3.6 Il rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992, e la tutela della salute. *

3.7 Le prime pronunce favorevoli sull’inquinamento da cem. *

3.8 La tutela penale contro l’inquinamento elettromagnetico. *

3.9 Sentenza 12 giugno 1999 n.697: un esempio di individuazione del nesso di causalità fra cem e danno alla salute. *

3.10 La legittimazione del Comune di Rimini. *

3.11 I motivi della decisione. *

3.12 Condotta. *

3.13 Corte di Cassazione: il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico è riconducibile alla previsione dell’art. 674 c.p. *

3.14 Le onde elettromagnetiche come "getto di cose pericolose e reali". *

 

CAPITOLO QUARTO *

LA LEGGE QUADRO SULLA PROTEZIONE DALLE ESPOSIZIONI AI CAMPI ELETTROMAGNETICI *

4.1 Le ragioni che giustificano l’intervento del legislatore statale sull’inquinamento elettromagnetico. *

4.2 Un disegno di legge sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici, ed elettromagnetici (S 4273). *

4.3 La tutela della salute. *

4.4 La tutela dell’ambiente. *

4.5 I controlli e la prevenzione nella legge quadro. *

4.6 Le competenze statali, regionali e l’istituzione del catasto nazionale. *

4.7 I piani di risanamento e le sanzioni. *

4.8 Pareri a confronto sul testo delle legge quadro. *

 

CAPITOLO QUINTO *

IL PROGETTO INTERNAZIONALE CEM *

5.1 La creazione del Progetto Internazionale CEM: i punti principali. *

5.2 La percezione dei rischi dei campi elettromagnetici nel pubblico. *

 

CONCLUSIONI *

 

BIBLIOGRAFIA *

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

 

 

 

Da sempre l'uomo, al pari di qualsiasi essere vivente, è inserito ecologicamente nella natura e nell’ambiente che utilizza e in cui vive.

Si dice, infatti, che esseri viventi e ambiente costituiscono quello che normalmente è detto ecosistema cioè un sistema biologico in permanente equilibrio dinamico.

Da ciò risulta chiaro come la salute dell'uomo possa subire danni dalla degradazione dell'ambiente, e come, dalla tutela dell'ambiente segua una tutela della salute umana.

In generale, un danno ambientale può comportare un danno alla salute; ben più raramente un danno alla salute comporta un degrado ambientale.

Queste ultime, sono tutte riflessioni che coinvolgono una particolare forma di inquinamento: l'elettrosmog, ovvero inquinamento da campi elettromagnetici.

Frutto delle tecnologie che rendono la nostra vita più ricca, più facile, l'inquinamento elettromagnetico è considerato una delle forme di danno ambientale e danno alla salute potenzialmente più pericolose, perché poco conosciuta e studiata.

Elettrodotti, telefonia cellulare, elettrodomestici, radar, generano campi elettromagnetici che senza un adeguato controllo diventano pericolosi per l'ambiente e la salute dell'uomo.

Le industrie delle telecomunicazioni e dell'energia esercitano pressioni sui Governi tanto da non poter avere normative organiche di tutela della popolazione e intanto gli studi epidemiologici, talvolta contrastanti, suggeriscono che i campi elettromagnetici (cem) sono classificati come "probabili cancerogeni" anche se l'associazione tra questi e alcuni tipi di tumore appare di modesta entità e non è sufficiente a stabilire un nesso di causalità tra esposizione ed effetto patogeno.

Di fronte a queste perplessità e dubbi la popolazione mondiale chiede di essere tutelata dall'elettrosmog con l'applicazione del principio "dell’evitare per prudenza" che permette di intervenire prima che la scienza dimostri, in modo definitivo, gli effetti nocivi dell'esposizione.

In Italia, D.P.C.M., decreti, delibere, rappresentano una serie di regole incomprensibili con cui il cittadino deve fare i conti per cercare di ottenere la tutela del diritto alla salute e alla salubrità dell'ambiente.

Tutto ciò porta la battaglia per i diritti civili presso le sedi giudiziarie, dove attraverso il ricorso ai principi del nostro ordinamento, quale il principio fondamentale del diritto alla salute (art.32 Cost.), sono state ottenute importanti vittorie.

La Comunità Europea, anch'essa investita del problema, ha emanato una Risoluzione nella quale si invita la Commissione a proporre provvedimenti per la lotta contro gli inconvenienti provocati dalle radiazioni non ionizzanti, tenendo conto dell'incremento nell'ambiente della densità di potenza delle fonti di emissione di cem, dell'articolo 130R del trattato dell'UE e degli studi scientifici.

La Comunità inoltre, si preoccupa di studiare i meccanismi d’impatto ambientale dei cem sugli organismi viventi, di sollecitare quindi i paesi comunitari ad un’armonizzazione legislativa.

Con una giurisprudenza italiana ed europea in fieri, bisogna tener conto esclusivamente di concetti giuridici come pericolo, rischio, probabilità, nesso di causalità, effetto e risarcibilità; inoltre, delle tante ordinaze dei TAR che si basano su una normativa di portata generale come l'art. 32 Cost. e sul ricorso a provvedimenti d’urgenza (art.700 c.p.c.), di sentenze come quella della Pretura di Rimini n.697/99 che ha fatto ricorso all’art. 590 c.p. (lesioni colpose) per dimostrare il nesso di causalità tra cem e danno alla salute; infine della recentissima Sentenza della Corte di Cassazione n.5626 che ha configurato l’inquinamento elettromagnetico come "getto di cose pericolose" facendo ricorso all’art. 674 c.p..

Tutto ciò rende il cittadino sempre più esposto a una tutela non diretta e di conseguenza i dubbi e la sfiducia tra l’opinione pubblica aumentano.

Nel nostro paese, il progetto di legge S 4273, licenziato dalla Commissione Ambiente del Senato il 6 luglio 2000, una volta approvato definitivamente, rappresenterà la prima normativa organica e uniforme sull’inquinamento elettromagnetico che, superando la situazione della normativa regionale a "macchia di leopardo", si armonizzerà con le legislazioni degli altri paesi europei.

Tale progetto, il primo in Italia, ha come obiettivo primario la protezione della salute dei cittadini, la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, fornisce una corretta informazione riguardo all'esposizione ai cem, prevede piani di risanamento e risarcimento, l’istituzione di un catasto nazionale che censirà tutte le strutture responsabili di un inquinamento elettromagnetico, e, cosa più importante, fissa limiti al di sotto dei quali si ha un tetto di protezione.

In ambito internazionale il problema inquinamento elettromagnetico spinge organismi come l’Organizzazione Mondiale della Sanità a far chiarezza sul problema.

Nel 1996, l'OMS ha avviato il Progetto Internazionale CEM che, alla fine dei lavori, permetterà di fornire raccomandazioni per tutelare la popolazione esposta ai campi elettromagnetici.

In un campo aperto come questo, la visione dei giudici è quella che si deve tutelare in primis il diritto fondamentale della salute, indipendentemente dai risultati scientifici che perverranno, e, sopra qualsiasi interesse economico e utilità di un servizio pubblico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO PRIMO

 

 

LA NORMATIVA ITALIANA

 

 

 

 

 

 

1.1 Origine dell’inquinamento elettromagnetico: i primi dubbi, le prime ricerche.

 

 

I media e i giornali italiani, solo negli ultimi tempi dimostrano un crescente interessamento al fenomeno, ancora non totalmente chiaro, detto inquinamento elettromagnetico che sta suscitando una serie di preoccupazioni e dubbi nei cittadini.

Le poche, sporadiche notizie sull’argomento, prima, provenivano dagli Stati Uniti.

E’ proprio in America che nasce il sospetto "elettrosmog" come forma d’inquinamento che provocherebbe effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.

La prima sentenza statunitense, che stabilisce una relazione tra esposizione di lunga durata ai campi elettromagnetici e decesso, risale alla fine degli anni ’70.

Un impiegato di una compagnia telefonica, che lavorava presso una stazione di ripetitori, all’Empire State Building, muore all’età di 58 anni per causa non accertata.

Successivamente, il Dott. Milton Zaret esperto di radiazioni e oftalmologo alla Facoltà di Medicina di New York, davanti alla Commissione di Medicina del Lavoro, afferma senza alcun dubbio: "L’impiegato è deceduto per invecchiamento precoce anormale ".

Nel frattempo, segnalazioni di casi come quello appena riportato, si sono moltiplicati, sia per una maggiore attenzione al fenomeno, sia per il moltiplicarsi di ripetitori ed elettrodotti.

Le più importanti riviste biomediche cominciano a pubblicare i primi risultati degli studi epidemiologici, ed ipotizzano la nocività dei campi elettromagnetici; intanto il fenomeno elettrosmog comincia a coinvolgere anche l’Europa.

I paesi scandinavi s’interessano al problema e il ricercatore Ahlborn arriva a costatare quattro casi di cancro in più nei bambini che vivono più vicino agli elettrodotti rispetto ad altri.

In Italia, le segnalazioni precise e documentate risalgono alla fine degli anni ’80, riguardo a dubbi presenti già prima. Sorgono comitati come il CONACEM, e la Fondazione Ramazzini, diretta dal Dott. Cesare Maltoni, quest’ultima assertrice di un fattore di cancerogenità elevato dei cem se le loro sorgenti sono molteplici e concomitanti.

Da ciò, i dubbi si alimentano e nasce accanto al problema medico scientifico, quello legislativo.

 

 

 

 

 

 

1.2 Definizione e spiegazione tecnico-scientifica di elettrosmog.

 

 

Per trattare in maniera esaustiva dell’inquinamento elettromagnetico è necessario che, accanto alle origini del fenomeno, si aggiungano informazioni di carattere tecnico che ci aiutano ad effettuare un’analisi più appropriata e approfondita sull’argomento.

In primis, si deve chiarire cosa si intende per "elettrosmog": il termine è l’unione di smog ed elettromagnetico.

Se di facile significato appare la parola smog, inquadrando così il fenomeno nelle forme di inquinamento dell’atmosfera, è "elettromagnetico" il termine la cui spiegazione esige un supporto definitorio.

E’ noto che l’energia elettrica genera un campo elettrico e un campo magnetico; il campo elettrico (E) è prodotto dalle cariche elettriche e la sua intensità è misurata in V/m. L’intensità del campo elettrico è massima vicino alla sorgente e diminuisce con la distanza.

Molti materiali come i metalli sono in grado di creare una schermatura ad esso. Da ciò consegue una prima riflessione di carattere tecnico-giuridico: l’inquinamento elettromagnetico è risolvibile con leggi che stabiliscono distanze oltre le quali il campo elettrico è minimo, inoltre con norme tecniche che prevedono l’uso di materiali e metodi che facendo da schermo, proteggono la salute dell’uomo.

Purtroppo non è così semplice perché il vero problema risiede nei campi magnetici.

Questi sono prodotti dal moto delle cariche elettriche, ogni volta quindi, che una corrente elettrica a frequenza variabile percorre un conduttore genera un campo magnetico.

I campi magnetici non subiscono l’effetto schermante, quindi penetrano in tutti gli ambienti, determinando un’esposizione effettiva della popolazione residente in prossimità di sorgenti di campi magnetici.

L’intensità di tali campi si misura in Tesla (T) e la concatenazione tra campi magnetici e campi elettrici determina nello spazio la propagazione dei cem.

Il Sole e la Terra sono fonti naturali di campi elettromagnetici ma in questo caso l’induzione è vicina a zero Tesla, quindi può dirsi innocua.

Per finire, dobbiamo distinguere tra sorgenti di cem ad alta frequenza (ripetitori, antenne ecc.) e quelle a bassa frequenza (elettrodotti); tale distinzione comporta problemi e risoluzioni legislative diverse.

Finora, i Giudici hanno dovuto utilizzare queste definizioni, ma davanti all’incertezza del mondo scientifico sono in perenne difficoltà nell’esplicare i loro compiti, in quanto è necessario considerare anche una componente etica della questione; ma se questa è importante per fare chiarezza, il giudice non può e non deve ignorare nel suo convincimento, tale concezione scientifica, e chi la difende.

E’ difficile persino in questi casi tutelare il cittadino con interventi legislativi cautelari perché tutti i paesi adottano davanti all’incertezza scientifica sulla nocività di una sostanza, il principio penalistico in dubio pro reo mentre l’intervento cautelare si fonda invece sul fumus boni iuris.

 

 

 

 

 

 

1.3 Base razionale della normativa italiana: la valutazione di carattere sanitario.

 

 

Nell’elaborazione della normativa sulla protezione dai campi elettromagnetici, e nello studio della loro applicazione, si distinguono generalmente tre fasi: la prima, consiste in una valutazione degli effetti biologici e dei rischi per la salute attraverso un esame il più possibile critico dei fatti che ci sono forniti dalla letteratura scientifica.

Nella seconda, si elaborano norme che si basano su questi studi, distinguendo la popolazione dai lavoratori esposti per motivi professionali.

Infine, segue la traduzione delle norme di esposizione o di emissione, in leggi o linee guida.

Tutto ciò, rientra nella logica di una legislazione protezionistica diretta alla limitazione di particolari rischi, di carattere generale completata da ordinanze o decreti per l’attuazione delle disposizioni.

Tale formula, se da un lato provoca un minimo d’incertezza, dall’altro assicura una flessibilità sufficiente per adattare la

legislazione all’evoluzione scientifica.

Va sottolineato, inoltre, che nelle norme italiane si fa riferimento ai soli effetti immediati dell’esposizione; gli unici ad essere ben compresi e qualificati.

E’ invece esplicitamente dichiarato nei vari documenti dell’IRPA, e dell’INICR che al momento attuale, non sono proponibili norme per la prevenzione dei presunti effetti a lungo termine, non essendo gli stessi adeguatamente provati.

Da ciò segue che per una corretta valutazione del rischio sanitario, occorreranno studi epidemiologici conclusivi e precisi.

Fatto sta, che una sostanziale concordanza dei limiti adottati in Italia e dagli altri paesi, fa pensare che ci s'ispira allo stesso criterio di valutazione che di certo non porta a fare passi avanti.

 

 

 

 

1.4 Una norma tecnica per i cem.

 

 

La Legge del 28 giugno 1986 n.339 e il D.M. dei Lavori Pubblici del 21 marzo 1988 (disposizioni in materia di altezze e distanze dei conduttori ove è stabilito peraltro, che nessuna distanza è richiesta per i cavi aerei), sono stati i primi provvedimenti legislativi relativi alla progettazione, costruzione ed esercizio delle linee elettriche; a mio avviso, sono state le prime forme d’interessamento ad alcune strutture, causa d’inquinamento elettromagnetico, cioè gli elettrodotti; grande lacuna di questi provvedimenti però, è che le norme sono solo "tecniche", e quindi non vi è nessun cenno al problema sanitario.

Sono norme tecniche anche la Legge del 9 gennaio 1991 n. 9 e il D.M. del 16 gennaio 1991.

E’ opportuno soffermarsi sulla Legge n.9 del 1991 per capire il suo apporto nell’ambito del problema legato ai cem.

Consideriamo che nel 1988, con il D.P.C.M. del 10 agosto n. 377, e con il D.P.C.M. 27 dicembre 1988, sono individuate le categorie d’opere assoggettate a procedura di valutazione dell’impatto ambientale e sono dettate norme tecniche per la redazione degli studi e la formulazione del giudizio di compatibilità.

Si attua così l’art.6 della Legge 8 luglio n. 349 del 1986.

La Legge n.9 allarga proprio l’orizzonte di questi decreti, estendendo agli elettrodotti l’obbligo della preventiva valutazione d’impatto ambientale.

Pur nella certezza che il D.M. dei Lavori Pubblici del 16 gennaio 1991 sia anch’esso una serie di norme tecniche, nella premessa a tale decreto si fa un vago riferimento alla possibilità che gli effetti derivanti dai campi elettromagnetici prodotti dalle linee elettriche aeree influiscano sulla salute.

Certo è che leggendo le norme ci si accorge che lo spirito del decreto è un altro poiché si consente addirittura il collocamento dei conduttori sopra i terrazzi.

1.5 Il D.P.C.M. del 23 aprile 1992: un aggiornamento della normativa a tutela del danno ambientale.

 

 

Dobbiamo attendere il 1992 perché si possa avere una norma che, a parere di molti, disciplina gli effetti sanitari dell’esposizione della popolazione ai cem.

Il provvedimento in questione è il D.P.C.M. 23 Aprile 1992 che si applica a tutti gli elettrodotti a tensioni superiori a 132 KV a frequenza di 50 Hz, e in cui, per la prima volta, si fa menzione di una specifica prescrizione di protezione e quindi di prevenzione.

Si attua in sostanza l’art. 4 della Legge 23 dicembre 1978 n.833 , in cui si attribuisce al Ministero dell’Ambiente, di concerto con quello della Sanità, il compito di proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri, i limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinamenti di natura chimica, fisica e biologica, e delle emissioni sonore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno.

Tali limiti risultano fissati, per quanto riguarda la massima esposizione ai campi elettromagnetici generati alla frequenza di 50 Hz negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno, dall’art.4 del citato D.P.C.M. aprile ‘92 in:

5 KV/m e 0,1 mT (millitesla) in aree o ambienti in cui si possa attendere che la popolazione trascorra una parte significativa della giornata;

10 KV/m e 1 mT (millitesla) in aree e in ambienti in cui l’esposizione sia ragionevolmente limitata a poche ore al giorno.

In questo articolo, a mio parere, c’è in primo luogo, la naturale consapevolezza, che di fronte ad un agente inquinante, sia importante la modalità e la durata dell’esposizione; in secondo luogo, il legislatore considera la protezione come concetto fondamentale nell’affrontare tutti i problemi legislativi legati alle forme di inquinamento.

Ciò, è ancor più confermato dall’art.5 del D.P.C.M. 23 aprile 1992.

Esso costituisce una novità importante nella legislazione sui cem: introduce la definizione "di distanza di rispetto" dagli elettrodotti, cioè quell’estensione atta a separare e tenere distante la conduttura dell’energia elettrica dall’esercizio di quelle attività che possono ricevere pregiudizio dalla presenza dell’elettrodotto medesimo.

Nella norma le distanze di rispetto sono:

10 m da linee a 132 KV;

18 m da linee a 220 KV;

28 m da linee a 380 KV.

Si evince dalla suddetta norma che non è previsto nessun limite-soglia ma solo distanze di sicurezza che non sono la logica conseguenza del primo.

Si pensa infatti, che se la ratio della previsione fosse la tutela della salute della collettività, le distanze dovrebbero trovare coerenza con i limiti soglia e dovrebbero offrire, rispetto a queste, maggiori garanzie.

Se dunque il provvedimento in questione non tutela la salute, è solo un aggiornamento della normativa a tutela del danno ambientale.

La conferma si potrebbe presto ricavare dall’incongruenza che emerge dal combinato dell’art.4 e art.5.

Premesso che, il criterio guida dovrebbe essere quello di valore soglia, non si comprende come possano essere definite di sicurezza delle distanze quando, all’interno di esse, è sempre riscontrabile un valore di campo elettrico superiore alla soglia.

Una riflessione è opportuna anche sull’art.7 .

L’art.7, nel quale si prevedono risanamenti, è stato modificato dal D.P.C.M. del 28 settembre 1995 , il quale ha stabilito che i risanamenti devono effettuarsi secondo le condizioni previste non più dall’art.5 ma dall’art.4.

 

 

1.6 Decreto 10 settembre 1998 n.381: regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana.

 

 

Finora abbiamo considerato solo quella parte di normativa italiana sull’inquinamento elettromagnetico causato da campi a bassa frequenza, cioè da elettrodotti.

Passiamo ora, quindi, allo studio di quella normativa che riguarda l’inquinamento prodotto dalla telefonia cellulare, elettrodomestici, antenne radio base, ossia, quello prodotto da campi elettromagnetici ad alta frequenza.

In Italia, i cinque milioni di telefoni cellulari hanno reso necessario l’installazione di numerosissime antenne radio base, facendo di un servizio pubblico un grande business e incrementando nell’ambiente le onde elettromagnetiche.

Da ciò è nato il dubbio di un aumento di rischio per la popolazione che ha indotto il legislatore a normare il fenomeno dell’inquinamento da campi elettromagnetici ad alta frequenza.

Attualmente, l’unico provvedimento legislativo che regola la materia è il decreto del 10 settembre 1998 n.381 nel cui testo emergono limiti e mancanze.

Prima di tutto, il decreto proprio perché tale, non contiene sanzioni e quindi, chi non ottempera alle disposizioni non rischia nulla; inoltre, poiché i lavori della legge quadro sull’inquinamento elettromagnetico proseguono, possiamo affermare che la normativa in questione è tendenzialmente transitoria.

Un altro limite si evidenzia nell’art.4 comma 3°, infatti, si specifica che l’applicazione delle disposizioni introdotte dal decreto è affidata alle Regioni e Province Autonome, le quali predispongono con una propria disciplina, il conseguimento dei valori qualità, cioè valori di campi elettromagnetici più bassi possibili, compatibili con la qualità del servizio prestato.

Tutto ciò determina una serie di valutazioni diverse da parte degli enti coinvolti e quindi una diversa applicazione temporale delle disposizioni stesse.

In sostanza l’art. 4 è una norma cautelativa che cerca di garantire un servizio tenendo conto della salute della collettività, ma al momento stesso pecca d’incompletezza, non prevedendo casi d’esposizione ai cem in edifici nei quali si permane per periodi inferiori alle quattro ore.

Le lacune che si evidenziano nel decreto sono la causa della scarsa attenzione al suo testo il quale è stato più volte corretto a distanza di mesi dalla sua pubblicazione.

 

 

 

 

 

1.7 La legislazione regionale in tema d’inquinamento elettromagnetico. Il Veneto la regione con più norme.

 

 

Ultimamente, uno spazio sempre crescente occupano le leggi regionali in tema di danni derivanti da campi elettromagnetici generati da elettrodotti.

La Regione Veneto, è quella che risulta la più produttiva di norme sull’argomento e che, dal 1993 in poi, ha impegnato assiduamente il Consiglio Regionale, per l’approvazione di leggi che, attualmente, fissano limiti di sicurezza per la salute umana addirittura più restrittivi della normativa italiana; mi riferisco in maniera specifica al decreto 23 aprile 1992.

Altre regioni, comunque, si sono interessate al fenomeno e sono la Regione Lazio, Emilia Romagna e Basilicata; le loro leggi però hanno avuto scarsa risonanza.

Ritornando al Veneto, è da poco entrata in vigore la legge 20 ottobre 1999 n.48 della quale era stata sollevata la questione di legittimità riguardo agli art.1 e art.2 in riferimento all’art.117 della Costituzione.

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità e così il Presidente della Giunta Regionale ha promulgato una legge che ha per titolo "Prevenzione dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti" che consta solo di due articoli.

L’articolo 1, comma 1°, stabilisce che, fino al termine previsto dall’art. 69 della legge regionale 30 giugno del 1997 n.27 e, cioè, il 1 gennaio del 2000, si adotta il principio secondo il quale si deve evitare cautelativamente la creazione di nuove situazioni di potenziale rischio alla popolazione.

Nello stesso comma è specificato che, tra le linee elettriche esterne con tensione superiori o uguali a 132 KV e le aree destinate a nuove costruzioni residenziali, scolastiche, e sanitarie, sono previste distanze tali che il campo elettrico e induzione magnetica siano inferiori a 0,5 KV/m e 0,2 mT. Chi garantisce il rispetto delle distanze indicate ed effettua i relativi controlli, è l’ARPAV cioè l’Agenzia Regionale per la Protezione e Prevenzione ambientale del Veneto.

L’art.2 specifica che la legge in questione è dichiarata urgente secondo l’art. 44 dello Statuto Regionale.

Credo che, quanto detto sulla normativa nazionale, che fornisce essenzialmente norme tecniche, possa dirsi anche riguardo alla legge regionale del Veneto.

La tecnicità della normativa e la non menzione ad una tutela specifica della salute si evince dalla titolazione della legge la quale è il risultato della modifica prodotta dall’articolo 18 della legge regionale del 1993 n.43.

La vecchia titolazione era infatti, "Prevenzione dei danni alla salute derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti".

Se la titolazione della legge, da un lato, afferma che purtroppo, il cittadino, colpito dall’agente inquinante provocato dagli elettrodotti dovrà aspettare chissà quali tempi perché una norma possa garantirgli la tutela della salute, dall’altro, la Regione Veneto con la legge 30 giugno 1993 n.27 tutela l’ambiente e il paesaggio che, di fatto, potrebbero essere turbati dagli elettrodotti.

Certo, pensando, prima, alla normativa nazionale e adesso a quella regionale il filo conduttore è unico.

 

 

 

 

CAPITOLO SECONDO

 

 

LA NORMATIVA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE

 

 

 

 

 

 

2.1 La Comunità Europea e il suo interesse verso l’ambiente e la salute dei cittadini europei.

 

 

L’attenzione della Comunità Europea per l’elettrosmog non nasce casualmente, ma dalle particolari scelte e dall’introduzione di "valori non economici" adottati, dalla stessa, nel Trattato Istitutivo della Comunità Europea.

Il desiderio di porre le fondamenta di un’unione sempre più stretta fra i popoli europei costituisce il motivo della nascita delle istituzioni della Comunità; queste ultime a loro volta, realizzano gli obiettivi indicati nel Trattato e, cioè lo sviluppo, il progresso economico e sociale, l’affermazione dell’identità europea, l’instaurazione della cittadinanza europea, lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Proprio l’obiettivo di uno spazio di libertà, inteso come la possibilità di un mercato interno senza alcuna limitazione di circolazione di merci, passa in secondo piano rispetto alla protezione dell’ambiente, alla protezione dei consumatori, in materia di sicurezza, e di sanità.

Ciò è chiaramente enunciato nell’art. 100 del Trattato il quale ha posto la preminenza dei principi non economici appena elencati su quelli economici in linea con un sistema ispirato alle ragioni di mercato.

La Corte di Giustizia, riguardo alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini d’Europa, si è espressa, prima dell’entrata in vigore dell’Atto Unico Europeo del 1986, affermando che la tutela dell’ambiente è "uno degli scopi essenziali della Comunità".

Con l’Atto Unico Europeo del 1986, la Corte di Giustizia ha considerato quelli che erano "scopi", vere e proprie "esigenze imperative", vale a dire, prevalenti rispetto a qualsiasi interesse economico e di mercato.

Lo stesso vale per la protezione della salute.

La Corte di Giustizia nella sentenza Kydep, infatti, stabiliva che la normativa comunitaria posta a tutela della salute del consumatore, (che nel caso specifico stabiliva il tasso massimo di radioattività conseguente agli incidenti di Chernobyl) andava rispettata anche a fronte dell’assunta violazione "di una norma giuridica superiore" (art.39, n.1, lett. b) e c) del Trattato) posta a tutela dei diritti degli agricoltori sulla libera circolazione delle merci.

Adottando lo stesso criterio, la Comunità affronta il problema dell’inquinamento elettromagnetico, ponendo in primo piano la protezione della salute pubblica rispetto ai vari interessi economici e si impegna, attraverso i suoi principi, a realizzare meglio le varie tutele.

2.2 La politica ambientale e sanitaria della Comunità.

 

 

La normativa comunitaria, che a noi interessa per la trattazione a livello europeo dell’elettrosmog, è sicuramente ancora scarna, ma non per questo è difficile ricavare i principi che la sorreggono, gli obiettivi che si prefigge e le fonti cui s’ispira.

Un documento della Comunità, in particolare, ci aiuta a capire quanto detto sopra: parliamo della Risoluzione A3-292/94, che è stata emanata in previsione della Conferenza Europea della Sanità e dell’Ambiente, e, richiama più volte nel testo, l’art.130R del Trattato Istitutivo della Comunità.

In tale articolo si afferma, che la politica della Comunità Europea in materia ambientale, è fondata sui principi di precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul "principio chi inquina paga".

Quest’ultimo, per quanto concerne l’inquinamento elettromagnetico, non è ancora un principio affermato e quindi le industrie energetiche e delle telecomunicazioni pagano il prezzo dell’inquinamento da loro provocato solo nelle aule giudiziarie.

Accanto al principio di cui abbiamo parlato finora, c’è nell’art.130R menzione del principio della precauzione, che, a mio parere, è l’esatta traduzione del "prudent avoidance" cioè "evitare per prudenza" teorizzato da Granger Morton, professore universitario statunitense.

In breve, l’evitare per prudenza è questo: "Se vedi un ostacolo non andare a sbatterci contro. Sterza prima, anche se non sei sicuro se sia un miraggio o un muro di cemento armato".

Tradotto in termini giuridici la precauzione consiste nell’adottare, in caso di dubbio sul livello del rischio, un impostazione più conservativa, consistente nel minimizzare detto rischio o ricorrendo eventualmente all’opzione zero.

Di solito, il principio della precauzione, si accompagna, nell’ambito però solo dell'inquinamento elettromagnetico, al principio A.L.A.R.A. (As Low Reasonable Achievable), secondo cui, una volta fatta una scelta della tecnologia, l’esposizione alle radiazioni dev’essere la più debole possibile.

Ritornando al testo della Risoluzione, dopo aver chiarito la presenza dei principi sopra trattati, una cosa è senza dubbio chiara: la Comunità è convinta che a livello generale e a livello di politica ambientale non esiste rischio zero.

A questa constatazione deve accompagnarsi l’impegno di adeguare le norme in materia di tutela dell’ambiente ai più recenti progressi scientifici e soprattutto occorre l’informazione.

Il cittadino, infatti, deve essere informato adeguatamente su quegli agenti e sostanze inquinanti che possono nuocere all’ambiente e alla sua salute; ciò sarà possibile solo se la Comunità promuoverà la ricerca tossicologica ed epidemiologica.

2.3 Risoluzione sulla lotta contro gli inconvenienti provocati dalle radiazioni non ionizzanti (A3-0238).

 

 

I principi contenuti nell’art.130R e il principio ALARA appena esposti, costituiscono le linee guida della Risoluzione approvata dal Parlamento Europeo il 5 maggio del 19949, in cui si chiede alla Commissione e al Consiglio, di definire una strategia basata su cambiamenti strutturali e tecnologici volta ad arginare l’inquinamento elettromagnetico.

La Comunità, in concreto, vuole condurre una lotta contro gl’inconvenienti provocati dalle radiazioni non ionizzanti, considerando vari aspetti della tecnologia e della scienza.

Ci si rende conto come lo sviluppo tecnologico ha esposto la popolazione europea a più radiazioni elettromagnetiche, conseguentemente all’incremento della domanda di energia elettrica e telefoni cellulari, determinando forti dubbi circa la loro responsabilità per l’aumento di casi di cancro.

Inoltre, il Parlamento Europeo è consapevole della necessità di un intervento normativo poiché "le difficoltà di evidenziare una relazione dose/effetto non impediscono di adottare misure legislative volte a creare un sistema di limitazione all’esposizione dei lavoratori e del pubblico, che tenga conto delle possibilità offerte dal trattamento del problema alla fonte, dal ricorso alla generazione di energia decentralizzata".

Nella Risoluzione in questione, le richieste verso la Commissione sono molteplici, ma riconducibili a tre direttrici: ricerca scientifica e tecnologica, informazione e impatto ambientale.

Mi soffermo momentaneamente sull’informazione a cui il Parlamento fa riferimento nei punti 7 e 8.

In particolare, nel punto 7 si chiede che tutte le apparecchiature che generano cem, abbiano un’etichettatura tale da informare il consumatore sui campi generati in funzione della distanza e del tipo di utilizzo.

Il punto 8, dice testualmente: "Il Parlamento invita il Consiglio ad emanare raccomandazioni agli Stati Membri perché prevedano, nelle regioni attraversate da linee ad alta tensione, misure d’informazione e di prevenzione oltreché regimi d’indennizzo e d’esproprio a favore delle popolazioni interessate".

Ora, quanto detto nella disposizione sembra di lontana realizzazione, in quanto è vero che l’impostazione del problema rispecchia l’art.130R ma, provvedimenti vincolanti per i Paesi membri non se ne sono avuti.

Infine, c’è da affermare che i risultati scientifici non sono definitivi e i controlli che rilevano i valori dei cem sono sporadici, anzi rari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2.4 La valutazione di impatto ambientale come strumento di tutela.

 

 

Il punto 6 della Risoluzione del 5 maggio del 1994 affronta il problema sanitario e ambientale causato dalle fonti d’inquinamento elettromagnetico, disponendo che "qualsiasi progetto di allestimento di nuove linee di trasporto di energia, ovvero di nuove sottostazioni di trasformazione, vada sottoposto, da parte delle autorità degli Stati membri interessati ad uno studio di impatto ambientale", e chiede alla Commissione di prevedere detto obbligo nella sua prossima proposta di modifica della Direttiva 85/337 CEE sulla valutazione dell’impatto ambientale (VIA).

La Comunità, quindi, crede che un’applicazione estensiva della direttiva 85/337 dovrebbe consentire, sin dalla fase d’ideazione di taluni progetti, di minimizzare gli inconvenienti.

Occorre a questo punto, prendere in esame il contenuto della direttiva in modo da comprendere il perché dell’estensione voluta dal Parlamento Europeo per gli elettrodotti.

Innanzitutto, nell’introduzione della direttiva si fa riferimento ad un principio cardine della politica ecologica: "Il principio di prevenzione" e cioè, "evitare fin dall’inizio inquinamenti ed altre perturbazioni, anziché combatterne gli effetti ".

E’ per questo quindi, che in tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, si deve tenere conto delle ripercussioni sull’ambiente.

Sono quest’ultime, che secondo la Comunità, devono essere valutate con opportune procedure.

Credo che anche per gli elettrodotti valga il principio di prevenzione, dando così una giustificazione ai principi esposti all’inizio del capitolo, e cioè il principio ALARA, di precauzione e dell’evitare per prudenza.

Bisogna rendersi conto che se veramente l’inquinamento elettromagnetico è responsabile di un danno alla salute, ba-

sandoci su questi principi, possiamo fare in modo che sia le aziende interessate, sia lo Stato, adottino tutte le cautele nell’installare antenne ed elettrodotti, procedendo così ad una valutazione obiettiva dei progetti da attuare.

La valutazione di cui stiamo parlando, comporta la produzione di dati ed informazioni da parte del committente, che consistono nella descrizione del progetto, in dati necessari ad individuare e valutare gli effetti indotti sull’ambiente e tutte le misure di limitazione degli effetti negativi.

Non dobbiamo inoltre dimenticare che per ambiente s’intende l’insieme dei fattori uomo, fauna, flora, acqua, aria e paesaggio (art.3).

Un ultimo importante elemento di valutazione d’impatto ambientale, è individuato dalla Direttiva nella trasparenza della procedura e nella possibilità del pubblico di partecipare al processo decisionale (art.6 , 7 ,8 ).

In generale, in tutti i paesi europei la Direttiva ha trovato applicazione; nel nostro Paese in particolare con l’art.6 della legge 8 luglio 1986 n.349, che fissa solo provvisoriamente, le linee essenziali del procedimento, e rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio per la disciplina tecnica in dettaglio.

Il problema, è che le amministrazioni regionali non si sono mai dotate, di normativa sulla VIA degli elettrodotti.

Negli altri Paesi Europei, le linee elettriche, e le relative sottostazioni ad alta tensione, sono da tempo oggetto di VIA.

La Francia per esempio, ha sottoposto le linee ad altissima tensione alla valutazione dell’impatto ambientale dal 1983 mentre, dal 1993 le linee ad alta tensione sono sottoposte alla valutazione dell’impatto ambientale sulla base del protocollo d’intesa del 25 agosto 1992 fra Governo ed Electricitè de France (EDF).

Il suddetto protocollo non solo rende obbligatoria la procedura di VIA, ma con misure concrete, si pone l’obiettivo di ridurre l’impatto paesaggistico delle linee elettriche aeree.

Per i nuovi progetti s’impone alla società elettrica la concertazione con le istituzioni locali per l’ottimizzazione dei tracciati e per l’aumento delle misure di compensazione dell’impatto paesaggistico.

Infine, si prevede un ambizioso programma d’interramento delle linee fino a 90 KV, oltre a misure d’indennizzo dei cittadini proprietari di abitazioni poste vicino agli elettrodotti.

 

 

 

 

 

 

2.5 Il contenuto della Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 12 luglio 1999.

 

 

Nell’introduzione della Direttiva 85/337 CEE si specifica che gli effetti prodotti da qualsiasi progetto sull’ambiente devono essere valutati in modo da proteggere la salute umana e contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita.

Riguardo ai progetti degli elettrodotti e di qualsiasi impianto responsabile di produrre danno alla salute, manca qualsiasi valutazione d’impatto ambientale nelle leggi nazionali dei vari Paesi membri della comunità; l’Italia è uno di questi.

Un segnale di concreto interessamento verso la protezione della salute della popolazione e dei lavoratori, mediante una limitazione d’esposizione ai cem, ci viene sempre dalla Comunità Europea con la Raccomandazione del 12 luglio 1999.

Il Consiglio d’Europa raccomanda che gli Stati membri, allo scopo di assicurare un alto livello di protezione della salute dall’esposizione ai cem, prima di tutto adottino limiti fondamentali e livelli di riferimento, che sono stati elaborati sulla scorta di un approfondito esame di tutta la letteratura scientifica pubblicata.

Per proporre le limitazioni d’esposizione ci si è basati soltanto su effetti accertati, mentre l’insorgere del cancro per gli effetti dell’esposizione ai cem di lungo periodo anche in questa sede non è considerato accertato.

Tuttavia poiché esistono fattori di sicurezza di circa 50 tra i valori limite per gli effetti acuti e i limiti di base, la raccomandazione implicitamente contempla gli eventuali effetti a lungo termine; ma veniamo alle definizioni.

Per limiti di base si intendono le limitazioni alle esposizioni ai cem variabili nel tempo, che si fondano direttamente su effetti accertati sulla salute e su considerazioni d’ordine biologico.

I livelli di riferimento sono indicati ai fini pratici di valutazione dell’esposizione, in modo da determinare se siano probabili eventuali superamenti dei limiti di base.

Alcuni livelli di riferimento sono derivati dai limiti di base fondamentali, attraverso misurazioni tecniche e informatiche.

Sempre allo scopo di assicurare un elevato livello di protezione della salute si devono attuare misure relative alle sorgenti o alle attività che determinano l’esposizione della popolazione ai cem, quando il tempo d'esposizione è significativo.

Il punto 4 della raccomandazione sottopone poi ad una scelta i Paesi membri i quali dovrebbero considerare sia i rischi sia i benefici nel decidere se sia necessaria o meno un’azione, quando decidono strategie o adottano provvedimenti relativi all’inquinamento elettromagnetico.

A mio avviso, questo vuol dire che alcune volte ci sono situazioni in cui i dispositivi emittenti campi elettromagnetici migliorano tanto la qualità della vita, nei settori delle telecomunicazioni e dell’energia, da mettere in secondo piano la protezione della salute umana.

Sia che ci troviamo in quest’ultimo caso, sia che prevalga su tutto il "bene salute", è imperativo che i cittadini siano informati costantemente perché comprendano i rischi e le modalità di protezione da esposizione ai cem (punto 5) .

La Comunità, chiede che gli Stati, nei programmi nazionali di ricerca, promuovano e valutino le ricerche nei settori dei cem e della salute e che, dopo i tre anni dalla raccomandazione, forniscano una relazione sulle esperienze acquisite attraverso provvedimenti adottati nel settore.

La Commissione Europea, dovrà continuare a partecipare alle attività delle organizzazioni internazionali competenti nel settore per promuovere il raggiungimento di un consenso internazionale in materia di orientamenti e di pareri sulle misure protettive e preventive.

Naturalmente la Commissione dovrà sempre, ogni cinque anni elaborare una relazione globale della comunità, tenendo conto delle relazioni trasmesse dagli Stati membri e dei più recenti studi e pareri scientifici.

 

2.6 I principi della Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 12 luglio 1999.

 

 

Alcuni dei principi fondamentali della Comunità Europea sono contenuti nella Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 12 luglio del 1999: il principio di proporzionalità, il principio di sussidiarietà e quello di effettività.

Veniamo al principio di sussidiarietà.

L’art.3B del Trattato Istitutivo della Comunità Europea, dispone: "La Comunità interviene secondo il principio di sussidiarietà, soltanto nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario". Il settore delle radiazioni non ionizzanti non è di esclusiva competenza della Comunità quindi, in conformità dell’art.3B del Trattato Istitutivo della Comunità Europea, qualsiasi azione o misura può essere adottata dalla Comunità se "per ragione di scala o in considerazione dell’azione proposta, gli obiettivi perseguiti possono essere meglio realizzati dalla Comunità che dagli altri paesi membri".

Riguardo al principio di proporzionalità, in generale, è considerato il "super principio" che fa da parametro per verificare la violazione stessa di altri principi e diritti fondamentali; in concreto, la verifica si attua stabilendo se gli atti e le misure delle istituzioni sono "proporzionate" alle finalità del Trattato.

La Raccomandazione, in coerenza con il principio di proporzionalità, definisce principi e metodi generali per la protezione dei singoli cittadini; tuttavia, si specifica che gli Stati membri possono adottare norme specifiche sia per le sorgenti e le attività che comportano l’esposizione ai campi elettromagnetici sia per le classificazioni delle condizioni di esposizione delle singole persone.

Un principio sotteso alla Raccomandazione, è il principio di effettività il quale è implicitamente menzionato nell’art.F del Trattato di Maastricht; disposizione questa, che impegna la Comunità, non solo a rispettare i diritti fondamentali formalmente, ma anche concretamente, dotandosi dei mezzi necessari per conseguire gli obiettivi e per portare a compimento le politiche introdotte dallo stesso articolo.

La Raccomandazione, in conformità al principio di effettività, stabilisce che, per garantire la protezione della salute dei cittadini, è necessario che gli Stati membri adottino i limiti e livelli di riferimento da essa introdotta con allegati, che promuovano la ricerca scientifica nel settore dei campi elettromagnetici e che, gli Stati membri tessano una rete d’informazione sufficiente affinché i cittadini possano conoscere i rischi per la salute a cui sono esposti.

Naturalmente, accanto al principio di effettività opera sempre il principio di precauzione, fondamentale per la realizzazione delle politiche dell’ambiente e della salute pubblica comunitarie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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