Aria e rumore nelle aree urbane, il grido di allarme della UE: normative inadeguate e carenze di applicazione
di Gianfranco AMENDOLA
pubblicato su unaltroambiente.it. Si ringraziano Autore ed Editore
Sta sempre più avanzando la convinzione che per la tutela ambientale occorre procedere con molta cautela e senza esagerare; insomma in modo “sostenibile”, dove per sostenibilità si intende compatibilità con le esigenze di mercato e dell’economia. Dimenticando totalmente che purtroppo in questo settore la sostenibilità non può che essere rapportata a qualcosa di molto più rilevante e cioè alla stessa sopravvivenza del nostro mondo e della nostra civiltà.
È per questo che vale la pena di citare un recente lavoro, passato quasi inosservato, della Corte dei conti europea sull’inquinamento urbano nella UE1, con specifico riferimento a due inquinamenti importanti, quello atmosferico e, soprattutto, quello acustico tanto spesso sottovalutato. Inquinamenti che, come rileva la Corte, hanno effetti negativi significativi sulla salute umana2 e sull’ambiente soprattutto nelle aree urbane, dove vive la maggior parte dei cittadini dell’UE; e sono oggetto dell’attuazione del piano d’azione per l’inquinamento zero, che stabilisce valori-obiettivo specifici per ridurre entro il 2030 l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute (decessi prematuri) di oltre il 55 % rispetto al 2005, la relativa minaccia per la biodiversità negli ecosistemi dell’UE del 25 % e il numero di persone affette da disturbi cronici dovuti al rumore dei trasporti del 30 %.
Si tratta tuttavia di obiettivi UE non vincolanti per gli Stati membri. Trattasi, cioè, di piano molto debole come dimostra, appunto, questa relazione dove la Corte ha esaminato se, a metà del percorso, le azioni della Commissione e degli Stati membri siano state adeguate ed efficaci nel tutelare i cittadini e l’ambiente dall’inquinamento atmosferico e acustico urbano sia a livello di normativa sia a livello di azioni concrete. In particolare, per il primo aspetto, l’attenzione della Corte si è focalizzata sulla legislazione dell’UE volta a proteggere i cittadini dagli inquinanti atmosferici più nocivi e dal rumore eccessivo, ossia la direttiva sulla qualità dell’aria ambiente (AAQD) del 20083, la direttiva sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NECD e la direttiva sul rumore ambientale (END), analizzando anche le azioni intraprese dalla Commissione per far rispettare l’attuazione della legislazione dell’UE fino al luglio 2024. Correlativamente, per valutarne l’efficacia in concreto, la Corte ha selezionato, come campione, tre città in tre diversi Stati membri: Atene per la Grecia, Barcellona per la Spagna e Cracovia per la Polonia, trattandosi di aree urbane in cui una stessa autorità è competente per la gestione dell’inquinamento atmosferico e di quello acustico.
Anticipiamo subito che dalla relazione risulta con chiarezza ed abbondanza di dati, che, nelle città europee, nonostante un miglioramento della qualità dell’aria 4, le norme in materia non sono state sempre rispettate o hanno iniziato ad essere rispettate solo di recente; constatazione evidente soprattutto per l’inquinamento acustico delle nostre città5 dove la mancanza di obiettivi di riduzione del rumore da parte dell’UE disincentiva gli Stati membri dal dare priorità alle azioni volte a questo scopo; tanto più che le soglie di segnalazione del rumore riguardano solo la parte della popolazione dell’UE che può essere esposta a livelli nocivi di emissioni acustiche e la maggioranza degli Stati membri dell’UE valuta e segnala l’entità di tale inquinamento in modo incompleto e con ritardo. Al momento dell’audit, peraltro, 15 Stati membri (tra cui Spagna e Polonia) non avevano ancora fornito tutti i dati richiesti; e, a differenza di quanto richiesto dall’END, la Grecia non ha mai trasmesso le informazioni sulla mappatura acustica strategica mediante la piattaforma per la raccolta di dati; né le autorità nazionali hanno spiegato i motivi di tale inosservanza.
Non a caso, quindi, la Commissione e l’AEA ritengono ben poco probabile che entro il 2030, verrà raggiunto il valore-obiettivo per l’inquinamento acustico di ridurre del 30 % il numero di persone danneggiate dal rumore dei trasporti. Le stime attuali della Commissione indicano che il numero non diminuirà di oltre il 19 % entro il 2030 e che, nel peggiore dei casi, il numero complessivo di persone affette da disturbi cronici dovuti al rumore dei trasporti potrebbe addirittura aumentare del 3 %.
Ed è per questo che la prima raccomandazione della Corte chiede alla Commissione UE di dare priorità alle azioni contro l’inquinamento acustico introducendo valori-obiettivo di riduzione del rumore e limiti al livello di rumore nella direttiva sul rumore ambientale, allineando il più possibile le soglie di segnalazione del rumore a quelle raccomandate dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Ma non basta legiferare se poi non si ottempera. E’ vero che in caso di mancato rispetto della pertinente legislazione dell’UE, ad esempio il superamento dei valori-limite per la qualità dell’aria o l’assenza di strumenti strategici per la gestione del rumore, la Commissione può intervenire ed avviare una procedura di infrazione nei confronti dello Stato membro interessato; ma la relazione evidenzia anche che le procedure di infrazione della Commissione sono state spesso piuttosto lunghe e, in alcuni casi, parzialmente inefficaci nel risolvere il problema della non-conformità.
Più in generale, risulta dalla relazione in esame che le violazioni del diritto ambientale rappresentano il maggior numero (pari a circa il 20 % del totale) di casi trattati dalla Commissione, la quale ha avviato 106 procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri per inosservanza delle direttive: delle 106 procedure avviate, il 51 % (54 casi) è stato chiuso, mentre il resto è ancora in corso; 25 sono state rinviate alla Corte di giustizia dell’Unione europea, che si è pronunciata in merito a 22 di esse.
E si ricorda anche che la Commissione ha vinto tre cause dinanzi alla Corte di giustizia contro Grecia, Spagna e Polonia sulla base del fatto che erano stati superati i valori-limite di concentrazione degli inquinanti atmosferici, ma in due casi tali superamenti sono continuati anche dopo la sentenza della Corte.
Se, a questo punto, torniamo in Italia, appare evidente che le considerazioni e le raccomandazioni della relazione UE riguardano anche la situazione del nostro paese dove negli ultimi anni, anche se molto faticosamente, qualcosa si è mosso specie con riferimento all’inquinamento atmosferico nelle grandi città ma siamo ancora ben lontani da risultati ottimali quali quelli richiesti a livello comunitario. E non si tratta solo di carenze normative e di applicazione, si tratta, soprattutto, di carenza culturale da parte di governanti e governati dove, troppo spesso la tutela dell’ambiente viene ancora vista come un lusso per tempi di vacche grasse o viene utilizzata a fini di mercato e di profitto personale. E sempre, come abbiamo detto, con un occhio alla “sostenibilità” che consente di arrivare solo fino ad un certo punto.
In particolare, quanto all’inquinamento atmosferico urbano, i dati forniti dal rapporto “MobilitAria 2024”, realizzato da Kyoto Club e dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche, analizzano i dati del 2022-2023 per particolato e biossido di azoto in 14 Città metropolitane italiane (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia) evidenziando che la maggior delle città analizzate registra, anche se di pochi punti percentuali, una riduzione delle concentrazioni medie di NO2 che varia dal 3% al 12% mentre, per quanto riguarda PM10 e PM2,5, nonostante la generale tendenza in discesa delle concentrazioni si registrano sia decrementi che aumenti.
E, quanto al rumore, l’ISTAT evidenzia che negli ultimi anni diversi capoluoghi di provincia hanno registrato livelli di rumore costantemente superiori ai limiti di legge, specialmente nelle aree urbane ad alta densità di traffico e con intensa attività commerciale e che tra i fattori che alimentano l’inquinamento acustico ci sono il traffico veicolare, ferroviario e aereo, nonché le attività industriali e i cantieri, provocando sempre più spesso l’esasperazione dei cittadini, come dimostra il numero crescente di esposti presentati contro il rumore6.
Di certo, comunque, smog e rumore troppo spesso raggiungono livelli insopportabili anche nelle nostre grandi città e di certo non si fa abbastanza sia come leggi sia come controlli.
Rinviando ad altre opere per approfondimenti, citazioni e richiami7, basta ricordare, in questa sede, che, proprio con riferimento all’inquinamento ritenuto più preoccupante in sede UE -e cioè al rumore- ben pochi risultati ha conseguito la legge quadro n. 447 del 26 ottobre 1995 ampiamente disapplicata a livello locale, e peraltro presidiata solo da sanzioni amministrative, mentre la norma più utilizzata resta tuttora il vecchio art. 659 del codice penale il quale punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309 “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici”. Nonostante la sua innegabile genericità, questa norma, grazie alla costruttiva giurisprudenza della Cassazione, ha costituito per decenni la più rilevante difesa contro l’inquinamento acustico, in qualsiasi modo provocato, dal cane alle campane, dalla motocicletta all’aeroporto, agli allarmi, anche se recentemente la sua efficacia risulta depotenziata dalla riforma Cartabia del 2022, la quale ha inspiegabilmente introdotto per la sua procedibilità l’obbligo della querela, impedendo interventi di ufficio. Ma, in ogni caso, non è con una norma penale generica che si può risolvere il problema dell’inquinamento acustico.
In conclusione, quindi, il grido d’allarme opportunamente lanciato dalla Corte dei conti UE riguarda certamente anche il nostro paese che, allo stato delle cose, appare ben lontano dal rispetto degli obblighi di riduzione per gli inquinamenti previsti per il 2030. Obblighi che -è bene ricordarlo insieme all’OMS- attengono in primo luogo alla nostra salute e alla nostra qualità della vita.
- Corte dei conti europea, relazione speciale 02/2025: “Inquinamento urbano nell’UE – Le città hanno aria più pulita, ma sono ancora troppo rumorose”, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 15 gennaio 2025.↩︎
- Secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), nel 2021 le persone morte prematuramente nell’UE a causa dell’aria inquinata dal particolato (PM2,5), dal biossido di azoto (NO2) e dall’ozono (O3) sono state rispettivamente 253 000, 52 000 e 22 0004. L’esposizione a livelli elevati di inquinamento atmosferico contribuisce all’insorgenza di altri gravi patologie, quali asma, ictus, cardiopatie ischemiche e cancro ai polmoni, mentre L’esposizione a lungo termine al rumore ambientale concorre ogni anno a 48 000 nuovi casi di malattie cardiache e a 12 000 decessi prematuri in Europa. L’AEA stima che almeno una persona su cinque nell’UE sia esposta a livelli di rumore nocivi. L’esposizione a lungo termine a un rumore eccessivo può provocare effetti negativi sulla salute, come disturbi del sonno, malattie cardiovascolari, fastidio, disturbi cognitivi e problemi di salute mentale Ragion per cui l’OMS ritiene che il rumore ambientale sia la seconda maggiore concausa ambientale del carico di malattia nell’UE dopo l’inquinamento atmosferico.↩︎
- La direttiva riveduta relativa alla qualità dell’aria, direttiva (UE) 2024/2881, è entrata in vigore il 10 dicembre 2024, dopo essere stata adottata il 23 ottobre 2024.↩︎
- Nel 2013, secondo l’AEA e gli Stati membri che hanno trasmesso dati sulla conformità alle norme dell’UE, sei di questi ultimi avevano violato il limite annuale dell’UE di PM10 e 19 avevano superato quello di NO2. Nella relazione speciale del 2018 la Corte aveva segnalato un numero di violazioni analogo. Nel 2022, quattro Stati membri hanno violato il limite annuale dell’UE di PM10 e dieci hanno superato quello di NO2. Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, nel 2005 si sono verificati 431 114 decessi prematuri nell’UE dovuti all’esposizione al PM2; ma nel 2021 questa cifra è scesa a 253 305, con una riduzione del 41 % rispetto al 2005.↩︎
- Il rumore stradale è stato individuato come la principale fonte di inquinamento acustico in tutte le città dell’UE↩︎
- Nel 2021, secondo l’ISTAT, sono stati presentati oltre 2.200 esposti per inquinamento acustico, con un’incidenza maggiore nelle città del Nord, come Firenze e Modena, dove i cittadini cercano soluzioni contro il rumore costante e insopportabile↩︎
- Si rinvia per approfondimenti, giurisprudenza e richiami al nostro Diritto penale ambientale, Firenze 2024, cap. 3 e 4.↩︎