TAR Lazio Sez. Iter n.3040 del 25 febbraio 2010
Ambiente in genere. Impianti eolici in ZPS

La lettura sistematica delle disposizioni comunitarie e quindi nazionali consente di ritenere la legittimità della previsione secondo cui nelle Zone di protezione speciale è fatto divieto di realizzare nuovi impianti eolici. E ciò sulla scorta di un dato decisivo, quello per cui la previsione in sede nazionale di un livello di tutela più elevato di quello approntato in sede comunitaria non è di per sé in contrasto con il diritto comunitario. (segnalazione di A. Atturo)

 

 

N. 03040/2010 REG.SEN.

N. 05999/2009 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 5999 del 2009, proposto da:
Soc Ali Snc, rappresentata e difesa dagli avv. Claudia Molino e Antonio Stancanelli, con domicilio eletto presso l’avv. Claudia Molino in Roma, via Panama, 58;

contro

Regione Toscana, rappresentata e difesa dall'avv. Fabio Ciari, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Pasquale Mosca in Roma, corso d'Italia, 102; Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Le dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento della nota del Responsabile del Settore Valutazione Impatto Ambientale, A.C. Programmazione e Controllo, della Regione Toscana, prot. n. A00GRT/125044/P140 del 12 maggio 2009, con la quale è stata dichiarata improcedibile la richiesta, avanzata dalla Società ricorrente, di attivazione della procedura di cui al D.Lgs. n. 152/2006 per la realizzazione di un impianto di produzione di energia eolica; di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, se lesivo, ivi comprese la delibera G.R. 16 giugno 2008 n. 454 e il D.M. Ambiente 17 ottobre 2007, entrambi limitatamente alla parte in cui pongono il divieto di realizzazione di nuovi impianti eolici, quale misura di conservazione per tutte le zone di protezione speciale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Toscana e di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2009 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Tra le altre attività, la ricorrente società svolge quella di installazione impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. In data 20 marzo 2009 ha presentato alla Regione Toscana un progetto per la realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte eolica nel Comune di Arezzo, chiedendo l’attivazione della procedura autorizzativa preliminare, di cui all’art. 12 della Legge della Regione Toscana n. 79 del 1998. A tale domanda ha fatto seguito una nota del Responsabile del settore Valutazione Impatto Ambientale in data 30 marzo 2009 con cui la citata istanza è stata ritenuta inidonea a dare avvio al procedimento ivi previsto non essendo più vigente la richiamata legge regionale. L’istanza è stata dunque riproposta, in data 10 aprile 2009, per l’attivazione della procedura di cui all’art. 21 del decreto legislativo n. 152 del 2006, finalizzata ad avviare una fase di consultazione con le autorità competenti al fine di definire la portata delle informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale. Con nota in data 12 maggio 2009, prot. n. AOOGRT/125044/P140, il Responsabile del Settore Valutazione Impatto Ambientale della Regione Toscana ha dichiarato la domanda improcedibile. In particolare, nella citata nota si rileva che nella specie la procedura, cui condurrebbe l’istanza, non è attivabile atteso che il progetto eolico di cui è questione ricade in area classificata ZPS e che per detta “tipologia di area vige esplicito divieto di realizzazione di nuovi impianti eolici coma da delibera di Giunta regionale n. 454 del 16/06/08 che, in attuazione della disciplina prevista nel D.M. 17.10.2007 del Ministero dell’Ambiente e tutela del Territorio e del Mare inerente “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a zone speciali di conservazione (ZSC) e a zone di protezione speciale (ZPS)”, espressamente prevede, al p.1, lett. l dell’Allegato A, detto divieto per tutte le ZPS”.

Avverso detta nota regionale e gli atti ad essa presupposti è dunque proposto il presente ricorso a sostegno del quale si deduce violazione e falsa applicazione della direttiva CE 27 settembre 2001 n. 77 e della direttiva CE 21 maggio 19992 n. 43, degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387, degli artt. 4 e 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, dell’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, degli artt. 2 e 5 della legge Regione Toscana 3 novembre 1998 n. 79 e dell’art. 15 della legge della Regione Toscana 6 aprile 200 n. 56 nonchè violazione dell’art. 41 della Costituzione ed eccesso di potere per illogicità manifesta.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Ambiente e la Regione Toscana affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2009 il ricorso viene ritenuto per la decisione in esito alla discussione orale

Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

La questione all’esame del Collegio concerne la legittimità della previsione di cui al citato D.M. del 2007 e della consequenziale delibera di Giunta regionale (atti entrambi impugnati in uno con il relativo atto applicativo) nella parte in cui escludono la realizzabilità di nuovi impianti eolici nelle zone di protezione speciale.

E’ bene allora prendere le mosse dalle disposizioni comunitarie di interesse.

La Direttiva 1979/409/CE del 2 aprile 1979 (cosiddetta “direttiva uccelli”), concernente la conservazione di tutte le specie di uccelli selvatici, muove dalla premessa che:

- “per molte specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri si registra una diminuzione, in certi casi rapidissima, della popolazione e che tale diminuzione rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell’ambiente naturale, in particolare poiché minaccia gli equilibri biologici” (2° considerando);

- “la conservazione delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri è necessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, gli obiettivi comunitari in materia di miglioramento delle condizioni di vita, di sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della Comunità e di espansione continua ed equilibrata, ma che i poteri di azione specifici necessari in materia non sono stati previsti dal Trattato” (6° considerando);

- “la conservazione si prefigge la protezione a lungo termine e la gestione delle risorse naturali in quanto parte integrante del patrimonio dei popoli europei; che essa consente di regolarle disciplinandone lo sfruttamento in base a misure necessarie al mantenimento e all’adeguamento degli equilibri naturali delle specie entro i limiti di quanto è ragionevolmente possibile” (8° considerando).

Gli artt. 2 e 3 della Direttiva citata impongono quindi agli Stati membri di adottare “le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 ad un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative”, ovvero le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire una varietà e una superficie di habitat; tali misure sono, innanzitutto:

- l’istituzione di zone di protezione;

- il mantenimento e la sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all’interno ed all’esterno delle zone di protezione;

- il ripristino dei biotopi distrutti;

- la creazione di biotopi.

L’art. 4, poi, prescrive che gli Stati membri classifichino come zone di protezione speciale i territori più idonei, in numero ed in superficie, alla conservazione delle specie di uccelli, tenuto conto delle necessità di protezione di queste ultime nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la Direttiva; e che adottino misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione ed anche al di fuori di esse, “l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative”.

Infine, l’art. 14 dispone che “Gli Stati membri possono prendere misure di protezione più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva”.

La successiva Direttiva 1992/43/CE del 21 maggio 1992 (cosiddetta “direttiva habitat”), relativa alla conservazione degli ambienti naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche, finalizzata alla tutela della diversità biologica, degli habitat e di specie animali e vegetali particolarmente rare, muove dalla considerazione che:

- “la salvaguardia, la protezione e il miglioramento della qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, costituiscono un obiettivo essenziale di interesse generale perseguito dalla Comunità conformemente all’articolo 130 R del Trattato” (1° considerando).

La Direttiva definisce “Sito di importanza comunitaria” un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale in uno stato di conservazione soddisfacente, e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza della rete ecologica Natura 2000, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione; definisce “Zona speciale di conservazione” un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato.

Ai sensi dell’art. 2 della Direttiva, “Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario. Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali”.

Il successivo art. 6 demanda agli Stati membri, per le zone speciali di conservazione, di stabilire le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali e delle specie presenti nei siti. La disposizione richiamata affida ancora agli Stati membri il compito di adottare le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

L’Italia ha attuato gli obblighi di tutela con l’approvazione del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, intitolato “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”.

Per quanto qui interessa, l’art. 4, secondo comma, del regolamento dispone che “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base di linee-guida per la gestione delle aree della rete Natura 2000, da adottarsi con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, adottano per le zone speciali di conservazione, entro sei mesi dalla loro designazione, le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici od integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato A e delle specie di cui all'allegato B presenti nei siti”. Misure queste che, ai sensi del successivo art. 6 del citato D.P.R., valgono anche per le Zone di protezione speciale.

Quanto alle modalità di tutela, l’art. 5 del D.P.R. in esame dà compiuta attuazione alle previsioni dell’art. 6 della Direttiva 1992/43/CE, preliminarmente stabilendo che “Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione”.

Giova quindi anche ricordare che, in data 28 giugno 2006, la Commissione europea ha emesso nei confronti dello Stato italiano, nell’ambito della procedura d’infrazione n. 2006/2131 (avviata per non conformità al diritto comunitario della normativa italiana di recepimento della Direttiva 1979/409/CE, cd. “direttiva uccelli”), un parere motivato nel quale ha contestato la violazione, fra gli altri, degli artt. 2, 3 e 4 della Direttiva 1979/409/CE che prevedono l’obbligo di adottare le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire per tutte le specie una varietà ed una superficie di habitat, nonché misure speciali di conservazione.

Con l’art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge Finanziaria 2007), al fine di prevenire ulteriori procedure d’infrazione, è stata delegata al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’individuazione, mediante decreto, dei criteri minimi uniformi sulla base dei quali le Regioni devono adottare le misure di conservazione di cui agli artt. 4 e 6 del citato D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357.

La delega è stata quindi attuata con il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007, intitolato “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)”.

Orbene, l’art. 5, primo comma – lettera l), di detto decreto ha stabilito che le Regioni provvedano a porre, tra gli altri, il divieto di “realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i quali, alla data di emanazione del presente atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione mediante deposito del progetto. Gli enti competenti dovranno valutare l’incidenza del progetto, tenuto conto del ciclo biologico delle specie per le quali il sito è stato designato, sentito l’INFS. Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell’impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS, nonché gli impianti per autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 KW”.

Il decreto ministeriale, dunque, prescrive che le Regioni vietino in modo assoluto e generalizzato la costruzione di nuovi impianti eolici nelle Zone speciali di conservazione (ZSC) e nelle Zone di protezione speciale (ZPS), con la sola eccezione dei progetti già depositati, degli interventi di sostituzione ed ammodernamento e degli impianti per autoproduzione inferiori a 20 KW.

Il divieto, nella Regione Toscana, è stato sancito con la delibera di Giunta regionale 16 giugno 2008 n. 454, recante puntuale attuazione del citato D.M. 17 ottobre 2007 ed invero sul punto meramente riproduttiva del disposto dell’art. 5, primo comma, lett. l) dell’atto ministeriale richiamato.

Di qui, da ultimo, la nota del responsabile del Settore Valutazione Impatto Ambientale che, in aderenza al disposto del decreto ministeriale e della delibera di Giunta regionale dichiara improcedibile la richiesta presentata dalla società ricorrente.

Ad avviso del Collegio, proprio la lettura sistematica delle disposizioni comunitarie e quindi nazionali innanzi richiamate consente di ritenere la legittimità della previsione secondo cui nelle Zone di protezione speciale è dunque fatto divieto di realizzare nuovi impianti eolici. E ciò sulla scorta di un dato che al Collegio appare decisivo, quello per cui la previsione in sede nazionale di un livello di tutela più elevato di quello approntato in sede comunitaria non è di per sé in contrasto con il diritto comunitario, come condivisibilmente ha rilevato la difesa della Regione Toscana. E’ lo stesso strumento della direttiva, del resto, che consente in via generale agli Stati membri margini di discrezionale apprezzamento delle disposizioni ritenute più idonee a perseguire l’obiettivo posto dalla direttiva medesima. E detto margine appare nel caso di specie particolarmente significativo atteso che le disposizioni comunitarie rimettono integralmente agli Stati membri la determinazione delle misure di protezione da adottare all’interno delle Zone di protezione speciale. E, comunque, l’art. 176 del trattato CE espressamente stabilisce che i provvedimenti adottati dalla Comunità in materia di ambiente “non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore”.

Come ha recentemente osservato la stessa Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 249, comma 3, CE, la direttiva uccelli vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. La Corte espressamente rileva che “l’art. 4, n. 1 e 2, della direttiva 79/404, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, come modificata dalla direttiva 97/49, impone agli Stati membri di conferire alle zone di protezione speciale (ZPS) uno status giuridico di protezione che possa garantire, in particolare, la sopravvivenza e la riproduzione delle specie di uccelli menzionate nell’allegato I, nonché la riproduzione, la muta e lo svernamento delle specie migratrici non considerate nell’allegato I che ivi giungono regolarmente….La tutela delle ZPS non deve limitarsi a misure volte ad ovviare ai danni ed alle perturbazioni esterne causati dall’uomo, bensì deve anche comprendere, in funzione della situazione di fatto, misure positive per la conservazione e il miglioramento dello stato del territorio” (così Corte giustizia CE, sez. II, 13 dicembre 2007 , C-418/04).

Peraltro, la Corte di Giustizia, chiamata a giudicare circa la compatibilità con l’art. 6 della Direttiva 1992/43/CE del rilascio di licenze per la pesca meccanica di cuori eduli nella ZPS del Waddenzee, aveva già affermato che “…la significatività dell’incidenza su un sito di un piano o di un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito viene messa in relazione con gli obiettivi di conservazione di quest’ultimo”, ulteriormente osservando che “…quando un tale piano o progetto rischia di compromettere gli obiettivi di conservazione del sito interessato, esso deve essere necessariamente considerato idoneo a pregiudicare significativamente quest’ultimo...” (Corte Giust. CE - Grande Sezione, sent. 7 settembre 2004, in C-127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging).

Del resto, la giurisprudenza comunitaria tende ad escludere che l’Amministrazione possa effettuare alcun bilanciamento tra le esigenze di tutela della fauna e degli habitat, da un lato, e gli interessi socio-economici, dall’altro, quando si tratti di individuare e perimetrare le ZPS: “…secondo la giurisprudenza della Corte, uno Stato membro non può, all’atto della scelta e della delimitazione di una ZPS, tener conto di esigenze economiche, né a titolo di un interesse generale superiore a quello cui risponde l’obiettivo ecologico considerato dalla direttiva sugli uccelli, né in quanto esse rispondono a motivi imperativi di rilevante interesse pubblico come quelli di cui all’art. 6, n. 4, primo comma, della direttiva sugli habitat”(così Corte Giust. CE, Seconda Sezione, sent. 23 marzo 2006, in C-209/04, Commissione c. Austria; nello stesso senso già Id., sent. 11 luglio 1996, in C-44/95, Royal Society for the Protection of Birds).

In definitiva, la previsione ad opera dell’ordinamento nazionale di meccanismi più rigorosi di tutela, segnatamente del divieto di realizzazione di nuovi impianti eolici nella Zone di protezione speciale, non contrasta con il diritto comunitario.

Né la prescrizione di cui è questione appare illogica o irrazionale ove si abbia riguardo alla considerazione di fondo per cui l’interesse alla tutela dell’ambiente ha, nel nostro sistema, indubbio valore costituzionale primario ed assoluto, inderogabile dalle altre discipline di settore (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 104 del 2008). Avuto infatti riguardo alle particolari esigenze di tutela dell’ambiente e dell’avifuana, che sono sottese agli interventi prima del legislatore nazionale e quindi dell’autorità di Governo, la introduzione di un divieto di realizzazione di nuovi impianti eolici nelle Zone di protezione speciale risulta coerente con i ricordati valori primari, nonché ragionevole sul piano della comparazione dei più interessi pubblici e privati coinvolti. Certamente, l’introduzione del divieto di cui è questione sostanzia in fatto una valutazione ex ante della ritenuta non compatibilità degli impianti eolici con le particolari esigenze di tutela ambientale e di specifiche specie aviarie (per mezzo anche della protezione del loro habitat). Ma siffatta valutazione non è, come si diceva, né illogica né irrazionale ove si consideri che le Zone di protezione speciale scelte lungo le rotte di migrazione dell’avifauna sono finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione degli habitat per la conservazione e gestione delle popolazioni di uccelli selvatici migratori. E rispetto a siffatta finalizzazione costituisce un dato di intuitiva evidenza quello per cui lo sviluppo essenzialmente verticale degli impianti eolici rappresenti di per sé fattore idoneo a disturbare il passaggio delle specie volatili che si intende tutelare. Né siffatta composizione di contrastanti interessi segna in maniera indebita gli interessi legittimamente sottesi alla realizzazione dell’impianto (peraltro, venendo in gioco anche un interesse ambientale, trattandosi della produzione di energia da fonte rinnovabile), essendo il divieto ragionevolmente posto solo per nuovi impianti ed appunto limitatamente alle Zone di protezione speciale.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame poiché infondato.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I ter respinge il ricorso di cui in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Patrizio Giulia, Presidente

Salvatore Mezzacapo, Consigliere, Estensore

Fabio Mattei, Consigliere