Consiglio di Stato Sez. VI n. 4686 del 9 maggio 2023
Beni culturali.Sui limiti al sindacato giurisdizionale in caso di vincolo

L’interesse culturale di un’opera viene preso in considerazione dalla norma attributiva del potere, non nella dimensione oggettiva di fatto ‘storico’ - accertabile in via diretta dal giudice - bensì di fatto ‘mediato’ dalla valutazione affidata alla p.a.; ne consegue che il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella della p.a., dovendo di regola verificare se l’opzione prescelta da quest’ultima rientri o meno nella ristretta gamma delle risposte maggiormente plausibili e convincenti alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto


Pubblicato il 09/05/2023

N. 04686/2023REG.PROV.COLL.

N. 05457/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5457 del 2022, proposto da
Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Enrico De Marco, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Calabi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 880/2022, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso promosso per l’annullamento del provvedimento di diniego al rilascio dell’attestato di libera circolazione e contestuale avvio del procedimento di dichiarazione di interesse culturale per il bene di cui alla denuncia per il rilascio dell’attestato di libera circolazione prot. n. 5109 del 18 febbraio 2020;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Enrico De Marco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2023 il Cons. Davide Ponte e udito per la parte appellata l’avvocato Giuseppe Calabi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame il Ministero odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 880 del 2022 del Tar Milano, recante accoglimento dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla odierna parte appellata per l’annullamento del provvedimento di diniego al rilascio dell'attestato di libera circolazione e contestuale avvio del procedimento di dichiarazione di interesse culturale per il bene, di cui alla denuncia per il rilascio dell'attestato di libera circolazione prot. n. 5109, del 18 febbraio 2020, allegato 1, codice pratica SUE 486193, di cui alla nota prot. 17384, del 21 giugno 2021, del Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano - Ufficio Esportazione.

All’esito del giudizio di primo grado il Tar accoglieva il primo motivo di gravame in relazione alla mancanza di una motivazione del diniego circa una valutazione rispettosa degli indirizzi fissati nel DM 6/12/2017, n. 537, contenente gli «Indirizzi di carattere generale per la valutazione del rilascio o del rifiuto dell'attestato di libera circolazione da parte degli uffici esportazione delle cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico», sotto i seguenti profili: quanto alla rarità dell’opera, alla rilevanza della rappresentazione ed alla testimonianza significativa di una collezione privata rilevante.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, il Ministero appellante censurava la sentenza impugnata deducendo i seguenti motivi di appello:

- erronea esclusione del profilo della rarità;

- erroneità in relazione al profilo della rilevanza della rappresentazione;

- erroneità sulla importanza collezionistica dell’opera.

La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

Con ordinanza n. 3758 del 2022 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione di esecutività della sentenza impugnata.

Alla pubblica udienza del 13 aprile 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. La presente controversia ha ad oggetto la sentenza con cui il Tar adito ha accolto il ricorso proposto, dal proprietario del dipinto “Fiori” di Giorgio Morandi di cui alla denuncia del 18 febbraio 2020, avverso il diniego al rilascio dell’attestato di libera circolazione della stessa opera.

2. I tre profili di accoglimento di prime cure, per quanto sarà detto nel prosieguo, si scontrano con (e sono confutati da) i vizi di appello dedotti da parte appellante, con le risultanze agli atti, con la approfondita motivazione posta a base del diniego e con i consolidati orientamenti di questo Consiglio.

2.1 In linea di diritto va ribadito che la dichiarazione dell’interesse culturale «accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto» dell’«interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante» (combinato disposto degli articoli 10, comma 3, lettera a, e 13 del Codice di settore).

2.2 Il decreto ministeriale n. 537 del 2017 (recante indirizzi di carattere generale per la valutazione del rilascio o del rifiuto dell’attestato di libera circolazione da parte degli uffici esportazione delle cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico) precisa che le relazioni a supporto del diniego all’esportazione e il contestuale avvio del procedimento di dichiarazione di interesse «devono sempre essere sviluppate in maniera esaustiva, con motivazioni puntuali riferimenti bibliografici aggiornati, se disponibili, e attraverso l’associazione di più di un principio di rilevanza tra quelli riformulati nei nuovi Indirizzi, soprattutto nei casi in cui sembra essere predominante una valutazione legata alla qualità artistica del bene, non sufficiente da sola a giustificare un provvedimento di tutela».

Gli elementi di valutazione, idonei a sorreggere la valutazione di interesse, vengono indicati dal predetto decreto nei seguenti sei: la qualità artistica dell’opera; la rarità, in senso qualitativo o quantitativo; la rilevanza della rappresentazione; l’appartenenza a un complesso o contesto storico, artistico, archeologico, monumentale; la testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo; la testimonianza rilevante, sotto il profilo archeologico, artistico, storico, etnografico, di relazioni significative tra diverse aree culturali, anche di produzione o provenienza straniera.

2.3 Negli atti oggetto di contestazione, il diniego e la relazione allegata, i profili di rilevanza considerati posti a fondamento della determinazione contestata, sono i seguenti quattro su sei: la qualità dell’opera; la rarità; la rilevanza della rappresentazione; l’appartenenza del dipinto alla nota e significativa, per la promozione dell’autore, collezione di dipinti dei coniugi venezuelani Plaza, formatasi e costituitasi fra Bologna e Firenze negli anni Cinquanta, sotto la supervisione dell’artista.

3. Orbene, a fronte dei quattro elementi di rilevanza individuati, fra i sei del DM, nel caso di specie, il Tar ha accolto i dedotti difetti di motivazione ed istruttoria avverso la rarità, la rilevanza della rappresentazione e la testimonianza significativa di una collezione privata rilevante. Tutti tali profili si scontrano peraltro con i limiti di sindacato propri del presente giudizio di legittimità e con le risultanze agli atti.

4. Sul primo versante, in considerazione della natura delle contestazioni mosse avverso la decisione di vincolo, connotata da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, va richiamato l’orientamento ancora di recente ribadito dalla sezione.

4.1 Le valutazioni dei fatti complessi richiedenti particolari competenze (c.d. «discrezionalità tecnica») ‒ a differenza delle scelte politico-amministrative (c.d. «discrezionalità amministrativa»), rispetto alle quali il sindacato giurisdizionale è incentrato sulla ‘ragionevole’ ponderazione di interessi non previamente selezionati e graduati dalle norme ‒ vanno vagliate dal giudice con riguardo alla loro specifica ‘attendibilità’ tecnico-scientifica.

Sebbene sia stata oramai definitivamente accantonata l’opinione tradizionale che escludeva si potesse riconnettere alla sentenza del giudice amministrativo l’effetto di imporre una disciplina del rapporto tra amministrazione e cittadino “sostitutiva” della disciplina dettata dall’atto annullato, resta il fatto che non sempre il contenuto ordinatorio della sentenza di accoglimento consente una definizione della fattispecie sostanziale.

4.2 Nel caso in esame, il presupposto del potere ministeriale di vincolo ‒ ovvero l’interesse culturale dell’opera ‒ viene preso in considerazione dalla norma attributiva del potere, non nella dimensione oggettiva di fatto ‘storico’ (accertabile in via diretta dal giudice), bensì di fatto ‘mediato’ dalla valutazione affidata all’Amministrazione. Ne consegue che il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Amministrazione, dovendo di regola verificare se l’opzione prescelta da quest’ultima rientri o meno nella ristretta gamma delle risposte maggiormente plausibili e convincenti alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto.

4.3 È ben possibile per l’interessato ‒ oltre a far valere il rispetto delle garanzie formali e procedimentali “strumentali” e gli indici di eccesso di potere ‒ contestare anche il nucleo intimo dell’apprezzamento complesso, ma in tal caso egli ha l’onere di dimostrare che il giudizio di valore espresso dall’Amministrazione sia scientificamente inaccettabile.

Fino a quando si fronteggiano opinioni divergenti, tutte parimenti argomentabili, il giudice deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle forme democratiche) della competenza ad adottare decisione collettive, rispetto alla posizione ‘individuale’ dell’interessato.

5. Applicando tali coordinate al caso di specie, e premessa la indiscussa sussistenza del criterio della qualità dell’opera, tutti e tre i profili accolti dal Tar si scontrano con la sola opinabilità delle valutazioni ministeriali, le quali non possono dirsi scientificamente inaccettabili. Nella sostanza, si confrontano diverse valutazioni di merito circa la sussistenza dei presupposti, rispetto alle quali neppure è ipotizzabile che quelle ministeriali siano meno pregevoli, anzi.

6. In relazione alla rarità, la relazione storico artistica, oltre ad inquadrare il dipinto dal punto di vista temporale in un peculiare contesto storico (sia per il Morandi, arrestato nel maggio del 1943, sia per il paese) che già di per sé ne evidenzia l’autonoma rilevanza, svolge una valutazione puntuale in proposito, laddove evidenzia che “Il piccolo olio e firmato e datato con un certo risalto, non inusuale morali e comunque significativo, al centro in basso: Morandi 1943. Un’esplicitazione cronologica da non trascurare il valutare questi fiori pressoché inediti e riconoscibili botanicamente, con una certa evidenza, in topinambur”. Quindi, sia sul versante storico che su quello del carattere inedito dei fiori, si è incentrata una adeguata valutazione di rarità, attraverso elementi di per sé esistenti e di sicura rilevanza ai fini in esame; infatti, tali elementi esprimono direttamente la rarità e non la qualità, diversamente da quanto valutato dal Tar.

6.1 In ordine al profilo della rarità assumono ulteriore rilievo, a sostegno della congruità della motivazione, le argomentate controdeduzioni rispetto al punto 1 delle osservazioni di parte. Infatti, in tale ambito l’amministrazione svolge un complesso approfondimento, coerente al contesto e privo di elementi di illogicità o di travisamento dei fatti, da cui emerge una adeguata valutazione circa la peculiarità e rarità del dipinto.

Si segnalano in particolare i seguenti passaggi: “La presunta rilevante frequenza di opere di Morandi di analogo soggetto non solo andrebbe circoscritta ai suoi dipinti degli anni quaranta, che non sono più di sette su diciannove, ma non tiene strumentalmente conto della circostanza particolare universalmente riconosciuta dalla critica morandiana, secondo la quale il criterio di rarità per Morandi possa essere applicato solo tenendo ben presente la peculiarità della ricerca dell’artista bolognese, fondata su infiniti modi in cui le cose possono apparire o configurarsi davanti a noi e dunque sulla ripetizione degli stessi soggetti, degli stessi oggetti e sulla realizzazione di apparentemente piccoli militanti spostamenti. Pertanto, un simile computo, per un autore così significativo nell’evocare immensi mondi poetici…. ha davvero poca ragion d’essere dal punto di vista costitutivo, semmai l’utilità marginale della tutela dell’opera in questione sarebbe da riconoscersi nella rarità qualitativa del pezzo che non è come pochi altri citati di quegli anni omaggio, un dono ad un amico o alla di lui moglie, ma rappresenta piuttosto il frutto e della ricerca e della scommessa di Morandi rivolge a sé stesso…. Non si tratta quindi di un’opera priva di raffinatezza, ma di un raro esercizio di stile e di colore, realizzato con fiori naturali che poco hanno a che vedere coi tanti mazzi impolverati di fiori secchi e che evoca la reazione interiore dell’artista alle brutture della guerra”.

7. In relazione alla rilevanza della rappresentazione, se per un verso l’accoglimento in parte qua non risulta accompagnato nella sentenza impugnata da una specifica motivazione, per un altro verso negli atti impugnati tale elemento risulta espresso in termini chiari e coerenti ai limiti di sindacato predetti.

In proposito, il d.m. predetto individua il criterio come “la rilevanza della rappresentazione sia intesa come la presenza nella cosa di «un non comune livello di qualità e/o importanza culturale, storica, artistica, geografica o etnoantropologica, in rapporto a: - aspetti di iconografia/iconologia; - esistenza di importante documentazione o testimonianza storica, geografica o sociale, compresa la storia del costume”.

7.1 Nel caso di specie, la relazione storico artistica svolge un lungo ed articolato approfondimento storico e sociale, oltre che iconografico, sia con riferimento al peculiare momento storico del Paese ed a quello dell’artista, la cui attenta lettura evidenzia una complessità rispetto alla quale l’accoglimento del Tar appare del tutto carente.

7.2 Analogamente, approfondite valutazioni in merito alla rilevanza della rappresentazione emergono dal provvedimento di diniego, in risposta al punto 2 delle osservazioni di parte. Sul punto si riporta uno dei tanti passaggi significativi, in termini esemplificativi dell’approfondimento svolto: “come in altri dipinti dell’estate autunno del 1943, il tocco di diversi pennelli è un tratto, un movimento breve o lungo del colore sulla tela, segno che, nella sua varietà, fa percepire il soggetto con instabilità e fremito, quasi ad esaltare il senso dell’impossibilità di rallentare il corso della vita ed a rimarcare la caducità della stessa e dei fiori, come emblema di essa. Ecco dove sta la significatività della rappresentazione e l’utilità marginale della sua posizione a regime di tutela del piccolo dipinto l’esame”.

8. Infine, in relazione al criterio della testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo, il decreto predetto richiama «la possibilità di valutare il bene in quanto testimonianza significativa di una collezione privata rilevante - di formazione tanto storica, quanto contemporanea - o di un contesto particolare di storia locale; bisognerà, pertanto, prendere in considerazione anche la natura del complesso di appartenenza che deve essere caratterizzato da una intenzione collezionistica riconoscibile o dal legame con un complesso ben individuabile di tradizioni sociali e culturali. La testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo dovrà essere valutata soprattutto in rapporto alle collezioni storiche italiane o con riferimento alla storia delle tradizioni locali».

8.1 Nel caso di specie la sentenza del Tar, senza esaminare l’articolata motivazione degli atti impugnati, si limita a richiamare la relazione di parte (della dr.ssa Marilena Pasquali) secondo cui la collezione Plaza non avrebbe un rilievo particolare in rapporto alla storia collezionistica italiana.

8.2 Orbene, anche in disparte la assoluta genericità di tale ultima (ed unica) affermazione della sentenza, dall’esame degli atti emerge un articolato precorso esplicativo della sussistenza anche di tale quarto criterio.

8.3 Dalla relazione storico artistica, emergono una serie di elementi posti a base della ritenuta rilevanza della collezione: “il dipinto approdato in collezione romana e poi presso la galleria il secolo di Roma nel 1950, fu acquistato intorno a quell’anno dai coniugi Plaza, proprietari della famosa catena di alberghi. Il 1950 fu un anno cruciale per la conoscenza del pittore che partecipa a molte e tra le più importanti esposizioni fuori dall’Italia di arte italiana. A partire da quell’anno i venezuelani Josè Luise Beatriz Plaza crearono a Caracas un’importante collezione di arte europea: la presenza di ben 27 opere del pittore bolognese ne faceva la più significativa raccolta di dipinti Morandi nella seconda metà del novecento”. Quindi, la relazione da atto degli elementi in base ai quali è emersa l’intenzione collezionistica dei coniugi Plaza.

8.4 Analogamente ai precedenti punti, nel dare risposta alle osservazioni del privato il diniego finale approfondiva la motivazione anche sul criterio in discussione (cfr. sub punto 3): la collezione dei coniugi venezuelani “è stata una delle raccolte più importanti di opere di Morandi: oltre al dipinto in oggetto erano presenti in essa altri 26 pezzi dell’artista bolognese. Si trattava di un corpus di grande interesse che comprendeva per esempio una delle due nature morte nel 1919, appartenente al raro periodo di aderenza ai valori plastici”. Segue il richiamo ad importanti mostre e collocazioni conosciute dalla collezione.

8.5 Orbene, anche in tal caso emerge evidente lo svolgimento di un articolato approfondimento circa la sussistenza dei presupposti dei criteri invocati dall’amministrazione, attraverso elementi che, per quanto tecnicamente opinabili nel merito, appaiono privi di qualsiasi profilo di illogicità o di travisamento dei fatti. In definitiva, l’amministrazione è giunta ad una diversa e plausibile determinazione, rispetto a quella posta a base dell’esperto che ha redatto la relazione di parte senza che quest’ultima fornisca indizi circa l’erroneità logica e di fatto delle valutazioni ministeriali.

9. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello è fondato sotto tutti e tre i motivi dedotti e va pertanto accolto; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono giusti motivi, a front della natura e della complessità delle valutazioni svolte, per compensare le spese di lite del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere, Estensore

Giovanni Gallone, Consigliere

Marco Poppi, Consigliere