Cass. Sez. III n. 26807 del 21 giugno 2023 (UP 16 mar 2023)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Di Laudo
Urbanistica.Disciplina antisismica e falso
 
Non v’è dubbio che, ai fini di cui agli artt. 83 ss. d.P.R. 380 del 2001, i calcoli strutturali debbano essere presentati – e verificati – con riguardo ad ogni parte del fabbricato, come chiaramente prescritto, ad es., nell’art. 84, comma 1, del citato testo unico (cfr., in particolare, sub lett. d). La fedele rappresentazione dell’edificio sulle tavole allegate alle istanze volte al rilascio dell’autorizzazione sismica, in quanto finalizzata a consentire la dovuta verifica da parte del competente ufficio tecnico regionale, deve pertanto attenere non soltanto all’involucro esterno del manufatto ma anche alla sua conformazione interna, sicché dovevano certamente formare oggetto di corretta rappresentazione anche i locali del piano seminterrato.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26 marzo 2021, la Corte d’appello di Firenze, per quanto qui rileva, accogliendo parzialmente il gravame proposto dall’imputato Giulio Mario Di Laudo, lo ha assolto perché il fatto non sussiste dal reato di cui al capo D) n. 7 e, previa riqualificazione dei restanti addebiti nel delitto di cui all’art. 481 cod. pen., ne ha confermato la penale responsabilità per gli altri sei reati di falso per cui il medesimo aveva riportato condanna in primo grado. La penale responsabilità era in particolare stata affermata con riguardo a relazioni, contenenti false attestazioni, da lui redatte in qualità di geometra libero professionista e presentate alla pubblica amministrazione in favore di suoi clienti, a corredo di istanze volte al rilascio di autorizzazioni e permessi di costruire in sanatoria.

2. Avverso la sentenza di appello, a mezzo del difensore fiduciario, Di Laudo Giulio Mario ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con il primo motivo, la violazione di legge per non aver la sentenza ravvisato la già intervenuta prescrizione dei reati di cui ai capi D) nn. 2 e 4.

3. Con il secondo motivo si lamenta il vizio di motivazione con riguardo al reato di cui al capo C) n. 1, non avendo la sentenza risposto adeguatamente alle doglianze proposte con l’appello con cui si lamentava: che la falsa rappresentazione della distribuzione interna dei locali nella relazione tecnica di accompagnamento della richiesta sanatoria sismica non aveva alcuna incidenza sul provvedimento richiesto, rilevando soltanto la rappresentazione volumetrica, nella specie fedele, del fabbricato; che non vi era prova che al momento della stesura della relazione egli fosse a conoscenza della perdurante presenza dei locali da lui graficamente non rappresentati, avendo dato indicazione di “tamponare” i locali abusivi accertati a seguito della prima ispezione dell’autorità di controllo.

4. Con il terzo motivo si lamenta il vizio di motivazione con riguardo agli ulteriori tre reati per cui è stata confermata la responsabilità, deducendosi  l’omesso vaglio delle doglianze proposte con l’appello con le quali si rappresentava che:
- in relazione al capo D) n. 3, anche con riguardo ai nuovi elaborati presentati in data 1° aprile 2014 ai fini dell’accertamento di conformità, non vi era prova dell’effettiva conoscenza da parte dell’imputato che i locali del seminterrato non indicati fossero ancora presenti;
- la stessa circostanza valeva per gli elaborati presentati con riguardo all’istanza di accertamento di conformità depositata il 18 dicembre 2014 e contestata al capo D) n. 6;
- quanto agli elaborati presentati in allegato alla istanza di sanatoria ai fini del vincolo idrogeologico, oggetto di contestazione al capo D) n. 5, la fedele rappresentazione della suddivisione interna del fabbricato era irrilevante ai fini del controllo idrogeologico.

5. Con il quarto motivo di ricorso si lamentano violazione della legge penale e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio complessivo, non avendo la Corte d’appello tenuto conto dell’intervenuta prescrizione dei due reati di cui si è detto.

6. Con l’ultimo motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione per mancanza di motivazione circa la misura dell’aumento praticato per ogni reato riunito nel vincolo della continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è innanzitutto fondato con riguardo al primo ed al quarto motivo – da esaminarsi congiuntamente per l’evidente connessione – e, per quanto di ragione, al quinto motivo.
Secondo l’editto accusatorio, i reati di cui ai capi D) nn. 2 e 4 si sono rispettivamente consumati, con la presentazione delle false certificazioni, il 18 giugno 2012 e il 28 giugno 2013. Non risultando cause di sospensione del corso della prescrizione, tenendo conto degli atti interruttivi e del termine massimo di prescrizione, pari a sette anni e mezzo, i reati si sono dunque estinti, rispettivamente, il 18 dicembre 2019 e il 28 dicembre 2020, vale a dire prima della pronuncia resa dalla Corte d’appello il 26 marzo 2021, che avrebbe pertanto dovuto rilevarne, anche d’ufficio, l’intervenuta prescrizione.
Trattandosi di motivo ritualmente dedotto, anche per violazione di legge, non v’è dubbio che lo stesso possa trovare accoglimento in questa sede anche se l’eccezione di prescrizione non fosse stata dedotta nel giudizio di merito. Di fatti, secondo l’oramai pacifico orientamento di questa Corte, suggellato da un intervento delle Sezioni Unite, è ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266819; Sez. 5, n. 29225 del 04/06/2018, Triolo, Rv. 273370), anche se la causa estintiva non era stata dedotta nei precedenti gradi di giudizio (Sez. 3, n. 11103 del 30/01/2014, Colosso, Rv. 258733).
La sentenza impugnata va pertanto annullata in parte qua, senza rinvio, con rideterminazione della pena come di seguito meglio si preciserà.

2. Il secondo motivo, riferito al reato di cui al capo C), n. 1, è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, trattandosi della mera reiterazione di doglianze proposte con il gravame di merito alle quali la sentenza impugnata ha dato corrette e non illogiche risposte.
2.1. Quanto al primo dei profili dedotti, la sentenza ha argomentato – anche a fronte di una doglianza ritenuta generica, senza che questa attestazione abbia formato oggetto di specifica contestazione – che la relazione architettonica presentata unitamente alla pratica di richiesta dell’autorizzazione sismica in sanatoria era rilevante, a fini di prova, nel procedimento amministrativo. Contrariamente a quanto assume il ricorrente, che non fonda le sue apodittiche asserzioni su alcuna base legale, non v’è dubbio che, ai fini di cui agli artt. 83 ss. d.P.R. 380 del 2001, i calcoli strutturali debbano essere presentati – e verificati – con riguardo ad ogni parte del fabbricato, come chiaramente prescritto, ad es., nell’art. 84, comma 1, del citato testo unico (cfr., in particolare, sub lett. d). La fedele rappresentazione dell’edificio sulle tavole allegate alle istanze volte al rilascio dell’autorizzazione sismica, in quanto finalizzata a consentire la dovuta verifica da parte del competente ufficio tecnico regionale, deve pertanto attenere non soltanto all’involucro esterno del manufatto ma anche alla sua conformazione interna, sicché dovevano certamente formare oggetto di corretta rappresentazione anche i locali del piano seminterrato.
Ovviamente irrilevante, poi, è l’assoluzione pronunciata in grado d’appello con riguardo al medesimo reato nei confronti del coimputato ing. Mocali, essendo la stessa intervenuta per insussistenza del necessario elemento doloso. Né rileva accertare se la falsità contestata avesse o meno inciso, in concreto, sul rilievo di irregolarità strutturali da parte del competente ufficio del Genio civile, posto che, in tema di falsità in atti, ricorre il cosiddetto "falso innocuo" nei casi in cui l'infedele attestazione (nel falso ideologico) o l'alterazione (nel falso materiale) siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e non esplichino effetti sulla sua funzione documentale, non dovendo invece l'innocuità essere valutata con riferimento all'uso che dell'atto falso venga in concreto fatto (Sez. 5, n. 5896 del 29/10/2020, dep. 2021, Brisciano, Rv. 280453).

2.2. Quanto al secondo profilo, anche alla luce del fatto che l’imputato non aveva reso dichiarazioni nel procedimento e che presso il suo studio furono rinvenute fotografie dei locali del seminterrato non rappresentati negli elaborati da lui presentati e risalenti ad epoca precedente, non illogicamente la sentenza ha ritenuto dimostrata la sua consapevolezza circa la loro esistenza al momento di presentazione della certificazione, non essendo peraltro dubbio che egli avesse l’obbligo di accertare in quel momento lo stato dei luoghi cui la stessa si riferiva. La doglianza, poi, è all’evidenza generica, non essendo spiegato per quale ragione l’indicazione che egli avrebbe dato ai proprietari di “tamponare” i locali abusivi – vale a dire, se ben si comprende, di erigere una parete che nascondesse gli stessi -  avrebbe dovuto esimerlo dal dare comunque corretta rappresentazione di tutto quanto edificato (visibile o meno).

3. Per le medesime ragioni di cui sub 2.2., sono inammissibili anche le analoghe doglianze proposte nel terzo motivo con riguardo ai reati di cui ai capi D) nn. 3 e 6.
3.1. Il terzo motivo non può invece dirsi manifestamente infondato con riguardo alla censura concernente il capo D) n. 5.
A pag. 15, nel riassumere le doglianze proposte con l’appello con riguardo a quel reato, la sentenza afferma che erano state richiamate le censure svolte con riguardo al reato di cui al capo D) n. 4, vale a dire l’assenza di concreto effetto lesivo, con riguardo all’interesse tutelato nel procedimento concernente il vincolo idrogeologico, dell’infedele rappresentazione della suddivisione interna dei locali.
Effettivamente, sul punto la sentenza non reca alcuna motivazione, sicché il motivo proposto non può dirsi inammissibile. Posto che il reato, commesso il 28 febbraio 2014, si è prescritto il 28 agosto 2021, la sentenza impugnata va pertanto annullata anche riguardo a detto capo.

4. Essendosi già esaminato il quarto motivo, resta da affrontare l’ultimo motivo di ricorso che, al di là della sua già riconosciuta fondatezza con riguardo agli aumenti stabiliti a titolo di continuazione per i due reati prescritti al momento della pronuncia della Corte di appello, è nel resto inammissibile per manifesta infondatezza.
Benché la Corte territoriale non abbia specificato il quantum di aumento per la continuazione applicato, sulla pena inflitta per il reato ritenuto più grave (mesi uno e giorni 15 di reclusione), per ciascuno degli ulteriori cinque, analoghi, reati di falso contestati, l’aumento complessivo (pari a 15 giorni di reclusione) è stato determinato in modo ictu oculi assai contenuto e ben lontano dal limite massimo edittale (vale a dire il triplo della pena base). In conformità a quanto ritenuto da Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269 (v. anche Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, Spampinato, Rv. 284005), non occorreva, pertanto, una particolare motivazione per consentire la verifica del rispetto del rapporto di proporzione tra le pene e dei limiti previsti dall'art. 81 cod. pen. per evitare un surrettizio cumulo materiale.  Trattandosi, del resto, di violazione della medesima disposizione penale commessa con analoghe modalità, in difetto di diversa indicazione deve ritenersi che i reati siano stati ritenuti tutti di pari gravità e che la pena stabilita in aumento su quella inflitta per uno di essi sia quantificabile in egual misura – peraltro contenuta, vale dire tre giorni di reclusione  - per  ciascuno dei ulteriori cinque reati.

5. Alla luce di quanto appena osservato, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui al capo D) nn. 2, 4, 5 può essere effettuato senza rinvio con agevole rideterminazione della pena, eliminandosi i relativi aumenti a titolo di continuazione per complessivi nove giorni di reclusione e rideterminandosi quindi la pena finale per i residui tre reati in mesi uno e giorni 21 di reclusione.

6. Per quanto detto, nel resto il ricorso deve invece essere dichiarato inammissibile, sicché, contrariamente a quanto ha argomentato il ricorrente nella memoria conclusiva, non può essere rilevata la prescrizione medio tempore maturata con riguardo ai residui tre reati, non potendo per questi ritenersi validamente costituito il rapporto processuale.
Deve infatti trovare applicazione il principio giusta il quale, in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l'autonomia dell'azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l'ammissibilità dell'impugnazione per uno dei reati possa determinare l'instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello  (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello e a., Rv. 268966; Sez. 3, n. 20899 del 25/01/2017, Bruno, Rv. 270130).
Nella memoria conclusiva il difensore ha richiamato il principio, affermato in una più recente decisione di questa Corte, giusta il quale, nel caso di ricorso per cassazione avverso una sentenza di condanna relativa a più reati unificati dal vincolo della continuazione, l'intervenuta prescrizione di uno di essi dovrebbe essere dichiarata anche se i motivi di ricorso riferiti a tale reato siano inammissibili (Sez. 2 , n. 36376 del 23/06/2021, Cimini, Rv. 282015-04, nella cui motivazione si precisa che i reati unificati con il vincolo della continuazione, diversamente dai capi di imputazione autonomi, avrebbero sorte processuale comune, non potendo il relativo capo ritenersi definitivo se la pena è ancora in discussione, poiché irrogata in relazione alla ritenuta continuazione).
Reputa, tuttavia, il Collegio che non vi sia ragione di discostarsi dal principio affermato dalla citata sentenza Aiello, ciò che, peraltro, imporrebbe di rimettere nuovamente alle Sezioni unite la decisione della questione, ex art. 618, comma 1-bis, cod. proc. pen.
Ed invero, in adesione al più recente orientamento espresso da altra Sezione di questa Corte, va ribadito che in caso di ricorso per cassazione avverso una sentenza di condanna cumulativa, relativa a più reati ascritti allo stesso imputato col vincolo della continuazione, l'autonomia delle singole fattispecie di reato e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l'ammissibilità dell'impugnazione per uno dei reati possa determinare l'instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per questi ultimi, sui quali si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione e di procedere alla rideterminazione della pena eliminando l'aumento per la continuazione (Sez. 6, n. 20525 del 13/04/2022, Komarov, Rv. 283269). Nella condivisibile motivazione di quest’ultima sentenza si pone infatti in luce come la vicenda scrutinata dalle Sezioni unite Aiello fosse proprio relativa a reati riuniti nel vincolo della continuazione: un caso del tutto speculare, dunque, a quello qui esaminato.

P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi D) nn. 2, 4 e 5 perché estinti per prescrizione.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto e ridetermina la pena per i residui reati in complessivi mesi uno e giorni ventuno di reclusione.
Così deciso il 16 marzo 2023.