TAR Lombardia (MI), Sez. IV, n. 1255, del 14 maggio 2014
Ambiente in genere.Illegittimità Ordinanza contingibile e urgente per la tutela dell'Habitat faunistico vegetale che si è prodotto nell'area umida

L’ordinanza non risulta preceduta da alcun concreto accertamento circa l’effettiva esistenza di una situazione di imminente pericolo per le specie protette, la cui tipologia non viene neppure individuata e la cui presenza sull’area è affermata soltanto in termini di probabilità. Né risultano allegati documenti da cui sia possibile evincere una idonea istruttoria a riguardo a comprova della valenza naturalistica ed ambientale dell’area. Non appaiono, dunque, ravvisabili i presupposti per l'adozione di un'ordinanza contingibile ed urgente ai sensi degli articoli 50 e 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 di interruzione di ogni attività che possa alterare il regime delle acque che ha prodotto l’area umida e di ripristino delle condizioni precedenti agli interventi realizzati, ovvero di mantenere l’area allagata, in relazione alle esigenze di tutela dell’habitat faunistico vegetale che si sarebbe prodotto nell’area umida. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01255/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01672/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1672 del 2013, proposto da: 
Mauro Contini, rappresentato e difeso dagli avv. Matteo Salvi, Luca De Nora e Massimiliano Manganiello, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Visconti di Modrone, 8/1;

contro

Comune di Abbiategrasso, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Fantigrossi, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, corso Italia, 7;

per l'annullamento

dell’Ordinanza contingibile e urgente n. 35, del 19 giugno 2013, emessa per la "tutela dell'Habitat faunistico vegetale che si è prodotto nell'area umida in prossimità di via Papa Paolo VI", nonchè di ogni altro atto o provvedimento alla stessa preordinato, conseguente o, comunque, connesso, ivi inclusa, occorrendo, la lettera di trasmissione dell'ordinanza prot. n. 24034/2013 del 19 giugno 2013.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Abbiategrasso;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2014 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con il presente ricorso l’istante, nella sua qualità di comodatario e coltivatore dell’area, ha impugnato l’ordinanza contingibile e urgente indicata in epigrafe, con la quale il sindaco del comune di Abbiategrasso, a tutela dell’habitat faunistico vegetale che si è prodotto nell’area umida in prossimità di via Papa Paolo VI, ha ordinato alla società proprietaria di interrompere ogni attività che possa alterare il regime delle acque che ha prodotto l’area umida e quindi danneggiare il biosistema in esso presente ovvero le specie tutelate, nonché di ripristinare le condizioni precedenti agli interventi realizzati ovvero mantenere l’area allagata ovvero le condizioni necessarie per la conservazione della sua valenza naturalistica ed ambientale.

A sostegno del proprio ricorso l’istante ha dedotto la violazione degli artt. 50 e 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché l’eccesso di potere per illogicità, travisamento, incompetenza, sviamento e straripamento di potere, contraddittorietà, difetto assoluto dei presupposti e della motivazione, difetto di istruttoria.

Parte ricorrente ha, altresì, chiesto la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno derivante dall’emissione dell’ordinanza impugnata.

Si è costituita l’amministrazione intimata, che ha eccepito in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ed ha chiesto, comunque, la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito.

Con ordinanza n. 868/2013 del 29 luglio 2013 la sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

Successivamente le parti hanno presentato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 2 aprile 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Per una migliore intelligenza delle motivazioni che il collegio ritiene di porre a base della decisione della controversia, devono premettersi in fatto alcune circostanze che si evincono dalla documentazione versata in atti.

L’area di cui si discute, che non risulta in alcun modo assoggettata a vincolo ambientale, è integralmente ricompresa dal PGT vigente nel comune di Abbiategrasso nell’ambito di trasformazione denominato “A.T.S. 2”, che contempla le destinazioni residenziale, terziaria e commerciale, anche di grande distribuzione e ove l’attività agricola è libera, come previsto dall’art. 91 del documento di piano.

Il sito, che in concreto era sempre stato destinato all’attività agricola, è stato interessato nella parte oggetto dell’ordinanza impugnata, della grandezza di circa tre ettari, da un allagamento provocato dallo spagliamento incontrollato della Roggia Cardinala e dalla rottura di una parte degli argini - di proprietà della società Essedue S.r.l. - di un canale di irrigazione (il cui canone è versato da soggetto terzo che ne ha l’esclusiva disponibilità) che la attraversa, sia ad opera della corrosione provocata dalle nutrie che dell’azione dolosa di ignoti.

L’allagamento del sito non ha, dunque, origini naturali, come sarebbero, invece, quelle conseguenti all’affioramento della falda acquifera o all’immissione spontanea di fiumi o canali nello stesso.

Nel mese di marzo del 2013 l’area è stata concessa in comodato dalla società proprietaria al ricorrente, affinchè la coltivasse e la mantenesse in buono stato di conservazione.

Il comodatario, odierno ricorrente, ha, dunque, provveduto a ripristinare gli argini che erano stati infranti in precedenza, conseguendone il totale prosciugamento del sito.

Il comune di Abbiategrasso ha, quindi, avviato il procedimento sfociato nell’emissione dell’ordinanza impugnata.

Alla luce di quanto premesso, risulta da disattendere l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella presente controversia in favore del Tribunale superiore delle acque pubbliche, atteso che, ai sensi dell’art. 143, comma 1, lett. a), R.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, la giurisdizione in unico grado del Tribunale superiore delle acque pubbliche ha per oggetto i ricorsi proposti contro provvedimenti amministrativi caratterizzati da incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche e che concorrono, in concreto, a disciplinare direttamente la gestione, l'esercizio delle opere idrauliche, i rapporti con i concessionari o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse o a stabilire o modificare la localizzazione di esse o, infine, ad influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti. In particolare, ai fini dell'incidenza del provvedimento amministrativo sul regime delle acque pubbliche, che radica la giurisdizione di legittimità del Tribunale superiore delle acque pubbliche, occorre sia che gli atti provengano da un organo amministrativo preposto alla cura di pubblici interessi nella materia, sia che incidano immediatamente sull'uso delle acque pubbliche, interferendo con tale uso, autorizzando, impedendo o modificando i lavori relativi. Si tratta di un'interpretazione giustificata dalla ratio del sistema che è alla base del testo unico del 1933, che ha creato uno speciale organo di giurisdizione, nella composizione del quale confluiscono competenze tecniche e giuridiche, che la legge ha considerato necessarie per risolvere i problemi posti dalla gestione delle acque pubbliche (cfr. TAR Valle d’Aosta, 11 dicembre 2013, n. 79).

La controversia è, dunque, da ricomprendere nella giurisdizione del giudice amministrativo, sia perché le acque che si sono riversate sull’area in questione non rivestono natura pubblica, sia perché la ricostituzione dell’argine del canale preesistente non può configurarsi quale nuova opera idraulica.

Nel merito, il ricorso è fondato.

Ed invero, come già statuito dalla sezione in sede cautelare, le doglianze del ricorrente colgono nel segno innanzitutto in relazione alla denunciata carenza, nella fattispecie all’esame del collegio, dei presupposti per l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti.

Pare utile ricordare, al riguardo, che il potere extra ordinem può essere esercitato solo per affrontare situazioni di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità e unicamente in presenza di un preventivo accertamento della situazione, che deve fondarsi su prove concrete e non su mere presunzioni.

E’ stato, infatti, costantemente osservato dalla giurisprudenza amministrativa che “Il Sindaco può ricorrere motivatamente allo strumento dell'ordinanza contingibile e urgente unicamente al fine di fronteggiare con immediatezza sia una situazione di natura eccezionale ed imprevedibile (in attesa dell'adozione delle misure ordinarie), sia una condizione di pericolo imminente al momento dell'adozione dell'ordinanza, indipendentemente dalla circostanza che la situazione di emergenza fosse sorta in epoca antecedente. Indispensabile, comunque, è sempre la sussistenza, l'attualità e la gravità del pericolo, cioè il rischio concreto di un danno grave e imminente. Più precisamente: urgenza di provvedere significa indilazionabilità; la contingibilità presuppone una situazione di provvisorietà e di temporaneità che caratterizza anche l'intervento da porre in essere, il quale non può assolutamente tramutarsi in una misura ordinaria” (TAR Trentino Alto Adige, 29 gennaio 2014, n. 19).

“La possibilità di ricorrere allo strumento dell'ordinanza contingibile e urgente è legata alla sussistenza di un pericolo concreto ed attuale, che impone di provvedere in via d'urgenza con strumenti extra ordinem, per porre rimedio a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l'incolumità pubblica, non fronteggiabili con gli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento. Tra i requisiti di validità delle ordinanze contingibili e urgenti vi è, inoltre, la fissazione di un termine di efficacia del provvedimento. Il carattere della contingibilità esprime l'urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in casi di pericolo attuale od imminente e a ciò è correlato necessariamente il carattere della provvisorietà, che implica che le misure previste devono avere efficacia temporalmente limitata. Infine, il potere di ordinanza presuppone che la sussistenza di situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo sia suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione” (TAR Calabria, sez. I, 25 giugno 2013, n. 709).

“Presupposti per la legittima adozione da parte del Sindaco dell'ordinanza contingibile e urgente sono un grave pericolo che minaccia l'incolumità pubblica o la sicurezza urbana; la contingibilità, cioè una situazione imprevedibile ed eccezionale, che non può essere fronteggiata con i mezzi ordinari previsti dall'ordinamento; l'urgenza, causata dall'imminente pericolosità, che impone l'adozione di un efficace provvedimento straordinario e di durata temporanea in deroga ai mezzi ordinari previsti dalla normativa vigente” (TAR Basilicata, 23 maggio 2013, n. 294).

“Il potere di ordinanza contingibile e urgente presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e congrua motivazione, ed in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale” (Cons. Stato, sez. V, 25 maggio 2012, n. 3077).

Nella fattispecie in questione, l’ordinanza impugnata non risulta preceduta da alcun concreto accertamento circa l’effettiva esistenza di una situazione di imminente pericolo per le specie protette, la cui tipologia non viene neppure individuata e la cui presenza sull’area è affermata soltanto in termini di probabilità.

Né risultano allegati documenti da cui sia possibile evincere una idonea istruttoria a riguardo a comprova della valenza naturalistica ed ambientale dell’area.

Non appaiono, dunque, ravvisabili i presupposti per l'adozione di un'ordinanza contingibile ed urgente ai sensi degli articoli 50 e 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 di interruzione di ogni attività che possa alterare il regime delle acque che ha prodotto l’area umida e di ripristino delle condizioni precedenti agli interventi realizzati, ovvero di mantenere l’area allagata, in relazione alle esigenze di tutela dell’habitat faunistico vegetale che si sarebbe prodotto nell’area umida in prossimità di via Papa Paolo VI, perché motivate con riferimento all’esistenza di una situazione di imminente pericolo per le specie protette la cui tipologia non viene, però, neppure individuata e la cui presenza sull’area è affermata soltanto in termini di probabilità, dunque con estrema genericità.

Risultano, quindi, fondate le censure dedotte dal ricorrente in relazione alla assunta violazione degli artt. 50 e 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché all’eccesso di potere per illogicità, travisamento, difetto assoluto dei presupposti e della motivazione e difetto di istruttoria.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto e, per l’effetto, va disposto l’annullamento del provvedimento impugnato.

Va, inoltre, accolta l’istanza di risarcimento del danno, avanzata dal ricorrente con allegazione di una perizia che riveste senza dubbio valenza probatoria.

Nonostante il breve periodo temporale di efficacia del provvedimento impugnato in relazione all’emissione dell’ordinanza di accoglimento dell’istanza cautelare formulata dall’istante, infatti, quest’ultimo è stato leso nella possibilità di seminare e, dunque, di ricavare i proventi dalla vendita del relativo raccolto.

Sussistono, invero, tutti i presupposti per l’imputazione della responsabilità extracontrattuale in capo al comune intimato che, mediante l’emissione dell’illegittimo provvedimento impugnato, e, dunque, con il suo comportamento antigiuridico, ha provocato in capo all’istante una lesione patrimoniale, dunque un danno, corrispondente al valore del raccolto perduto, danno senza dubbio connesso causalmente con l’azione illegittima dell’amministrazione intimata e che pare equo liquidare, anche in considerazione del contenuto della perizia allegata dall’istante e non contestata dalla resistente, in una somma pari ad euro 6.000,00.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dispone l’annullamento del provvedimento impugnato. Accoglie l’istanza risarcitoria, come in motivazione, e, per l’effetto, condanna l’amministrazione intimata a corrispondere al ricorrente la somma di euro 6.000,00.

Condanna l’amministrazione resistente alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti del ricorrente, che si liquidano in una somma pari ad euro 1000, oltre agli oneri di legge e alla restituzione del contributo unificato dallo stesso versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Fabrizio Fornataro, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)