TRGA TRentino (TN) sent. 93 del 25 marzo 2010
Ambiente in genere. Principio d precauzione

L’art. 174 del Trattato CE ha indicato al comma 1 la protezione della salute umana fra gli obiettivi della politica comunitaria in materia ambientale e il principio di precauzione è stato introdotto al suo comma 2. L'obbligo giuridico di assicurare un “elevato livello di tutela ambientale” con l'adozione delle migliori tecnologie disponibili è su tale fondamento normativo finalizzato ad anticipare la tutela, poi da apprestarsi in sede legislativa, a decorrere dal momento in cui si profili un danno da riparare ai fine sia della sua prevenzione, ove possibile, sia del suo contenimento in applicazione del richiamato principio di precauzione. La rilevanza di quest’ultimo principio generale, che è come tale direttamente cogente per tutte le pubbliche amministrazioni, ha trovato ampio riconoscimento, ancorché sia menzionato nel Trattato soltanto in relazione alla politica ambientale, da parte degli organi comunitari soprattutto nel settore della salute, con una valenza non solo programmatica, ma direttamente imperativa nel quadro degli ordinamenti nazionali, vincolati ad applicarlo qualora sussistano incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone. In tal caso, infatti, le istituzioni comunitarie possono adottare misure di tutela senza dover attendere che siano approfonditamente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. Detto principio generale integra, quindi, un criterio orientativo generale e di larga massima, che deve caratterizzare non soltanto le attività normative, ma prima ancora quelle amministrative, come prevede espressamente l’art. 1 della legge 7.8.1990 n. 241. Ne consegue che, su tale scorta, si costituisce l’obbligo da parte delle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire rischi anche se unicamente potenziali per la salute, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo in ciò necessariamente prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici dei singoli cui sia fondatamente addebitabile il pregiudizio temuto ovvero già occorso: infatti, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili - in tutti i loro ambiti d’azione - della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle menzionate disposizioni del Trattato.

 

 

N. 00093/2010 REG.SEN.
N. 00066/2009 REG.RIC.

N. 00148/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 66 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Total Italia S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maria Cristina Breida, Monica Carlin e Federico Vecchio, con domicilio eletto presso lo studio del secondo di essi in Trento, Via S. Maria Maddalena, 12


contro


il Comune di Pergine Valsugana, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Lorenzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, Via Paradisi, 15/5; l’Agenzia Provinciale Protezione Ambiente, Settore Tecnico U.O., Tutela del Suolo;
l’I.S.S. - Istituto Superiore di Sanità, Progetto Speciale Recupero Ambientale e Urbanistico Aree Industriali Trento, non costituito in giudizio;
la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Pedrazzoli, Viviana Biasetti e Giuliana Fozzer, con domicilio eletto presso l’Avvocatura della P.A.T. in Trento, Piazza Dante, 15;
l’Azienda Provinciale Servizi Sanitari di Trento, Dipartimento Igiene Pubblica, U.O. Prevenzione Ambientale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Pisoni e Cristiano Aloisi, con domicilio eletto presso il Servizio Affari Legali dell’A.P.S.S. in Trento, Via Degasperi, 79;
il Commissariato del Governo per la Provincia Autonoma di Trento, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Trento, Largo Porta Nuova, 9


sul ricorso numero di registro generale 148 del 2009, proposto da:
Total Italia S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maria Cristina Breida, Monica Carlin e Federico Vecchio, con domicilio eletto presso lo studio del secondo di essi in Trento, Via S. Maria Maddalena, 12


contro


il Comune di Pergine Valsugana, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
l’Agenzia Provinciale Protezione Ambiente, Settore Tecnico U.O., Tutela del Suolo, non costituita in giudizio;
l’I.S.S. - Istituto Superiore di Sanità, Progetto Speciale Recupero Ambientale e Urbanistico Aree Industriali Trento, non costituito in giudizio;
la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale, non costituita in giudizio;
l’Azienda Provinciale Servizi Sanitari di Trento, Dipartimento Igiene Pubblica, U.O. Prevenzione Ambientale, non costituita in giudizio;
il Commissariato del Governo per la Provincia Autonoma di Trento, non costituito in giudizio

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 66 del 2009:

- della nota prot. 2009 - 4660 emessa dal Comune di Pergine Valsugana in data 12.2.2009;

- della nota prot. 1067/2009-U221 emessa dalla Provincia autonoma di Trento in data 2.2.2009, allegata alla nota del Comune di Pergine Valsugana;

entrambe aventi ad oggetto la contaminazione da idrocarburi e la bonifica nel terreno del punto vendita P.V. TOTAL n. 2998, p.ed 214 C.C. Canale. Parere sulla revisione dell'analisi di rischio;

- della determinazione dirigenziale n. 84 emessa del Comune di Pergine Valsugana in data 22.6.2009;

- della nota prot. n. 6319/2009 - U221 emessa dalla Provincia autonoma di Trento in data 29.5.2009;

- di ogni altro provvedimento presupposto, connesso o conseguente, ivi comprese le risultanze istruttorie (inclusa la nota prot. 0045848 emessa dall'Istituto Superiore della Sanità in data 12.9.2006, e la nota prot. 0039497 emessa dall'Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Igiene Pubblica e Prevenzione Ambientale in data 21.8.2008);

- nonché per l'integrale risarcimento dei danni;

quanto al ricorso n. 148 del 2009:

- della determinazione dirigenziale n. 84 emessa dal Comune di Pergine Valsugana in data 22.6.2009 e della nota prot. n. 6319/2009 - U221 emessa dalla Provincia autonoma di Trento in data 29.5.2009;

- di ogni altro provvedimento presupposto, connesso o conseguente, ivi comprese le risultanze istruttorie (inclusa la nota 0045848 emessa dall'Istituto Superiore di Sanità in data 12.9.2006, e la nota prot. 0039497 emessa dall'Azienda Provinciale per i Servizi sanitari - Igiene Pubblica e Prevenzione Ambientale in data 21.8.2008); nonché per l'integrale risarcimento dei danni.


Visti i ricorsi ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pergine Valsugana, della Provincia autonoma di Trento, dell’Azienda Provinciale Servizi Sanitari di Trento - Dipartimento Igiene Pubblica U.O. Prevenzione Ambientale e del Commissariato del Governo per la provincia di Trento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2010 il cons. Lorenzo Stevanato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Col ricorso n. 66/2009 la ricorrente espone che, durante la rimozione di due serbatoi dal punto vendita di carburanti in Comune di Pergine Valsugana, sulla S.S. 47 alla progressiva km. 117+870, è avvenuta una contaminazione del suolo. Essa eseguiva, allora, le indagini per l’analisi del rischio ed avviava la messa in sicurezza. Quindi trasmetteva le relative conclusioni agli enti competenti, tra cui il Comune di Pergine.

Quest’ultimo, con atto dirigenziale 12.2.2009, richiedeva alla ricorrente di integrare la “Relazione dell’analisi di rischio sito -specifica” con le prescrizioni impartite dall’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente con l’atto 2.2.2009 che, in particolare, per quanto riguarda l’MTBE (metil - ter - butil - etere), prescriveva di attenersi al parere espresso dall’Istituto superiore della sanità (di seguito: ISS); quest’ultimo aveva a sua volta indicato come valore limite di concentrazione accettabile nelle acque sotterranee, a titolo cautelativo, il “valore della soglia olfattiva che è compresa in un range tra 20 e 40 microgrammi/litro”.

Avverso tale prescrizione relativa al MTBE vengono dedotti i seguenti motivi:

1) violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e degli artt. 240, 242 e ss. e 249 del D.lgs. 3.4.2006, n. 152 nonché dei relativi allegati, nel rilievo che il parametro MTBE non è previsto nella tabella 2 dell’allegato 5 al titolo V, parte quarta, del suddetto D.lgs., che individua le concentrazioni - soglia di contaminazione nelle acque sotterranee; né tale lacuna normativa potrebbe essere colmata da un’attività di integrazione analogica operata dall’ISS, come affermato da numerosi precedenti giurisprudenziali;

2) violazione degli artt. 3 e 97 Cost., degli artt. 1 e 3 della L. 7.8.1990, n. 241 ed eccesso di potere sotto vari profili,

fra cui difetto di istruttoria e violazione del principio di proporzionalità, nel rilievo che il riferimento al parere dell’ISS sarebbe generico e che le tecnologie disponibili comporterebbero un eccessivo ed ingiustificato sacrificio economico senza alcuna garanzia di raggiungere il risultato prescritto dall’Amministrazione.

Con motivi aggiunti, successivamente notificati, è stato impugnato il provvedimento del dirigente comunale 22.6.2009, n. 84 con cui sono stati approvati gli elaborati presentati dalla ricorrente per la bonifica del sito, con la conferma della prescrizione relativa al valore limite di concentrazione accettabile per l’MTBE nel range tra 20 e 40 microgrammi/litro.

I motivi aggiunti rappresentano la mera estensione delle censure sopra riportate al nuovo provvedimento.

Con ricorso n. 148/2009 è stato autonomamente impugnato il provvedimento del dirigente comunale 22.6.2009 n. 84, con la proposizione delle medesime censure.

Le amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, hanno controdedotto puntualmente, in particolare sostenendo di essere tenute ad attenersi al parere dell’ISS, e concludendo per la reiezione dei ricorsi.

Il Commissariato del Governo ha invece eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva ed ha chiesto di essere estromesso dal giudizio.


DIRITTO


I due ricorsi in epigrafe vanno previamente riuniti, essendo connessi sia soggettivamente che oggettivamente, per cui ben possono essere definiti con un’unica sentenza.

In via preliminare l’eccezione di difetto di legittimazione, opposta dal Commissario del Governo, va accolta, non essendo riferibile a tale Autorità alcuno dei provvedimenti impugnati.

Invero, il Commissario del Governo per la provincia di Trento è organo periferico dell'Amministrazione statale con funzioni di rappresentanza governativa a livello provinciale, mentre l’ISS è ente autonomo tecnico - scientifico del Servizio sanitario nazionale e dunque non si correla gerarchicamente al Governo.

Venendo alle considerazioni del Collegio sul merito dei prodotti ricorsi, va premesso che il metil - ter - butil - etere (MTBE ) è un composto organico di sintesi derivante dal metanolo e dal 2 - metil - 2 - propanolo, che viene impiegato come additivo per la benzina per aumentarne il numero di ottani, in sostituzione del piombo tetraetile e del benzene.

L’assimilabilità ad un idrocarburo di tale sostanza, fondata su un parere dell'ISS datato 6.2.2001, è stata successivamente smentita dallo stesso ISS con altro parere del 12.9.2006, in cui è stato affermato che “l'originaria assimilazione del MTBE agli idrocarburi totali non va tenuta ferma, in quanto l’MTBE non è definibile come idrocarburo, ma è appartenente alla famiglia degli eteri”; e ciò ancorché l’Istituto ritenga che i valori limite dell’MTBE debbano essere comunque determinati, seppure non sulla base di un’affinità di tipo tossicologico, ma del valore della soglia olfattiva; il che sarebbe stato tratto da uno studio dell’Agenzia di protezione ambientale statunitense (USEPA).

Nel parere 12.9.2006 dell’ISS è stata confermata l’esigenza di definire un valore di riferimento per il parametro MTBE nelle acque profonde come “concentrazione di soglia di contaminazione”, sulla base della nuova normativa di cui al D.Lgs. n. 152/2006.

La concentrazione di riferimento per l’MTBE nelle acque sotterranee, pur non essendo prevista dalla normativa introdotta dal D.lgs. 152/2006, non dovrebbe comunque superare, secondo il parere dello stesso ISS, fatto proprio nei provvedimenti impugnati, il valore di concentrazione della soglia olfattiva, che è compreso in un range tra 20 e 40 microgrammi/litro.

A tale conclusione la difesa della ricorrente oppone che l’MTBE non è una sostanza inclusa nelle tabelle allegate al citato D.lgs., per cui tale lacuna non potrebbe essere colmata con un’operazione di integrazione svolta dall’amministrazione anziché dal legislatore.

Tuttavia tale rilievo non tiene conto, a parere del Collegio, dell’esistenza nell’ordinamento del principio di precauzione, che è di genesi comunitaria al pari di quello di proporzionalità e che ben torna invocabile ogni volta che, pur a fronte di una carente base normativa e dunque di un possibile ritardo da parte del legislatore nel prendere atto del costante progresso della scienza, sia ragionevolmente ipotizzabile l’esistenza di un rischio non tollerabile.

La questione, infatti, qui dibattuta fra le parti in causa concerne le esistenti contaminazioni delle acque sotterranee per l’infiltrazione di tale sostanza e quali conseguenze siano da trarne, il che equivale ad individuare quale sia in concreto il margine di tollerabilità di una tale forma di inquinamento, tenuto conto in particolare che si tratta di acque destinate anche al consumo umano.

Invero, l’art. 174 del Trattato CE ha indicato al comma 1 la protezione della salute umana fra gli obiettivi della politica comunitaria in materia ambientale e il principio di precauzione è stato introdotto al suo comma 2, il quale dispone che “La politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga”.

L'obbligo giuridico di assicurare un “elevato livello di tutela ambientale” con l'adozione delle migliori tecnologie disponibili è su tale fondamento normativo finalizzato ad anticipare la tutela, poi da apprestarsi in sede legislativa, a decorrere dal momento in cui si profili un danno da riparare ai fine sia della sua prevenzione, ove possibile, sia del suo contenimento in applicazione del richiamato principio di precauzione.

La rilevanza di quest’ultimo principio generale, che è come tale direttamente cogente per tutte le pubbliche amministrazioni, ha trovato ampio riconoscimento, ancorché sia menzionato nel Trattato soltanto in relazione alla politica ambientale, da parte degli organi comunitari soprattutto nel settore della salute, con una valenza non solo programmatica, ma direttamente imperativa nel quadro degli ordinamenti nazionali, vincolati ad applicarlo qualora sussistano incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone. In tal caso, infatti, le istituzioni comunitarie possono adottare misure di tutela senza dover attendere che siano approfonditamente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (cfr., sul punto, ad es.: Tribunale I grado CE, sez. II, 19.11.2009, n. 334; Corte giustizia CE, sez. III, 12.1.2006, n. 504). Detto principio generale integra, quindi, un criterio orientativo generale e di larga massima (T.A.R Lazio, Roma, sez. I, 31.5.2004, n. 5118), che deve caratterizzare non soltanto le attività normative, ma prima ancora quelle amministrative, come prevede espressamente l’art. 1 della legge 7.8.1990 n. 241, ove si stabilisce che “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta … dai principi dell’ordinamento comunitario” .

Ne consegue che, su tale scorta, si costituisce l’obbligo da parte delle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire rischi anche se unicamente potenziali per la salute, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo in ciò necessariamente prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici dei singoli cui sia fondatamente addebitabile il pregiudizio temuto ovvero già occorso: infatti, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili - in tutti i loro ambiti d’azione - della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle menzionate disposizioni del Trattato (Corte di Giustizia CE, sentenza 26 novembre 2002 n. T-132; Consiglio di Stato, sez. VI, 5.12.2002, n. 6657).

Il fatto che siano in questione rischi per la salute umana non significa che non debba essere con serietà ed attendibilità accertata l’esistenza del paventato danno, ogni volta che, seppure a fronte di una persistente incertezza scientifica, sia ragionevolmente possibile dubitare dell'innocuità di una sostanza; il che in linea di principio preclude di trascurare gli effetti pregiudizievoli indotti, pur nell’incontroverso difetto di prove scientifiche decisive sulla gravità delle conseguenze nocive (cfr.: Tribunale I grado CE, 11 settembre 2002, causa T-13/99, Pfizer Animal Health).

Sulla base di quanto sopra esposto deve, poi, affermarsi che la scelta di ricorrere al principio di precauzione si correla strettamente al livello di protezione scelto dall’autorità competente nell’esercizio del suo potere discrezionale. La statuizione che sia in concreto adottata implica un’elevata responsabilità sul piano istituzionale, dovendosi stabilire, previo un serio approfondimento del danno occorso, quale sia sul piano nazionale il grado di rischio di volta in volta tollerabile, il che necessariamente rientra nell'ambito di un potere discrezionale rimesso alle autorità competenti, che ne assumono conseguentemente la responsabilità di fronte alla collettività interessata (cfr., sul punto: T.A.R. Lombardia, Brescia, 11.4.2005, n. 304; id., sez. I, 9.10.2009, n. 1736).

Va, infine, soggiunto che l’imposizione di limiti all’esercizio della libertà di iniziativa economica, sulla base dei principi di prevenzione e precauzione nell’interesse dell’ambiente e della salute umana, può essere giustificata sulla base di indirizzi fondati sullo stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi, di norma nazionali o sovranazionali a ciò deputati, dato l’essenziale rilievo che, a questi fini, rivestono gli organi tecnico - scientifici (cfr.: Corte cost., sentenze 26.6.2002, n. 282 e 17.3.2006, n. 116).

In definitiva, il principio in discorso si caratterizza per tre aspetti fondamentali: a) il suo carattere di principio generale; b) l’impossibilità, in sede di bilanciamento fra protezione della salute e libertà economica, di consentire alle imprese di essere esonerate dall’adottare a loro spese le indispensabili misure di cautela; c) la validità del principio di precauzione come criterio interpretativo del sistema giuridico unitariamente considerato.

Applicando tale principio al caso in esame, è avviso del Tribunale che la mancata inclusione dell’MTBE nella tabella allegata al D. lgs. N. 152 del 20006 non rappresenti ex se un elemento che precluda di affermarne la pericolosità.

Com’è stato rettamente osservato dai difensori delle amministrazioni resistenti in giudizio, i provvedimenti nella specie adottati dal Comune di Pergine Valsugana hanno rispettato con meditato scrupolo i principi suesposti, avendo individuato la soglia al di sotto della quale può essere accettabile la concentrazione dell’MTBE nelle acque sotterranee destinate anche all’uso potabile con puntuale riferimento al parere espresso dall’ISS, a sua volta fondato su un attendibile studio dell’USEPA, il che sul piano istruttorio e della conclusione del procedimento appare congruo e sufficiente.

Invero, la potabilità dell’acqua esige che essa sia immune da sostanze odorigene: la tabella C allegata al D.lgs. 2.2.2001, n. 31 fissa il parametro “odore” (ed anche quello del “sapore”) come “Accettabile per i consumatori e senza variazioni anomale”; su tale fondamento, quindi, il livello della soglia olfattiva considerato come limite dal citato parere dell’ISS è coerente, seppure privo di una puntuale previsione legislativa, col precetto che esclude che l’acqua possa essere considerata potabile in presenza di sostanze odorigene, che ne precludano il consumo.

Circa poi la contestata violazione del principio di proporzionalità, illustrato sul rilievo che le tecnologie disponibili comporterebbero un eccessivo ed ingiustificato sacrificio economico, senza alcuna garanzia di raggiungere il risultato prefigurato dall’Amministrazione, è ben vero che il principio di precauzione, pur preminente nel quadro della tutela della salute sugli interessi economici, debba trovare il proprio equilibrio nel contemperamento con quello di proporzionalità (cfr. Corte giustizia CE 5.2.2004, n. 24; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 23.1.2003, n. 260). Sotto questo profilo il mezzo prescelto dall’Amministrazione per prevenire il potenziale rischio di un pregiudizio e dare comunque corso alla necessaria bonifica deve conseguentemente superare la soglia della necessità e dell’idoneità rispetto al fine perseguito rispetto al quale s’individua poli al termine di detto riscontro triadico la misura più mite capace di cogliere il risultato. Ne consegue che, sul versante della concreta applicazione, l’onere anche economico posto a carico di quanti abbiano inquinato sulla base del principio “polluter pays” trova il proprio necessario temperamento nel ridetto principio generale di diritto comunitario, che fa vincolante divieto di superare quella che, con linguaggio tratto dalla dottrina tedesca, si denomina “Unzumutbarkeit” e, cioè, il pur labile confine oltre il quale il necessario recupero divenga inesigibile, quale ingiusta sanzione per il comportamento osservato.

Soccorre al riguardo quanto dedotto argomentatamente dal difensore dell’A.P.S.S., che documentato (cfr. doc. n. 4) che numerose società stanno attuando simili bonifiche, col metodo cosiddetto “pump and treat”, senza che il relativo impegno finanziario possa considerarsi eccessivo, consistendo nel costo per i filtri a carboni attivi, per la pompa e per l’energia elettrica occorrente.

Per le ragioni che precedono, i provvedimenti impugnati resistono alle censure dedotte dalla ricorrente ed i ricorsi vanno conseguentemente respinti, ivi compresa la domanda di risarcimento del danno ivi prospettata.

Concorrono peraltro giusti motivi, in relazione alla novità della questione introdotta, per compensare fra le parti le spese del giudizio.


P.Q.M.


il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe e previa loro riunione ed estromissione dal giudizio del Commissario del Governo, li respinge.

Spese compensate.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Francesco Mariuzzo, Presidente
Lorenzo Stevanato, Consigliere, Estensore
Fiorenzo Tomaselli, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2010