Cass. Sez. III n.16144 del 17 aprile 2008 (Ud. 4 mar. 2008)
Pres. Lupo Est. Marmo Ric. Benvenuti
Aria. Emissioni moleste provenienti da attività non regolare
E’ configurabile il reato di cui all\'art. 674 c.p. qualora le emissioni moleste siano concretamente idonee a cagionare disturbo alle persone e provengano da un’attività (nella fattispecie di ristorazione) non conforme alla normativa comunale.
Pres. Lupo Est. Marmo Ric. Benvenuti
Aria. Emissioni moleste provenienti da attività non regolare
E’ configurabile il reato di cui all\'art. 674 c.p. qualora le emissioni moleste siano concretamente idonee a cagionare disturbo alle persone e provengano da un’attività (nella fattispecie di ristorazione) non conforme alla normativa comunale.
Svolgimento del processo
Con sentenza pronunciata il 9 febbraio 2007 il Tribunale di Grosseto dichiarava Andrea Benvenuti responsabile del reato di cui all’art. 674 c.p. perché, quale titolare della omonima ditta e gestore del ristorante “Il Bavaro”, a causa della realizzazione sul tetto della cucina di una canna fumaria con sbocco inferiore a metri 1,50 rispetto al colmo del tetto degli edifici circostanti, provocava emissioni di fumo ed odori tali da provocare molestie ai vicini ed in particolare ad Alfiero Cucci e a Maria Teresa Caporuscio, per fatto accertato in Grosseto il 31 gennaio 2004, e veniva condannato alla pena di € 150,00 di ammenda, con pena interamente condonata, oltre che al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili.
Ha proposto appello l’imputato, riconvertito in ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce che l’art.674 c.p. sanziona due tipologie di condotte poste in essere da chi: getta o versa in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato, ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere, imbrattare o molestare persone e chi provoca emissioni di gas, di
vapori o di fumo atti a cagionare tali effetti ma solo nei casi non consentiti dalla legge.
Perciò, mentre la condotta consistente nel versare o gettare cose che possono offendere, imbrattare o molestare le persone è sempre punita, quella consistente nell’emettere gas, vapori o fumi atti ad offendere, imbrattare o molestare è punita soltanto nei casi non consentiti dalla legge.
Secondo il ricorrente, in considerazione dell’espressione: “solo nei casi non consentiti dalla legge” contenuta nella citata norma, il reato di cui all’art. 674 c.p. non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da un’attività regolarmente autorizzata e siano inferiori ai limiti previsti dalle disposizioni in materia di inquinamento atmosferico, sicché, quando l’attività di emissione sia sottoposta a specifica disciplina normativa ed autorizzazione amministrativa, la condotta è punibile solamente quando l’emissione superi i limiti tabellari fissati dalla legge.
Nel caso in esame, essendo stata concessa l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di ristorazione, doveva ritenersi che il locale, ivi compresa la canna fumaria, fosse a norma.
Per quel che attiene alle distanze tra le costruzioni rileva il ricorrente che l’art. 113 secondo comma del regolamento igienico del comune di Grosseto stabilisce che è vietato collocare lo sbocco della canna fumaria al dì sotto dei tetti adiacenti o al livello del parapetto delle terrazze e comunque tale sbocco deve essere posto a distanza non inferiore a mt. 10 dalle finestre di abitazioni antistanti e se tali abitazioni sono poste alla stessa altezza lo sbocco deve superare di metri uno la falda del tetto”.
Nel caso in esame, come riferiva il teste della difesa Pieghetti, tra l’immobile e l’abitazione delle parti civili vi era una distanza superiore a dieci metri.
Doveva inoltre considerarsi che adiacente l’immobile in cui insiste il ristorante vi è un altro immobile notevolmente più alto, sicché rispettare l’art. 113 del suddetto regolamento, avrebbe comportato per il ricorrente l’obbligo di realizzare una canna fumaria di ben quindici metri di altezza.
Inoltre egli imputato aveva alzato ulteriormente la canna fumaria con sbocco al lato opposto a quello delle parti lese ed installato dei filtri potenziati per garantire la massima aspirazione, tollerabilità, atteso che in proposito le deposizioni dei testi erano tra loro contraddittorie e divergenti.
Doveva quindi concludersi che la parte lesa aveva delle patologie che la inducevano a ritenere intollerabile un odore derivante da una normale attività di ristorazione.
Il motivo è infondato.
E’ vero infatti che nel caso in esame si è in presenza di un’attività autorizzata, ma tale elemento non è sufficiente per ritenere che sussista una scriminante assoluta.
L’espressione “nei casi non consentiti dalla legge” costituisce infatti una precisa indicazione della necessità che l’emissione avvenga nel rispetto delle normative di settore.
Nel caso in esame il Tribunale ha rilevato che dalla prova espletata, con particolare riferimento alla deposizione, chiara e decisiva, della teste Paola Carnicolli, agente di polizia municipale, risultava non solo la conferma dell’emissione di fumo e di odori molesti, idonei a ritenere superato il limite di tollerabilità, provenienti dalla cucina del ristorante, emissione molesta già acclarata dalla deposizione delle parti lese Alfiero Cucci e Maria Teresa Caporuscio, della loro figlia Gabriella Cucci e dal medico curante della Caporuscio), ma anche il mancato rispetto, da parte del gestore del locale, del regolamento igienico edilizio del Comune dì Grosseto, sia in relazione all’altezza della canna fumaria, (evidenziata peraltro anche dalle fotografie in atti), sia in relazione alla distanza della canna fumaria dall’abitazione della parte lesa.
Va aggiunto che, come risulta dalla deposizione della citata teste Carnicolli, il Bavaro aveva ricevuto un’ordinanza con cui gli si imponeva di ottemperare al disposto del regolamento igienico edilizio del Comune di Grosseto ma non vi aveva provveduto.
La teste ha inoltre precisato che dagli incartamenti dell’Ufficio risultava che nel 2003 erano state richieste dalla Procura della Repubblica esatte misurazioni, che tali misurazioni erano state realizzate impiegando il “cestello”, attrezzo elevatore tipico degli elettricisti per poter accedere ad altezze elevate per giungere sino al tetto e con esso era stato accertato che l’edificio contiguo si trovava a circa otto metri di distanza e che l’altezza della canna era sita a due metri e mezzo sopra il tetto del ristorante il Bavaro, ben più in basso dal colmo dei due edifici.
Considerato che, alla luce della interpretazione data da questa Corte all’art. 674 c.p., l’autorizzazione all’esercizio dell’attività è consentita soltanto nei limiti consentiti dai regolamenti comunali che devono ritenersi implicitamente richiamati nello stesso provvedimento di autorizzazione, deve ritenersi acclarato il mancato rispetto da parte dell’imputato della norma di cui al citato articolo, in considerazione del mancato rispetto del regolamento igienico edilizio del Comune di Grosseto.
Per quel che riguarda la difficoltà tecnica di realizzare una canna fumaria così alta da superare il colmo dell’edificio vicino, il Tribunale di Grosseto ha correttamente rilevato che era onere del convenuto trovare una situazione alternativa e non far subire ai vicini, come ineluttabile, il peso dei fumi molesti derivanti dalla propria attività espletata in violazione della normativa regolamentare.
Deve quindi concordarsi con il Tribunale che, con motivazione congrua ed esauriente, ha ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 674 c.p. perché le emissioni erano concretamente idonee a cagionare disturbo alle persone e provenivano dall’esercizio di un’attività di ristorazione non conforme alla normativa comunale.
Va quindi respinto il ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Con sentenza pronunciata il 9 febbraio 2007 il Tribunale di Grosseto dichiarava Andrea Benvenuti responsabile del reato di cui all’art. 674 c.p. perché, quale titolare della omonima ditta e gestore del ristorante “Il Bavaro”, a causa della realizzazione sul tetto della cucina di una canna fumaria con sbocco inferiore a metri 1,50 rispetto al colmo del tetto degli edifici circostanti, provocava emissioni di fumo ed odori tali da provocare molestie ai vicini ed in particolare ad Alfiero Cucci e a Maria Teresa Caporuscio, per fatto accertato in Grosseto il 31 gennaio 2004, e veniva condannato alla pena di € 150,00 di ammenda, con pena interamente condonata, oltre che al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili.
Ha proposto appello l’imputato, riconvertito in ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce che l’art.674 c.p. sanziona due tipologie di condotte poste in essere da chi: getta o versa in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato, ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere, imbrattare o molestare persone e chi provoca emissioni di gas, di
vapori o di fumo atti a cagionare tali effetti ma solo nei casi non consentiti dalla legge.
Perciò, mentre la condotta consistente nel versare o gettare cose che possono offendere, imbrattare o molestare le persone è sempre punita, quella consistente nell’emettere gas, vapori o fumi atti ad offendere, imbrattare o molestare è punita soltanto nei casi non consentiti dalla legge.
Secondo il ricorrente, in considerazione dell’espressione: “solo nei casi non consentiti dalla legge” contenuta nella citata norma, il reato di cui all’art. 674 c.p. non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da un’attività regolarmente autorizzata e siano inferiori ai limiti previsti dalle disposizioni in materia di inquinamento atmosferico, sicché, quando l’attività di emissione sia sottoposta a specifica disciplina normativa ed autorizzazione amministrativa, la condotta è punibile solamente quando l’emissione superi i limiti tabellari fissati dalla legge.
Nel caso in esame, essendo stata concessa l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di ristorazione, doveva ritenersi che il locale, ivi compresa la canna fumaria, fosse a norma.
Per quel che attiene alle distanze tra le costruzioni rileva il ricorrente che l’art. 113 secondo comma del regolamento igienico del comune di Grosseto stabilisce che è vietato collocare lo sbocco della canna fumaria al dì sotto dei tetti adiacenti o al livello del parapetto delle terrazze e comunque tale sbocco deve essere posto a distanza non inferiore a mt. 10 dalle finestre di abitazioni antistanti e se tali abitazioni sono poste alla stessa altezza lo sbocco deve superare di metri uno la falda del tetto”.
Nel caso in esame, come riferiva il teste della difesa Pieghetti, tra l’immobile e l’abitazione delle parti civili vi era una distanza superiore a dieci metri.
Doveva inoltre considerarsi che adiacente l’immobile in cui insiste il ristorante vi è un altro immobile notevolmente più alto, sicché rispettare l’art. 113 del suddetto regolamento, avrebbe comportato per il ricorrente l’obbligo di realizzare una canna fumaria di ben quindici metri di altezza.
Inoltre egli imputato aveva alzato ulteriormente la canna fumaria con sbocco al lato opposto a quello delle parti lese ed installato dei filtri potenziati per garantire la massima aspirazione, tollerabilità, atteso che in proposito le deposizioni dei testi erano tra loro contraddittorie e divergenti.
Doveva quindi concludersi che la parte lesa aveva delle patologie che la inducevano a ritenere intollerabile un odore derivante da una normale attività di ristorazione.
Il motivo è infondato.
E’ vero infatti che nel caso in esame si è in presenza di un’attività autorizzata, ma tale elemento non è sufficiente per ritenere che sussista una scriminante assoluta.
L’espressione “nei casi non consentiti dalla legge” costituisce infatti una precisa indicazione della necessità che l’emissione avvenga nel rispetto delle normative di settore.
Nel caso in esame il Tribunale ha rilevato che dalla prova espletata, con particolare riferimento alla deposizione, chiara e decisiva, della teste Paola Carnicolli, agente di polizia municipale, risultava non solo la conferma dell’emissione di fumo e di odori molesti, idonei a ritenere superato il limite di tollerabilità, provenienti dalla cucina del ristorante, emissione molesta già acclarata dalla deposizione delle parti lese Alfiero Cucci e Maria Teresa Caporuscio, della loro figlia Gabriella Cucci e dal medico curante della Caporuscio), ma anche il mancato rispetto, da parte del gestore del locale, del regolamento igienico edilizio del Comune dì Grosseto, sia in relazione all’altezza della canna fumaria, (evidenziata peraltro anche dalle fotografie in atti), sia in relazione alla distanza della canna fumaria dall’abitazione della parte lesa.
Va aggiunto che, come risulta dalla deposizione della citata teste Carnicolli, il Bavaro aveva ricevuto un’ordinanza con cui gli si imponeva di ottemperare al disposto del regolamento igienico edilizio del Comune di Grosseto ma non vi aveva provveduto.
La teste ha inoltre precisato che dagli incartamenti dell’Ufficio risultava che nel 2003 erano state richieste dalla Procura della Repubblica esatte misurazioni, che tali misurazioni erano state realizzate impiegando il “cestello”, attrezzo elevatore tipico degli elettricisti per poter accedere ad altezze elevate per giungere sino al tetto e con esso era stato accertato che l’edificio contiguo si trovava a circa otto metri di distanza e che l’altezza della canna era sita a due metri e mezzo sopra il tetto del ristorante il Bavaro, ben più in basso dal colmo dei due edifici.
Considerato che, alla luce della interpretazione data da questa Corte all’art. 674 c.p., l’autorizzazione all’esercizio dell’attività è consentita soltanto nei limiti consentiti dai regolamenti comunali che devono ritenersi implicitamente richiamati nello stesso provvedimento di autorizzazione, deve ritenersi acclarato il mancato rispetto da parte dell’imputato della norma di cui al citato articolo, in considerazione del mancato rispetto del regolamento igienico edilizio del Comune di Grosseto.
Per quel che riguarda la difficoltà tecnica di realizzare una canna fumaria così alta da superare il colmo dell’edificio vicino, il Tribunale di Grosseto ha correttamente rilevato che era onere del convenuto trovare una situazione alternativa e non far subire ai vicini, come ineluttabile, il peso dei fumi molesti derivanti dalla propria attività espletata in violazione della normativa regolamentare.
Deve quindi concordarsi con il Tribunale che, con motivazione congrua ed esauriente, ha ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 674 c.p. perché le emissioni erano concretamente idonee a cagionare disturbo alle persone e provenivano dall’esercizio di un’attività di ristorazione non conforme alla normativa comunale.
Va quindi respinto il ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.