Pres. Lupo Est. Ianniello Ric. P.M. in proc. Martinengo
Aria. Reato di costruzione di impianto senza autorizzazione
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Inquinamento atmosferico - Reato di costruzione di impianto senza autorizzazione - Reato permanente - Momento di consumazione - Rilascio dell\'autorizzazione.
Il reato di realizzazione di nuovo impianto senza autorizzazione di cui all\'art. 24, comma primo, del d.P.R. n. 203 del 1988, ora art. 279, comma primo, del D.Lgs. n. 152 del 2006, ha natura di reato permanente, perdurando la consumazione del medesimo sino al rilascio della prescritta autorizzazione, che costituisce il mezzo di controllo preventivo, da parte del competente ente territoriale, sugli impianti inquinanti.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 30/11/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 02928
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - N. 023100/2007
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PUBBLICO MINISTERO PRESSO TRIBUNALE di ASTI;
nei confronti di:
1) MARTINENGO PIERPAOLO N. IL 29/06/1966;
avverso SENTENZA del 06/03/2007 TRIBUNALE di ASTI;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. IANNIELLO ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso per l\'annullamento con rinvio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 6 marzo 2007, il Tribunale di Asti ha assolto, per non aver commesso il fatto, Pierpaolo Martinengo dall\'imputazione relativa al reato di cui al D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, art. 24, comma 1, (oggi trasfuso nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 279, comma 1) contestato per avere costruito, in qualità di socio accomandatario della Emet s.a.s. di Martinengo Pierpaolo & C, un nuovo impianto comportante emissioni in atmosfera senza aver conseguito la prevista autorizzazione.
L\'assoluzione si fonda sull\'accertamento del fatto che l\'impianto della Emet era stato realizzato in epoca antecedente a quella in cui, il 1 aprile 2004, l\'imputato era divenuto socio accomandatario della società, per cui la mancata autorizzazione avrebbe dovuto essere contestata al precedente amministratore.
Avverso la sentenza ha proposto in data 29 marzo 2007 ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, deducendone l\'erronea applicazione della legge incriminatrice, che la giurisprudenza prevalente di questa Corte interpreterebbe come relativa ad una contravvenzione avente natura di reato omissivo permanente, la cui consumazione si protrae sino al rilascio dell\'autorizzazione ovvero fino a quando cessi l\'attività dell\'impianto e quindi venga meno la lesione del bene tutelato, rappresentato dalla salvaguardia dell\'atmosfera dalle possibili fonti di inquinamento attraverso il controllo pubblico sulle stesse. Come reato omissivo permanente, esso sarebbe pertanto contestabile ed è stato come tale contestato anche all\'imputato, divenuto amministratore della Emet dall\'inizio di aprile 2004. Il ricorrente ha pertanto chiesto l\'annullamento della sentenza impugnata, con i provvedimenti consequenziali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso, interpretabile come ricorso immediato per cassazione a norma dell\'art. 569 c.p.p. - in ragione del fatto che è stato proposto successivamente alla sentenza in data 6 febbraio 2007 n. 26 (pubblicata sulla G.U. della Repubblica Italiana del giorno successivo), con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l\'illegittimità costituzionale della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 1 nella parte in cui, sostituendo l\'art. 593 c.p.p., aveva escluso il potere del Pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall\'art. 603 c.p.p., comma 2, nonché del fatto che contiene unicamente la censura di violazione di legge -, è fondato. Secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, la contravvenzione di cui al D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, art. 24, comma 1 che punisce chi inizia la costruzione di un nuovo impianto senza l\'autorizzazione prevista dal precedente art. 6, ha infatti natura di reato permanente, la cui consumazione perdura fino al rilascio della prescritta autorizzazione.
La norma è infatti finalizzata alla tutela della qualità dell\'aria e l\'autorizzazione costituisce il mezzo di controllo preventivo sugli impianti inquinanti onde verificare la tollerabilità delle emissioni e l\'adozione di appropriate misure di prevenzione dell\'inquinamento atmosferico, per cui il reato permane fino a che il competente ente territoriale non abbia effettuato tale controllo (cfr., in proposito,. Cass. sez. 3^, 15 febbraio 1999 n. 1918). A conferma di tale interpretazione giurisprudenziale, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 279 emanato in forza della delega contenuta all\'articolo unico della L. 15 dicembre 2004, n. 308 per il riordino, il coordinamento e integrazione anche delle leggi in materia di inquinamento atmosferico, nel recepire al comma 1 la norma prima citata, la traduce nella esplicita articolata espressione di "chi inizia ad istallare o esercisce un impianto o esercita una attività in assenza della prescritta autorizzazione".
Attesa la natura permanente del reato previsto dal D.P.R. n. 203 citato, art. 24 esso è configurabile anche nei confronti di colui che abbia proseguito nell\'esercizio dell\'impianto per l\'avvio del quale non sia stata ancora rilasciata l\'autorizzazione (cfr., nel medesimo senso, Cass. sez. 3^, 12 luglio 2006 n. 24057 e 27 febbraio 2007 n. 8051).
Consegue alla interpretazione così operata della norma incriminatrice il vizio denunciato della sentenza impugnata, in quanto questa ha mandato assolto, per non aver commesso il fatto, l\'imputato in ragione della circostanza che questi aveva assunto la qualità di legale rappresentante della società che gestisce l\'impianto successivamente alla realizzazione di quest\'ultimo, nonostante la permanenza, anche successivamente a tale subentro, della mancanza di autorizzazione.
La sentenza impugnata va pertanto annullata, con rinvio, ai sensi dell\'art. 569 c.p.p., comma 4, alla Corte d\'appello di Torino, che si atterrà ai principi enunciati.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d\'appello di Torino.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2008