Cass. Sez. III n. 38103 del 10 ottobre 2022 (CC 31 mag 2022)
Pres. Rosi Est. Noviello Ric. Santamaria
Beni ambientali.Effetti del d.P.R. 13 febbraio 2017 n. 31

Con l’allegato A del Decreto del Presidente della Repubblica del 13 febbraio 2017 n. 31, è rimasta inalterata la struttura della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 181 del Dlgs. 42/04, siccome imperniata sulla effettuazione di lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici, in assenza della prescritta autorizzazione o in difformità da essa. Si sono solo escluse, dal novero delle attività richiedenti, ex art. 146 e ss. del Dlgs. 42/04, l’autorizzazione paesaggistica, alcune tipologie di opere. Con il limitato effetto per cui, dalla entrata in vigore del predetto Decreto del Presidente della Repubblica, l’effettuazione dell’opera in assenza di nulla osta paesaggistico, per la quale comunque vanno rispettate le disposizioni di cui alle norme finali del capo III del Decreto medesimo, non assume rilievo penale sul piano paesaggistico.


RITENUTO IN FATTO

    1. Con ordinanza del 25 ottobre 2021, la corte di appello, sezione distaccata di Taranto, adita quale giudice dell’ersecuzione nell’interesse di Santamaria Francesco per la revoca della sentenza emessa dalla stessa corte di appello nei confronti del predetto istante, divenuta irrevocabile in data 4 novembre 2016, per la prospettata abolitio criminis in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 181 Dlgs. 42/04 inerente la realizzazione, senza autoririzzaizone paesaggistica, di un pozzo artesiano, con conseguente rimodulazione della pena inflitta, rigettava la domanda.
    2. Avverso l’ordinanza suindicata Santamaria Francesco, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un solo motivo di impugnazione.
    3. Si deducono i vizi ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. e di manifesta illogicità della motivazione. L’ordinanza impugnata violerebbe l’art. 2 cod. pen.e 25 Cost., atteso che il fatto contestato e rappresentato dalla difesa come rientrante nelle ipotesi per cui non è più previsto, ex DPR 31/2017, il rilascio di autorizzazione paesaggistica, non conserverebbe più alcun disvalore paesistico, e quindi nessun rilievo penale. Sarebbe erroneo il richiamo a indirizzi giurisprudenziali che fanno riferimento al diverso caso di successioni di leggi amministrative che regolano le procedure per lo svolgimento di attività. Conseguirebbe da quanto rappresentato anche la violazione dell’art. 27 della Costituzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Può anticiparsi che non ricorre nel caso in esame un’ipotesi di abolitio criminis in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 181 Dlgs. 42/04 inerente la realizzazione, senza autoririzzazione paesaggistica, di un pozzo artesiano, per la quale il ricorrente è stato già condannato; emergendo, piuttosto, il caso di una norma extrapenale, di cui all’allegato A citato dal Decreto del Presidente della Repubblica del 13 febbraio 2017 n. 31, che si limita ad escludere, per determinati interventi, la necessità, per il futuro, del previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
    2. Nell’analisi del caso in esame, vanno richiamati, in particolare, i criteri già affermati in tema di successione di leggi penali dalle Sezioni unite di questa Suprema Corte, con la sentenza 26 marzo 2003, n. 25887, Giordano, con la quale si è sostenuto che, per individuare il campo di applicazione del secondo comma dell’art. 2 c.p. non ci si può limitare a considerare se il fatto, punito in base alla legge anteriore, sia punito, o meno, anche in base a quella posteriore. Perciò non può escludersi che un fatto, divenuto non punibile per la legge extrapenale posteriore, rimanga punibile per la legge anteriore, vigente al momento della sua commissione. L’indagine sugli effetti penali della successione di leggi extrapenali va condotta facendo riferimento alla fattispecie astratta e non al fatto concreto: non basta riconoscere che attualmente il fatto commesso dall’imputato non costituirebbe più reato, ma occorre prendere in esame la fattispecie e stabilire se la norma extrapenale modificata svolga, in collegamento con la disposizione incriminatrice, un ruolo tale da far ritenere che, pur essendo questa rimasta letteralmente immutata, la fattispecie risultante dal collegamento tra la norma penale e quella extrapenale sia cambiata e in parte non sia più prevista come reato. In questo caso, ci si trova in presenza di un’abolitio criminis parziale, analoga a quella che si verifica quando è la stessa disposizione penale ad essere modificata con l’esclusione di una porzione di fattispecie che prima ne faceva parte (cfr. in motivazione Sez. U, n. 2451 del 27/09/2007 Ud. (dep. 16/01/2008 ) Rv. 238197 – 01)
In tale prospettiva, si è anche precisato che in tema di successione di leggi penali, la modificazione della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso solo se tale norma è integratrice di quella penale oppure ha essa stessa efficacia retroattiva (Sez. 3, n. 28681 del 27/01/2017 Rv. 270335 – 01).
La successione tra norme extrapenali non incide invece sulla fattispecie astratta, ma comporta piuttosto che in concreto il reato non sia più configurabile, quando rispetto alla norma incriminatrice la modificazione della norma extrapenale comporta solo una nuova e diversa situazione di fatto.
Ciò che significa, riguardo al caso in esame, che si tratta di verificare se la riconduzione della attività costruttiva in parola nel novero delle condotte non richiedenti il nulla osta paesaggistico, abbia assunto rilevanza sulla fattispecie di cui all’art. 181 del Dlgs. 42/04, con effetto retroattivo o abbia soltanto determinato la modificazione di uno stato di fatto, tale da aver reso attualmente lecita l’attività costruttiva sul piano paesaggistico, pur in assenza di previa autorizzazione.
In altre parole, come pure è stato già stabilito, la disciplina relativa alla successione delle leggi penali (art. 2 cod. pen.) non si applica alla variazione nel tempo delle norme extra-penali e degli atti o fatti amministrativi che non incidono sulla struttura essenziale del reato, ma si limitano a precisare, rispetto ad uno o più fatti specifici, la fattispecie precettiva, delineando in concreto la portata del comando; in detta ipotesi, rimane fermo il disvalore ed il rilievo penale del fatto anteriormente commesso, sicché il relativo controllo sanzionatorio va effettuato sulla base dei divieti esistenti ai momento del fatto (sez. 3, 12.3.2002 n. 18193, Pata, RV 221943).
    3. La conseguenza di quanto sopra rappresentato è, come già anticipato, il rilievo per cui, con l’allegato A citato dal Decreto del Presidente della Repubblica del 13 febbraio 2017 n. 31, è rimasta inalterata la struttura della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 181 del Dlgs. 42/04, siccome imperniata sulla effettuazione di lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici, in assenza della prescritta autorizzazione o in difformita' da essa. Si è solo escluso, dal novero delle attività richiedenti, ex art. 146 e ss. del Dlgs. 42/04, l’autorizzazione paesaggistica, la tipologia di pozzo in esame. Con il limitato effetto per cui, dalla entrata in vigore del predetto Decreto del Presidente della Repubblica, l’effettuazione dell’opera in assenza di nulla osta paesaggistico, per la quale comunque vanno rispettate le disposizioni di cui alle norme finali del capo III del Decreto medesimo, non assume rilievo penale sul piano paesaggistico.
Né osta alla suindicata ricostruzione, la previsione di cui all’art. 17 del decreto, secondo cui non puo' disporsi la rimessione in pristino nel caso di interventi e opere ricompresi nell'ambito di applicazione dell'articolo 2 del decreto medesimo e realizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del citato regolamento, non soggetti ad altro titolo abilitativo all'infuori dell'autorizzazione paesaggistica. Ciò perchè si tratta di previsione funzionale esclusivamente alla regolamentazione di una fase – amministrativa - successiva alla commissione   del fatto risultante penalmente rilevante al momento della sua commissione, la quale pertanto presenta una portata amministrativa piuttosto che penale, siccome incide su misure prive di rilevanza penale: infatti, come è stato precisato da questa Suprema Corte, così come l'ordine giudiziale di demolizione ex art. 31 comma 9 del DPR 380/01 ha natura di sanzione amministrativa di tipo ablatorio, pur costituendo esplicitazione di un potere sanzionatorio autonomo e non residuale o sostitutivo rispetto a quello dell'autorità amministrativa, così da assolvere ad una autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, egualmente il discorso non muta con riferimento alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi – di interesse in questa sede - atteso che la non autorizzata immutazione dello stato dei luoghi, in zona sottoposta a vincolo, può comportare conseguenze dannose o pericolose e che la sanzione specifica della rimessione ha una funzione direttamente ripristinatoria del bene offeso, amministrativa anche essa, e quindi anche essa priva di rilevanza penale   (in motivazione Sez. 3, n. 48984 del 21/10/2014 Rv. 261164 – 01; Sez. 3 n. 38739, 5 ottobre 2004; Sez. 3 n. 29667, 9 agosto 2002; Sez. 3 n. 23766, 13 giugno 2001).
    4. Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato con onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Roma, il 31 maggio 2022