Sez. 3, Sentenza n. 44249 del 24/09/2004 Cc. (dep. 12/11/2004 ) Rv. 230468
Presidente: Dell'Anno P. Estensore: Onorato P. Relatore: Onorato P. Imputato: P.M. in
proc. Casciana. P.M. Fraticelli M. (Diff.)
(Rigetta, Trib.Ries. Caltanissetta, 21 Aprile 2004)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Inquinamento atmosferico - Reato di cui all'art. 25, comma primo, d.P.R. n. 203 del 1988 - Natura di reato permanente - Momento di cessazione della permanenza - Individuazione.
Massima (Fonte CED Cassazione)
Il reato di cui all'art. 25, comma primo, del d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203, prosecuzione di impianto presistente senza presentazione nei termini della domanda di autorizzazione, è reato permanente integrato da una condotta attiva, esercizio di impianto esistente alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 203 del 1988, e da una condotta omissiva, mancata presentazione dell'istanza di autorizzazione nel termine previsto dall'art. 12 dello stesso d.P.R., e la permanenza perdura sino a quando non cessi l'attività dell'impianto o non venga presentata la domanda di autorizzazione, atteso che in queste ipotesi viene a cessare, per volontà del contravventore, la lesione del bene penalmente tutelato, e non si rende necessario a tal fine il rilascio dell'autorizzazione da parte della P.A.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DELL'ANNO Paolino - Presidente - del 24/09/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere - N. 1098
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 18398/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gela, nel procedimento penale contro:
CASCIANA Luigi, generalizzato in atti;
avverso la ordinanza resa il 21.4.2004 dal tribunale per il riesame di Caltanissetta;
Visto il provvedimento denunciato e il ricorso;
Udita la relazione svolta in Camera Di Consiglio dal Consigliere Dr. Pierluigi Onorato;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Fraticelli Mario, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della ordinanza;
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
1 - Con ordinanza del 21.4.2004 il tribunale di Caltanissetta, sezione per il riesame, ha accolto l'appello proposto per conto di Luigi Casciana contro il provvedimento del 26.3.2004 con cui il g.i.p. del tribunale di Gela aveva respinto l'istanza di revoca del sequestro preventivo disposto dallo stesso giudice in data 12.3.2004 in relazione a un impianto "preesistente" di produzione di calcestruzzo della s.r.l. Beton Gela.
Il Casciana, quale amministratore unico di tale società, era sottoposto a indagini per il reato di cui all'art. 25, comma 1^, D.P.R. 203/1988, per aver esercitato l'impianto di produzione di calcestruzzo senza aver presentato l'istanza di autorizzazione alla regione nel termine prescritto dall'art. 12 della stessa legge. Avendo successivamente presentato l'istanza in data 17.3.2004, lo stesso Casciana avanzava domanda di revoca del sequestro, ma il g.i.p. adito la rigettava osservando che perduravano ancora le esigenze cautelari, atteso che il reato permane sino a quando l'interessato non ottiene il rilascio dell'autorizzazione. Su appello del Casciana, il tribunale di Caltanissetta ha invece disposto la revoca del sequestro, ordinando la restituzione dell'impianto agli aventi diritto, ritenendo viceversa che con la richiesta di autorizzazione è cessata la permanenza del reato, essendo ormai soddisfatto l'interesse giuridico protetto dalla norma incriminatrice, che è quello di consentire all'autorità amministrativa di controllare le potenzialità inquinanti dell'impianti produttive esistenti.
2 - Il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per Cassazione deducendo inosservanza o erronea interpretazione della legge penale. In sostanza, sostiene che l'ordinanza del tribunale nisseno non tiene conto che la ratio del D.P.R. 203/1988 è quella di tutelare la qualità dell'aria attraverso un controllo preventivo di tutte le attività produttive che possono dar luogo a inquinamento atmosferico. In coerenza con questa ratio si doveva ritenere, come insegnano alcune pronunce di legittimità, che la permanenza del reato omissivo persiste sino a quando non intervenga l'atto amministrativo di controllo con le relative prescrizioni: prima dell'autorizzazione formale, dunque perdurano le conseguenze pericolose del reato e le esigenze cautelari del sequestro. 3 - I difensori del Casciana hanno presentato memoria con cui confutano la tesi del pubblico ministero e chiedono il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4 - È pacifico in atti che l'impianto di produzione di calcestruzzo della società Beton Gela era attivo da molti anni prima dell'entrata in vigore del D.P.R. 24.5.1988 n. 203, era cioè un impianto "preesistente": con la duplice conseguenza che ai sensi dell'art. 12 di tale decreto doveva essere presentata entro il termine di dodici mesi dalla entrata in vigore dello stesso (poi prorogato) una domanda di autorizzazione alla regione territorialmente competente per la prosecuzione dell'attività produttiva, e che la mancata presentazione della tempestiva domanda integra il reato previsto e punito dall'art. 25, comma 1^, del D.P.R. 203/1988.
Ed è altrettanto pacifico che la società non ha presentato la domanda nel termine prescritto (a detta del Casciana, per ignoranza), ma che l'ha invece presentata in data 17.3.2004, cioè pochi giorni dopo il sequestro preventivo disposto dal g.i.p..
Si tratta quindi di decidere se la permanenza del reato previsto e punito dall'art. 25, comma 1^, D.P.R. 203/1988 cessa con la presentazione tardiva della istanza di autorizzazione o perdura sino a che l'autorizzazione non è stata rilasciata dalla competente autorità regionale.
Il Pubblico Ministero ricorrente sostiene la seconda tesi e cita a sostegno due sentenze di questa corte (Sez. 3^, n. 10885 del 15.3.2002, Magliulo, rv. 221267, e Sez. 3^ n. 3589 del 13.4.1996, Sacerdote, rv. 205781),
5 - La sentenza Magliulo statuisce che la fattispecie di cui al citato art. 25 ha natura di reato omissivo permanente "nel senso che l'autorizzazione è obbligatoria e la sua mancanza implica una condotta criminosa che persiste fino a quando intervenga l'atto formale di controllo con le relative prescrizioni". Precisa che "trattasi di reato di pericolo, che prescinde dalla effettiva produzione dell'inquinamento".
La tesi è però infondata nella misura in cui non distingue tra le diverse fattispecie penali previste dall'art. 25.
Infatti il primo comma punisce chi prosegue la produzione di un impianto "esistente", o meglio preesistente all'entrata in vigore della legge, senza aver presentato entro il termine prescritto domanda di autorizzazione all'autorità competente. Mentre gli altri commi puniscono chi non osserva le prescrizioni imposte dall'autorità o non realizza il progetto di adeguamento delle emissioni indicato nella domanda di autorizzazione (secondo comma), chi non rispetta i valori di emissione stabiliti dalla normativa statale o regionale (terzo e quarto comma), chi continua l'esercizio dell'impianto con autorizzazione sospesa, rifiutata o revocata (quinto comma), chi esegue la modifica o il trasferimento dell'impianto senza l'autorizzazione prescritta (sesto comma) e infine chi, ottenuta l'autorizzazione provvisoria e prima del rilascio dell'autorizzazione definitiva di cui all'art. 13, contravviene all'obbligo di adottare tutte le misure necessarie ad evitare un peggioramento delle emissioni (settimo comma). Orbene, è evidente che i reati di cui al quinto e sesto comma sono propriamente commissivi, perché integrati dall'esercizio dell'attività produttiva in presenza di una sospensione, una revoca o un rifiuto dell'autorizzazione, ovvero in assenza della autorizzazione necessaria dopo la modifica o il trasferimento dell'impianto; mentre tutti gli altri reati hanno natura mista, perché implicano insieme una condotta attiva (l'esercizio dell'attività produttiva) e una condotta omissiva (mancata presentazione della domanda, mancata osservanza delle prescrizioni, dei valori o delle misure tecniche necessarie).
Dalla diversa struttura dei reati discende anche una diversa modulazione della permanenza, giacché i reati commissivi perdurano sino a che non cessa l'attività produttiva o non interviene un provvedimento autorizzativo dell'autorità amministrativa, mentre i reati "misti" perdurano sino a che l'agente non desista dall'attività produttiva o non ottemperi all'obbligo che gli incombe (presentazione della domanda, osservanza delle prescrizioni etc). Proprio per la diversa struttura delle fattispecie, improprio parlare genericamente di reati di pericolo. Infatti, se tutte le norme incriminatrici tendono ad assicurare il bene finale della purezza atmosferica, alcune tutelano in via anticipata l'esigenza strumentale del preventivo controllo amministrativo contro i possibili inquinamenti, altre tutelano, sempre in via anticipata, l'esigenza strumentale di predisporre misure tecniche contro l'inquinamento (indipendentemente dall'inquinamento effettivo), e un'altra infine tutela direttamente il bene finale penalizzando le emissioni che oltrepassano i valori limite.
Invero, l'assunto della sentenza Magliulo si attaglia in parte solo alle fattispecie previste nel quinto comma (esercizio di impianto "esistente" dopo che l'autorizzazione è stata sospesa, revocata o rifiutata) e nel sesto comma dell'art. 25 (esercizio di impianto modificato o trasferito senza la prescritta autorizzazione), o anche alla fattispecie di cui all'art. 24 (costruzione di un "nuovo" impianto senza l'autorizzazione o continuazione dell'esercizio di un "nuovo" impianto con autorizzazione sospesa, revocata o rifiutata). Infatti queste fattispecie configurano reati commissivi (non omissivi come genericamente affermato dalla sentenza Magliulo) che hanno natura permanente e cessano solo quando cessi la condotta dell'agente o quando intervenga l'autorizzazione (o la nuova autorizzazione) amministrativa, indipendentemente dalla produzione di un effettivo inquinamento, cioè di emissioni superanti i valori limite (in tal senso possono definirsi reati di pericolo astratto a tutela anticipata). Conforme a questa conclusione è Cass. Sez. 3^ n. 18198 del 14.5.2002, Pinori, rv. 221955, secondo cui il reato previsto dagli artt. 15 e 25, comma 6^, D.P.R. 203/1988 ha carattere permanente e si protrae sino alla conclusione del procedimento di controllo amministrativo e al rilascio dell'autorizzazione ovvero sino a che l'agente non ripristini la situazione precedente alla modifica o al trasferimento dell'impianto.
6 - Diverso discorso va fatto in relazione alla sentenza Sacerdote, la quale giudicando sempre su un reato di esercizio di attività produttiva dopo il trasferimento dell'impianto senza la necessaria autorizzazione, concludeva che solo dopo aver ottenuto il provvedimento autorizzatorio può affermarsi che sono venute meno le conseguenze pericolose eliminabili dal contravventore, onde è possibile richiedere l'oblazione cosiddetta facoltativa. Il richiamo di questa pronuncia non è quindi pertinente, perché essa attiene a una fattispecie prevista e punita dal l'art. 25, comma sesto, che - come s'è visto - è strutturalmente diversa da quella oggetto del presente processo, relativo a impianto "esistente" esercitato senza aver presentato tempestiva istanza di autorizzazione (art. 25. comma 1^).
7 - In quest'ultimo caso, invece, si tratta di reato permanente a natura mista che è integrato da una condotta attiva (esercizio di impianto esistente alla data di entrata in vigore del D.P.R. 203/1988) e da una condotta omissiva (mancata presentazione dell'istanza di autorizzazione nel termine previsto dall'art. 12). Come tale, il reato perdura sino a quando non cessi la condotta attiva o quella omissiva, cioè sino a che il contravventore non interrompa l'esercizio dell'impianto o non presenti la domanda di autorizzazione.
In ciascuno di questi momenti, infatti, viene a cessare per volontà del contravventore la lesione del bene penalmente tutelato, che è precisamente l'interesse della pubblica amministrazione di esercitare il c.d. monitoraggio ecologico, cioè di controllare che l'impianto "esistente" prima dell'entrata in vigore del D.P.R. 203/1988 rispetti gli standards imposti dalla normativa ambientale.
In particolare, è dommaticamente errato ritenere che il reato permanga, anche dopo che il contravventore ha presentato l'istanza di autorizzazione, sino a che l'autorizzazione stessa non sia stata rilasciata. Infatti, quando l'istanza sia stata presentata, benché tardivamente, la pubblica amministrazione è posta in grado di esercitare immediatamente la sua funzione di controllo, ed è quindi soddisfatto l'interesse penalmente tutelato (v. in senso analogo sentenza Pinori citata, non massimata sul punto).
Va sottolineato che nella fattispecie de qua, a differenza che in altre fattispecie previste nell'art. 25, il bene protetto è solo la possibilità amministrativa del controllo ecologico e non l'esercizio positivo del controllo che si estrinseca con il rilascio della autorizzazione. Il vizio logico della tesi del ricorrente, e di quella sostenuta in via generale dalla sentenza Magliulo, è appunto quello di assumere come oggetto giuridico del reato la tutela concreta della qualità dell'atmosfera, che è invece solo l'obiettivo finale a cui tende strumentalmente il potere di monitoraggio ecologico attribuito all'autorità regionale competente. Se questa non attiva il suo potere dopo la presentazione dell'istanza da parte del titolare dell'impianto è ben vero che la qualità dell'aria può essere pregiudicata da immissioni inquinanti, ma ciò non può essere imputato al titolare dell'impianto che ha già soddisfatto il suo obbligo quando ha presentato l'istanza, che a norma dell'art. 13, deve essere corredata da una relazione che descriva il ciclo produttivo, le tecnologie adottate per prevenire l'inquinamento e la quantità e qualità delle emissioni, ponendo così l'amministrazione in grado di esercitare il suo controllo e di emanare le sue prescrizioni.
8 - In conclusione, come ha correttamente ritenuto l'ordinanza impugnata, la permanenza del reato contestato al Casciana è cessata con la presentazione della domanda di autorizzazione da parte di quest'ultimo.
Con la permanenza del reato sono cessate anche le esigenze cautelari, atteso che la pubblica amministrazione è stata posta in grado di esercitare il controllo di sua competenza e che è stato così soddisfatto l'interesse tutelato dalla norma incriminatrice. Per conseguenza, legittima e doverosa era la revoca del sequestro preventivo dell'impianto produttivo.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2004