Cass. Sez. III n. 6902 del 18 febbraio 2009 (Cc 18 nov. 2008)
Pres. De Maio Est. Onorato Ric. Napolitano
Beni Ambientali. Demolizione non equivale a ripristino
In linea di diritto, la demolizione del manufatto abusivo non equivale al ripristino dello stato dei luoghi, giacché questo viene alterato non solo dalla realizzazione di fabbricati, ma anche da sbancamenti, estirpazione di piante, o da opere infrastrutturali che comunque modifichino l\'assetto del territorio e del paesaggio. Ne consegue che la mera demolizione del fabbricato abusivo, ove sussistano anche altri interventi che alterano l\'assetto del territorio, non perfeziona quella riduzione in pristino dello stato dei luoghi che il legislatore ha imposto come sanzione accessoria di tipo amministrativo ogni qual volta intervenga una condanna per reato paesaggistico.
SENTENZA N. 1280
REG. GENERALE n.12273/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Pierluigi ONORATO (est.) Consigliere
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dom Amedeo FRANCO Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto per NAPOLITANO Maria, nata a Pozzuoli (NA) il 23.12.1929,
avverso la ordinanza resa il 30.1.2008 dalla corte d\'appello di Napoli, quale giudice della esecuzione.
Visto il provvedimento denunciato e il ricorso,
Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere Pierluigi Onorato,
Letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Carmine Stabile, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso,
Osserva:
Fatto e diritto
1 - Con sentenza del 28.6.2005 la corte d\'appello di Napoli, riformando parzialmente quella di primo grado, rideterminava la pena inflitta a carico di Maria Napolitano siccome responsabile di reato urbanistico e di reato paesaggistico, e inoltre essendo emerso che l\'imputata aveva provveduto alla demolizione del manufatto abusivo revocava l\'ordine di demolizione già impartito e confermava nel resto la impugnata sentenza, quindi anche laddove aveva ordinato la restituzione in pristino dello stato dei luoghi.
Il procuratore generale napoletano, in data 12.2.2007 ingiungeva alla Napolitano di eseguire l\'ordine di ripristino dello stato dei luoghi.
La Napolitano sollevava incidente di esecuzione contro l\'ingiunzione. E la corte d\'appello di Napoli, quale giudice competente per l\'esecuzione, con ordinanza del 30.1.2008, respingeva l\'istanza, osservando che l\'ordine di ripristino dello stato dei luoghi era diverso e più ampio dell\'ordine di demolizione, e, per conseguenza, era rimasto efficace anche dopo la revoca di quest\'ultimo.
2 - Il difensore della Napolitano ha proposto ricorso per cassazione, deducendo violazione degli artt. 31, comma 8, e 44 D.P.R. 380/2001.
Sostiene che, nel caso di specie, demolendo le opere realizzate e rimuovendo dunque il quid pluris che alterava il paesaggio, era stato ripristinato lo status quo ante, sicché non aveva senso l\'ordine di ripristino e la relativa ingiunzione impartita dal pubblico ministero.
3 - Il ricorso deduce una circostanza di fatto particolare, che sfugge alla cognizione del giudice di legittimità.
In linea di diritto, la demolizione del manufatto abusivo non equivale al ripristino dello stato dei luoghi, giacche questo viene alterato non solo dalla realizzazione di fabbricati, ma anche da sbancamenti, estirpazione di piante, o da opere infrastrutturali che comunque modifichino l\'assetto del territorio e del paesaggio. Ne consegue che la mera demolizione del fabbricato abusivo, ove sussistano anche altri interventi che alterano l\'assetto del territorio, non perfeziona quella riduzione in pristino dello stato dei luoghi che il legislatore ha imposto come sanzione accessoria di tipo amministrativo ogni qual volta intervenga una condanna per reato paesaggistico.
Nel caso di specie, il giudice della esecuzione ha legittimamente ritenuto che lo stato dei luoghi non era stato ripristinato attraverso la semplice demolizione del manufatto abusivo. Sul punto la censura del ricorrente prospetta una diversa situazione di fatto, su cui non è ammesso il sindacato di legittimità.
All\'inammissibilità del ricorso consegue a norma dell\'art. 616 c.p.p. la condanna alle spese, nonché alla sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, giacché, ai sensi della sentenza 186/2000 della Corte costituzionale, il ricorrente non appare esente da colpa sulla valutazione di ammissibilità della impugnazione.
P.Q.M.
la Corte suprema di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 a favore della cassa delle ammende.
Cosi deciso in Roma il 18.11.2008.
Il presidente
Guido De Maio
Il consigliere estensore
Pierluigi Onorato
Deposito in Cancelleria il 18/02/2009