Cons. Stato Sez.V sent. n. 1299 del 10 marzo 2003 REPUBBLICA ITALIANA N

REPUBBLICA ITALIANA N. 1299/03 REG.DEC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N 7216 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2002

ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso per revocazione n.7216/2002 proposto dalla Systempi s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Beniamino Caravita di Toritto ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Roma, Via di Porta Pinciana n.6;

CONTRO

il Comune di Campagnano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Riccardo Lavitola ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, Viale Giulio Cesare n.71;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n.4669/2001 in data 29.5/7.9.01;

Visto il ricorso per revocazione con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Campagnano;

Viste le memorie difensive depositate dalle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2002, relatore il consigliere Carlo Deodato, uditi i procuratori delle parti, come da verbale d’udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza che si chiede di revocare veniva respinto, in accoglimento dell’appello del Comune di Campagnano ed in riforma della sentenza impugnata, il ricorso proposto dalla Systempi s.r.l. dinanzi al T.A.R. del Lazio contro due ordinanze con le quali il predetto Ente aveva provveduto ad annullare, in via di autotutela, due concessioni edilizie precedentemente rilasciate alla stessa società ricorrente.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per revocazione la Systempi s.r.l., adducendo, a sostegno dell’impugnazione, la sussistenza di due errori di fatto, in merito alla ritenuta gravità delle violazioni ed all’inesistenza di un consolidamento delle posizioni soggettive incise dai provvedimenti di autotutela, asseritamente idonei a giustificare la revocazione della sentenza ai sensi dell’art.395 n.4 c.p.c..

Resisteva il Comune di Campagnano, rilevando l’incompatibilità con la proposizione della presente impugnazione dei comportamenti tenuti dalla ricorrente in seguito alla pubblicazione della sentenza che si chiede di revocare, quali la richiesta di restituzione degli oneri concessori e l’istanza di condono edilizio, contestando la sussistenza degli errori dedotti dall’istante a sostegno della revocazione e concludendo per la reiezione di quest’ultima.

Le parti illustravano ulteriormente le loro tesi mediante memorie difensive.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2002 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- Una compiuta comprensione delle questioni controverse esige una preliminare ricognizione della vicenda, sostanziale e processuale, dedotta in giudizio.

Dopo aver rilasciato alla Sacomer s.r.l., successivamente fusa per incorporazione nella Systempi s.r.l. (con conseguente voltura dei titoli), due concessioni edilizie (nn.55/89 e 56/89) per la costruzione di due fabbricati destinati a civile abitazione, il Comune di Campagnano provvedeva, dapprima, a disporre la sospensione dei lavori e, successivamente, con le ordinanze nn.89/92 e 90/92 in data 19.6.1992 ad annullare d’ufficio le predette concessioni edilizie, in quanto ritenute viziate dal riscontrato contrasto del progetto originariamente assentito con la disciplina edilizia ed urbanistica vigente.

Tali ultimi provvedimenti di autotutela venivano annullati dal T.A.R. del Lazio con sentenza n.481/96, in accoglimento del ricorso proposto dalla Systempi s.r.l., divenuta medio tempore titolare delle concessioni annullate d’ufficio, sulla base del rilievo dell’omessa motivazione, ritenuta, viceversa, doverosa, in merito all’interesse pubblico specifico alla rimozione delle concessioni illegittime, anche tenuto conto delle posizioni soggettive conseguentemente pregiudicate.

Con la decisione n.4669/01 il Consiglio di Stato, in accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Campagnano, riformava la predetta sentenza e respingeva il ricorso proposto dalla Systempi s.r.l. sulla base del duplice rilievo del mancato consolidamento in capo a quest’ultima delle posizioni soggettive incise dagli atti di autotutela, con la conseguente esclusione dell’obbligo di valutazione dell’interesse pubblico specifico alla rimozione dei titoli già rilasciati, e della insussistenza delle violazioni della disciplina edilizia, assunte a sostegno delle controverse ordinanze sindacali di annullamento.

Con il presente ricorso la Systempi sostiene che entrambe le predette valutazioni risultano affette da errori di fatto, in quanto fondate su presupposti smentiti dalla documentazione allegata, idonei a giustificare, ai sensi dell’art.395 n.4 c.p.c., la revocazione della decisione con la quale il Consiglio di Stato aveva riconosciuto la legittimità dei provvedimenti di autotutela adottati dal Sindaco di Campagnano.

2.- Con il primo motivo si assume, in particolare, l’erroneità dell’accertamento relativo alla gravità delle violazioni poste a base dell’annullamento d’ufficio delle concessioni edilizie, sotto il peculiare profilo dell’omessa valutazione della copiosa documentazione tecnica allegata dalla Systempi s.r.l., ed asseritamente idonea a documentare l’insussistenza delle difformità rilevate dal Comune.

Secondo la ricorrente avrebbe, in particolare, errato il Consiglio di Stato nell’aderire acriticamente alla prospettazione tecnica dei fatti compiuta dal Comune e nel ritenere generiche le contestazioni svolte dalla stessa società appellata in quel giudizio, posto che quest’ultima, contrariamente a quanto rilevato dal Giudice d’appello, aveva allegato diverse perizie di parte, del tutto trascurate dalla decisione che si chiede di revocare, puntualmente finalizzate a documentare l’insussistenza delle violazioni controverse.

Così illustrata la doglianza in esame, si deve escludere la sussistenza del denunciato errore.

Dall’esame degli scritti difensivi della Systempi s.r.l. nel giudizio d’appello si ricava, infatti, univocamente che, come esattamente rilevato nella motivazione della decisione qui impugnata, non è dato rinvenire alcun richiamo, neanche per relationem, alla documentazione tecnica asseritamente comprovante l’inesistenza delle difformità riscontrate dal Comune e le difese svolte dalla società sul punto si limitano ad una generica contestazione della sussistenza delle violazioni.

Ciò posto, ritiene il Collegio che, a fronte di un’attività difensiva che ignora la documentazione prodotta e che omette di valorizzare le valutazioni tecniche ivi contenute, trasformandole in argomenti di difesa, non sia configurabile un onere del Giudice di sopperire a tale negligenza e di qualificare come contestazioni la mera produzione di perizie di parte.

Se avesse operato come voluto dalla ricorrente il Giudice d’appello sarebbe, infatti, andato oltre i limiti cognitivi assegnatigli dall’ordinamento, che gli impongono di formulare il giudizio sulla base delle allegazioni e delle ragioni prospettate dalle parti e gli impediscono, al contempo, di convertire in argomento difensivo una produzione documentale trascurata dalla stessa parte e non utilizzata quale sostegno di una tesi o di una censura da sottoporre all’esame del Collegio.

Risulta, in sintesi, incensurabile, in quanto coerente con i principi che presiedono allo svolgimento del dibattito processuale ed alla conseguente formulazione del giudizio, l’omessa considerazione d’ufficio delle perizie di parte prodotte dall’odierna ricorrente nella fase processuale di riferimento.

Ne consegue l’insussistenza del presunto errore denunciato con il primo motivo.

3.- Con la seconda censura la Systempi s.r.l. deduce due ulteriori errori di fatto asseritamente commessi dal Giudice nella valutazione dell’insussistenza di un consolidamento delle posizioni soggettive, della medesima ricorrente, incise dagli atti di autotutela.

Nell’escludere l’obbligo della motivazione in ordine ad un interesse pubblico specifico alla rimozione delle concessioni edilizie illegittime, ulteriore e diverso rispetto al mero ripristino della legalità, la Sezione aveva, tra l’altro, valorizzato gli elementi, ritenuti significativi della mancanza di un apprezzabile affidamento del privato sulla legittimità e la stabilità del titolo, del “…decorso di un periodo di appena due anni dal rilascio della concessione…” e della costruzione dei fabbricati “per un terzo di quanto progettato”.

Entrambe tali circostanze, ad avviso della ricorrente in revocazione, risultano smentite dalla documentazione acquisita agli atti di giudizio, dalla quale si ricaverebbe che il periodo di tempo trascorso dal rilascio dei titoli al loro annullamento di ufficio è di oltre tre anni (a fronte dei due considerati nella decisione impugnata) e che, al momento dell’annullamento d’ufficio delle concessioni, era stato realizzato oltre il 60% della volumetria assentita (a fronte del 30% presupposto nella sentenza che si chiede di revocare).

Osserva il Collegio che gli errori ut supra denunciati, quand’anche sussistenti, si rivelano irrilevanti ai fini della revocazione, posto che la valutazione circa l’inesistenza in capo alla società ricorrente di un serio affidamento in merito alla legittimità dei titoli e, quindi, circa l’insussistenza dell’obbligo di motivazione sull’interesse pubblico specifico al loro annullamento risulta fondato soprattutto sulla circostanza, espressamente ritenuta “ancor più pregnante” e decisiva (vedasi pag. 6 della decisione impugnata), che a distanza di pochi mesi dal rilascio delle concessioni il Comune, a seguito di un sopralluogo sul cantiere, aveva disposto la sospensione dei lavori ed ordinato la rimessione in pristino dei luoghi, rilevando, tra l’altro, la difformità del progetto approvato rispetto alla disciplina contenuta nei vigenti strumenti urbanistici.

Ne consegue che la Sezione ha escluso la sussistenza di un apprezzabile consolidamento delle posizioni soggettive della Systempi s.r.l. attribuendo dirimente importanza all’intervenuto, formale rilievo da parte del Comune di vizi rilevanti nelle concessioni edilizie, a distanza di pochi mesi dal loro rilascio, sicchè gli argomenti relativi al decorso del tempo ed alla misura della realizzazione dell’opera al momento dell’adozione degli atti di autotutela si appalesano, nell’economia della motivazione, aggiuntivi a quello, principale, dell’immediata contestazione delle violazioni ravvisate nel progetto assentito e, perciò, non decisivi.

La pretesa eliminazione delle ragioni asseritamente afflitte da errori di fatto si rivela, quindi, inidonea, di per sé, a giustificare la revocazione della decisione impugnata, posto che la valutazione circa l’insussistenza dell’obbligo di motivazione sull’interesse pubblico specifico resterebbe, comunque, validamente sorretta dal diverso argomento relativo alla sollecita contestazione da parte del Comune dei vizi delle concessioni edilizie, di per sé capace di fondare il convincimento dell’inesistenza di un apprezzabile affidamento sulla legittimità dei titoli.

La riscontrata irrilevanza, ai fini della decisione sul ricorso per revocazione, degli errori denunciati con il secondo motivo esime dalla disamina della loro fondatezza e comporta la declaratoria dell’inammissibilità, per difetto di interesse, della censura esaminata.

4.- Quanto alla presunta erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha trascurato di valutare adeguatamente la rilevanza dei provvedimenti di archiviazione adottati nei procedimenti penali relativi a presunti abusi edilizi realizzati dalla Systempi s.r.l., è sufficiente osservare che, mentre le determinazioni assunte in sede penale riguardano la sussistenza di difformità rispetto al progetto assentito, i provvedimenti di annullamento d’ufficio delle concessioni edilizie si fondano sul diverso rilievo del contrasto di queste ultime con la vigente disciplina urbanistica, sicchè non pare configurabile alcun vizio nella considerazione dell’estraneità degli accertamenti compiuti in sede penale all’oggetto proprio del giudizio amministrativo sulla legittimità degli atti di autotutela ivi impugnati.

Se, poi, con la censura in esame si intende dedurre la sussistenza di un contrasto di giudicati ai sensi dell’art.395 n.5 c.p.c., come parrebbe dalla lettura della rubrica del motivo, basti rilevare che ai provvedimenti di archiviazione non è dato riconoscere alcun valore decisorio, come, invece, postulato dalla disposizione richiamata laddove esige la contrarietà della sentenza da revocare ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, ed alcuna idoneità, pure richiesta dalla norma, a definire in modo stabile ed irrevocabile l’oggetto del procedimento (ben potendo essere disposta la riapertura delle indagini, ai sensi dell’art.414 c.p.p., anche dopo la decretazione dell’archiviazione), di talchè risulta inconfigurabile anche l’ipotesi in questione.

5.- Alle considerazioni che precedono consegue la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso per revocazione proposto dalla Systempi s.r.l., difettando la sussistenza o la rilevanza dei vizi denunciati.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe e compensa tra le parti le spese processuali;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 dicembre 2003 , con l'intervento dei signori:

Agostino Elefante - Presidente

Paolo Buonvino - Consigliere

Aldo Fera - Consigliere

Francesco D’Ottavi - Consigliere

Carlo Deodato - Consigliere Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Carlo Deodato F.to Agostino Elefante

IL SEGRETARIO

F.to Antonietta Fancello

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10 marzo 2003