Cass. Sez. III Sent. 47331 del 20 dicembre 2007 (Ud. 16 nov. 2007)
Pres. Vitalone Est. Petti Ric. Cusenza
Beni Ambientali. Autorizzazione paesaggistica e sanatoria urbanistica.

Anche se la sanatoria per la conformità del manufatto agli strumenti urbanistici nelle zone vincolate dovrebbe essere rilasciata previo parere favorevole dell' autorità preposta alla tutela del vincolo, l'esistenza dell' autorizzazione paesaggistica non si può necessariamente desumere dal rilascio del permesso in sanatoria ex art 36 del testo unico approvato con D.P.R. n. 380 del 2001)

IN FATTO

Con sentenza del 2 marzo del 2007, il tribunale di Trapani dichiarava non doversi procedere nei confronti di C.V., T. M. e M.G., in ordine al reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), per intervenuta concessione in sanatoria e, su concorde richiesta delle parti, per i residui reati di cui del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 71, 72 e 95, e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, commessi il (OMISSIS), applicava a ciascuno la pena di giorni dieci di arresto ed Euro 1.4350,00, di ammenda;

sostituiva la pena dell'arresto con quella pecuniaria corrispondente e la dichiarava condonata, nella misura di Euro 10.000,00. Ordinava altresì la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a cura e spese dei condannati e disponeva che copia della sentenza fosse trasmessa all'Assessorato al Territorio ed Ambiente della Regione Sicilia.

Ricorrono per cassazione tutti gli imputati con separati ricorsi, ma con motivo comune deducendo l'illegittimità dell'ordine di rimessione nel pristino stato avendo essi ottenuto la concessione in sanatoria per l'abuso edilizio.


IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili per la manifesta infondatezza del motivo Premesso che il preventivo nulla osta paesaggistico deve essere richiesto per qualsiasi tipo d'intervento e quindi anche se di natura pertinenziale o di minima entità, si deve ribadire che il rilascio del permesso in sanatoria a norma della L. n. 47 del 1985, artt. 13 e 22, (ora L. n. 47 del 1985, artt. 36 e 44 T.U.), come risulta dal dell'art. 44, comma 3, del cit. T.U., (in precedenza della L. n. 47 del 1985, art. 22, comma 3) determina l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e quindi si riferisce esclusivamente alle contravvenzioni concernenti la materia che disciplina l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio, ossia alle violazioni della stessa legge, in cui (art. 13) sono contemplate le ipotesi tipiche suscettibili di sanatoria (opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, ecc). Ne deriva che la causa estintiva non è applicabile ad altri reati che hanno una oggettività giuridica diversa rispetto a quella della mera tutela urbanistica del territorio, come quelli relativi a violazioni di disposizioni dettate dalla L. 2 febbraio 1974, n. 64, in materia di costruzioni in zona sismica, o dalla L. 5 novembre 1971, n. 1086, in materia di opere in conglomerato cementizio, ovvero dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1 sexies, introdotto dalla Legge Conversione 8 agosto 1985, n. 431, in materia di tutela delle zone di particolare interesse ambientale (cfr Cass. n 309 del 1998; 10172 del 2002; 19256 del 2005.) L'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, in forza di quanto disposto dal D.L. n. 490 del 1999, art. 163, comma 2, (ora D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 2, ed in precedenza D.L. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1 "sexies", conv. in L. 8 agosto 1985, n. 431), va emesso anche con la sentenza adottata a norma dell'art. 444 c.p.p., sia perchè questa è equiparata ad una sentenza di condanna (art. 445 c.p.p.), sia perchè detto ordine non è una pena accessoria o una misura di sicurezza, ma ha natura di sanzione amministrativa, a nulla rilevando che la rimessione in pristino non abbia formato oggetto dell'accordo intercorso fra le parti, in quanto, trattandosi di atto dovuto per il giudice, è sottratto alla disponibilità delle parti e di ciò l'imputato deve tener conto nell'attivare la procedura del patteggiamento (per tutte Cass. n. 23 212 del 2004). Quindi legittimamente il tribunale con la sentenza di condanna ha disposto la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Invero l'ordine di demolizione può essere evitato o, se già pronunciato, può essere revocato anche in sede esecutiva solo se l'interessato dimostri di avere conseguito anche l'autorizzazione paesaggistica. Anche se la sanatoria per la conformità del manufatto agli strumenti urbanistici nelle zone vincolate dovrebbe essere rilasciata previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, l'esistenza dell'autorizzazione paesaggistica non si può necessariamente desumere dal rilascio del permesso in sanatoria della L. n 47 del 1985, ex artt. 13 e 22, (ora del testo unico approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36) per varie ragioni. Anzitutto perchè per l'autonomia strutturale delle due autorizzazioni non si può escludere che il permesso in sanatoria possa essere rilasciato senza il preventivo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. In proposito il Consiglio di Stato, con la decisione n 19 giugno del 2001 n 3242, ha statuito che l'autonomia strutturale del procedimento relativo alla concessione edilizia rispetto a quello relativo al nulla osta paesaggistico non consente di considerare l'emanazione di quest'ultimo presupposto necessario ed indefettibile per il rilascio della concessione neppure nell'ipotesi di opere da realizzarsi su aree vincolate. In secondo luogo perchè l'interesse paesaggistico è funzionalmente differenziato da quello urbanistico, sicchè la circostanza che l'autorità deputata alla tutela dei beni ambientali si sia pronunciata positivamente in sede di procedimento urbanistico non esclude che il progetto, pur se compatibile con la destinazione urbanistica, possa apparire in concreto incompatibile con i valori paesaggistici, i quali, essendo autonomamente tutelati, richiedono una pronuncia esplicita di compatibilità paesaggistica. In terzo luogo ( e tale rilevo nella fattispecie è assorbente), l'interessato che vuole evitare la demolizione del manufatto costruito in zona vincolata quale conseguenza della condanna, ha l'onere di produrre l'autorizzazione paesaggistica al fine di consentire al giudice di valutare la legittimità dell'autorizzazione paesaggistica così come in materia urbanistica, per la declaratoria di estinzione del reato, il giudice deve valutare la legittimità del permesso in sanatoria.

Nella fattispecie i prevenuti si sono limitati a richiamare il permesso in sanatoria rilasciato, come risulta dalla sentenza, a norma della L. n. 47 del 1985, artt. 13 e 22, senza alcun riferimento esplicito al conseguimento anche dell'autorizzazione paesaggistica.

Quindi legittimamente il tribunale, mancando la prova della compatibilità paesaggistica dell'intervento, con la sentenza di condanna, ancorchè pronunciata a norma dell'art. 444 c.p.p., ha ordinato la rimessione in pristino. Questa potrà essere evitata, anche in sede esecutiva, qualora si dimostrerà la compatibilità paesaggistica dell'intervento, compatibilità che allo stato non risulta dimostrata.

Dall'inammissibilità dei ricorsi discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 500,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa dei ricorrenti nella determinazione della causa d'inammissibilità secondo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.


P.Q.M.

La Corte:
Letto l'art. 616 c.p.p..
DICHIARA Inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali e singolarmente al versamento della somma di Euro 500,00, in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2007.